BENEVENTO, MODELLO IN ATTIVO
BENEVENTO, MODELLO IN ATTIVO
Tra le Caritas Diocesane che partecipano al progetto Prestito della Speranza, ideato per aiutare le persone in difficoltà ad affrontare necessità impellenti o spese impreviste, c’è la Caritas di Benevento.
Valentina RENZOPAOLI
Ormai da diversi anni ha strutturato sul territorio una rete in grado di accogliere coloro che vogliono rivolgersi ai fondi per il microcredito, come ci spiega il coordinatore Angelo Moretti.
Quali servizi offre in tema di microcredito la Caritas di Benevento?
Insieme alla Conferenza Episcopale Italiana e all’Associazione Bancaria Italiana la Caritas di Benevento è riuscita, all’inizio del 2015, a far ripartire un servizio in cui crediamo molto: il Prestito della Speranza, un fondo di garanzia per le persone che versano in condizioni di vulnerabilità economica e sociale.
Quali sono le condizioni?
Per quanto riguarda il microcredito sociale il fondo prevede l’erogazione di finanziamenti a tassi agevolati per un importo fino a 6mila euro che può essere rinnovato per una sola volta. Mentre per agevolare l’avvio di un’attività o di una microimpresa abbiamo previsto l’erogazione di un importo fino a 25mila euro.
Come è nata l’idea di sviluppare un servizio di credito sociale a favore delle persone che si trovano in difficoltà?
Il primo progetto è nato nel 2008 quando abbiamo deciso di formare, grazie uno specifico corso, un pool di una quindicina di volontari e creare il primo Sportello per il Microcredito sul territorio.
Insieme al Comune di Benevento è nato un Fondo di 50mila € di tipo socio-assistenziale. In tre anni, fino al 2011, siamo riusciti a sostenere dieci famiglie con prestiti da 5mila euro ciascuno.
Ci siamo subito resi conto di quanto fosse importante questo servizio e così nel 2011 con il Centro di Ascolto Diocesano abbiamo dato vita ad un progetto più organizzato e articolato, con l’aiuto di psicologi ed esperti bancari in pensione che sono in grado di dare informazioni tecniche e di supporto.
In questi anni che tipo di persone si sono rivolte al vostro Fondo?
Sono soprattutto persone italiane che hanno perso il lavoro e che all’improvviso si sono trovate a brancolare nel buio. In gergo tecnico si chiamano “soggetti non bancabili”, persone che non hanno la possibilità di chiedere un prestito alle banche e che non riescono ad affrontare le necessità quotidiane oppure spese familiari impreviste.
Cosa rappresenta per loro il Fondo della Speranza?
Davvero una grande possibilità. Molti di loro avevano già provato altre strade, ad esempio rivolgendosi a finanziarie alle quali poi non sono stati in grado di restituire i soldi. E dopo essere stati segnalati per morosità si sono trovati completamente tagliati fuori dal mercato. In questi casi il nostro compito, oltre a risistemare il debito, è stato anche quello di educare all’utilizzo di questi strumenti che spesso nascondono un risvolto molto pericoloso.
Si spieghi meglio
Secondo la nostra esperienza, il bombardamento della pubblicità che esalta il valore delle finanziarie ha causato un vero disastro culturale, generando l’illusione di poter contare su possibilità che invece non sono reali.
Dal 2008 ad oggi qual è stato il periodo più nero?
Il 2014 è stato l’anno più difficile. Fino al 2011 infatti i prestiti che abbiamo erogato sono stati tutti restituiti. Poi c’è stato il crollo: tra il 2012 e il 2014 la solvibilità è drasticamente diminuita. La percentuale delle famiglia che non sono state in grado di restituire il fondo è salito al 50%.
Nella maggior parte dei casi si è trattato di persone che non sono riuscite a rientrare nel circuito professionale. Anche per questo la Caritas di Benevento ha attivato un altro progetto “pilota” che sta dando buoni frutti, è proprio il caso di dire
Di cosa si tratta?
Abbiamo sviluppato un coaching d’impresa per accompagnare persone rimaste senza occupazione lungo un percorso di “agricoltura sociale”. E’ un modo nuovo e diverso di fare credito, attraverso l’affidamento di terreni agricoli che erano rimasti incolti e il comodato d’uso di piccole strutture rurali abbandonate. Gli appezzamenti messi a disposizione, di proprietà della Diocesi ed enti diocesani, danno la possibilità di creare nuove opportunità, posti di lavoro e di insegnare un mestiere.
Quali risultati avete ottenuto fino ad ora?
Abbiamo attivato due fattorie che hanno coinvolto circa dodici persone, e con la collaborazione del Comune di Roccabascerana, in provincia di Avellino, abbiamo rianimato un antico borgo dove ora lavorano altre dieci persone.
Ci sono progetti nel cassetto in collaborazione con l’Ente Nazionale del Microcredito?
Stiamo lavorando insieme. In particolare, l’idea è quella di realizzare un nuovo fondo di garanzia in grado di sviluppare un effetto leva occupazionale su un territorio come quello campano che ha particolarmente bisogno di essere sostenuto.