RIFUGIATI E INCLUSIONE FINANZIARIA

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RIFUGIATI E INCLUSIONE FINANZIARIA

Stefano Battaggia | Consulente in affari europei

Micol Pistelli |Esperta di inclusione finanziaria presso l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR)

L’essenza del concetto di inclusione finanziaria risiede nel suo principio non discriminatorio che chiunque debba godere del diritto di accesso a servizi finanziari essenziali. Per i rifugiati, pero’, tale diritto in alcuni paesi non viene legalmente riconosciuto, mentre in molti altri trova spesso ostacoli alla sua applicazione, anche quando si tratta dell’apertura di un semplice conto in banca. La mancanza di documenti d’identita’ o di residenza ritenuti ideonei dalle banche sono gli ostacoli piu frequenti. I rifugiati da poco arrivati nel Paese ospitante sono spesso privi di un indirizzo fisso che molte banche richiedono come parte della loro attivita’ di due-diligence; e questo comporta spesso ritardi o la negazione dell’apertura del conto. Inoltre, le strette regole contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo rendono molte banche poco inclini all’apertura di conti a clienti senza passaporto o carta d’identita’ valida del Paese ospitante. L’Unione Europea, che dal 2015 ha ricevuto oltre un milione di rifugiati e altri migranti, ha di recente compiuto un importante passo avanti per garantire l’accesso ai servizi finanziari ai rifugiati. Una nuova legge infatti richiede che le banche aprano conti bancari a tutti i clienti legalmente risiedenti nei Paesi UE, tra cui i richiedenti asilo e i rifugiati. L’applicazione della direttiva e’ pero’ contingente alla flessibilita’ delle banche nei vari paesi di adattare le loro procedure interne e al contempo di rispettare le politiche del principo know-your-customer - conosci il tuo cliente. Se l’Europa ha dovuto far fronte negli ultimi due anni ad un numero straordinario di flussi migratori, sono i paesi in via di sviluppo ad aver accolto il maggior numero di persone costrette all’espatrio. A fine 2015, l’86 per cento dei rifugiati sotto il mandato dell’UNHCR si trovava in Paesi a basso e medio reddito. In questi Paesi, le istitutioni di microfinanza (IMF), il cui obiettivo e’ quello di servire popolazioni tradizionalmente escluse dal settore bancario tradizionale, possono avere un ruolo chiave nell’estendere i loro servizi alle popolazioni rifugiate. Con l’esclusione di pochi Paesi, infatti, alle istituzioni di microfinanza non viene legalmente impedito di farlo. La decisione se estendere servizi di microfinanza a questo segmento della popolazione e’ chiaramente pertinente ad ogni Paese dove esiste la microfinanza, in particolar modo per cio’ che riguarda l’accesso al credito. Sfortunatamente, ad oggi solo poche IMF hanno deciso di concedere prestiti o altri servizi finanziari ai rifugiati. La mancanza di documenti di identita’ o di residenza sono annoverati come problemi ricorrenti, ma in tanti Paesi in via di sviluppo questi impedimenti non riguardano solo i rifugiati ma spesso anche le popolazioni locali. Per ovviare al problema basterebbe rendere piu flessibili le procedure delle IMF, che in tanti paesi non sono state pensate tenendo conto dei clienti stranieri. Ad esempio, carte d’identita’ rilasciate dall’UNHCR o altri documenti da parte dalle autorita’ governative locali potrebbero essere utilizzati come validi sostituti. L’ostacolo maggiore all’accesso finanziario per i rifugiati e’ probabilmente rappresentato dalla mancanza di informazioni adeguate sulle loro condizoni. Spesso, ad esempio, c’e’ la percezione che i rifugiati non restino a lungo nel Paese di arrivo, che siano dipendenti dagli aiuti della comunita’ internazionale e che non possiedano beni, venendo pertanto percepiti come clienti ad alto rischio. Tuttavia, i dati mostrano che una buona parte delle persone costrette a lasciare il loro Paese si ritrova in una situazione di emigrazione forzata protratta. L’ UNHCR definisce tale situazione come quella in cui almeno 25,000 rifugiati della stessa nazionalita’ siano stati in esilio per cinque o piu’ anni in un paese d’asilo. Sulla base di tale definzione, si stima che 6.7 milioni di rifugiati (41% di coloro sotto il mandato UNHCR) si trovassero in situazione protratta alla fine del 2015, e molti di loro da oltre venti anni. Con riguardo agli aiuti umanitari, solo pochi rifugiati sono completamente dipendenti da tali aiuti, che ad ogni modo sono insufficienti a far fronte ai loro bisogni quotidiani. Un recente rapporto congiunto dell’UNHCR, Unicef e World Food Program segnala che il 60% dei rifugiati siriani in diversi governatorati del Libano sia costretto a ricorrere a canali informali di prestito per far fronte a spese di prima necessita’ quali cibo, affitto e spese mediche. Rivolgersi a canali informali vuol dire spesso ritrovarsi in una situazione di vulnerabilita’ ancora maggiore, dovendo far fronte a costi altissimi per ripagare il credito e con l’ulteriore rischio di finire nella spirale del sovraindebitamento.

Al fine di promuovere la conoscenza dei bisogni finanziari dei rifugiati e stabilire soluzioni durevoli tra le popolazioni rifugiate e il settore finanziario, l’UNHCR sta mettendo in atto una serie di interventi nei vari contesti dove i rifugiati si trovano a vivere che vedono il coinvolgimento di IMF, fondi di investimento di impatto sociale e di organizzazioni internazionali che lavorano sul tema della finanza inclusiva. Nel 2016 l’UNHCR ha commissionato alla Social Performance Task Force la stesura di linee guida per le istituzioni finanziarie – in particolare di microfinanza - interessate a servire rifugiati. Il documento, dal titolo ‘Serving Refugee Populations: The Next Financial Inclusion Frontier’, offre una panoramica del perche’ i rifugiati sono finanziariamente esclusi e suggerisce una serie di modalita’ per le instituzioni finanziarie su come poter lavorare con questo segmento della popolazione. Per aiutare le istituzioni finanziarie a familiarizzare con la situazione dei rifugiati nei loro Paesi, l’UNHCR offre vari servizi che possono essere di assistenza, quali la messa a disposizione di dati aggregati sui bisogni economici dei rifugiati, supporto logistico per le IMF sul territorio, sviluppo di casi studio, collegamenti con ONG e altre agenzie a livello locale che offrono servizi non finanziari ai rifugiati - come corsi di lingua, supporto legale e corsi per sviluppare le proprie competenze imprenditoriali. L’UNHCR sta inoltre collaborando con l’Agenzia Svedese per lo Sviluppo (Sida) per stabilire la creazione di un fondo di garanzia per i prossimi cinque anni. Le due agenzie lavoreranno con un fondo di microfinanza che potra’ usufruire dello schema parziale di garanzia per fornire prestiti a un numero selezionato di IMF nei Paesi in via di sviluppo che intendano dare accesso al credito ai rifugiati. Infine, tornando al problema della documentazione, l’UNHCR utilizza il sistema di tecnologia biometrica come parte del processo di registrazione dei rifugiati e di recente ha introdotto in Giordania, in collaborazione con la Cairo Amman Bank, il sistema di riconoscimento biometrico dell’iris scans (scansione dell’iride) per garantire che i trasferimenti di denaro da parte dell’organizzazione ai rifugiati raggiungano i destinatari designati. Questi conti prepagati pero’ non permettono ai rifugiati di compiere transazioni o di risparmiare parte della somma a loro destinata, pertanto il potenziale di identificazione biometrica per l’inclusione finanziaria non viene ancora utilizzato dal sistema bancario. Tuttavia, questo divario potrebbe venire in parte colmato dall’industria fintech, un’altra area che l’UNHCR sta esplorando, in particolar modo per ampliare l’accesso alle rimesse per i rifugiati, in modo sicuro e a piu’ basso costo di quanto non avvenga oggi.

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