MICROFINANCE AS A NEW ASSET CLASS

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Giovanni Nicola Pes | Vice Segretario Generale ENM

Sono stati 40 anni di successi, fallimenti, sperimentazioni, a dar vita agli attuali modelli di microfinanza, così come si sono sviluppati nelle varie parti del globo. In particolare, dovendo drammaticamente semplificare, possiamo ritenere ancora valida la distinzione proposta tra due principali modelli: quello sociale (Europa centrale, Italia in testa) e quello orientato al business (Pvs, economie emergenti), in “Tassi di interesse ed interessanti paradossi, un’analisi comparativa” (G. N. Pes, 2008, Rapporto sul microcredito in Italia, Rubettino). Costretto ad individuare un comune denominatore tra questi modelli, lo vedo senza dubbio (con le dovute eccezioni) nel raggiunto e sempre più raffinato equilibrio tra sostenibilità (intesa come la capacità di un dato strumento di funzionare sulla base delle leggi del mercato, dunque per esempio in assenza di iniezioni di denaro pubblico) e impatto sociale (ovvero la capacità di riuscire a perseguire con successo gli obiettivi sociali).

Infatti, esistono ormai strumenti micro-finanziari (i) orientati al profitto, (ii) che registrano performance rilevanti in relazione ad indicatori di impatto sociale. Questa premessa consente di spiegarci il perché le istituzioni di microfinanza oggi hanno accesso ai mercati di capitali e diversificato le fonti di finanziamento. Sono più di cento i fondi di investimento specializzati nel settore, con un asset di oltre 13,5 miliardi di dollari! (Come ci racconta Anna Kanze).

Un recente studio del Consultative Group to Assist the Poor (CGAP) identifica oltre 225 banche commerciali impegnate nell’erogazione di microcrediti e centinaia di altre istituzioni finanziarie. Peraltro ancora poco, per servire una domanda potenziale di servizi e prodotti microfinanziari di oltre 3 miliardi di beneficiari, ci ricorda Maria Doiciu. E’chiaro, puntualizza Martina Grigorova, che il pericolo di nuove derive speculative è sempre dietro l’angolo. D’altra parte non c’è e non può esserci, tra contesti sociali, economici e culturali molto diversi tra loro, unità di pensiero sulla struttura del prezzo di un microcredito. Il monitoraggio (legato a poteri sanzionatori), realizzato dai Governi sulla base di principi etici di protezione del beneficiario e common sense, resta l’antidoto più efficace. Se questi 40 anni sono stati intensi e ricchi di frutti, i prossimi 40 potrebbero essere entusiasmanti.

Principalmente per tre ordini di ragione:

Il sistema microfinanziario si sta notevolmente ampliando, anno dopo anno, di prodotti, servizi e misure (lo

accenna Riccardo Aguglia);

La tecnologia inciderà radicalmente sul sistema e trasversalmente ai prodotti, ai servizi e alle misure (vado per

parole chiave: disintermediazione vs outreach, criptovalute, strumenti crowd);

La geopolitica e la demografia pongono e porranno nuove complicate sfide (Margherita Pietrogrande) a cui si

potrà dare risposta con efficaci ed efficienti partenariati pubblico – privati finalizzati all’inclusione sociale e

finanziaria.

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