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MICROCREDITO ED EDUCAZIONE FINANZIARIA NELL’UE INIZIATIVE E TESTIMONIANZE

avv. Erminia Mazzoni
Esperto Diritto dell’Unione e Lavoro

“So di non sapere” diceva Socrate. La misura della mia conoscenza è traccia della mia ignoranza. Purtroppo nel nostro Paese il filosofo greco ha avuto scarse fortune. Da noi vale il principio opposto. Non a caso dall’ultimo Rapporto Consob, risulta che nell’Eurozona l’Italia è il Paese con il più alto tasso di “Mismatch”, cioè il 34% del campione intervistato mostra un disallineamento tra conoscenza percepita e conoscenza reale. Riteniamo di sapere più di quanto non sappiamo! Il concetto di cultura del sapere, inteso come acquisizione di un bagaglio di conoscenze di base non nozionistico, ma filtrato dalla esperienza, non è diffuso nella pratica. Il nostro Paese si è attrezzato poco e male ad affrontare le sfide della società aperta, che sono per dimensione, mezzi e tempi, non più gestibili con la struttura del nostro sistema educativo e formativo, poco duttile ai cambiamenti e dunque non funzionale a vivere la contemporaneità. In una società trasparente e democratica, in tutti i campi è il grado di consapevolezza a determinare i miei movimenti e lo spazio che potrò conquistare. È di facile intuizione, infatti, che la conoscenza mi conferisce la sicurezza necessaria a investire tempo e risorse in una iniziativa e quindi a rendere efficiente e produttivo il risultato. Ma potremmo dire che quanto più è scontata la premessa tanto più sorprendentemente antitetica è la conclusione nella prassi italica. In ambito finanziario, la fiducia nelle proprie capacità di comprensione del mercato, dei suoi strumenti e dei suoi andamenti, è elemento fondamentale. L’utilità dell’educazione finanziaria è ormai riconosciuta da istituzioni e governi, come dimostra il fiorire di iniziative formative e informative. Anche se nel mondo universitario e politico non mancano, ancora oggi, posizioni scettiche sull’efficacia dei programmi di educazione finanziaria. La principale critica che viene mossa a questo tipo di iniziative è che raramente le competenze acquisite incidono sui comportamenti effettivi delle persone quando devono compiere scelte finanziarie. La fragilità di tali assunzioni deriva dal fatto che esse si fondano su dati non scientifici e, di contro, la loro forza sta nel fatto che in realtà poche iniziative, in particolare in Italia, vengono seguite da una valutazione di impatto. Va detto anche che le analisi sui benefici dei programmi di educazione finanziaria non sono numerose proprio perché la loro valutazione non è semplice, ma da quelle realizzate emergono indicazioni utili a tracciare una mappa delle azioni da intraprendere (Grafici n. 1 - 3). La radicale trasformazione socio-economica della maggior parte dei Paesi europei ha comportato una maggiore complessità del contesto con il quale i cittadini si confrontano e ha spinto sempre più cittadini ad entrare nel mercato finanziario. È accaduto, infatti, che il mercato bancario e finanziario, in conseguenza delle crisi dei mercati, abbia ampliato la gamma dei prodotti, per aumentare la spinta competitiva, e la legislazione in materia di credito al consumo sia divenuta più severa e meno accessibile. I mutamenti demografici, tra l’altro, hanno indotto i cittadini, in considerazione dell’allungarsi della prospettiva di vita e delle riforme delle pensioni tendenti a ridurre le prestazioni pubbliche, a guardare a forme di risparmio nell’assicurativo e previdenziale. In questo quadro non solo si rende indispensabile la conoscenza dei meccanismi fondamentali che influenzano l’andamento dei tassi di interesse e dei mercati finanziari, ma è anche necessario migliorare le proprie capacità di analisi nel monitoraggio del proprio bilancio familiare e nelle scelte di finanziamento e di investimento più

1 - Indagine sui comportamenti finanziari dei cittadini immagine
2 - Investitori attivi e Valutazione orizzonte temporale dei prodotti finanziari acquistati
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3 - Percentuale nei paesi UE della diversificazione degli investimenti su prodotti assicurativi
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opportune in relazione agli obiettivi di vita del nucleo. Il tema è ormai talmente sentito che molti Paesi hanno sviluppato o stanno avviando iniziative in questo ambito. In Europa sia il Consiglio che il Parlamento hanno realizzato una specifica agenda per stimolare gli Stati Membri ad intensificare i propri sforzi. In realtà, l’Unione Europea, che ha tra i suoi obiettivi principali la tutela dei consumatori, la trasparenza del mercato e la regolamentazione della concorrenza, nell’ambito di tali sue precipue funzioni, ha ritagliato uno spazio importante alla definizione di una strategia per promuovere l’educazione finanziaria, sin dalla fine degli anni ’90. Quando la stagione nera dei mercati finanziari, iniziata con la grande crisi statunitense del 2006 ed esplosa nel 2008, ha aperto gli occhi sulla dimensione globale delle transazioni operate e soprattutto sulla interdipendenza tra economia virtuale ed economia reale, l’UE era già avanti, almeno sul piano della strategia. La caduta di Lehman Brothers, si è capito poi, era solo l’inizio di un tracollo che avrebbe travolto l’economia mondiale e che avrebbe riguardato non solo grandi e piccoli investitori, ma anche i più cauti risparmiatori. Solo per memoria va ricordato che il fallimento di Lehman Brothers è stato il risultato della combinazione di più elementi: le politiche monetarie molto espansive attuate dalla Fed, la deregolamentazione del settore finanziario e la bolla del mercato immobiliare USA, gonfiata dalla crescita dei mutui subprime. In poche parole il sistema Usa aveva molti soldi in circolazione, che rendevano poco e così le finanziarie cominciarono a concedere mutui anche a chi non aveva le garanzie di solvibilità altrimenti necessarie, i c.d. mutui subprime. La crisi si è propagata poi perché molte istituzioni avevano emesso titoli derivati il cui rendimento era garantito da quei mutui acquistati e molti consumatori avevano sottoscritto quei mutui che non erano alla loro portata a causa, in parte, di una scarsa comprensione delle caratteristiche del prodotto. In questo contesto, l’Unione Europea, senza invadere lo spazio di competenza nazionale, si è comunque assegnata una funzione di supporto. Da allora l’Unione ha dato un’accelerazione a quel cammino virtuoso già avviato, puntando molto sulla promozione della educazione finanziaria. La crisi dei mercati aveva, infatti, avuto come effetto immediato il forte ridimensionamento dei risparmi e degli investimenti dei cittadini, non più disposti ad affidarsi. Tale reazione chiaramente incise sui bilanci nazionali e fece comprendere che per iniettare nuova fiducia era indispensabile soprattutto fornire conoscenza. Il primo documento programmatico pubblicato, subito dopo quei fatti, dall’Unione Europea risale proprio al 2007 (Communication on Financial Education). Con tale prima comunicazione la Commissione dettò otto principi di base, in linea con i “Principi e buone pratiche per la consapevolezza e l’educazione finanziarie”, approvati da tutti i membri dell’OCSE nel 2005, ai quali gli Stati Membri avrebbero dovuto uniformare le proprie legislazioni: Principio 1: L’educazione finanziaria dovrebbe essere disponibile e attivamente sostenuta su base continuativa in tutte le fasi della vita; Principio 2: I programmi di educazione finanziaria dovrebbero essere calibrati sulle esigenze specifiche dei consumatori; Principio 3: I consumatori dovrebbero essere formati sulle questioni economiche e finanziarie il più precocemente possibile, cominciando dalla scuola. Le autorità nazionali dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di rendere l’educazione finanziaria una materia obbligatoria dei curricoli scolastici; Principio 4: I programmi di educazione finanziaria dovrebbero comprendere strumenti generali per sensibilizzare i partecipanti sulla necessità di migliorare la comprensione degli aspetti finanziari e dei rischi connessi; Principio 5: I programmi di educazione finanziaria offerti da operatori del settore dovrebbero essere impartiti in modo equo, trasparente e obiettivo, accertandosi che essi siano sempre nell’interesse del consumatore; Principio 6: I formatori dovrebbero disporre di una preparazione e di risorse adeguate per realizzare i programmi di educazione finanziaria in modo positivo e convincente; Principio 7: Dovrebbe essere favorito il coordinamento a livello nazionale tra gli operatori del settore per ottenere una chiara definizione dei ruoli, facilitare lo scambio di esperienze, razionalizzare le risorse e definirne le priorità; Principio 8: I docenti incaricati dei corsi di educazione finanziaria dovrebbero valutare periodicamente e, quando necessario, aggiornare i programmi per allinearli alle migliori pratiche del settore. Successivamente, nel 2008, costituì l’EGFE - Expert Group on Financial Education – e, nel 2009, l’EDFE
4 - Strategie Nazionali sull’Educazione Finanziaria ad Aprile 2016

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- European Database for Financial Education. Grazie al contributo molto incisivo del Comitato Economico e Sociale Europeo1 - CESE – che, nel 2010, sotto la spinta dell’allora Presidente Staffan Nilsson (Foto 4), mise tra le priorità di mandato (2010/13) la promozione dell’alfabetizzazione finanziaria negli Stati Membri, l’UE ha realizzato numerose iniziative di informazione e formazione, animata dal motto “Better, no More information”. Lo spirito, ripreso anche dai successivi Presidenti del CESE (Foto 5 e 6), ha portato numerosi Paesi e istituzioni ad avviare programmi specifici rivolti alle scuole, ai cittadini, al mondo del lavoro (es.: Iconomix, Money Advice Service, Pounds and pence, Practical Money Skills , etc.). Lo stato di avanzamento lavori dei Paesi membri fino al 2016 è fotografato dalla pubblicazione prodotta dal CESE stesso, che riporta alcune buone pratiche, ma, dal quadro che emerge, risulta evidente che la risposta al decalogo dettato dalla Commissione Europea nel 2007, con la sua comunicazione non può dirsi soddisfacente.2 Anche nell’aula del Parlamento Europeo si sviluppa, in quegli anni, un intenso lavoro di lobbying intorno al tema, con il quale, tra interrogazioni e risoluzioni, si sollecita la Commissione a fare di più per incoraggiare gli Stati Membri a dare impulso a iniziative tese ad adottare le buone pratiche contenute negli otto principi della Comunicazione. Il CESE, sempre attivo, interviene, tra l’altro, con un Parere d’Iniziativa dal titolo “Educazione finanziaria e consumo responsabile di prodotti finanziari” con il quale, considerata “La crescente complessità e opacità del sistema finanziario (che) ha reso difficile negli ultimi anni una corretta comprensione dei prodotti finanziari.” e “l’impatto limitato degli attuali programmi di educazione finanziaria…” invita, la Commissione UE, a “valutare l’idoneità dei vari programmi educativi e l’efficacia dei canali di accesso utilizzati, facendo affidamento a tal fine sulla partecipazione delle parti interessate … (per) identificare le esigenze formative dei consumatori di prodotti finanziari ed elaborare proposte ad hoc.”. Agli Stati Membri suggerisce, invece, di operare una piccola rivoluzione, iniziando a considerare l’educazione finanziaria “come politica globale, basata sulla collaborazione di tutte le parti

1 (https://www.eesc.europa.eu/sites/default/files/files/qe-al-19-001-it-n.pdf )
2 https://www.eesc.europa.eu/resources/docs/qe-30-12-894-it-c.pdf.


interessate: amministrazioni pubbliche, industria finanziaria, imprese, organizzazioni sindacali, associazioni dei consumatori, il sistema di istruzione e, in generale, tutti i cittadini quali consumatori di prodotti finanziari.” Tale lavorio contribuisce alla introduzione, nella Direttiva 2014/17/UE, della disciplina puntuale, all’Art. 6, degli impegni degli Stati Membri per promuovere l’Educazione finanziaria dei consumatori, con la previsione che “1. Gli Stati membri promuovono misure atte a favorire l’educazione dei consumatori in merito a un indebitamento e a una gestione del debito responsabili, in particolare per quanto riguarda i contratti di credito ipotecario. Per guidare i consumatori, specialmente quelli che sottoscrivono un credito ipotecario per la prima volta, sono necessarie informazioni chiare e generali sulla procedura per la concessione del credito. Sono inoltre necessarie informazioni sulla guida che le organizzazioni di consumatori e le autorità nazionali possono fornire ai consumatori. 2. La Commissione pubblica una valutazione degli strumenti di educazione finanziaria a disposizione dei consumatori negli Stati membri e individua gli esempi di migliori pratiche che potrebbero essere ulteriormente sviluppate al fine di accrescere la consapevolezza in materia finanziaria dei consumatori.” In continuità con tale attività legislativa, si da avvio, tra l’altro, negli anni successivi, alla revisione della Direttiva Sul Credito al Consumo, ancora in corso, sul cui iter è intervenuto il CESE, con un Documento di Valutazione per riproporre le raccomandazioni di “rafforzare i programmi di educazione finanziaria per migliorare il grado di conoscenza dei consumatori” tenendo conto anche degli effetti sui consumatori della trasformazione digitale che suggeriscono di “adottare misure ad hoc per disciplinare l’intero processo di conclusione di contratti in forma digitale”.3 Sul piano nazionale, la gran parte degli Stati Membri ha dato impulso quasi immediato alle prescrizioni europee (Grafico 4) creando organismi istituzionali, specificamente vocati a favorire l’alfabetizzazione finanziaria dei propri cittadini e dotandosi di una Strategia Nazionale per l’educazione finanziaria. Come è dato vedere dalla scheda sullo stato di avanzamento delle politiche nazionali in materia di educazione finanziaria, nel gruppo più avanzato troviamo il Regno Unito, che già dal 2010 istituisce il MAS – Money Advice Service – con lo scopo di promuovere l’alfabetizzazione finanziaria dei cittadini al fine di incentivare un uso appropriato delle risorse finanziarie da parte degli stessi. Nel 2012 Londra lancia la strategia per i Servizi Finanziari affidata alla responsabilità del MAS e dell’FCA – Financial Conduct Authority. Senza dubbio degno di nota è, nel secondo gruppo, il percorso del Portogallo che, proprio negli anni in cui aveva dovuto cedere alla Troika la gestione della propria disastrata finanza, nel 2011, sotto il Governo del Primo Ministro Coelho, lancia la sua prima Strategia Nazionale per l’Educazione finanziaria, affidandone l’attuazione al Consiglio Nazionale dei Supervisori Finanziari, formato da Banca Centrale , Comitato per il Controllo del Mercato e Authority per i Fondi Pensione e Assicurativi. L’obiettivo della strategia, partiva da un’analisi del livello di alfabetizzazione finanziaria dei cittadini e della relazione tra questa e i loro comportamenti nel settore finanziario per adeguare la legislazione in materia di protezione finanziaria dei consumatori, riconoscendo alla qualità della scelte dei prodotti finanziari da parte dei cittadini una incidenza rilevante sulla stabilità finanziaria del Paese. In Francia, capofila del terzo gruppo di Paesi, la Strategia Nazionale fu lanciata nel 2013 e la sua attuazione affidata alla Banca Centrale, ma già il Ministero dell’Economia, dell’Industria e dell’Occupazione, in collaborazione con organismi pubblici e privati, aveva sperimentato importanti iniziative di diffusione della conoscenza dei concetti di base della finanza, tra questi: “Les clés de la banque” («Le chiavi della banca»), un servizio offerto al pubblico dalla Federazione bancaria francese, inteso a fornire informazioni e consigli per comprendere i meccanismi bancari e utilizzarli in modo ottimale o il libro Les Finances personnelles pour les Nuls («La finanza personale per i negati»), stampato nel 2009 dall’Institut pour l’Éducation Financière du Public (IEFP - Istituto per l’educazione finanziaria dei cittadini), che si propone di fornire una guida alla adozione di decisioni in ambito finanziario e alla gestione attenta del denaro o, ancora, Finance pour Tous («Finanza per tutti»), un programma di educazione finanziaria elaborato dall’IEFP che prevede corsi di formazione online e lezioni in aula. L’Italia, in testa all’ultimo gruppo (!), in compagnia della sola Austria, ha atteso 10 anni, nel corso dei quali l’adeguamento agli otto principi dettati dalla Commissione UE nel suo Documento è rimasto affidato a iniziative non coordinate, appannaggio di CONSOB, IVASS, COVIP, Banca d’Italia e Organizzazioni Private. Infatti, solo il 3.08.17 l’ Italia ha deciso di dar vita al Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività finanziarie, istituito con DL n. 237/16, convertito con Legge n. 15/17, avente a oggetto la “Tutela del risparmio nel settore del credito”, con il compito di approvare e dare attuazione alla Strategia Nazionale per l’educazione Finanziaria, lanciata nel 2018 con l’obiettivo di mettere “competenza e conoscenza a disposizione di tutti”. Il Comitato, formato da 11 membri e un Direttore e incardinato presso il MEF, nei due anni e poco più di attività si è dotato del Portale Web “Quello che conta” e ha introdotto anche in Italia, da Ottobre 2018, il mese della Educazione Finanziaria, che ha contato nel 2018 circa 350 eventi e nel 2019 500. Una storia di attivismo troppo breve, fatte salve le iniziative private e in particolare quelle animate dal Consorzio PattiChiari negli anni precedenti, per potersi attendere risultati positivi. Non sorprende, dunque, quanto rileva il V Rapporto Consob 2019 sulle Scelte di Investimento delle Famiglie Italiane. I dati non sono entusiasmanti4: - il 21% dei cittadini italiani non conosce alcuna delle nozioni finanziarie di base - nel restante 79% vi è una parte maggioritaria, che, pur avendo nozioni di base sufficienti, trova le questioni finanziarie difficili da capire, sovrastima la propria comprensione dei servizi finanziari e non è in grado di pianificare o di scegliere i prodotti più confacenti alle proprie necessità in autonomia - il divario nella composizione delle attività finanziarie tra Italia e Paesi dell’Eurozona è in calo, in conseguenza di una minore presenza dei titoli obbligazionari e dell’aumento delle attività assicurative e previdenziali nonché della scelta per una maggiore liquidità - la distanza sulla incidenza del debito privato sul PIL, pari al 40% in Italia e al 60% dell’Eurozona rimane immutata. Indicativo è, peraltro, che il numero dei soggetti raggiunti dalle azioni promosse non supera le 10 mila unità, che il 70% circa delle azioni è stato realizzato nel Nord Italia e che nessuna iniziativa abbia previsto al termine il monitoraggio dei comportamenti dei partecipanti, per poter misurare l’efficacia del programma proposto. Nel quadro UE, l’Ungheria rappresenta sicuramente una best practice. La Banca centrale ungherese «Magyar Nemzeti Bank» (MNB), in collaborazione con l’associazione Ungherese dei pianificatori finanziari qualificati (HAQFP) e i ministeri dell’Istruzione e delle Finanze, ha avviato percorsi di educazione finanziaria già oltre 15 anni fa. Nel 2004 è stato inaugurato il centro visitatori dell’MNB, con l’obiettivo di introdurre i concetti essenziali di educazione finanziaria e migliorare la credibilità e l’immagine della Banca centrale ungherese; dal 2005, l’MNB organizza conferenze, seminari e tavole rotonde sull’educazione finanziaria con gli insegnanti, allo scopo di coordinare iniziative e favorire l’applicazione delle buone pratiche nelle scuole. Tale attivismo è frutto di una capace regia nazionale, che ha posto e pone ancora oggi la promozione dell’Educazione Finanziaria dei cittadini lungo tutto il percorso della propria vita, tra gli obiettivi di governo, assegnando ad esso adeguate risorse umane e finanziarie. Sul punto l’On. Enik􀀀 Gy􀀀ri, Responsabile Economico per la Delegazione Ungherese al Parlamento Europeo, rispondendo alla domanda “Cosa ha fatto e sta facendo l’Ungheria nel campo della Educazione Finanziaria al fin di elevare le competenze dei cittadini?”, ha detto: A question to Ms Enik􀀀 Gy􀀀ri, Responsible for financial and economic matters in the Hungarian delegation in the European Parliament: What Hungary has done and is doing to promote citizens’ financial awareness and what do you think about it? “Improving the financial awareness of the population is a very important goal for the Hungarian government. In recent years, a number of positive initiatives have been launched to raise the financial awareness of the population, especially of young people. For example, the Money Compass Foundation, which was jointly created by the National Bank of Hungary, the Student Loan Centre and the Hungarian Banking Association, or the Money Week, which is held each year. Yet there has been no cohesive framework so far, which would work more effectively and purposefully. The financial awareness strategy created by the Hungarian Ministry of Finance provides guidance for the development of financial awareness as a whole. The strategy has been developed for Hungarian needs taking into account the OECD/INFE and international best practices. According to the strategy, a population with the right financial knowledge and attitude can make a significant contribution to a country’s competitiveness, efficiency and effectiveness. At the national level, in the long run it will help to make more efficient use of resources, improve the well-being of families and make institutions safer, which also contributes to GDP growth. The goal is to bring the financial awareness of the Hungarian population to the forefront internationally within a few years, the strategy says. The strategy calls for real financial education to be created within the public education system. Conscious financial behaviour and the financial stress-bearing capacity of households need to be strengthened. Institutions promoting conscious financial consumer behaviour should be established and widely publicized. It is necessary to strengthen the self-care attitude of the population, to increase access to financial products and basic financial services, to promote the use of modern, cash-friendly payment instruments, and to promote prudent borrowing. The primary target group of the strategy is students, who are still in the school system, but it also aims to reach adults through a variety of programs, and even retirees. The strategy also aims to help different vulnerable social groups. The first phase of the strategy focuses on reaching out to young people through the domestic school system. In the 2020-2021 school year, every 10 to 18-year-old children will most likely learn financial literacy subjects. The Financial Ministry of Hungary recently held their first big financial student test, and there were over 11,500 participating high school students. It is clear that financial literacy needs to be made more palpable and accessible to different age groups of children. One of the objectives of the strategy is to increase the resilience of households to crisis. This requires some basic knowledge and the ability to make informed decisions, such as recognizing serious risks. Developing this is a longer process, which should be focused on developing the mind-set and mentality of people. In the spring of 2019, the Ministry of Finance launched its own website called okosanapenzzel.hu (be smart with the money!), which provides effective help with financial issues affecting our everyday lives. The primary consideration for the development of the website was to create a central website where professional materials on financial issues could be accessed from a single platform. With the help of the institutions involved in the development of the strategy, they have succeeded in creating a financial knowledge base where every age group can find the specific content they are interested in. The information on this site is professionally up-to-date.”. In conclusione, oggi l’Unione Europea mostra ancora un doppio volto: scala la classifica mondiale della c.d. Financial Literacy, prendendo i primi due posti, con Svezia e Danimarca, ma la ritroviamo anche nelle ultime posizioni, con Romania e Portogallo. Segno evidente che la strada della inclusione sociale ed economica è ancora lunga. Avere buone intuizioni

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