LA TERRA CHE UNISCE
LA TERRA CHE UNISCE
Nel basso Lazio, coltivare la terra, diventa un momento d’incontro e dialogo tra popoli
Enza Colagrosso
Le grandi imprese nascono da chi ha il coraggio di osare. E in un mondo in cui la globalizzazione è ormai un’urgenza e non è certo più la scelta di pochi, coloro che mostrano la forza e l’ingegno per avviare questo difficile percorso sono da considerarsi coraggiosi, e come tali sicuramente promotori di grandi imprese. Si, perché a parlare di globalizzazione si fa presto, ma quando questo significa andare incontro a popoli con grado di cultura e competenze non al passo con i nostri, allora le cose cambiano, e da promotori della globalizzazione si diventa facilmente difensori del proprio territorio che, con una mossa di arroccamento, si tende a volerlo rendere impenetrabile allo “sconosciuto”.
Altro significato prendono allora certe iniziative, come quella che si sta sviluppando nel basso Lazio, dove due scuole di formazione stanno cercando di dare una risposta fattiva alle richieste di quei popoli che desiderano condividere il nostro sapere attraverso dei corsi di formazione specialistici, in agricoltura. In questo contesto infatti, tali iniziative possono rappresentare un ponte sicuro per far incontrare e dialogare le genti.
Pensare di dare ad altre etnie formazione, e non false e pericolose attenzioni, è in vero una strada per costruire pace e globalizzazione. In Italia oggi vivono almeno cinque milioni di extracomunitari ma, non avendo il nostro Paese mai fatto domanda di manodopera extracomunitaria qualificata anzi, qualora questa si presenti spesso viene schiacciata e non sufficientemente considerata, la stragrande maggioranza dei rappresentanti dei diversi popoli che ospitiamo vive e opera in settori che non richiedono una qualifica specifica.
E’ anche per questo che abbiamo assimilato l’immagine dell’extracomunitario poco colto e, nella maggioranza dei casi rivolto solo a quelle occupazioni per il sostegno dei nuclei familiari, come i servizi domestici o l’assistenza alla persona che però nel nostro tessuto sociale, non va dimenticato, sono riuscite a garantire nel tempo quel welfare tutto italiano, che viene risolto più dalla famiglia che dai servizi pubblici. Un altro tratto caratteristico del lavoro svolto dagli extracomunitari è quello dell’occupazione in proprio, portato avanti in piccole attività commerciali oppure in sporadiche attività imprenditoriali. Si registra poi una discreta presenza tra la manodopera agricola e tra quella legata al settore delle costruzioni. In Italia la presenza degli extracomunitari è composta da Cinesi, Marocchini, Albanesi, Ucraini, Romeni, Filippini, Egiziani, Indiani, Tunisini, Nigeriani e Bengalesi.
Le regioni dove hanno scelto di vivere e dove sono per questo più numerosi sono: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, seguono poi la Toscana, il Lazio e la Campania. Questa classifica delle loro “preferenze” viene confermata anche dal dato che si rileva dai permessi di soggiorno che attestano come il 37% di essi risiedono nel Nord-Ovest; il 28,2% nel Nord-Est; il 23,1% nel Centro mentre meno del 12% nel Mezzogiorno. Questi pochi dati delineano brevemente la situazione dei cittadini non comunitari che vivono nel nostro Paese.
Tornando all’offerta formativa che si sta avviando nel basso Lazio, seppur rivolta solo agli extracomunitari, è stata però pensata esclusivamente per i giovani, che entrano in Italia con un permesso di studio per frequentare le nostre università. Vediamo ora meglio cosa viene proposto loro.
ITform srl e DmD Italia sono i due centri di formazione, uno di Frosinone e l’altro di Cassino, che stanno facendo partire un’offerta formativa nel settore agricolo rivolta appunto agli extracomunitari. Nel clima, non certo tranquillo, che si respira nel nostro Paese, pensare che qualcuno abbia deciso di organizzare una formazione rivolta solo a extracomunitari ci ha incuriositi, ed è per questo che abbiamo deciso d’incontrare Angelo D’Ovidio, consulente e curatore dei due Centri di formazione, per farci raccontare le caratteristiche di questa iniziativa. I due centri formativi hanno infatti raccolto, e quindi risposto, alla richiesta arrivata da diversi Paesi extraeuropei, di poter conoscere e imparare le tecniche della nostra agricoltura e della produzione di prodotti specifici della nostra alimentazione, come l’olio e il vino, organizzando dei corsi formativi specializzati e riconosciuti. Lasciamo però spiegare a D’Ovidio chi sono gli extracomunitari che parteciperanno ai corsi:
“Le Associazione dei diversi Paesi non comunitari, attive sul nostro territorio, hanno fatto pervenire alle sedi ITform srl e DmD Italia, le richieste per una formazione riconosciuta nel settore agricolo. Le nostre scuole sono riconosciute dalla Regione Lazio, abbiamo docenti molto validi nel settore e abbiamo una rete di aziende agricole a disposizione, dove è possibile vivere l’esperienza agricola come quella zootecnica.
Quanti extracomunitari pensate di poter formare?
Il numero deve sempre necessariamente rientrare nei dettami di quello che recita il Decreto ministeriale del 16 luglio 2013 il quale ferma a 300 il numero di studenti extracomunitari che possono essere formati nel Lazio. E’ stato poi firmato un nuovo decreto il 25 giugno 2014, arrivato solo il primo novembre in Gazzetta Ufficiale che, oltre a determinare il numero dei flussi per la prima volta su un programma triennale, invece che annuale, sembra aver allargato un po’ le maglie per l’accesso degli stranieri alla nostra formazione. Comunque noi formeremo i ragazzi che ci chiederanno di accedere ai corsi quando le Ambasciate, alla luce della legge vigente, avranno accordato loro il permesso di parteciparvi.
Di che nazionalità sono i giovani che hanno chiesto di poter accedere alla nostra formazione agricola?
Il numero deve sempre necessariamente rientrare nei dettami di quello che recita il Decreto ministeriale del 16 luglio 2013 il quale ferma a 300 il numero di studenti extracomunitari che possono essere formati nel Lazio. E’ stato poi firmato un nuovo decreto il 25 giugno 2014, arrivato solo il primo novembre in Gazzetta Ufficiale che, oltre a determinare il numero dei flussi per la prima volta su un programma triennale, invece che annuale, sembra aver allargato un po’ le maglie per l’accesso degli stranieri alla nostra formazione. Comunque noi formeremo i ragazzi che ci chiederanno di accedere ai corsi quando le Ambasciate, alla luce della legge vigente, avranno accordato loro il permesso di parteciparvi.
Di che nazionalità sono i giovani che hanno chiesto di poter accedere alla nostra formazione agricola?
Gli iscritti, ad oggi, provengono da Bangladesh, Nigeria e Cina. Le Ambasciate di questi Paesi, con le quali abbiamo già firmato delle convenzioni, ci hanno espressamente chiesto di insegnare ai loro cittadini il mestiere dell’agricoltore e più specificatamente quello del viticoltore, olivicoltore, del produttore di ortaggi e frutta e quello dell’allevatore zootecnico, con l’impegno di trasmettergli, attraverso la nostra formazione, tutti i rudimenti dei mestieri. Noi abbiamo garantito che per ogni figura il nostro percorso formativo sarà completo. Le porto un esempio: l’agricoltore conoscerà tutte le tecniche per trattare il terreno, fino ad arrivare al risultato del prodotto finito comprese le specificità che portano alla produzione di quelle eccellenze che da noi vengono riconosciute con il loro marchio “doc”.
I soggetti interessati si occupano già di agricoltura, magari in percorsi universitari specifici, oppure si avvicinano con voi per la prima volta a questo mondo?
I ragazzi iscritti sono tutti studenti universitari che si stanno specializzando, nel nostro Paese, in discipline universitarie diverse dall’agricoltura, che vanno dall’ingegneria alla medicina, passando per molte altre materie ma che si mostrano però interessati a ricevere una formazione pratica e specialistica in agricoltura. Quello che offriamo loro sono dei corsi strutturati in due sezioni, una in aula e una in azienda, per un’esperienza diretta sul terreno e tra gli animali. Le aziende selezionate, partner delle nostre scuole di formazione, mettono a disposizione, oltre alle terre, alla strumentazione, agli animali e alle colture già avviate, tutto il loro know-how.
Che ruolo riveste il Microcredito in questo vostro progetto?
I giovani, una volta concluso il percorso professionale, per legge possono rimanere in Italia solo se troveranno un’impresa disposta ad assumerli o se saranno in grado di avviarne una loro. E’ questa la sola condizione per cui il loro permesso di studio potrà essere convertito in un permesso di lavoro. Ecco allora dove può inserirsi l’azione dell’Ente Nazionale per il Microcredito: potrebbe sostenere la loro iniziativa di avviare una microimpresa a vocazione agricola o zootecnica oppure rispondente alle peculiarità dell’agricoltura sociale.
Chi finanzia i corsi di Formazione dei giovani extracomunitari?
Nessuno. Sono gli stessi allievi che pagano i loro corsi. Noi gli mettiamo a disposizione agronomi, agrotecnici, personale specializzato e aziende agricole situate in parte nella zona del frusinate e in parte nella provincia di Roma, con vocazioni diverse e specifiche. La loro è una scelta individuale e decidono di seguire la nostra formazione pagando personalmente la loro preparazione che viene svolta in 300 ore. A breve partiranno i primi corsi, i bandi sono stati predisposti e con l’inizio del nuovo anno saranno pubblicati dando così definitivamente avvio all’iniziativa. Solo allora, i giovani in regola con le norme di immigrazione, residenti o domiciliati nella Regione Lazio, potranno iscriversi.
I corsi in che lingua verranno svolti? Gli allievi parlano italiano?
I corsi sono proposti e svolti in lingua italiana. Gli allievi, prima di lasciare i loro Paesi, hanno frequentato un corso base di secondo livello per imparare la lingua italiana. Noi stessi abbiamo inviato dei formatori per insegnare loro la nostra lingua. Non nascondo che quei Paesi ci fanno richiesta di molti formatori e le loro proposte di lavoro sono veramente interessanti perché, pur di avere qualcuno in grado di insegnargli la nostra lingua e la nostra cultura, sono disposti a pagare bene e a offrire ogni forma di accoglienza, gratuitamente.
I formatori di lingua italiana che vengono richiesti, devono conoscere la loro lingua?
No, possono comunicare in inglese. Anzi voglio lanciare un appello: se ci sono laureati in lingua e letteratura italiana che vogliano andare a insegnare la nostra lingua alla popolazione del Bangladesh o della Nigeria sappiano che ci sono occasioni di lavoro molto interessanti.
Le vostre scuole diverranno quindi specializzate in formazione agricola?
Cercheremo sicuramente di sviluppare un piano formativo sempre più specializzato, ma stiamo già guardando ad altro e, con i responsabili delle loro Associazioni, che torno a ripetere sono quelle che interagiscono per i Paesi fuori della Comunità Europea con il nostro territorio, stiamo preparando un corso per la figura dell’Assistente familiare. Nel loro contesto sociale, non hanno espresso l’esigenza di tale figura e spesso non la conoscono nemmeno, ma vogliono comunque approcciarsi a questo ruolo con competenza e pertanto ci hanno richiesto una formazione specifica ricca anche di competenze infermieristica. Loro ritengono che sarà possibile esportare, nella loro terra, una professionalità declinata e acquisita in maniera specialistica.