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LA CERTIFICAZIONE DELLA PARITÀ DI GENERE PER LE IMPRESE: NUOVE MISURE PER VALORIZZARE IL TALENTO DELLE DONNE
LA CERTIFICAZIONE DELLA PARITÀ DI GENERE PER LE IMPRESE: NUOVE MISURE PER VALORIZZARE IL TALENTO DELLE DONNE
Zaira Monti Natale
L’Europa, per sostenere i Paesi membri, ha messo a disposizione fondi a cui attingere per sviluppare programmi che possano aiutare la loro economia post pandemia.
Una delle emergenze è quella di sostenere l’autoimprenditorialità delle donne e l’occupazione femminile in genere.
L’Italia, per far fronte all’emergenza post pandemica, ha creato delle task force per presentare progetti e accogliere fondi europei per il rilancio: questa operazione va sotto il nome di PNRR.
Il PNRR rappresenta lo strumento attraverso cui è possibile attuare il Next Generation EU, dando vita ad un pacchetto di riforme utili non solo a riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica, ma anche a contribuire a risolvere le debolezze strutturali della nostra economia, accompagnando l’Italia verso un percorso di innovazione tecnologica, sviluppo sostenibile e inclusione sociale, in linea con i pilastri strategici condivisi a livello europeo.
Le risorse previste dal PNRR, distribuite grazie a bandi pubblici e programmi di finanziamento controllati da diversi organismi e istituzioni, sono gestite dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in collaborazione con altri ministeri e amministrazioni pubbliche, mentre la Commissione Europea ha il compito di valutare e monitorare la realizzazione degli interventi previsti.
Ogni Ministero ha poi dedicato al proprio interno delle risorse operative per contribuire all’attuazione del PNRR, secondo le necessità e le linee guida.
Le statistiche
È indubbio che, ad essere state maggiormente colpite dalla pandemia, siano state le donne: secondo uno studio effettuato da The Lancet1, sin dalle prime fasi della pandemia, la perdita dell’impiego ha colpito maggiormente le lavoratrici di tutto il mondo, con un trend in calo fino a settembre 2021, infatti il 26% delle donne dichiarava di aver perso il lavoro, contro il 20,4% degli uomini.
In Italia il quadro generale di partenza risulta poco rassicurante: il tasso di partecipazione delle donne al mondo del lavoro è pari al 53,8%, rispetto ad una media europea del 67,4%, mentre il tasso di inattività delle donne per necessità assistenziali si attesta al 35,7% rispetto ad una media europea del 31,8%2.
Anche nel contesto lavorativo le disuguaglianze di genere si consolidano, a partire dallo stipendio percepito e dalla precarietà lavorativa, infatti sono meno le donne che occupano posizioni apicali, così come a parità di ruoli e mansioni vi è una disparità salariale a svantaggio delle donne.
Nel settore pubblico, in Italia, la situazione sembra meno grave: secondo Eurostat le donne guadagnano circa il 4% in meno rispetto agli uomini, a parità di condizioni di lavoro, mentre nel settore privato si sale circa al 17%:
Questi dati permettono di comprendere meglio la necessità di adeguarsi agli standard europei e quindi intervenire per garantire, attraverso riforme e investimenti, le stesse opportunità economiche e sociali nell’ottica gender mainstreaming.
La Certificazione della parità di genere: cos’è e come ottenerla
A fronte di queste diseguaglianze il Dipartimento delle Pari Opportunità ha lanciato una strategia per la parità di genere 2021-2026, che mira alla risalita di cinque punti entro il 2026 nella classifica del Gender Equality Index dello European Institute for Gender Equality3.
Si introduce quindi un Sistema di certificazione della parità di genere, che rientra nella Missione 5 “Inclusione e Coesione” del PNRR e punta a sostenere l’imprenditorialità femminile e a correggere le asimmetrie che ostacolano le pari opportunità.
L’obiettivo inoltre è quello di accompagnare le imprese nella riduzione dei divari per la crescita professionale delle donne, le cui condizioni di lavoro potranno migliorare in termini qualitativi, di remunerazione e di ruolo: in questo modo si promuoverà anche la trasparenza sui processi lavorativi nelle imprese, riducendo il gender pay gap e tutelando la maternità.
Un vantaggio dunque non solo per le donne lavoratrici, ma anche per le imprese: alle aziende private in possesso della certificazione della parità di genere sarà concesso, nel limite di 50 milioni di euro, un esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore del lavoro; inoltre alle aziende in possesso di tale certificazione sarà riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi regionali e nazionali, di proposte progettuali per la concessione di aiuti di Stato utili a cofinanziare gli investimenti sostenuti; infine per queste aziende è previsto anche un punteggio aggiuntivo in graduatoria per appalti e gare pubbliche e, per quest’ultime, una riduzione del 30% della garanzia fideiussoria per la partecipazione.
Non da meno, è importante ricordare che la Certificazione di Parità di Genere avrà anche un impatto importante sulla brand reputation delle aziende, in quanto oggi vi è una grande attenzione ai temi di inclusività, con un conseguente miglioramento anche della capacità competitiva dell’azienda stessa.
Per monitorare il Sistema di Certificazione della parità di genere è stato istituito, presso il Dipartimento delle Pari Opportunità, il Tavolo di lavoro permanente sulla certificazione di genere, il cui obiettivo è quello di concorrere al funzionamento del Sistema attraverso approfondimenti, elaborazione di proposte e monitoraggio delle attività.
Per facilitare il processo di certificazione, per le piccole e medie imprese e microimprese, sono previsti dei contributi utili a supportare sia i servizi di assistenza tecnica sia i costi di certificazione.
La certificazione avviene su base volontaria e su richiesta dell’azienda: al suo rilascio provvedono degli organismi appositi accreditati presso Accredia che operano in base alla prassi UNI/PdR 125:2022.
Tale prassi è stata elaborata per definire criteri ed elementi funzionali alla certificazione della parità di genere nelle imprese e prevede l’adozione di specifici KPI (Key Performance Indicator), suddivisi in sei aree di valutazione per le differenti variabili che contraddistinguono un’organizzazione inclusiva:
Cultura e strategia (15%): area volta a verificare che principi e obiettivi di inclusione, parità di genere e attenzione alla gender diversity dell’organizzazione siano coerenti con la sua visione, le finalità e i valori che caratterizzano l’ambiente di lavoro;
Governance (15%): valutazione del modello di governance dell’organizzazione, quindi adeguati presidi organizzativi, presenza del genere di minoranza negli organi di indirizzo e controllo dell’organizzazione, nonché la presenza di processi volti a identificare e rimediare a qualsiasi evento di non inclusione;
Processi HR (10%): grado di maturità dei principali processi relativi ai diversi stadi che caratterizzano il ciclo di vita di un lavoratore/lavoratrice nell’organizzazione basati su principi di inclusione e rispetto delle diversità;
Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda (20%): verifica delle possibilità di accesso ai percorsi di carriera e di crescita interni e la relativa accelerazione.
Equità remunerativa per genere (20%): grado di maturità delle organizzazioni in relazione al differenziale retributivo in logica di total reward (riguardante anche compensi non monetari quali sistemi di welfare e well-being);
Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro (20%): presenza di politiche a sostegno della genitorialità nelle diverse forme e l’adozione di procedure che facilitino e supportino la presenza anche di donne con figli e figlie in età prescolare.
Ogni area ha un differente peso percentuale, per un totale pari a 100 e per ottenere la certificazione è necessario il raggiungimento del punteggio minimo complessivo del 60%.
La Certificazione inoltre ha una validità triennale ed è soggetta a monitoraggio annuale.
Si ipotizza che entro giugno 2026 saranno almeno 800 le piccole e medie imprese certificate e 1000 le aziende che riceveranno agevolazioni.
Considerazioni
L’attuazione di questo progetto ha sicuramente uno scopo nobile perché può favorire un cambiamento di cultura, un’innovazione nei modelli organizzativi e nelle politiche delle risorse umane, contribuendo a garantire l’eliminazione di discriminazioni e disparità di trattamento a tutti i livelli e a favorire quell’integrazione che purtroppo ancora oggi non è riconosciuta.
Volendo però fare una considerazione di natura molto personale, ancorché scontata, si potrebbe solo dire che la necessità, nel 2023, di dover creare un apparato di norme che tutelino quella che dovrebbe essere una capacità naturale della donna ad integrarsi nel mondo del lavoro è avvilente.
Sarebbe forse necessario pensare a politiche di welfare, sia statali che aziendali, che permettano alle donne, così come agli uomini, di affrontare la genitorialità con serenità: detrazioni per asili nido, baby-sitting e anche assistenza agli anziani potrebbero alleggerire il carico familiare, troppo spesso sulle spalle delle donne, permettendo a quest’ultime di dedicarsi alla propria crescita professionale.
Come è possibile che, in un mondo globalizzato e per molti aspetti all’avanguardia, ci sia ancora un fardello culturale che vede le donne spesso penalizzate e svantaggiate rispetto agli uomini?
Lavoro e vita privata non dovrebbero rappresentare due percorsi paralleli e incompatibili, ma finché continueremo a pensare che alcuni ruoli sono prettamente maschili o femminili, finché farà notizia una donna che ricopre un ruolo tradizionalmente ricoperto dagli uomini vorrà dire che il gender gap non è ancora superato.
Cambiare è possibile, ma la vera rivoluzione avverrà quando, oltre alle leggi, concretezza e consapevolezza scioglieranno pregiudizi e cliché.
NOTE
1 Flor L, Friedman J, Quantifying the effects of the COVID-19 pandemic on gender equality on health, social, and economic indicators: a comprehensive review of data from March, 2020, to September, 2021, The Lancet, 2022
2 https://www.italiadomani.gov.it/content/sogei-ng/it/it/il-piano/priorita-del-piano/parita-di-genere.html
3 Attualmente l’Italia è al 14esimo posto, con un punteggio di 63,5 punti su 100, inferiore di 4,4 punti rispetto alla media UE