INTELLIGENZA ARTIFICIALE: OPPORTUNITA' O RISCHIO?

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Ormai da tempo l’intelligenza artificiale è entrata nelle nostre vite e molto rapidamente sta rivoluzionando le abitudini quotidiane di ognuno di noi, in ambito lavorativo, ma soprattutto sta cambiando la visione imprenditoriale per meglio rispondere alle nuove esigenze di mercato.

L’applicazione delle IA in determinati contesti, promette innovazione e efficienza, ma solleva anche diversi dubbi che ci pongono di fronte a sfide etiche e non solo, che rischiano di farci perdere di vista il motivo per cui questo tipo di “tecnologia” è stata creata.

Nella vita di tutti i giorni, ci stiamo lentamente abituando a quelle “automazioni” che rappresentano piccole e grandi rivoluzioni nella quotidianità che ciascuno vive. In tantissime abitazioni è sempre più frequente trovare assistenti virtuali come Amazon Alexa, Google Assistant o Apple HomePod, che ormai rientrano a pieno titolo in quella categoria di “essenziali” di cui viene difficile farne a meno.

I dispositivi smart ormai vengono utilizzati in ambito medico e diagnostico, aprendo all’opportunità per ognuno di noi di monitorare personalmente il nostro stato di salute e in molti casi, diagnosticare persino una fibrillazione atriale precoce.

Non di meno, ormai gli algoritmi sono in grado di migliorare la nostra esperienza di navigazione sulle piattaforme di intrattenimento, all’interno dei siti che offrono servizi personalizzati e più in generale riescono ad apprendere e migliorarsi nelle scelte, anche superficiali, che quotidianamente siamo chiamati a compiere optando per un determinato prodotto o servizio.

Se a prima vista sembra una normale evoluzione delle nostre abitudini, molto spesso dimentichiamo che questi dispositivi e in particolar modo ciò che permette loro di essere sempre più precisi e performanti, si nutrono di dati sensibili, di abitudini e scelte che quotidianamente facciamo.

Senza rendercene conto, rinunciamo alla nostra privacy, alla riservatezza, lasciando che “qualcuno” o “qualcosa” scelga al posto nostro e ci aiuti nelle scelte (anche quelle più semplici), generando in qualche modo una strana dipendenza all’uso di queste nuove tecnologie, incuranti del fatto che molto spesso ci affidiamo a risultati dettati da un algoritmo che prendendo in considerazione una serie di fattori determinati, potrebbe creare vere e proprie discriminazioni in alcuni ambiti.

Se pensiamo che l’IA sta prendendo sempre più spazio negli applicativi utilizzati da moltissimi uffici, istituti di credito e aziende, il nostro profilo potrebbe essere valutato negativamente ad esempio nella scelta per la concessione di un prestito, nella possibilità di accesso al mondo del lavoro e più in generale in aspetti significativi che riguardano la sfera personale, economica e lavorativa.

Considerata la velocità di sviluppo ed evoluzione delle nuove intelligenze artificiali generative, la domanda che in molti si pongono è se il legislatore sarà altrettanto veloce nel riuscire a regolamentare una materia così complessa.

Un primo passo, molto importante è stato fatto con il Regolamento Europeo sull’Intelligenza Artificiale, denominato Ai Act1, su proposta della Commissione Europea, che è entrato in vigore lo scorso 1 agosto 2024 e mira a promuovere lo sviluppo e la diffusione “responsabile” dell’intelligenza artificiale nell’UE.

Proposto dalla Commissione nell’aprile del 2021, approvato dal Parlamento e dal Consiglio a dicembre 2023, questa legge affronta i rischi per la salute, la sicurezza, i diritti fondamentali dei cittadini e una serie di obblighi per sviluppatori e operatori in merito agli usi dell’IA.

Questa normativa introduce quindi nei Paesi dell’Unione Europea un quadro uniforme e un approccio basato sul rischio suddividendo quest’ultimo in 4 categorie:

Rischio minimo, in cui rientrano la maggior parte dei sistemi che sfruttano l’AI, come ad esempio i filtri spam e videogames, che non sono sottoposti ad alcun obbligo ai sensi del regolamento, ma resta ferma la possibilità per le aziende di adottare in modo volontario codici di condotta aggiuntivi;

Rischio specifico, per la trasparenza: all’interno di questa categoria rientrano i c.d. chatbot, che devono informare in modo puntuale e chiaro l’utente che si sta interagendo con una macchina;

Rischio alto, in cui rientrano i software che utilizzano l’AI nel comparto medico oppure quelli che utilizzano tale tecnologia per la selezione o l’assunzione di personale, che devono rispettare requisiti rigorosi, misure di attenuazione dei rischi, elevata qualità dei dati utilizzati, informazioni chiare e che devono essere sottoposti a “sorveglianza” umana;

Rischio inaccettabile, riferito ai sistemi di IA che permettono di attribuire da parte di Governi o imprese un “punteggio sociale” e che vengono considerati una chiara minaccia per i diritti fondamentali delle persone.

L’obbiettivo dichiarato dall’UE è quello di sviluppare un ecosistema di intelligenza artificiale che possa essere a beneficio di tutti al fine di migliorare i servizi e introdurre una serie di prodotti innovativi nel settore dell’energia, della sicurezza, dell’assistenza sanitaria.

All’interno di questo quadro rientrano ovviamente i servizi dedicati alle imprese per ottenere una maggiore produttività e una produzione più efficiente.

In ambito imprenditoriale non c’è dubbio che l’intelligenza artificiale abbia già portato diversi benefici, come ad esempio l’ottimizzazione dei processi produttivi riuscendo a ridurre i costi e in linea generale anche gli sprechi, la possibilità di capire e comprendere con largo anticipo quali saranno le tendenze di mercato e quali saranno i comportamenti da parte dei consumatori in relazione a queste ultime.

Anche la customer experience è stata stravolta, infatti dove eravamo abituati a lunghe attese telefoniche per poter risolvere un problema con un operatore, oggi sempre più imprese fanno affidamento ad assistenti virtuali e chatbot in grado di risolvere piccoli e grandi problemi in modo sempre più reattivo e rapido.

Ovviamente non è tutto oro quello che luccica e quindi per poter accedere a questa tipologia di servizi, le imprese sono chiamate a investire in modo significativo per rendersi competitive all’interno di un mercato che sta evolvendo in modo molto rapido.

Affidarsi completamente alle IA significa inoltre esporsi ad alti rischi di attacchi informatici, alla sottrazione di dati sensibili e alla possibilità che qualche malintenzionato possa manipolare i dati in possesso di una impresa al fine di arrecargli un danno (di immagine o economico).

Dal punto di vista lavorativo, le varie automazioni guidate dall’intelligenza artificiale consentono di completare i cicli produttivi in minor tempo, permettendo quindi all’azienda e ai propri lavoratori di concentrarsi maggiormente sulla qualità dei prodotti. L’utilizzo di macchine guidate dall’IA consente inoltre di diminuire i rischi di infortunio sui luoghi di lavoro, lasciando incombenze “pericolose” alle macchine.

Tutto questo deve farci riflettere e pensare a quale possa essere il futuro dell’impresa e soprattutto dei lavoratori all’interno di un contesto che se da una parte mira a migliorare la capacità di produrre, la qualità della produzione e la qualità di vita dei lavoratori, dall’altra sono proprio questi ultimi a poter essere esclusi da un ciclo che tendenzialmente vede nella sostituzione della forza lavoro “umana” una normale conseguenza dell’introduzione e dell’uso massiccio di automazioni guidate dall’IA.

Potrebbe dunque aumentare il rischio di precarietà nel mondo del lavoro e conseguentemente costringere i lavoratori a continui aggiornamenti per poter adattare le proprie competenze a contesti tecnologi sempre più complessi.

Se da un lato assistiamo quindi all’evoluzione tecnologica e a quella che definiamo come IA Generativa, cioè in grado di “creare” contenuti e gestire dati sulla base di machine learning sempre più avanzate, che apprendono in modo sempre più specifico e si adattano meglio alle nuove esigenze, dall’altro lato potremmo assistere a un fenomeno che alcuni definiscono come Intelligenza Artificiale (de)generativa.

Se guardiamo a queste nuove tecnologie in modo positivo, creando una rete di collaborazione che comprende i Governi, le aziende, i cittadini e più in generale che rappresenti in modo più ampio possibile le categorie coinvolte in questa nuova evoluzione, l’IA potrebbe rappresentare una opportunità concreta nel progresso aziendale e nella vita di tutti i giorni. Se al contrario, non riusciamo a essere consapevoli dell’uso che ne facciamo, se non riuscissimo a capire quale impatto potrebbe avere senza alcuna regolamentazione in termini etici, scientifici e tecnologici, questa potrebbe, a lungo termine, avere ripercussioni negative diventando addirittura dannosa per chi non riesce a controllarne l’utilizzo.

Riuscire a trovare un giusto equilibrio senza lasciarsi trasportare dalle emozioni che solitamente pervadono chi vede nell’evoluzione tecnologica un naturale strumento di progresso, diventa fondamentale per riuscire a capire le potenzialità di questi strumenti, riuscendo a regolare in modo ottimale le esigenze lavorative, lo sviluppo di impresa e soprattutto tenendo sempre al centro il lavoratore mettendolo nelle condizioni di governare i processi e non di esserne governato.

La strada è ancora lunga, le possibilità che si aprono dinanzi a noi sono tante e abbiamo modo, soprattutto adesso che ci troviamo in fase di pieno sviluppo, di capire come e quando fermarci per poter riflettere in modo costruttivo al fine di migliorare le nostre vite e quelle delle aziende che vogliono puntare a queste nuove tecnologie.

NOTA

1 https://commission.europa.eu/news/ai-act-enters-force-2024-08-01_it

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