EVENTI DI MICROCREDITO: INCONTRO IN CONFINDUSTRIA
EVENTI DI MICROCREDITO: INCONTRO IN CONFINDUSTRIA
Elisa Pandolfi
Presso la Sala Pininfarina di Confindustria, lo scorso dicembre si è tenuto il convegno organizzato dall’Ente Nazionale per il Microcredito: “Chiesa e Cultura d’impresa nel Magistero di Francesco”.
Presenti alla conferenza il Presidente dell’Ente Nazionale per il Microcredito, Mario Baccini, Sua Eminenza il cardinal Mauro Gambetti Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, Arciprete della Basilica di San Pietro e Presidente della Fabbrica di San Pietro e della fondazione ‘’Fratelli Tutti’’ e il Direttore Generale di Confindustria Raffaele Langella che ha aperto i lavori.
Per l’Ente questa era la quinta tappa dopo Senato, Camera, CNEL e Banca d’Italia del cammino intrapreso per portare la riflessione sull’economia sociale di mercato nelle sedi delle istituzioni.
Durante la conferenza, moderata dal giornalista vaticanista Piero Schiavazzi, Sua Eminenza ha affrontato i temi dell’economia sociale e di mercato di Francesco, il legame che c’è tra la spiritualità e la cultura del lavoro, e l’importanza di trovare un punto di equilibrio tra sviluppo economico e responsabilità sociale.
SI RIPORTANO GLI INTERVENTI DEI RELATORI.
Intervento del Direttore Generale di Confindustria, Raffaele Langella:
Siamo qui per esplorare e approfondire il rapporto tra due mondi solo apparentemente distanti ma che in realtà sono da sempre inscindibilmente connessi e oggi avremo l’eccezionale opportunità di farlo ascoltando le parole del Cardinale Mauro Gambetti, una figura che incarna in sé il legame profondo tra fede e imprenditorialità.
La sua esperienza personale e professionale unisce l’imprinting degli uomini d’impresa a quello degli uomini di Chiesa ed è d’ispirazione per tutti noi. Dall’incontro tra spiritualità e cultura del lavoro sono emersi tanti grandi imprenditori italiani, persone che hanno ricostruito il nostro Paese dalle fondamenta dopo i colpi, severi, inferti dalla storia.
Fede e passione per ciò che si fa sono due elementi che si rafforzano a vicenda spingendo le persone a costruire il futuro non solo per sé, ma per intere comunità.
C’è già stato un momento nella storia recente di Confindustria in cui abbiamo avuto modo di riflettere sul ruolo degli imprenditori e delle imprese nella nostra società, ed è stato il 12 settembre del 2022, quando l’intera Assemblea di Confindustria, è stata accolta da Sua Santità in Vaticano. In quell’occasione Papa Francesco si è soffermato a lungo sull’importanza degli imprenditori nel tessuto sociale ed economico del nostro Paese con un messaggio potente, che ha visto al centro la parola “condivisione”: condivisione degli sforzi attraverso il lavoro e condivisione delle ricchezze che dal lavoro risultano, anche attraverso la fiscalità.
Un passaggio che mi ha particolarmente colpito del suo discorso è stato quello in cui ha ricordato che un imprenditore resta tale fintanto che non dimentica “l’odore del lavoro”, esortandoci tutti a rimanere umili, vicini alle persone. Il tessuto economico del nostro Paese è costruito da piccole e medie imprese. Sono queste a costituire l’ossatura di Confindustria e sono queste a formare quell’intelaiatura solida della nostra economia, che ci ha permesso di essere “resilienti” anche in fasi drammatiche del più recente passato, come la pandemia e le crisi susseguenti.
Ogni impresa, indipendentemente dalla sua dimensione, ha il potere di influenzare positivamente la vita delle persone che la vivono, promuovendo la crescita, l’innovazione e la coesione sociale, sviluppando la comunità, un obiettivo che anche la Chiesa persegue. Oggi più che mai siamo chiamati alla responsabilità davanti alle grandi trasformazioni che si profilano: quella della sostenibilità, non solo ambientale, quella tecnologica, che solleva importanti domande sul nostro ruolo in congiunzione con le macchine, anche e soprattutto nel mondo del lavoro, quella geopolitica che plasma e a suo tempo e plasmata dalle prime due.
In un mondo in cui non è facile trovare un percorso credo sia importante affidarsi a principi solidi, come quelli che la Chiesa enuncia da secoli e che Papa Francesco ha spesso ricordato: tra questi l’invito a non guardare solo al profitto ma soprattutto all’impatto ampio delle proprie azioni.
Credo che questo significhi investire nelle persone, nel loro benessere e nella loro formazione, operare con un occhio attento all’ambiente e al futuro del nostro pianeta, tutte linee di indirizzo che cerchiamo di recepire al meglio nelle nostre azioni.
Sono certo che la visione e l’impegno del Cardianl Gambetti possano essere importanti per sottolineare quanto sia prezioso trovare un punto di equilibrio tra crescita economica e responseabilità sociale.
Intervento del Presidente dell’Ente Nazionale per il Microcredito, Mario Baccini:
Questa è la quinta tappa, dopo Senato, Camera, CNEL e Banca d’Italia del cammino che l’Ente ha intrapreso per portare la riflessione sulla economia sociale di mercato nelle sedi delle Istituzioni, attraverso la voce più alta, quella di Sua Santità, che da Roma si leva nel mondo in favore di una finanza solidale, capillare, a portata di tutti.
Del resto siamo nati proprio così, venti anni fa, nel 2003, quando incaricato di presiedere presso il Ministero degli Esteri il comitato preparatorio dell’Anno Internazionale del Microcredito, che si sarebbe celebrato nel 2005, feci un richiamo proprio al Papa nel sottotitolo del volume “Diplomazia Preventiva”, poiché anche allora quella del Pontefice costituiva la voce più “laica”, cioè meno ideologica. Più istituzionale e al tempo stesso meno convenzionale. Poco enfatica e molto profetica. “Troppo” profetica, vorrei dire, guardando agli eventi sopraggiunti negli anni successivi e al contesto internazionale, di guerra, in cui attualmente ci troviamo a vivere.
Anche Confindustria ha di par suo avvertito il richiamo di tale voce non solo profetica, ma creativa, prerogativa indispensabile per un imprenditore, così da decidere di tenere in Vaticano, per iniziativa del suo Presidente Paolo Bonomi la propria assemblea pubblica, il 12 settembre 2022.
Quel giorno Francesco ha pronunciato uno tra i discorsi più eloquenti e dirimenti del pontificato.
Manifestando riconoscimento e riconoscenza per il ruolo dell’imprenditore, a essere precisi del “buon” imprenditore, motore dello sviluppo. Ma dedicando anche un passaggio incisivo alla finanza e mettendo tutti noi davanti a un bivio con due immagini evangeliche molto efficaci. Quella dei trenta denari di Giuda, con cui si vende uomo e quella dei due denari del samaritano, anticipati all’albergatore: piccola somma, ma sufficiente a salvare una vita e darle nuovo inizio.
Quello fu il primo microcredito della storia.
“Da quel momento, ha proseguito il Papa, i trenta i denari di Giuda e i due denari del Samaritano convivono negli stessi mercati, nelle stesse borse valori, nelle stesse piazze. L’economia cresce e diventa umana quando i denari dei samaritani diventano più numerosi di quelli di Giuda”. Discorso eloquente, come dicevo, e dirimente.
Poiché il gesto del samaritano, nell’interpretazione del Santo Padre, non appare più soltanto un gesto caritatevole, ma il principio e paradigma di una nuova economia.
Penso spesso alla rilettura estensiva, innovativa che il Papa ci ha offerto dei due denari, Eminenza.
Penso all’effetto moltiplicatore, quando i nostri tutor, più di 600 sull’intero territorio nazionale, presenti lungo le tante “vie da Gerusalemme a Gerico” dell’economia contemporanea, indicano le strade più sicure a coloro che si trovano in difficoltà oppure i percorsi di “accelerazione d’impresa” a coloro che sono all’inizio del cammino: oltre 5000 negli ultimi due anni, 2021-22, all’indomani del COVID, assistendoli nella stesura del business plan, nei rapporti con la rete delle 40 banche convenzionate o nell’accesso al fondo di garanzia per le Piccole e Medie Imprese.
Penso, inoltre, al simbolismo dell’albergo e alle odierne frontiere della protezione, quando attraverso un apposito HUB istruiamo ai metodi più avanzati di cyber security o mediante i progetti che ci vengono affidati dalle istituzioni educhiamo alla conoscenza e all’uso dei nuovi strumenti finanziari e all’integrazione nelle diverse filiere produttive.
La cultura d’impresa, per diffondersi e crescere, ha bisogno e si nutre d’innovazione, ma pure, qualche volta, di memoria. Di tornare, cioè, con la memoria a quel momento “micro”, intendo a quel momento e fase di microcredito che c’è nella storia di ogni imprenditore, in cui un piccolo credito di fiducia, non necessariamente di denaro, ha fatto nascere o rinascere la scintilla dello spirito imprenditoriale.
Mi piace ricordarlo qui nella casa delle grandi imprese che hanno fatto e continuano a far grande questo paese.
Anche noi siamo stati felicemente, efficacemente contagiati da questo spirito, abbracciando e sviluppando una concezione dinamica del nostro essere ente pubblico, adeguando costantemente i metodi di lavoro e ampliando gli ambiti d’intervento, nella convinzione che l’Italia offra opportunità e nicchie inesplorate nelle quali un ente pubblico, a condizione di operare con agilità e creatività, può seminare e coltivare la cultura d’impresa. A partire dal piccolo, dal micro, ma con l’ambizione di diventare macro.
Estratto dell’ intervento di S.EM. Cardinale Mauro Gambetti, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, arciprete della Basilica di San Pietro e presidente della Fabbrica di San Pietro e della fondazione ‘’Fratelli Tutti’’:
“L’attività imprenditoriale è una vocazione nobile finalizzata a produrre ricchezza moltiplicarla con fatica e rendere più accessibile a tutti, i beni di questo mondo. Le capacità degli Imprenditori di accrescere il patrimonio e di aumentare la ricchezza sono un dono di Dio e devono essere orientate allo sviluppo degli altri e al superamento della miseria soprattutto attraverso la creazione di fonti di lavoro diversificate che è parte imprescindibile del loro servizio al bene comune”.
Le parole usate dal Papa ribadiscono la stima e l’onorabilità all’attività di impresa a cui è conferito lo statuto di vocazione, che nel linguaggio cristiano rimanda alla volontà di Dio, alla “chiamata” a realizzare la nostra missione.
La vocazione dell’imprenditore è considerata una sorta di “atto creatore”, che promuove la dignità delle persone legate all’azienda, concorre al bene comune ed è in qualche modo partecipazione alla creazione di Dio.
Questo orizzonte offre piena luce per la comprensione del dettato dei padri costituenti, che definirono l’Italia «una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» (art. 1), da cui discendono diritti e doveri per contribuire al progresso «materiale e spirituale della società» (art. 4 Cost.). Infatti, lavorando, la persona si edifica e cresce anche spiritualmente.
Nel pensiero della Chiesa e del Papa, attraverso il lavoro che dà dignità all’uomo, è possibile crescere integralmente e superare la miseria. Per questo il compito dell’impresa è generare valore, generare vita, umanità bella, benestante, felice ed essere alternativa all’assistenzialismo. In tal senso, in una prospettiva di servizio al bene comune, anche la produzione della ricchezza e la sua moltiplicazione ottenuta col sacrificio, con fatica, sono una cosa buona, un dono di Dio, strumenti per favorire il benessere di tutti”.
“Voi siete diventati imprenditori perché un giorno siete rimasti affascinati dall’odore del laboratorio, dalla gioia di toccare con le vostre mani i vostri prodotti, dalla soddisfazione di vedere che i vostri servizi sono utili: non dimenticatelo mai, è così che è nata la vostra vocazione», ha scritto Papa Francesco lo scorso agosto in un suo Messaggio agli imprenditori francesi.
“L’imprenditore è una figura fondamentale in ogni buona economia, non esiste una buona economia senza buoni imprenditori, senza la vostra capacità di creare prodotti e creare posti di lavoro”.
Nel pensiero del Papa l’imprenditore ha una vocazione ed è un lavoratore l’imprenditore che sta con i suoi dipendenti, lavora con loro, partecipa alle sofferenze dei suoi lavoratori e solitarizza con loro. Quando è costretto a licenziare qualcuno il vero imprenditore soffre e sente dolore per la scelta da compiere.
In generale per la chiesa e nel pensiero del Papa, l’imprenditore non può essere mosso dall’interesse del profitto ma dal piacere e dall’orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquisire credito, ispirare fiducia e ampliare strutture e relazioni. Gli imprenditori autentici potremmo dire sperimentano in un’ottica Cristiana la Mistica dell’amore.
Il Papa non ha mai nascosto la sua apprensione e le critiche anche rispetto alla cultura d’impresa che ricerca il profitto come unico principale obiettivo soprattutto perché delle volte diventa in qualche modo una struttura idolatra una forma di culto per il profitto.
Per Francesco il principio della massimizzazione del profitto in Laudato sìi che tende ad isolarsi da qualsiasi altra considerazione è una distorsione concettuale dell’economia, in particolare il Papa evidenzia i danni che provoca la mano invisibile del mercato, la sua autonomia assoluta, sono sue parole con le teorie della ricaduta favorevole che escludono di fatto l’etica e la trascendenza come centro dell’Economia e del’attività imprenditoriale.
“La crisi mondiale che investe la finanza e l’economia manifesta i propri squilibri e soprattutto la grave mancanza di un orientamento antropologico che riduce l’essere umano ad uno solo, il consumo”.
Nell’Enciclica Laudato Sii, auspica un ripensamento del progresso e della sua definizione e dice: “ Si tratta di aprire la strada a opportunità differenti che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso ma piuttosto di incanalare tali energie in modo nuovo”.
Uno sviluppo tecnologico ed economico che non innalza la qualità della vita e va nella direzione opposta a un miglioramento della situazione ambientale mondiale non può essere considerato un vero progresso.
E nella Enciclica Fratelli Tutti il Papa fa vibrare parole forti per richiamare alla responsabilità: “Il diritto di tutti alla libertà di impresa e di mercato non può stare al di sopra dei diritti dei popoli e della dignità dei poveri e neppure al di sopra del rispetto dell’ambiente poiché chi ne possiede una parte è solo per amministrarla a beneficio di tutti”.
“A beneficio di ciò, occorre che le aziende ne facciano un uso misurato dell’energia tradizionale e opta per percorsi meno inquinanti e per fare questo la responsabilità deve essere condivisa dalla politica e dall’economia ma anche dai consumatori che sono chiamati ad essere gli artefici dei cambiamento del comportamento delle aziende”.
“Negli stili di vita potrebbe arrivare ad esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico economico e sociale. Questo ci ricorda la responsabilità sociale dei consumatori: acquistare è sempre un atto morale oltre che economico”.
Quindi la politica chiamata ad accompagnare lo sviluppo delle imprese e poi la responsabilità di tutti ma in particolare degli imprenditori che è determinante. È determinante che l’imprenditore si comporti come un buon samaritano, come un buon pastore e non come dice il Papa per contrapposizione, come uno speculatore o un mercenario.
Le immagini che usa ci aiutano a comprendere i rischi che ci sono nell’attività d’impresa quando non è svolta con senso di responsabilità pieno, sono rischi di disumanizzazione.
Perché l’imprenditore speculatore secondo il Papa non ama la sua azienda nei suoi lavoratori li usa per conseguire un vantaggio e quando vi è un problema di sostenibilità la prima soluzione a cui pensa è quello di licenziare i propri dipendenti.
Se l’imprenditore perde il contratto con la vita concreta della sua azienda non si interessa della vita delle persone che lavorano per lui con le loro difficoltà, sofferenze, preoccupazioni, gioie e speranze, perde l’onore del lavoro e inizia il suo declino, anche economico.