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Migrazioni e impresa: la fotografia di idos intervista a Gianfranco Belgrano
Sempre più inseriti nella società, spesso determinati a fare dell’Italia il luogo dove crescere i propri figli, in tanti giunti ormai anche alla terza generazione: i migranti in Italia sono cambiati rispetto a decenni fa quando la conoscenza reciproca era più difficile. E sempre più spesso tra di loro ci sono molti grandi e piccoli imprenditori. Gianfranco Belgrano ha potuto osservare questo fenomeno da un osservatorio privilegiato. Internationalia, di cui è co-fondatore, è un centro studi e gruppo editoriale che si occupa delle aree emergenti del globo in particolare Africa ma anche Medio oriente, America Latina e Asia. Questo gli ha consentito di vedere e studiare le dinamiche delle migrazioni nel tempo anche grazie ai continui contatti e viaggi nei paesi di origine dei migranti.
Come sono cambiate le migrazioni?
C’è un dato che spesso non viene sottolineato: i processi migratori avvengono in primis all’interno dell’Africa stessa. Le persone che si muovono verso l’Europa e le altre zone del mondo rappresentano soltanto una parte, sicuramente più piccola. Quelli che arrivano in Italia sono soprattutto migranti economici.
E questo che effetti ha nel nostro Paese?
Il lavoro. Mi spiego meglio. Nel rapporto su migrazioni e imprenditoria di IDOS si nota che in Italia è aumentato il numero delle imprese gestite da migranti con una incidenza del 10,8% sul totale nazionale. E questo ha chiaramente effetti su tutte le dinamiche economiche.
Ci faccia capire meglio
I numeri ci aiutano a capire la realtà. In 10 anni, ad esempio, gli imprenditori africani titolari di imprese nel nostro Paese sono aumentati del 10% e oggi sono 145mila imprese. Se poi andiamo a leggere bene queste statistiche notiamo che tra i principali gruppi di provenienza ci sono il Marocco, l’Egitto e la Nigeria dall’Africa, Romania dall’Europa e Cina dall’Asia. Sono tutti imprenditori che lavorano prevalentemente nei servizi. I marocchini si sono specializzati nel commercio all’ingrosso ma negli ultimi anni è cresciuta la loro presenza nel turismo. I nigeriani sono attivi nel commercio, i romeni nel comparto dell’edilizia mentre i cinesi spaziano dal tessile, alla ristorazione e al commercio.
Cosa accomuna questi imprenditori?
Certamente il loro grado di resilienza. Gli immigrati hanno una forza e una preparazione che si tende erroneamente a sottostimare. Il migrante è per antonomasia una persona più resiliente. E questa è una caratteristica che serve sicuramente a un imprenditore per vincere le sfide del mercato. Un migrante deve superare ostacoli come la cultura e la lingua. E questo diciamo che li allena a non arrendersi mai e andare oltre ogni problema.
È il solo elemento che li accomuna?
Un’altra caratteristica è quella di essere un ponte tra l’Italia e i loro Paesi di origine. Questo aspetto può creare connessioni tra imprese italiane e quelle di altri Paesi. Le diaspore sono storicamente ponte di collegamento e sviluppo. Lo è stato per l’Italia e le nazioni dove i nostri migranti sono stati. E ora lo è per l’Italia e i Paesi di provenienza dei migranti.
In che senso?
Molti imprenditori che hanno una propria impresa in Italia poi provano a replicare quel modello di business nel proprio Paese. Ci sono migranti che oltre a costruire le case, investono in imprese locali nei loro territori di origine.
Molti però decidono di restare in Italia
La sfida da vincere è questa. Ci sono nuovi italiani e si deve evitare il rischio che si sentano stranieri a casa loro perché sono a tutti gli effetti italiani. Le nuove generazioni sono sicuramente più preparate di quelle dei loro genitor: spesso i ragazzi nati in Italia hanno avuto possibilità che i loro genitori non hanno avuto. Molte volte poi si impegnano nelle attività di famiglia nelle quali riversano le proprie conoscenze.
C’è qualche esempio di successo?
Mi viene in mente l’esperienza di Madi Sakandé. È un imprenditore nativo del Burkina Faso che ha rilevato un’azienda del settore della refrigerazione nei pressi di Bologna riuscendo a rilanciarla. Oltre a preservare tanti posti di lavoro, ha portato la sua esperienza in Burkina Faso avviando anche lì una impresa. Come la sua ci sono altre storie che possono far capire come l’imprenditoria in Italia sia interconnessa ai migranti.