Il microcredito nel cinema
<>IL MICROCREDITO NEL CINEMA
<>DAI DOCUMENTARI D’INCHIESTA ALLA COMMEDIA DEGLI EQUIVOCI
Flavia Santia Giornalista
<>Era il 2006 quando Muhammad Yunus saliva sul palco e riscuoteva il tanto ambito Nobel per la pace, assegnatogli per aver inventato quella che poi venne considerata una delle soluzioni più efficaci, se non la più geniale in assoluto, per risolvere la povertà: il microcredito. Il successo di questo nuovo strumento finanziario ebbe un’eco tale da spingere cinematografi e giornalisti a produrre documentari, inchieste e film su un tema che non era mai stato oggetto di una grande attenzione e che non necessariamente costituiva un argomento di narrazione hollywoodiana. Eppure la figura di Muhammad Yunus, il “banchiere dei poveri”, affascinava. Affascina tutt’ora. Un uomo che a detta di molti è riuscito a trovare il modo per dare a tutti coloro che erano considerati ai margini della società e che costituivano un peso per lo Stato, l’opportunità di diventare uomini e donne d’affari. Un uomo il cui obiettivo ultimo è stato non solo quello di risolvere la povertà, ma di trasformarla in un’occasione di investimento e riscatto sociale. Quale protagonista migliore di questo per far sognare l’audience nelle sale di un cinema?
<>Come ogni innovazione che si rispetti però, anche questa si è rivelata presto oggetto di critiche e duri attacchi, e la figura di Muhammad Yunus ne è uscita un po’ ammaccata. Seppur romanzati e molto spesso incorniciati dall’intreccio di diverse trame, i film sono un strumento utile ed efficace per rivivere gli eventi e spingere gli spettatori ad approfondire concetti che non si erano considerati prima, creando spesso le premesse per dibattiti costruttivi. A questo scopo è utile dare uno sguardo alla produzione cinematografica più conosciuta e diffusa sul tema.
<>‘The Micro-Debt’ è un film documentario che, come racconta il suo stesso creatore, il pluripremiato giornalista investigativo danese Tom Heinemann, “mostra per la prima volta il lato oscuro del microcredito”. Il lungometraggio mostra la condizione di alcune famiglie bengalesi che sono ricorse ai finanziamenti della Grameen Bank, fondata dallo stesso Yunus come prima banca ad effettuare prestiti alle fasce più povere della popolazione che non potevano fornire particolari garanzie. Il quadro non è roseo. La maggior parte dei beneficiari presi in considerazione non solo non hanno migliorato la loro situazione economica, ma addirittura si sono ritrovati sommersi da debiti scaturiti dagli eccessivi, per non dire illegali, tassi di interesse sui prestiti, tassi che ammontano spesso al 200% della rata. Tra l’esposizione di documentazioni segrete e interviste ad esperti di microfinanza, Heinemann ci mette davanti al classico caso in cui l’antidoto finisce in mano ai cattivi, e uno strumento pensato per fare del bene si trasforma in un’arma a doppio taglio.
<>Volendo cercare un esempio più positivo ed ottimista in materia, è d’obbligo volgere lo sguardo alla commedia tutta italiana ideata da Lina Wertmüller, “Mannaggia alla miseria”. La regista, molto vicina allo stesso Muhammad Yunus, ha voluto raccontare la storia di un gruppo di giovani che dopo un intenso periodo passato proprio in Bangladesh, a contatto con le idee di Yunus, decidono di importare lo strumento del microcredito a Napoli. Il film si apre con i tre ragazzi che tornano a casa e si trovano a dover spiegare il loro progetto ai propri genitori, che reincarnano ironicamente tutti i difetti della chiusura mentale e che sobbalzano alla sola menzione della “banca dei poveri” e del prestito senza garanzia. Insomma tra il sospetto generale della gente, che non capisce perché qualcuno dovrebbe offrirgli dei soldi a condizioni così vantaggiose, e gli episodi esilaranti che ne conseguono, Marina, Antonio e Chicchino proseguono a testa alta per la loro strada, convinti del successo dell’impresa. L ’iniziativa, che come possiamo immaginare inciamperà nei vari ostacoli del caso, genera una serie di situazioni equivoche e si intreccia con le storie parallele dei personaggi. Uno degli obiettivi della regista, che ha voluto rappresentare non tanto il personaggio di Yunus quanto l’idea stessa del microcredito, è stato quello di mostrare come uno strumento nato e pensato per i paesi del terzo mondo si sia dimostrato efficace e perfettamente utilizzabile anche nel contesto occidentale. Tra intrecci amorosi, momenti riflessivi e difficoltà, il film rappresenta chiaramente quali sono i valori e le buone intenzioni dietro all’idea stessa del microcredito.
<>Decisamente più carico di emotività è “Bonsai People: The Vision of Muhammad Yunus”, della regista Holly Mosher, pellicola gira a in 2 anni che segue e racconta le storie vere di una serie di donne bengalesi che, grazie ai piccoli prestiti, sono riuscite a migliorare la loro condizione e di conseguenza la loro vita. Attraverso le loro esperienze emerge chiaramente la visione ed il messaggio di Yunus, che era solito dire che “i poveri sono come delle piante bonsai: non c’è nulla che non va nei loro semi, è la società che non gli ha mai fornito uno spazio adatto a crescere.”. Secondo l’economista infatti, come il seme di un albero altissimo piantato in un piccolo vaso, così un individuo che ha un suo potenziale ma nessun mezzo, non crescerà mai in una società chiusa. Proprio per questo il principale obiettivo da porsi, stando a Yunus, sarebbe quello di emancipare i poveri, dandogli la possibilità di migliorare la loro condizione da soli, ma con un supporto iniziale che li rimetta in controllo della propria vita e che gli doni sicurezza. La regista usa il suo film anche per mostrare come queste donne vengano selezionate e l’uso che ognuna di esse fa del finanziamento ricevuto. Aroti, Melancho, Anarkuli e le altre protagoniste, ognuna con la sua toccante esperienza, sono sicuramente una fonte di ispirazione e dimostrano uno spiccato spirito imprenditoriale, attraverso il quale riescono ad elevare la loro condizione. Il concetto che Mosher ci tiene a sottolineare in questo film è che la povertà non è il risultato di mancanza di motivazione e voglia di fare, o di una sorta di pigrizia innata degli individui, ma l’inevitabile risultato del sistema e
conomico, politico e sociale.
<>Insomma, tra chi lo dipinge come un escamotage per sfruttare i più deboli e chi lo descrive come la soluzione ultima a tutti i problemi, ciò che è certo è che il microcredito ha avuto tanti successi a livello internazionale, aiutando numerosi individui e famiglie a prendere in mano la propria vita. Nonostante i casi riportati di elementi che si servivano di questo strumento per praticare l’usura, lo spazio per attività di microfinanza attentamente monitorate e ben ragionate c’è, e deve crescere sempre di più. L ’elemento che rende il servizio promosso dall’Ente Nazionale per il Microcredito così efficace è sicuramente il servizio di accompagnamento, che prevede l’assegnazione di un tutor che segua ogni beneficiario per tutta la durata del suo percorso, dalla definizione del business plan all’ ottenimento del finanziamento, dal monitoraggio delle operazioni iniziali alla gestione della restituzione del prestito. In questo modo chi usufruisce del servizio viene accompagnato e supportato nei momenti critici del percorso e può procedere senza intoppi alla realizzazione del suo progetto.
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