INTERVENTI E OPINIONI SPECIALE OSAKA

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di Emma Evangelista

L’Ente Nazionale per il Microcredito partecipa all’esposizione universale di Osaka 2025 rappresentando le best pracrtices della finanza etica sviluppate nel corso degli anni.

L’Ente per la sua partecipazione ha sottoscritto un protocollo d’intesa con il Commissario per Expo di cui riportiamo le finalità e le ragioni.

La mission dell’ENM è caratterizzata da una visione etica della finanza, l’Ente intende rappresentare il principale punto di riferimento per le pubbliche amministrazioni e gli stakeholders interessati allo sviluppo del microcredito in Italia e in Europa, nei Paesi in via di sviluppo e nelle economie in transizione, per questo la sua attività è orientata al sostegno di iniziative volte a favorire lo sviluppo della microimprenditoria e del lavoro autonomo, nonché la lotta alla povertà e l’inclusione finanziaria di quelle categorie sociali definite “non bancabili” a causa della mancanza o carenza di garanzie da offrire al sistema bancario tradizionale.

Tale mission si inserisce in una visione etica della finanza, che considera l’attività finanziaria (e quindi l’uso del denaro) come mezzo e non come fine, avendo a riferimento la promozione umana e sociale degli individui. In base a tale visione, l’Ente vede il microcredito non come forma di “assistenzialismo” o “beneficenza”, ma come vero e proprio prestito finalizzato allo sviluppo di progetti imprenditoriali o alla realizzazione di progetti mirati al miglioramento delle condizioni di vita personali o familiari delle fasce deboli della popolazione.

In aderenza ai temi di Expo 2025 Osaka, con l’obiettivo di promuovere, in occasione dell’evento, l’innovazione, la crescita e l’internazionalizzazione del microcredito e della microfinanza e in particolare della “via italiana al microcredito” quale strumento di promozione sociale e finanziario e di integrazione, nella promozione degli obiettivi del millennio di cui il microcredito è strumento ed espressione.

L’Expo 2025 Osaka rappresenta altresì un’occasione preziosa per far dialogare creatività, industria, arte e lavoro, attraverso un’esposizione che racconti l’evoluzione della microfinanza in Italia e nel mondo quale strumento di diplomazia preventiva.

In accordo con il Commissario straordinario per Expo 2025 Osaka, l’ambasciatore Mario Vattani, il presidente dell’Ente Nazionale per il Microcredito Mario Baccini, hanno sottoscritto un accordo per collaborare al fine di realizzare un’iniziativa di promozione di microcredito e microfinanza per rafforzare il partenariato pubblico privato nazionale e internazionale, con un focus sulle attività della via italiana al microcredito, e valorizzare l’impegno nella cooperazione a favore della lotta all’esclusione sociale e finanziaria per il raggiungimento dei millennium goals. Nell’accrodo si propone di implementare le attività di promozione del sistema italiano del microcredito, coinvolgendo (aziende, investitori, startup) per creare opportunità di internazionalizzazione delle PMI, di attrazione di investitori internazionali; infine, di contribuire alla promozione della via italiana al microcredito nel campo dell’arte e della cultura d’impresa negli spazi del Padiglione, attraverso racconti testuali e multimediali di esperienze di microcredito.

Lo scopo delle Esposizioni Universali è quello di promuovere il progresso industriale e tecnologico a livello globale, mettendo in mostra le ultime innovazioni tecniche, scientifiche e culturali che contribuiscono a migliorare le condizioni di vita sociale ed economica delle persone e del pianeta; il tema generale di Expo 2025 Osaka è “Designing Future Society for our Lives” (Disegnare la società del futuro per le nostre vite) e i sottotemi sono: Saving Lives (proteggere e salvare le vite degli individui), Empowering Lives (valorizzare le vite degli individui ed espandere il loro potenziale), Connecting Lives (potenziare il capitale sociale e la partecipazione degli individui, generando comunità).

L’Esposizione Universale è – per sua natura – un evento internazionale in ragione del numero e della natura dei Paesi partecipanti previsti, del grande flusso e della diversa provenienza dei visitatori attesi, della natura dei rapporti internazionali che verranno sviluppati, della consistenza dei progetti di cooperazione che saranno attivati, degli scambi culturali e di capitale umano che da tale evento si genereranno, della natura e del carattere globale del tema scelto dagli Organizzatori.

L’Ente deriva direttamente dal “Comitato Nazionale Italiano per il Microcredito”, costituito nel 2004 quale organo preposto all’organizzazione degli eventi relativi al “2005-Anno internazionale del microcredito”, proclamato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Risoluzioni ONU 53/197 e 58/221) al fine di favorire la realizzazione degli Obiettivi del Millennio.

Expo 2025 Osaka sarà una piattaforma abilitante per la realizzazione del Piano “Society 5.0” lanciato dal Governo giapponese con l’obiettivo di realizzare una “Super Smart Society” che faccia leva sull’utilizzo trasversale delle nuove tecnologie (Big Data, Robotica, Internet of Things, Intelligenza artificiale) per rispondere ai bisogni delle società e degli individui, mettendo al centro la persona in tutte le dinamiche economiche e sociali.

Expo 2025 Osaka fornirà l’opportunità di trarre un bilancio sugli sforzi intrapresi per raggiungere gli SDGs (Sustainable Development Goals) e immaginare una società del futuro che vada idealmente al di là degli Obiettivi dell’Agenda 2030.

Italia e Giappone, entrambi membri G7, G20 e OCSE, sono legati da oltre 150 anni di relazioni politiche e diplomatiche, oltre che da intensi scambi economici basati sulla vitalità delle PMI e la loro conglomerazione in distretti industriali con particolare riferimento ai settori di: arte, cultura, design, sport, aerospazio, scienze della vita (genomica, biopharma, diagnostica, robotica umanoide, silver economy), meccatronica, transizione energetica, mobilità sostenibile, intelligenza artificiale, ambiente, agroalimentare, tessile, moda, arti performative (cinema, musica, danza, teatro); cultura del progetto, abilità artigiane, pensiero creativo e rapporto natura-tecnologia-umanità legano da sempre le culture e le espressioni artistiche in Italia e Giappone, con particolare riferimento alle attività di lotta all’esclusione sociale e finanziaria attraverso la promozione del microcredito e della microfinanza; il Commissario ha inteso dare spazio alla ricerca e alla sperimentazione artistica in senso ampiamente interdisciplinare, con capacità di rappresentazione rispetto a temi sociali, quali diversità, sostenibilità e inclusione in cui l’Ente si rappresenta appieno.

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di Emma Evangelista e Gianluigi De Angelis

Intervista al ministro Antonio Tajani

Il Ministro degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, sostiene da sempre le politiche imprenditoriali e microfinanziarie. Con Lui abbiamo ragionato su come l’attività microcreditizia possa essere un volano della nostra imprenditorialità all’estero e di quanto le best practices sviluppate dall’ENM possano essere d’esempio e di sostegno alla diplomazia preventiva al centro dei dibattiti di Expo Osaka 2025 nella settimana dei diritti umani.

Tajani, già nel convegno svoltosi a dicembrte 2024 in Farnesina, si era espresso in favore dell’uso dello strumento microfinanziario quale vettore di pace e sviluppo. Il Ministro ha tenuto a sottolineare come la politica estera italiana venga promossa nel mondo anche da coloro che portano all’estero qualcosa di materiale o immateriale della civiltà italiana. Tajani ha ricordato l’importante ruolo della cooperazione internazionale: “Tutto ciò che un italiano fa di positivo nel mondo, soprattutto quando si parla di portatori di pace, aiuta la nostra azione politica. In tutto ciò, lo strumento del microcredito può avere un ruolo chiave”, ha poi evidenziato il Ministro sottolineando come questo strumento possa essere utile allo sviluppo dei territori maggiormente in difficoltà. “Anche questa è diplomazia della pace, perché dove circolano le merci non circolano le armi”.

Il microcredito sostiene l’imprenditoria italiana, in particolare sostiene le piccole e medie imprese. Nel quadro di una diplomazia preventiva, secondo Lei, quale potrebbe essere il contributo che L’Ente Nazionale per il Microcredito, attraverso questo strumento, può fornire alle imprese in fase di internazionalizzazione?

Deve innanzitutto partire dai quei giovani che hanno capacità di innovazione, ma non i mezzi per sfruttarle. Deve sostenere le start-up, come chi è alla ricerca di una seconda opportunità. Deve porsi l’obiettivo di favorire la crescita di piccoli e medi imprenditori aiutando soprattutto le nuove generazioni, le donne, le organizzazioni del terzo settore e gli immigrati. Il supporto del Maeci, così come di tutto il Governo, non è un fatto isolato, ma si inserisce in un percorso che è parte integrante della nostra filosofia. Le istanze della responsabilità sociale d’impresa e l’attenzione al contesto sociale sono temi che trovano diffusa applicazione nelle nostre strategie. Anche se il percorso di sviluppo del microcredito ha ancora ampi margini di crescita, è importante sapere che anche istituzioni di un Paese come l’Italia hanno ben presente l’importanza di questo strumento di vera cooperazione.

Nel grande racconto dell’Italia, che è al centro di Expo Osaka, si parla anche del valore sociale dell’impresa. La presenza dell’Ente Nazionale per il Microcredito vuole marcare questo aspetto in particolare. Quale valore attribuisce alla possibilità di raccontare, in un contesto globale, il ruolo del microcredito come leva di inclusione e sviluppo?

Il premio Nobel per la pace Muhammad Yunus, che poi è stato l’ideatore e il realizzatore del microcredito moderno ha detto che “Normalmente i Paesi funzionano come un treno con una locomotiva che traina il convoglio. Il microcredito, invece, fa in modo che ogni singolo vagone sia autonomo. Se lo si stacca dalla locomotiva, può continuare a viaggiare da solo, perché ogni essere umano è un motore creativo”. E questo ci consente di avere uno strumento efficace di lotta all’esclusione sociale e di attivare processi di sviluppo economico e sociale che sottraggano individui, famiglie, attività imprenditoriali dall’economia di sussistenza per farli divenire attori coscienti e responsabili inseriti in economie dinamiche e aperte.
Uno sviluppo socio-economico equo e sostenibile passa attraverso quella che in molti definiscono: “La pace attraverso lo sviluppo”. Alla luce del Suo ruolo e del Suo impegno nella cooperazione internazionale, secondo Lei, il microcredito potrebbe diventare una leva della nostra politica estera in favore della crescita economica e inclusiva all’interno dei Paesi partner?

Lo strumento del microcredito svolge un ruolo chiave e noi come governo lo vogliamo valorizzare sempre di più. È particolarmente adatto per rilanciare la crescita partendo dai territori, valorizzando le piccole attività imprenditoriali, magari familiari. Attraverso la cooperazione e lo sviluppo stiamo realizzando molti interventi specie nel continente africano. Anche questa è diplomazia della pace, perché dove circolano le merci c’è crescita e benessere e non circolano le armi. E poi ritengo urgente saldare la contraddizione tra un mondo che cresce e si sviluppa e l’aumento degli squilibri e delle povertà attraverso strumenti adeguati, concreti e di tipo nuovo. E il microcredito è uno di questi.

Le piccole e medie imprese rappresentano la spina dorsale della nostra economia. Quali sono le misure che il MAECI sta mettendo in campo per supportare questa tipologia di imprese sui mercati esteri e come, secondo Lei, si potrebbe intervenire soprattutto nelle realtà imprenditoriali più giovani o meno strutturate?

Sin dal mio insediamento alla Farnesina il sostegno ai percorsi internazionali delle micro e piccole imprese è stato una priorità della mia agenda. Assieme a Simest abbiamo approfondito e innovato gli strumenti di sostegno finanziario all’internazionalizzazione, introducendo prodotti dedicati di finanza agevolata: dai contributi per gli investimenti in transizione digitale ed ecologica, all’assunzione di export manager temporanei, che possano accompagnare le imprese che si affacciano per la prima volta sui mercati internazionali. Abbiamo anche voluto allargare i benefici della finanza agevolata alle imprese della filiera non ancora esportatrici. Con uno sguardo invece alle realtà imprenditoriali più giovani e dinamiche, sosteniamo l’internazionalizzazione delle startup. Ovvero di quelle nuove aziende e giovani aziende innovative ad alto potenziale di crescita, e fucina delle tecnologie di frontiera. Recenti studi (Assolombarda e InnovUp) dimostrano che nel periodo 2012-2023 un quarto di tutti i nuovi posti di lavoro sono stati creati da startup e PMI innovative. E si tratta generalmente di occupazione caratterizzata da elevata professionalità e alto valore aggiunto, dato che proprio queste tipologie di imprese si dedicano prevalentemente a tecnologie d’avanguardia, spesso sperimentali, sovente frutto di spin-off e ricerche accademiche. Ma data la struttura ancora molto debole della compagine di tale tipologia di imprese, il MAECI e Agenzia-ICE si sono attrezzati per fornire una forma di assistenza su misura, con programmi di accelerazione all’estero, la partecipazione a fiere tecnologiche internazionali (dove all’interno dei padiglioni Italia i giovani imprenditori-innovatori vengono messi a contatto con grandi aziende o investitori specializzati come i fondi di venture capital).

svolge un ruolo chiave e noi come governo lo vogliamo valorizzare sempre di più. È particolarmente adatto per rilanciare la crescita partendo dai territori, valorizzando le piccole attività imprenditoriali, magari familiari. Attraverso la cooperazione e lo sviluppo stiamo realizzando molti interventi specie nel continente africano. Anche questa è diplomazia della pace, perché dove circolano le merci c’è crescita e benessere e non circolano le armi. E poi ritengo urgente saldare la contraddizione tra un mondo che cresce e si sviluppa e l’aumento degli squilibri e delle povertà attraverso strumenti adeguati, concreti e di tipo nuovo. E il microcredito è uno di questi.

Le piccole e medie imprese rappresentano la spina dorsale della nostra economia. Quali sono le misure che il MAECI sta mettendo in campo per supportare questa tipologia di imprese sui mercati esteri e come, secondo Lei, si potrebbe intervenire soprattutto nelle realtà imprenditoriali più giovani o meno strutturate?

Sin dal mio insediamento alla Farnesina il sostegno ai percorsi internazionali delle micro e piccole imprese è stato una priorità della mia agenda. Assieme a Simest abbiamo approfondito e innovato gli strumenti di sostegno finanziario all’internazionalizzazione, introducendo prodotti dedicati di finanza agevolata: dai contributi per gli investimenti in transizione digitale ed ecologica, all’assunzione di export manager temporanei, che possano accompagnare le imprese che si affacciano per la prima volta sui mercati internazionali. Abbiamo anche voluto allargare i benefici della finanza agevolata alle imprese della filiera non ancora esportatrici. Con uno sguardo invece alle realtà imprenditoriali più giovani e dinamiche, sosteniamo l’internazionalizzazione delle startup. Ovvero di quelle nuove aziende e giovani aziende innovative ad alto potenziale di crescita, e fucina delle tecnologie di frontiera. Recenti studi (Assolombarda e InnovUp) dimostrano che nel periodo 2012-2023 un quarto di tutti i nuovi posti di lavoro sono stati creati da startup e PMI innovative. E si tratta generalmente di occupazione caratterizzata da elevata professionalità e alto valore aggiunto, dato che proprio queste tipologie di imprese si dedicano prevalentemente a tecnologie d’avanguardia, spesso sperimentali, sovente frutto di spin-off e ricerche accademiche. Ma data la struttura ancora molto debole della compagine di tale tipologia di imprese, il MAECI e Agenzia-ICE si sono attrezzati per fornire una forma di assistenza su misura, con programmi di accelerazione all’estero, la partecipazione a fiere tecnologiche internazionali (dove all’interno dei padiglioni Italia i giovani imprenditori-innovatori vengono messi a contatto con grandi aziende o investitori specializzati come i fondi di venture capital).

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di Teodoro Fulgione

Un mondo lontano per tanti aspetti, a partire ovviamente da quello geografico, ma Giappone e Italia hanno qualcosa che li lega, talvolta in modo del tutto inaspettato: cultura e trasformazione sociale.

L’Expo di Osaka 2025 rappresenta un’opportunità per mettere a contatto due mondi e permettere di conoscersi meglio. In tal senso l’attività dell’Istituto di Cultura dell’Italia a Tokyo è fondamentale.

Silvana De Maio dal 2022 ne coordina le attività come direttrice dello stesso istituto. Un punto di vista privilegiato per osservare questa realtà con un accento a tutti gli aspetti relativi all’arte e una attenzione alle dinamiche sociali.

Il Giappone sta vivendo anni di profonda trasformazione. L’immagine di un Paese dove tutti lavorano per le grandi multinazionali nipponiche - colossi che vanno dall’elettronica alle automobili – sta lasciando spazio alla piccola iniziativa privata. Uno schema che ci rende più vicini. Protagonisti di questa trasformazione sono i giovani.

“In Giappone esiste da sempre una realtà di piccole e medie imprese – spiega la direttrice De Maio - E forse è uno dei motivi per i quali c’è vicinanza con l’Italia. È vero. Esistono le grandi realtà come la Honda o la Suzuki per citare solo alcune delle più famose ma nelle numerose e diverse prefetture, magari lontane da Tokyo, ci sono realtà più piccole. Penso ad esempio alle aziende che producono la componentistica”. Un modello che potrebbe ricordare quanto avviene, ad esempio, in alcune regioni del nord e del sud Italia per l’indotto dell’automotive.

“Inoltre – insiste la direttrice con un entusiasmo che lascia trapelare passione e conoscenza del Paese – ora, come riflesso dell’arrivo massiccio di stranieri, sia orientali che occidentali tra i quali tantissimi italiani, c’è un enorme ritorno di attenzione alle produzioni tradizionali come, ad esempio, quelle agricole. Queste realtà stanno avendo un boom. Per far capire l’impatto che ha sul Paese c’è un dato utile: tutte le mattine le tv nazionali presentano un settore al grande pubblico. Ad esempio, il sakè sta riscontrando un enorme successo: c’è una forte richiesta per avere licenze in modo da aprire nuove piccole aziende di produzione. Si stanno sviluppando i corsi per assaggiatori di sakè, sia per giapponesi che per stranieri. Non è soltanto una moda”, ci tiene a precisare. Una dinamica che ricorda quanto è avvenuto e avviene in Italia con il settore del vino: tradizione e tanti posti di lavoro per i giovani. “Ovviamente ci sono le grandi realtà aziendali ma stanno nascendo le piccole imprese che stanno riscontrando un interesse. E questo avviene anche nell’alimentare: penso alla produzione delle alghe per la cucina fusion o a quella di prodotti tipici locali come il tofu o il misu.

“L’artigianato locale è un settore dove ci sono sempre più imprese – spiega De Maio - C’è un sottobosco in fermento che forse non si nota a una prima osservazione del Paese. I giovani stanno scoprendo che c’è l’interesse per tutti questi settori”.

Le attività dell’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo risalgono al 1939. La sede, distrutta durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, è stata più volte ristrutturata, l’ultima volta nel 2003 su progetto dell’architetto Gae Aulenti. Dal 1997 l’insegnamento della lingua italiana ha avuto una spinta propulsiva che ha visto salire il numero degli iscritti fino ai 4000 studenti attuali.

“Gli italiani stanno aumentando tantissimo. Rispetto a 30 anni fa sono più che raddoppiati. Al di là delle grandi aziende che sono qui da decenni. In questo il ruolo dell’ambasciata fa da ponte tra aziende italiane e giapponesi. Dall’agroalimentare allo spazio. L’Itaila desta sempre tanto interesse”. “Il Giappone è in un momento di cambio anche nei rapporti con il Belpaese: “Soprattutto per la cultura ci troviamo in una fase di transizione – sottolinea - Per decenni la cultura italiana è stata conosciuta dalle élite del paese, ora questo strato della società sta lasciando la propria eredità alle nuove generazioni. Iniziano a esserci giovani molto interessati all’Italia, alla sua musica, al cinema e alla stessa cucina ma con una preparazione che va coltivata, va arricchita”. Ci sono aspetti economici che ovviamente influiscono: “Con la svalutazione dello yen i giovani che riescono a venire in Italia non sono tanti. In genere è difficile che i giapponesi lascino il loro Paese anche perché vivono bene”. Il paragone con l’Italia e i suoi giovani è automatico. Il ruolo che il Microcredito ha svolto è importante e ha aiutato tanti nuovi piccoli imprenditori che, come i loro corrispettivi giapponesi, hanno bisogno di una spinta per dare vita alle loro realtà imprenditoriali.

L’Istituto Italiano di Tokyo coordina le attività e contribuisce al processo di diffusione della cultura italiana: “Come Istituto stiamo ospitando alcune delle realtà che si stanno presentando a Expo 2025 Osaka. Tanti italiani vengono sia per prendere contatti che per capire le prospettive di promozione del settore culturale di cui si occupano. Chi dall’Italia viene in Giappone passa sempre per Tokyo. Fare squadra è
importante perché si conosce meglio il Paese, si scambiano informazioni e conoscenza. Lavorando insieme si riesce a raggiunge più settori di interesse”.

“Come istituto stiamo veramente sviluppando molti progetti – ricorda Di Maio – A breve avremo il simposio su Italo Calvino qui nella sede dell’Istituto e alla Tokyo University. Poi ci sarà una tavola rotonda sui 60 anni della Carta di Venezia per la conservazione del patrimonio dell’umanità, un documento del ’64”.

“Nella cultura continua a investire lo stato giapponese ma anche le aziende editoriali hanno un grande ruolo nella realizzazione di grandi mostre cavalcando l’onda dell’Expo. Noi collaboriamo con alcune realtà importanti: un vanto è il Festival del cinema italiano che realizziamo collaborando con Cinecittà”.

In Giappone l’età media della popolazione è alta, come in Italia, e iniziano a vedersi fenomeni di povertà ai quali gli abitanti non erano abituati. “La povertà ovviamente è ovunque, anche in Giappone – afferma Di Maio – Sta aumentando purtroppo. Ora sono frequenti anche in tv annunci con il quale si comunica la creazione di banchi alimentari per aiutare gli indigenti. Inizia ad essere visibile la crisi economica anche a livello sociale”. In questi spazi si riscopre l’importanza che il Credito Sociale ha in Italia. Anche in Giappone esiste una sorta di facilitazione di accesso al Microcredito. Lo Stato con politiche governative specifiche facilita l’ottenimento di prestiti per Piccole e Medie Imprese e per imprenditori. La crescita di questo settore sta supportando la crescita e lo sviluppo locale. La trasformazione dell’economia nipponica, caratterizzata tradizionalmente dalla presenza delle grandi multinazionali e dalla “fedeltà” aziendale intesa come difficoltà a cambiare datore di lavoro, è in atto. Una trasformazione che incide anche sulle dinamiche sociali.

“Qui, ad esempio, sono in grossa difficoltà la madri single. Spesso i bambini hanno un pasto solo perché vanno alla scuola dell’obbligo dove viene dato a tutti. Prima era tabù parlare di povertà; ora iniziano a comunicarlo. Un tentativo per impedire l’emarginazione dei più deboli”.

L’Expo di Osaka 2025 ha preso il via il 13 aprile. La sua conclusione è prevista per il 13 ottobre. L’Italia è presente con un proprio padiglione progettato da Mario Cucinella Architect e propone una interpretazione della città rinascimentale italiana con piazza, portici, giardini e luoghi di incontro.

Il tema scelto è “L’Arte Rigenera la Vita”: l’obiettivo è presentare le eccellenze dell’Italia: dalla ricerca scientifica, all’arte classica e contemporanea, dal design all’artigianato.

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di Irene Bertucci

In un contesto globale caratterizzato da trasformazioni economiche, sociali e tecnologiche sempre più rapide, emergono nuove traiettorie di sviluppo che richiedono un ripensamento delle politiche di inclusione e innovazione. In tale scenario, tre ambiti distinti ma interconnessi assumono particolare rilevanza strategica: il microcredito sociale come strumento di emancipazione economica, l’Expo 2025 di Osaka quale piattaforma di cooperazione internazionale e promozione dell’innovazione sociale, e l’intelligenza artificiale applicata ai processi di accesso al credito.

Pur operando in contesti diversi, tali elementi condividono un obiettivo comune: promuovere modelli di sviluppo più equi e sostenibili, capaci di valorizzare la centralità della persona e di ridurre le disuguaglianze strutturali.

Le origini storiche del microcredito: emancipazione e inclusione

Il microcredito nasce come strumento di emancipazione sociale, figlio dell’esperienza pionieristica di Muhammad Yunus e della Grameen Bank in Bangladesh. Questo modello, premiato con il Nobel per la Pace nel 2006, ha dimostrato come prestiti di piccola entità possano trasformare la vita di milioni di persone, soprattutto donne, permettendo loro di avviare attività imprenditoriali e uscire dalla povertà.

L’Italia, pur avendo introdotto il microcredito con un certo ritardo rispetto ad altri Paesi europei, può oggi vantare un primato unico: è l’unica Nazione del continente ad aver istituito, con una norma di legge specifica, un ente nazionale preposto al coordinamento e alla promozione del microcredito.

L’Ente Nazionale per il Microcredito (ENM), opera come ente pubblico non economico con compiti di promozione, indirizzo, agevolazione, valutazione e monitoraggio degli strumenti microfinanziari promossi dall’Unione Europea e delle attività realizzate con fondi comunitari. L’Ente, che dispone di una rete capillare su tutto il territorio e di una chiara cornice normativa, rappresenta un modello istituzionale inedito in Europa. In altri Paesi, infatti, il microcredito è spesso gestito da soggetti privati, ONG o enti pubblici locali, senza una disciplina centralizzata.

L’ENM collabora strettamente con la Banca d’Italia e coordina una rete di tutor e intermediari finanziari, assicurando supporto tecnico e accompagnamento ai beneficiari. Dal 2015 a oggi, l’ENM ha erogato oltre 431 milioni di euro, sostenendo circa 45.000 unità lavorative attraverso più di 18.000 operazioni. Il trend è in crescita: nel solo 2023 sono state garantite circa 3.200 operazioni per un valore complessivo superiore a 90 milioni di euro. L’importo medio dei finanziamenti è aumentato da 24.500 euro nel 2020 a 34.000 euro nel 2023, anche grazie alla revisione dell’importo massimo concedibile. L’età media dei beneficiari è di 37 anni: il 60% ha tra i 30 e i 50 anni, il 29% meno di 30 anni e l’11% oltre i 50.

Expo Giappone: innovazione sociale, cooperazione internazionale e arte

L’Expo di Osaka 2025, intitolato “Designing Future Society for Our Lives”, ha dato nuovo slancio alla riflessione globale sul ruolo della finanza sociale. Tra i protagonisti di questa riflessione vi è la Nippon Foundation, che ha messo in luce il potenziale dei Social Impact Bond (SIB), strumenti finanziari innovativi introdotti in Vietnam già nel 2016 in collaborazione con la Vietnam Bank for Social Policy. I SIB, che coinvolgono attori pubblici e privati, hanno mostrato come sostenibilità, replicabilità e impatto sociale possano coesistere in un’unica strategia.

Un elemento simbolico significativo sarà la presenza della Santa Sede nel Padiglione Italia, che per la prima volta nella storia degli Expo ospiterà uno spazio dedicato al Vaticano. Qui sarà esposto un capolavoro selezionato personalmente da Papa Francesco: secondo fonti ufficiali, si tratterà della Deposizione di Cristo di Caravaggio. Il progetto, intitolato “La bellezza porta speranza”, è concepito come un ponte tra spiritualità cristiana e cultura giapponese, volto a trasmettere un messaggio universale di inclusione e armonia. La bellezza, in questo contesto, diventa non solo espressione artistica, ma anche leva per l’innovazione sociale.

L’esperienza giapponese è stata oggetto di studio anche in ambito accademico: Takashi Kubota e colleghi (2019) hanno evidenziato l’importanza di creare partenariati internazionali per sviluppare forme di microcredito capaci di adattarsi ai contesti locali. L’esempio della Nippon Foundation mostra come l’Asia possa ispirare nuovi modelli di cooperazione anche in Europa, suggerendo percorsi innovativi nel segno dell’inclusione.

Intelligenza artificiale: nuova frontiera per il microcredito

L’evoluzione tecnologica ha aperto nuove prospettive per il settore del microcredito. Secondo un rapporto della Banca d’Italia (2022), il 68% degli intermediari finanziari italiani utilizza già algoritmi di machine learning per la valutazione del merito creditizio. Queste tecniche consentono di ridurre i tempi di analisi, migliorare la precisione e personalizzare l’offerta in base a dati non convenzionali, come i comportamenti digitali o le spese ricorrenti.

L’intelligenza artificiale (IA), quindi, rappresenta una risorsa strategica per supportare le microimprese che spesso non soddisfano i criteri richiesti dal credito tradizionale. Tuttavia, l’adozione dell’IA porta con sé anche potenziali criticità, esiste il rischio che gli algoritmi, se non progettati con criteri etici rigorosi, perpetuino bias sistemici, penalizzando inconsapevolmente le fasce più vulnerabili della popolazione. Tali distorsioni possono derivare dalla qualità dei dati utilizzati per l’addestramento e dalla mancanza di trasparenza nei modelli decisionali.

Per evitare queste derive, è essenziale che le istituzioni finanziarie adottino principi etici condivisi, garantendo trasparenza, responsabilità e inclusività nei processi decisionali. In questo senso, l’ENM potrebbe giocare un ruolo guida nel promuovere l’uso etico dell’IA all’interno dell’ecosistema microfinanziario italiano.

Sfide e prospettive: verso un microcredito inclusivo e innovativo

Guardando al futuro, il microcredito dovrà affrontare sfide cruciali. Da un lato, occorre rafforzare la cooperazione internazionale per definire standard etici comuni sull’uso dell’intelligenza artificiale. Dall’altro, è urgente investire nell’educazione finanziaria e digitale per colmare il divario tecnologico e rendere l’innovazione accessibile a tutti.

Secondo l’ISTAT, il 23% delle microimprese italiane resta tuttora escluso dal credito tradizionale. L’integrazione tra modelli come i Social Impact Bond e le potenzialità dell’IA potrebbe rappresentare una svolta decisiva per rispondere a questa esigenza. In questo contesto, la condivisione di buone pratiche a livello internazionale – come quelle promosse dalla Nippon Foundation – può aiutare a costruire strumenti più equi ed efficaci.

Conclusione: il microcredito tra memoria storica e sfida del futuro

Nato per rispondere a esigenze di giustizia sociale, il microcredito oggi si trova a un bivio. Dalle campagne del Bangladesh all’Expo di Osaka, passando per le esperienze italiane, il filo rosso che collega queste tappe è la tensione verso un’economia più inclusiva, sostenibile e umana.

L’intelligenza artificiale, se utilizzata con consapevolezza e responsabilità, può diventare un potente alleato per estendere l’accesso al credito e moltiplicarne l’impatto sociale. Ma la vera sfida sarà preservare l’anima sociale di questo strumento, coniugando innovazione e giustizia.

Come ricordava lo stesso Yunus, “il credito è un diritto umano”. Il microcredito del futuro sarà tanto più efficace quanto più saprà restare fedele a questa visione, portando opportunità reali dove prima c’era esclusione.

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di Ida Molaro

Saper fare e saper come fare Due concetti, da non confondere tra loro, che rappresentano compiutamente l’essenza del made in Italy. Insieme di caratteristiche, tradizioni, sapori – da tempo si cerca di regolamentare l’italian sound, ossia la storpiatura dei nomi di prodotti enogastronomici per farli passare come nostri – che rendono il Belpaese il Bengodi degli amanti del lusso, del buono e del bello. E non solo.

Perché se il “Saper fare” racconta di mani esperte nel cucire pelli o sete pregiate, nel cesellare oro e nel creare perfetti oggetti del desiderio, è Il saper “come” fare ad aver consacrato le piccole e medie imprese italiane nel Gotha delle eccellenze mondiali anche in settori molto specializzati e quasi sempre sconosciuti ai più.

Quella della “De Lorenzo” è, ad esempio, una storia esemplare. Presente in 140 Paesi nel mondo, ha sede a Rozzano alle porte di Milano ed esporta Formazione ovunque ci sia necessità di personale qualificato o di far partire una nuova impresa. Lo fa con 55 appassionati dipendenti – che si ritrovano a ballare, uscire e festeggiare insieme i successi lavorativi –, con un agente in ogni angolo del globo e con un’idea tanto semplice quanto geniale: riprodurre in scala senza il minimo margine di errore qualsiasi macchinario industriale vi venga in mente. Pale eoliche e galleria del vento comprese. I loro simulatori, pensati innanzitutto per gli Istituti professionali, consentono - ad esempio – agli aspiranti elettricisti di esercitarsi su circuiti elettrici reali progettati – in dimensioni ridotte - come stanze di appartamento o locali industriali veri e propri.

Nata negli anni ‘50 dall’intuizione di Ugo De Lorenzo, un ex militare, dopo un breve passaggio di mano a una holding bancaria, negli anni ’80 viene rilevata da Luciano Prosperi che la guida tuttora con i figli Filippo e Matteo. E se un marchio autorevole non si cambia per non disperdere un patrimonio di credibilità in un mercato altamente specializzato, l’unica variazione apportata dal nuovo proprietario fu l’adozione del colore giallo (di immediata riconoscibilità, ci dice Filippo) per contraddistinguere i loro modellini e simulatori. Duemila moduli didattici (il loro patrimonio materiale) a disposizione di tecnici e aspiranti tali in tutto il mondo - aggiornati e ampliati per seguire l’inevitabile evoluzione delle produzioni - dal Messico al Nord Africa, fino alle Maldive perché, spiega ancora Filippo Prosperi, ovunque ci sia bisogno di creare impresa serve chi sappia come farla e sappia poi insegnare a gestirla a chi ci lavorerà. Ed è a lui che chiediamo il perché di un successo al 100% italiano. “Testata la validità del nostro pacchetto tutto compreso – simulatori + formatori – veniamo percepiti competenti, seri e onesti. Una caratteristica tutta italiana è quella di saper ascoltare e risolvere le esigenze specifiche di ogni singolo cliente. Siamo elastici, come nessun altro sa essere”.
Su elasticità e visione si fonda anche la seconda storia scelta per raccontare “l’altro made in Italy”.

Nome inglese “Trusty” (letteralmente fidato), cuore italiano per la società benefit specializzata nella tracciabilità delle filiere agroalimentari e nella conformità normativa delle filiere stesse.

Se per noi consumatori europei è scontato trovare sulle confezioni alimentari, grazie a un software ormai standardizzato, tutte le informazioni relative al ciclo produttivo – ed entro fine anno anche le garanzie di rispetto dell’etica ambientale e sociale delle direttive UE contro la deforestazione – così non è per il resto del mondo. E qui entra in gioco la visione di un gruppo di trentenni capitanati da Alessandro Chelli (nella foto insieme alla projetc manager Rossella Guarnieri e alla comunication manager Sara De Grossi) che ha voluto fare del rispetto dell’ambiente e del lavoro una filosofia aziendale e di vita. Si è partiti così dall’idea di tracciare tutta la strada percorsa dai semi del cacao e dai chicchi del caffè per arrivare sulle tavole e nei supermercati. “Offrire queste informazioni - spiega il Ceo Chelli – aumenta il valore di mercato dei prodotti vista la maggior sensibilità dei consumatori per le tematiche green, e premia le aziende davvero virtuose”. 60mila le particelle – contadini e piccoli imprenditori – connessi nella rete creata dai giovani italiani tra Costa d’Avorio, Colombia e da poco anche Asia per rispondere alle richieste di 150 clienti tra i principali produttori europei e mondiali.

Al co-fondatore della Trusty abbiamo chiesto perché la loro Società rappresenta un esempio di eccellenza italiana. “Per la capacità dimostrata di risolvere problemi in contesti diversi – ci risponde - che stride con la rigidità di altri sviluppatori. Siamo tenaci, e all’estero ce lo riconoscono tutti, perché se non esiste una soluzione, noi la costruiamo”.

Torniamo alla premessa iniziale, cioè che non esportiamo solo lusso ma anche competenza. E per dimostrarlo è interessante raccontare il “caso Dubai”.

La prima immagine cui tutti pensiamo è quella del lusso per eccellenza, dalle auto ai gioielli, dalla pelletteria all’abbigliamento. Tutto vero, ma sono soprattutto i prodotti ad alta tecnologia – insieme all’agroalimentare - a trainare l’export verso la città della movida degli Emirati Arabi. Intelligenza artificiale, robotica e blockchain i campi emergenti che vedono il Tricolore tra i partner più affidabili per una clientela molto esigente.

E poi c’è la Cultura, patrimonio immateriale e universale dell’umanità dalle grandi potenzialità anche economiche. Lo sa bene Benedetta Paravia filantropa e imprenditrice figlia d’arte (la sua famiglia è stata pioniera e leader nella produzione, installazione e manutenzione di ascensori) che ha deciso di investire su arte e bellezza. Sua l’idea del “La Dolce via Festival” per raccontare il cinema italiano negli Emirati. Un appuntamento da cui è nata l’idea di una masterclass cinematografica per promuovere carriere nel settore tra i giovani emiratini e incentivare percorsi di studio in Italia.
A lei la testimonianza di cosa serve per sostenere all’estero “l’altro made in Italy”

Che sostegno può dare il sistema Paese a chi come Lei è impegnata a promuovere il marchio Italia?

Il primo passo è smettere di comportarsi come un genio distratto e iniziare a strutturare tutto quello che può essere riassunto nella parola “incanto”. Siamo il Paese delle eccellenze ma sembriamo spesso dimenticarlo lasciando che altri raccontino – o peggio imitino – ciò che solo noi sappiamo fare con autenticità

In concreto?

Servono tre cose fondamentali. La prima è il coraggio politico di investire strategicamente nella diplomazia economico-culturale perché oggi promuovere il made in Italy non significa solo esportare prodotti, ma esportare visione, valori e stili di vita. Anche nella costruzione di un Expo si fa ricorso alla narrazione e non c’è narrazione senza sistema. La seconda cosa è il sostegno concreto all’imprenditoria creativa femminile. Le donne italiane portano avanti tradizione e innovazione con uno spirito pioneristico che merita strumenti, visibilità e credito, in ogni senso. Terzo punto, la capacità di agire come una nazione-azienda con una regia centrale che sappia coordinare le eccellenze, evitare dispersioni e presentarsi al mondo con una voce unica e autorevole. Se l’Italia venisse gestita come un brand globale, con una strategia integrata e misurabile, il Made in Italy diverrebbe il primo valore d’esportazione del Paese.
Gli Expo servono a questo: fare vetrina

Un buon segnale è che per Osaka sia stato scelto Mario Vattani che si è fatto promotore di un’idea forte di Italia: un Paese che non si limita a raccontare la bellezza ma che la pianifica, la difende e la esporta con intelligenza collettiva.

Per non sbrodolarsi lodandosi troppo, sono i numeri a restituirci in modo oggettivo la voglia di made in Italy che c’è nel mondo. Se nel resto d’Europa le micro e piccole imprese con il loro export rappresentano mediamente l’1,6 % del Pil, quelle italiane viaggiano a velocità doppia con una percentuale del 3,3%. Una crescita diretta conseguenza dall’aver intuito, ormai da anni, che si può anche restare piccoli o piccolissimi, purché si faccia rete, soprattutto attraverso i distretti territoriali.

Ancora qualche cifra per comprendere l’Italia del saper fare. Nello scorso anno sono nate 83.586 imprese artigiane, al ritmo di 321 al giorno, e negli ultimi sei anni, 502mila giovani under 30 sono stati formati e avviati al lavoro con il contratto di apprendistato nelle imprese artigiane (dati Confartigianato). Un mondo a dimensione di donna visto che il 99,7% delle imprese femminili è di micro o piccola dimensione.

A livello istituzionale ad agevolare le Pmi che vogliano esplorare i mercati oltre confine, oltre che le associazioni di categoria, c’è l’E-book Export. Vero e proprio decalogo digitale messo a punto dal Ministero degli Esteri pensato – spiega il sito della Farnesina – per le imprese che ancora non sono presenti sui mercati esteri o non lo sono in maniera stabile.

In pratica un elenco ragionato degli strumenti pubblici a supporto di chi voglia esportare.
A questo punto vale la pena fare una breve riflessione: a trainare il made in Italy è in primo luogo lo Stile Italia. Sembra un gioco di parole ma non lo è. Perché se è vero che i prodotti, materiali o immateriali, delle aziende italiane puntano su estro e qualità, i migliori ambasciatori dello stile tricolore sono proprio gli italiani all’estero.

Ce lo racconta Salvo Iavarone, presidente di Confinternational e di Asmef (Associazione Mezzogiorno Futuro).

Esistono molti italiani che hanno raggiunto il successo, avendo lavorato con fantasia e ingegno. Senza andare a scomodare personaggi come Amadeo Giannini (il fondatore della Banca d’America) in tanti hanno disegnato percorsi di successo. Un esempio? Premiata a Washington nel 2019 con il Premio Eccellenza Italiana, la famiglia Marra, originaria di Santa Lucia a Napoli, che da 12 anni produce i forni delle pizze in America, nello Stato del Maryland, appena fuori Washington DC. Nati con le importazioni food dal nostro Paese, hanno sviluppato anche Pizza University and Culinary Arts. Ma potrei citare anche Ettore Colussi, che partendo dal nulla, ha creato in Santo Domingo un impero turistico, con alberghi e resorts, dando lavoro a 1500 dipendenti.

Esempi eccellenti e poi?

Gli italiani iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiana Residenti Esteri) sono circa sei milioni, ma se andiamo a esplorare il vasto mondo che associa quelli di seconda e terza generazione arriviamo a immaginare 70/ 80 milioni circa, secondo studi della Farnesina. Una popolazione superiore a quella contenuta nei confini nazionali. Parliamo di persone nate in Argentina, negli States o in tanti altri Paesi e che hanno il padre o il nonno nato in Italia. E in molti casi conservano una forte identità italica. Nel senso che coltivano il ricordo e l’amore per il proprio paesino di origine, ma amano e rispettano anche la Nazione che li ha accolti regalando loro successo economico e sociale.

Un mondo idilliaco…

Un mondo con tante sfaccettature. Dalla CIM (Confederazione Italiani nel Mondo, di cui sono vicepresidente, abbiamo lanciato spesso messaggi e idee per mantenere viva l’identità italiana. Una proposta interessante mi sembra quella lanciata alle Camere di Commercio Italiane all’estero. Un arcipelago di 93 sedi nel mondo facente capo ad Unioncamere, a cui si propose di creare delle strutture da mettere in sinergia con i tanti italiani desiderosi di acquistare qualche appartamento nei borghi d’origine per recuperare radici ma anche un patrimonio storico e architettonico di grande attrattiva per chi sogna il suo angolo di paradiso nel Belpaese. Presentammo un progetto ad hoc. Dopo i primi commenti positivi, ora siamo in attesa di sviluppi.

Altra realtà interessante da esplorare è proprio quella delle Camere di Commercio che dall’iniziale vocazione di enti di promozione territoriale attraverso vere e proprie vetrine del “meglio di” si stanno evolvendo sempre più in punti di incontro per imprenditori che guardano oltre confine. Antesignana di una visione internazionale, Eurochambres nata nel lontano 1958 per connettere le rappresentanze di categoria degli Stati fondatori dell’Unione europea. Oggi i suoi numeri sono impressionanti: 20 milioni le imprese connesse attraverso una rete di 1700 camere di commercio regionali e locali in tutta Europa. E le imprese associate alle camere di commercio - oltre il 93% delle quali sono PMI - impiegano oltre 120 milioni di persone. (dati forniti da Eurochambres)

È del mese di maggio di quest’anno l’apertura di una sede di rappresentanza della Camera di Commercio francese a Roma – dopo quella di Napoli del 2023 - che si aggiunge alla storica presenza dell’Ente aperto a Milano fin dal 1885. “Perché se per chi fa affari la capitale economica di Italia resta il capoluogo lombardo – ha detto in occasione dell’inaugurazione il presidente della CCI France Italie Denis Delespaul - Roma non è solo il cuore geografico dell’Italia, ma soprattutto il suo centro nevralgico istituzionale. La scelta di aprire una nostra sede qui è frutto della volontà di consolidare il nostro ruolo come interlocutore economico credibile, al fianco delle imprese e delle istituzioni, per sostenere l’internazionalizzazione, lo sviluppo e l’innovazione nei territori.”

Sono le tre parole del presidente Delespaul: internazionalizzazione, sviluppo e innovazione, a suggerire la strada per le Pmi che vogliano crescere nei mercati esteri mantenendo alti gli standard di qualità. Per farlo, e qui entra in gioco il ruolo della politica, quello che piccolissimi, piccoli e medi imprenditori chiedono prioritariamente al governo è la sburocratizzazione delle procedure e politiche attive per la formazione professionale dei giovani.

Per non morire sepolti da faldoni e non disperdere un patrimonio di saper fare e sapere come fare che resta il segreto del made in Italy.

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