LA PARTECIPAZIONE DELLE DONNE ALLA CRESCITA ECONOMICA E FINANZIARIA: TRA IMPRESA E INVESTIMENTI
LA PARTECIPAZIONE DELLE DONNE ALLA CRESCITA ECONOMICA E FINANZIARIA: TRA IMPRESA E INVESTIMENTI
TIZIANA LANG
RICERCATRICE ANPAL, ESPERTA DI POLITICHE DEL MERCATO DEL LAVORO
Abstract
The article addresses the topic of female entrepreneurship and the inclination of women to invest, starting from statistics and from the results of a number of surveys conducted at a global and European level. Policy inputs are provided for policy-makers, financial institutions and civil society to support the start-up and growth of women-led enterprises and women’s investment capacity.
Le imprese femminili strumento di empowerment e crescita
L’emancipazione economica delle donne è andata rapidamente migliorando nel corso degli ultimi cento anni, come dimostra l’aumento costante del numero di donne inserite nel mercato del lavoro. È cresciuta altresì la quota femminile nelle posizioni di leadership delle organizzazioni internazionali, delle aziende e dei governi. Eppure, nonostante questi evidenti progressi, le occasioni di realizzazione economica e di carriera per le donne sono ancora limitate rispetto a quelle che si aprono per gli uomini.
1.1 Qualche dato di scenario
I divari di genere nel lavoro e nelle retribuzioni nell’Unione europea non sono ancora stati colmati nonostante l’esistenza di norme, programmi e strategie volte a rimuoverli. Il divario occupazionale di genere, la differenza tra i tassi di occupazione maschile e femminile, nel 20211 è pari a circa 11 punti percentuali (uomini 78,5 e donne 67,7% nell’UE a 27). I divari occupazionali sono più ampi nei Paesi del sud Europa e delle regioni orientali dell’Unione nonché in quelle meno sviluppate (in Italia e Grecia, ad esempio, è pari rispettivamente a 19,4 e 19,8 punti percentuali). Deve essere evidenziato che a livello europeo il 28,3% delle donne è occupata a tempo parziale rispetto al 7,6% degli uomini (Eurostat, 2021), inoltre, il 75% di tutti gli occupati part time sono donne. Come noto, questi contratti offrono minori opportunità di progressione di carriera e un accesso più limitato ad altri benefici, come la formazione continua.
Al divario occupazionale si affianca il divario retributivo. Le statistiche ci dicono che le donne europee guadagnano, in media, il 13% all’ora in meno rispetto ai colleghi uomini a parità di mansioni2. Tale gap non può essere spiegato solo con il diverso livello di scolarizzazione, con la specializzazione professionale o con l’esperienza lavorativa. A causa delle differenze strutturali nelle carriere, le donne tendono a trovarsi in una posizione meno vantaggiosa per accumulare risparmi e riserve finanziarie anche a fini pensionistici (come si vedrà nel capitolo 2 queste riserve possono essere ampliate anche mediante una maggiore e migliore partecipazione delle donne agli investimenti finanziari). Le donne sono a maggior rischio di povertà ed esclusione sociale, in parte a causa dell’impossibilità di realizzare appieno il proprio potenziale nel mercato del lavoro. Per contrastare questo fenomeno, la Commissione ha proposto nel 2021 una direttiva del Parlamento e del Consiglio volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore tra uomini e donne attraverso la trasparenza delle retribuzioni e i meccanismi di attuazione, sul cui testo i co-legislatori hanno raggiunto un accordo il 21 dicembre 2022.
Nonostante gli impegni stabiliti a livello globale e nell’Unione Europea per promuovere la parità e l’empowerment delle donne (Box 1) sono ancora molto evidenti i divari tra uomini e donne nella partecipazione al benessere economico e alle posizioni di vertice, e molto rimane da fare per una reale eguaglianza tra i generi e per l’emancipazione economica di donne e ragazze.
A livello globale l’uguaglianza di genere è progredita, ma il divario tra i sessi rimane pronunciato in molti settori della vita economica e politica, il potenziale delle donne rimane sottoutilizzato e il loro lavoro sottovalutato. Un migliore accesso all’istruzione per le donne ha contribuito a ridurre il divario complessivo tra i sessi. Sebbene permangano alcune differenze, l’UNICEF nel 2022 segnala come rispetto alla metà degli anni ’90 sia migliorata la parità educativa a livello globale grazie al maggior numero di bambine inserite nei percorsi di istruzione primaria in un numero crescente di Paesi a livello globale. Oltre 110 paesi hanno colmato almeno il 95% dei divari educativi di genere e in 77 è stata raggiunta la parità di genere nell’istruzione, come rilevano i dati del World Economic Forum (2022) in relazione ai livelli di alfabetizzazione e istruzione (il giudizio “sostanzialmente raggiunto” si riferisce ai Paesi che hanno ottenuto un punteggio pari o superiore al 99% nell’edizione 2022 della valutazione del WEF). Sebbene in molte economie avanzate permangano divari di genere, in particolare oltre l’istruzione primaria, le donne tendono a possedere livelli di istruzione mediamente più elevati. Nell’Unione Europea sono le donne a laurearsi più di frequente; in una netta maggioranza di stati membri, ad eccezione di Germania e Austria, si registra un divario di genere positivo per le donne per quanto riguarda l’istruzione terziaria (si vedano i dati Eurostat, 2020). Alcuni Paesi membri dell’UE sono all’avanguardia a livello mondiale in materia di uguaglianza di genere (Finlandia e Svezia sono tra le prime cinque nazioni a livello globale), tuttavia, le differenze di genere persistono ovunque, con alcuni paesi più vicini alla parità rispetto ad altri.
Per quanto concerne le posizioni di vertice, le donne sono ancora sottorappresentate sia nella politica sia nelle imprese. A gennaio 2023, ancora solo il 10% delle 500 aziende Fortune risulta guidata da un amministratore delegato donna (50 aziende in tutto)7. Secondo un’indagine condotta da Deloitte (2022)8 su un campione di oltre diecimila aziende leader a livello mondiale, nel 2020 la quota di amministratrici delegate si è attestata intorno al 5%; in Europa, invece, la percentuale di amministratrici nelle maggiori società quotate in borsa è risultata di poco inferiore al 10%9, pur se si registra una crescita costante tra il 2016 e il 2020 (vedi figura 1).
Sempre in Europa, Deloitte rileva come la presenza di donne nei consigli di amministrazione sia più elevata laddove i ruoli di presidente o amministratore delegato sono ricoperti da una donna (vedi figura 2)
Da sottolineare che anche nei consigli di amministrazione le donne rappresentano meno di un quinto dei membri a livello globale. Nell’Unione Europea, sebbene le donne occupino circa il 30% dei posti nei consigli di amministrazione delle maggiori società quotate, l’equilibrio tra i generi non è ancora stato raggiunto. A questo traguardo dovrebbe contribuire la direttiva sul miglioramento dell’equilibrio tra i generi negli amministratori delle società quotate entrata in vigore a fine 202210 che prevede che gli stati membri assicurino che “le società quotate siano soggette a uno dei seguenti obiettivi da raggiungere entro il 30 giugno 2026: (a) i membri del sesso sottorappresentato occupano almeno il 40% delle posizioni di amministratore non esecutivo; (b) i membri del sesso sottorappresentato ricoprono almeno il 33% di tutte le posizioni di amministratore, compresi gli amministratori esecutivi e non esecutivi”.
BOX 1 – Gli impegni a livello globale e dell’UE per promuovere l’uguaglianza di genere
Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite definiscono 17 obiettivi globali interconnessi per “raggiungere un futuro migliore e più sostenibile per tutti” entro il 2030. L’obiettivo numero 5 mira all’uguaglianza di genere e all’empowerment di tutte le donne e le ragazze. A tal fine, sono specificati sotto-obiettivi e obiettivi utili a misurare i progressi conseguiti nel tempo3, ossia:
- Eliminare ovunque tutte le forme di discriminazione nei confronti di donne e ragazze.
- Eliminare tutte le forme di violenza contro donne e ragazze nella sfera pubblica e privata, ivi compresa la tratta di esseri umani e lo sfruttamento sessuale e di altro tipo.
- Eliminare tutte le pratiche che arrecano danno alle donne, come il matrimonio precoce e forzato e le mutilazioni genitali femminili.
- Riconoscere e valorizzare il lavoro domestico e di cura non retribuito mediante la creazione e offerta di servizi pubblici, infrastrutture e politiche volte alla promozione della responsabilità condivisa all’interno del nucleo familiare e della famiglia, come appropriato a livello nazionale.
- Garantire la piena ed effettiva partecipazione delle donne e le pari opportunità nelle posizioni di leadership a ogni livello del processo decisionale nella vita politica, economica e pubblica.
- Garantire l’accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti riproduttivi, come concordato nel Programma d’azione dell’ONU, nel Programma d’azione della Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo e nella Piattaforma d’azione di Pechino e i documenti finali delle loro conferenze di revisione.
- Intraprendere riforme per dare alle donne pari diritti alle risorse economiche, così come l’accesso alla proprietà e al controllo della terra e di altre forme di proprietà, ai servizi finanziari, all’eredità e alle risorse naturali, in conformità con le leggi nazionali.
- Migliorare l’uso delle tecnologie abilitanti, in particolare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, per promuovere l’empowerment delle donne.
- Adottare e rafforzare politiche consistenti e legislazioni applicabili per promuovere l’uguaglianza di genere e l’emancipazione di tutte le donne e le ragazze a tutti i livelli.
Il Pilastro europeo dei diritti sociali, proclamato al Vertice sociale di Göteborg nel 2017, definisce 20 principi per sostenere i diritti delle persone e realizzare un’Europa inclusiva con opportunità per tutti. L’uguaglianza di genere costituisce il secondo principio e stabilisce che “la parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere garantita e promossa in tutti i settori, compresa la partecipazione al mercato del lavoro, i termini e le condizioni di impiego e la progressione di carriera. Le donne e gli uomini hanno diritto alla parità di retribuzione per un lavoro di pari valore”.4
Il Piano d’azione del Pilastro europeo dei diritti sociali5 stabilisce iniziative concrete per raggiungere questo obiettivo e definisce tre obiettivi dell’UE per il 2030: portare il tasso di occupazione medio dell’UE al 78% e la percentuale di adulti che partecipano alla formazione annuale al 60% e ridurre il numero di persone a rischio di povertà di 15 milioni.
Inoltre, l’Unione europea ha adottato una Strategia per l’uguaglianza di genere 2020-20256 per rispettare l’impegno della Commissione europea di realizzare un’Unione dell’uguaglianza e progredire verso un’Europa con pari opportunità di genere entro il 2025. Nell’ambito di questa strategia, la Commissione europea ha proposto diverse iniziative e misure legislative e traccia i progressi in un rapporto annuale.
1.2 Le caratteristiche delle imprese di donne
È necessario sottolineare che a tutt’oggi esistono meno imprese fondate o guidate da donne rispetto a quelle avviate e condotte da uomini. Le imprenditrici che vogliono far crescere la propria attività o decidono di guidare un’azienda devono affrontare ostacoli superiori a quelli con cui si confrontano i colleghi uomini. Eppure, proprio le donne imprenditrici rappresentano un modello di empowerment femminile che può essere d’esempio per tutte le donne e che rende evidente il contributo che esse possono offrire alla crescita dell’economia e della società.
La Banca Europea per gli Investimenti ha realizzato alcune indagini sull’imprenditoria femminile, al fine di verificare l’assunto che occorre sostenere in ogni modo le donne imprenditrici. Da queste analisi emerge un quadro sostanzialmente positivo delle imprese a guida femminile per l’apporto alla mitigazione dei divari esistenti. Sostenere le imprese guidate da donne può avere ricadute molto positive sull’occupazione contribuendo a ridurre i divari occupazionali di genere nella forza lavoro, a ridurre le disparità di genere nelle retribuzioni e nelle carriere, nonché le disuguaglianze in senso più ampio (con particolare riferimento agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU n. 5 e n.10).
Una delle principali evidenze è che le imprenditrici tendono ad assumere più donne. Diverse analisi rilevano la maggiore propensione delle imprese a conduzione femminile ad assumere donne e che le donne hanno migliori prospettive di avanzamento nelle imprese a conduzione femminile11. Questo non solo nei Paesi occidentali ma, più diffusamente, in tutte le aree geografiche, come si vede nella figura 3, dove le imprese condotte da donne (barra marrone) presentano percentuali di forza lavoro femminile molto più elevate di quelle condotte da uomini (barra arancio).
Sono, in particolare, le startup e scale-up europee a confermare gli effetti positivi sull’occupazione femminile. Nella figura 4 sono presentati i dati dell’indagine relativa a questo segmento particolarmente dinamico d’impresa, raccolti in base al genere del fondatore della start-up o scale-up (uomo o donna) in relazione alla quota di donne impiegate, ossia: meno della metà (marrone), circa la metà (arancio), più della metà (rosa).
Fig.1 Donne nei CdA e amministratrici delegate (UE, 2016 - 2021) Fonte: Deloitte, 2022
Le imprese a conduzione femminile presentano livelli più elevati di manodopera femminile in tutti i settori produttivi. Ciò significa che il sostegno alle imprese guidate da donne può anche contribuire ad aumentare la loro rappresentanza nella forza lavoro, in generale, ma anche nei settori in cui sono attualmente sottorappresentate, compresi quelli a più alta retribuzione come le ITC. Questo effetto non dipende necessariamente dalla creazione di nuovi posti di lavoro, che può variare in base ai cicli economici e alle tendenze settoriali, ma può anche derivare dalla creazione di modelli di ruolo nella leadership ai vertici delle imprese e dalla promozione di pratiche di gestione più inclusive all’interno delle aziende con una forza lavoro più diversificata. Una ricerca condotta sulle imprese statunitensi a forte crescita imprenditoriale nel 201912 ha dimostrato, per un campione di imprese simili, che le imprese a conduzione femminile erano più brave a mettere a frutto il capitale umano e finanziario delle loro attività. Una delle ragioni è stata individuata nel livello più elevato di istruzione dei manager donne che avevano maggiore probabilità di ottenere una crescita occupazionale elevata rispetto ai colleghi uomini con un team con livelli di esperienza simili.
Le buone notizie non si fermano qui. Infatti, nelle imprese guidate da donne risulta esserci una maggiore offerta di formazione e una quota in media più elevata di addetti che beneficia degli investimenti in formazione (tra l’altro se questa forza lavoro è composta in prevalenza da donne, ne consegue che saranno proprio le donne ad avere maggiore probabilità di partecipare alla formazione). In questo modo, gli investimenti in capitale umano delle imprese a conduzione femminile contribuiscono alla creazione e al consolidamento di conoscenze nonché all’empowerment delle donne.
Fig.3 Quota di lavoratrici conduzione di impresa M/F (2019) Fonte: EIB, 2019
Fig. 4 - Composizione della forza lavoro in base al genere del fondatore della start-up e scale-up (2019) Fonte: EIB, 2019
Le imprese di donne, infine, ottengono punteggi più elevati nell’attuazione degli ESG 2030, è più probabile che siano innovative e che sostengano la transizione verde monitorando le emissioni di CO2 e fissando obiettivi energetici, a riprova dei benefici più ampi che queste aziende possono generare. Come evidenziato in alcune ricerche, UN Women (2022) e Bloomberg (2020)13, la leadership femminile è associata a una maggiore divulgazione delle informazioni sulle emissioni e agli sforzi di riduzione del consumo energetico, dei gas serra e di altre risorse (Bloomberg, 2020; UN Women, 2022; FP Analytics, 2020). Allo stesso tempo, la performance ambientale, sociale e di governance (ESG)14 svolgerà un ruolo sempre più importante nella valutazione e nella percezione delle aziende da parte dei clienti e degli investitori, rendendo potenzialmente più attraenti gli investimenti in aziende guidate da donne.
Nonostante le imprese femminili abbiano nel tempo dimostrato di avere maggiori probabilità di intraprendere innovazioni, introducendo nuovi prodotti e processi, e nonostante alcune ricerche suggeriscono che le donne possono essere più “leader trasformazionali”15, che promuovono la fiducia nelle organizzazioni, incoraggiano la creatività e aiutano a sviluppare nuove competenze; i dati dell’indagine BEI su startup e scaleup mostrano come le imprese fondate da donne hanno minori probabilità di utilizzare tecnologie all’avanguardia. Infatti, le imprese a conduzione femminile hanno più probabilità di aver iniziato il loro percorso di digitalizzazione (ad esempio, di aver attivato un sito internet) rispetto a quelle maschili, le prime sono in ritardo nella diffusione di tecnologie digitali più avanzate. Non riuscire a sfruttare appieno il potenziale imprenditoriale delle donne ha un costo economico e sociale: significa perdere l’opportunità di aumentare l’occupazione, promuovere uno sviluppo economico più equilibrato e ridurre i rischi di povertà nell’Unione Europea e nel mondo.
1.3 Il finanziamento delle imprese femminili
Come noto uno dei problemi più segnalati dalle imprese di donne è la difficoltà di accesso ai finanziamenti. Secondo BEI è tra i primi cinque ostacoli che le imprese guidate da donne devono affrontare. Alla domanda su quale sia l’ostacolo più significativo, il 7% delle imprese europee a conduzione femminile e circa il 12% dei Paesi limitrofi segnala la difficoltà di accedere a finanziamenti adeguati (con differenze notevoli tra le prime e quelle di alcune regioni come i Balcani occidentali e il vicino oriente).
Per comprendere meglio i fattori che influenzano le attività imprenditoriali femminili è necessario considerare diverse analisi condotte a livello europeo e internazionale dalla Banca Europea degli Investimenti16 anche in collaborazione con altri soggetti (Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo o la Banca Mondiale) che ci forniscono dati strutturali sulle imprese e informazioni sull’impatto dello shock pandemico sulle imprese e aiutano a individuare alcuni ostacoli con cui si sono confrontate le donne imprenditrici nella loro attività non ultimo nel corso della pandemia da Covid-1917.
Innanzitutto, è bene ricordare che le imprese femminili sono ancora una minoranza sia in Europa sia a livello globale. In tutta l’UE si osserva una relativa mancanza di imprenditori donne rispetto agli uomini: le donne rappresentano circa il 52% della popolazione complessiva, ma costituiscono il 34,4% dei lavoratori autonomi e il 30% degli imprenditori di startup europei. Questo squilibrio si combina con la preferenza dichiarata dalle donne per le fonti di autofinanziamento, o “bootstrapping”, e quindi le loro imprese sembrano contribuire a una minore richiesta di finanziamenti esterni all’inizio della creazione di una nuova impresa.
Fig. 5 - Mix di finanziamenti delle start-up e scale-up per genere del fondatore. Fonte: EIB, 2022
A ben guardare, sebbene le imprese a conduzione femminile segnalino problemi di accesso al credito/finanziamento simili a quelli segnalati dalle imprese guidate da uomini, un’analisi più approfondita del mix di finanziamenti delle imprese maschili e femminili evidenzia come esistano profonde differenze di genere nelle fonti di finanziamento e negli strumenti utilizzati: “Data from the Enterprise Survey indicate a stronger reliance on bank finance for female-led firms for investment and working capital. Women-led firms in the most dynamic segment face challenges accessing adequate funds. We find differences in the mix and the sources of funding for startups and scaleups, which suggests that financial systems may not serve the most dynamic female entrepreneurs that well.” Dunque, si nota una maggiore dipendenza delle imprese femminili dai finanziamenti bancari per gli investimenti e il capitale circolante. E una difficoltà di accesso a fondi provenienti da sistemi finanziari (che sembrerebbero non avere risposte adeguate alle necessità delle imprenditrici più dinamiche, spesso come si vedrà oltre a causa del persistere di stereotipi di genere negli investitori).
Come sintetizzato nella figura 5, nelle start-up e scale-up fondate da donne le fonti informali di finanziamento giocano un ruolo più significativo nel mix di finanziamenti, ma anche i finanziamenti esterni tendono a essere maggiormente basati sul debito. Inoltre, è più probabile che il capitale proprio ricevuto da queste imprese provenga dal capitale personale, o dalla famiglia o dagli amici.
I business angels, che spesso sostengono le start-up non solo attraverso i finanziamenti, ma anche attraverso la consulenza e le loro reti, svolgono un ruolo molto più limitato nel mix di capitale proprio (intra-group funding) delle startup fondate da donne. Parimenti, anche i fondi di venture capital rappresentano una quota minore. Questi risultati confermano l’ampia letteratura che evidenzia le carenze di finanziamento per le donne e le difficoltà di accesso al capitale di rischio18.
Tra le criticità non si può sorvolare sulla propensione delle fondatrici di start-up a concentrarsi meno dei colleghi uomini sullo scaling-up delle loro imprese, che tendono a fare meno affidamento sulle tecnologie digitali e sullo sviluppo della proprietà intellettuale rispetto alla fornitura di un servizio attraverso i propri dipendenti. Inoltre, sono più strettamente focalizzate sul territorio rispetto a quelle maschili “[…] female led firms often have a stronger local focus than male-led firms, even though this may be a consequence of their financing conditions rather than a cause of it”. Analogamente, il motivo per cui un numero minore di imprese a guida femminile si concentra sulla crescita del fatturato per scalare la propria attività può essere influenzato anche dalle restrizioni che le stesse imprese devono affrontare.
La letteratura scientifica cita ripetutamente il fenomeno della sotto-rappresentanza delle donne tra le figure leader per le decisioni di investimento nelle società di venture capital quale causa principale del persistente divario di finanziamento per le imprese guidate da donne nell’Unione Europea e altrove. Solo il 10% circa dei responsabili delle decisioni nelle società di venture capital statunitensi è costituito da donne. Il fenomeno della sotto-rappresentanza delle donne nei ruoli decisionali di investimento non è esclusivo del venture capital, bensì è diffuso in tutte le società di gestione patrimoniale. Gli uomini dominano ancora i ruoli decisionali in materia di investimenti (fondi comuni di investimento, fondi di private equity e fondi immobiliari) ma potrebbero pesare su questa condizione anche pregiudizi consci e inconsci degli investitori su quale dovrebbe essere la formazione ideale di un fondatore, in termini di risultati accademici, esperienza professionale o aziendale e competenze tecniche, con un impatto diretto sul divario di finanziamento (tra imprese a conduzione maschile o femminile), che può derivare dalla convinzione degli investitori maschi che le imprese guidate da donne siano più rischiose o semplicemente che l’imprenditorialità sia un ambito più maschile che femminile19. Tutti questi stereotipi portano gli investitori a credere che le imprenditrici manchino di competenza, necessitino di maggiore supporto e, in definitiva, rappresentino un target sul quale investire con meno facilità.
Del resto, le interviste e l’evidenza aneddotica suggeriscono che le imprese guidate da donne potrebbero essere meno inclini a perseguire soluzioni di finanziamento esterno, mostrando un certo grado di avversione al rischio. Anche quando sono consapevoli della possibilità di ottenere finanziamenti esterni per avviare le proprie attività d’impresa, molte donne nell’Unione europea preferiscono comunque fornire un livello significativo di capitale di avviamento da sole. In generale, nei modelli di prestito a sostegno della crescita delle piccole imprese si rileva che le donne tendono a chiedere e ottenere prestiti più piccoli rispetto agli uomini, spesso a costi più elevati (sia in Europa che nel resto del pianeta). Solo il 16% delle piccole e medie imprese di proprietà di donne riferisce di dipendere dai prestiti bancari come fonte di capitale per finanziare le proprie attività, rispetto al 22% degli uomini; e, nel complesso, solo il 2% delle PMI di donne ha fatto ricorso al capitale di rischio per finanziare la propria attività, contro il 5% degli uomini (indagine: Facebook, OCSE e Banca Mondiale, 2018).
Nonostante il quadro appena rappresentato, negli ultimi anni (dal 2006 in poi), il tasso di finanziamento per le imprese guidate e fondate da donne è gradualmente migliorato, in particolare nell’Unione Europea. Nel dettaglio, le imprese guidate da donne nell’Unione Europea hanno ricevuto un finanziamento record di 5 miliardi di euro in capitale di rischio nei primi tre trimestri del 2018 (rispetto a 1,1 miliardi di euro nel 2010). I tassi di crescita annuali composti in termini di valore delle transazioni (27%) e di volume delle transazioni (23%) superano quelli degli Stati Uniti (20% e 16%, rispettivamente) nel periodo 2006-2017. Ciononostante, la disparità di finanziamento tra fondatori di sesso femminile e maschile persiste. Nel 2017, le start-up con sede negli Stati Uniti fondate esclusivamente da donne imprenditrici hanno ricevuto circa il 2% del totale degli investimenti di venture in termini di valore. Nell’Unione Europea questa percentuale è stata dell’11% per le aziende con almeno una fondatrice donna (nel medesimo periodo, in Israele, le aziende guidate da donne si sono assicurate il 28,3% del capitale di rischio complessivo investito e il 21,6% di tutto il volume) 20.
La figura 6 illustra l’aumento del valore delle transazioni di venture capital per le imprese a guida femminile nell’Unione europea. Nel 2010, il 23% dei finanziamenti in capitale di rischio, di aziende che hanno reso noto il sesso di almeno un dirigente, è andato ad aziende con almeno un dirigente donna per poi passare al 32% nel 2017.
Un fattore chiave che ha contribuito ai tassi di crescita dell’Unione Europea in termini di valore e volume delle transazioni è stato l’aumento senza precedenti degli investimenti nelle fasi finali, con il capitale privato che ha sostituito in larga misura i mercati pubblici man mano che si rendevano disponibili più fondi (gli investitori istituzionali hanno aumentato le allocazioni relative al private equity)21.
- Le donne investitrici
Se nel capitolo precedente si è preso in esame il settore delle imprese guidate da donne, illustrandone le difficoltà ma anche i benefici che derivano dalla partecipazione delle imprese femminili all’economia, in questo capitolo si getta uno sguardo sul ruolo delle donne investitrici, le loro esigenze nella gestione patrimoniale e il contribuito a un ambiente di investimento più inclusivo ed equo.
2.1 Le peculiarità delle donne che investono e i loro investimenti
In Europa occidentale, le donne investitrici controllano oggi circa un terzo del patrimonio totale in gestione (AUM assets under management), per un valore di circa 4,6 trilioni di euro (vedi figura 7). Questa quota è destinata a crescere nei prossimi anni, non ultimo a causa del crescente numero di donne sposate che si assumono la responsabilità delle decisioni finanziarie della famiglia. Nel 2021 McKinsey22 ha condotto una ricerca su investimenti e genere, intervistando quasi 3.000 donne e 2.000 uomini nei mercati affluenti, private banking e investimenti high-net-worth dell’Europa occidentale.
Fig.6 - Venture capital nell'UE (in miliardi di euro) 2010-2018 Fonte: EIB, 2022
Fig.7 - Patrimonio totale in gestione (AUM) nell'Ue, 2020, in milioni di euro. Fonte: McKinsey, 2021
Oltre a individuare le differenze tra le esigenze di investimento di donne e uomini, la ricerca ha analizzato come gli istituti di investimento possano migliorare le loro offerte per il poco servito gruppo di donne che prendono decisioni finanziarie.
Dei 4,6 trilioni di euro di patrimonio totale in gestion (AUM) detenuti dalle donne, 3,6 trilioni (78%) sono detenuti da donne sposate o conviventi (responsabili delle decisioni finanziarie all’interno del loro nucleo familiare). Le donne single e divorziate detengono il restante 22% di AUM. Le differenze nella composizione del nucleo familiare si ripercuotono sulle relazioni bancarie. Tra le donne che hanno una relazione di coppia, poco più della metà dichiara di condividere la stessa banca principale del partner (54%, rispetto al 57% degli uomini). Analogamente, il 61% delle donne (e il 64% degli uomini) dichiara di condividere lo stesso consulente finanziario principale del partner. Ma alla domanda se cambierebbero banca o consulente se si separassero dal partner, il 40% delle donne ha risposto di sì, contro il 29% degli uomini.
Un gap rilevante è rappresentato dal “divario di investimento” tra uomini e donne: i guadagni medi delle donne e le somme da esse investite sono inferiori a quelli degli uomini. Inoltre, gli investitori tendono ad allocare il portafoglio in modo diverso a seconda del genere: i portafogli medi delle donne sono costituiti per il 32% da azioni e per il 32% da investimenti a reddito fisso, contro rispettivamente al 45 e al 24% degli uomini. Tale allocazione comporta, secondo gli esperti di McKinsey, un rendimento medio del portafoglio delle donne pari al 5%, inferiore di un punto percentuale rispetto a quello degli uomini. Ciò si traduce in una disparità uomo-donna nei rendimenti annuali degli investimenti compresa tra 5.000 e 10.000 euro.
Le donne, infine, si mostrano meno proattive nel prendere decisioni finanziarie sul proprio portafoglio di investimento (il 18% delle intervistate ha dichiarato di sentirsi a disagio contro il 9% degli uomini) e sono meno propense a modificarlo più di una volta al mese (36%, contro il 45% degli uomini). Quanto alla responsabilità delle decisioni di investimento tra le donne, solo il 58% si è dichiarata responsabile di tutte o della maggior parte delle decisioni di investimento nella propria famiglia, rispetto al 73% degli uomini. Una percentuale maggiore di donne dichiara di condividere queste decisioni con altri membri della famiglia (un terzo rispetto a un quarto degli uomini).
Per tornare al tema della propensione al rischio delle donne, l’atteggiamento nei confronti del rischio presente negli investimenti ci mostra come le donne più frequentemente degli uomini adottino un approccio avverso al rischio nell’asset allocation, rispettivamente il 42% contro il 34%. A riprova di ciò, la quota di investimenti a reddito fisso dichiarata dalle donne è superiore di otto punti percentuali rispetto a quella dichiarata dagli uomini, mentre la quota di azioni è inferiore di tredici punti percentuali (vedi figura 8).
Fig.8 - Comportamenti degli investitori dell'Europa occidentale, per genere
Nell’ultimo rapporto della CONSOB sugli investimenti finanziari delle famiglie italiane (2022)23 è presente un approfondimento sulle differenze di genere. Anche in Italia si confermano, alcuni tratti comportamentali delle donne quali: l’avversione al rischio, l’avversione alle perdite e la tendenza a sottostimare le proprie conoscenze e competenze (c.d. “underconfidence”). Le donne si connotano anche per minori conoscenze in materia di prodotti finanziari, sostenibilità e servizi di investimento digitalizzati. Nelle scelte di investimento, infine, esse ricorrono più di frequente al supporto del consulente e mostrano un interesse meno diffuso verso la finanza digitalizzata. L’indagine non ha riscontrato, invece, significative differenze tra uomini e donne in relazione all’attitudine alla gestione del denaro, alla fragilità finanziaria e alla propensione al controllo finanziario. Nella figura 9, tratta dal rapporto, sono rappresentate le abitudini e gli interessi su alcuni temi finanziari a seconda del genere del capofamiglia. Come è possibile notare, le donne capofamiglia (barre rosa) esprimono una preferenza e interesse per il supporto di professionisti nelle scelte di investimento e per gli investimenti sostenibili. Meno interesse, invece, esse dimostrano nei confronti delle crypto-valute, il crowdfunding e dell’educazione finanziaria.
Fig.9 - Abitudini di investimento e interesse per alcuni temi finanziari, per genere e capofamiglia.
Conclusioni
Nel solco di quanto indicato dall’obiettivo 5 dei SDG dell’ONU e nel secondo principio prioritario del Pilastro sociale europeo, al fine di sostenere la nascita e lo sviluppo delle imprese femminili è opportuno, innanzitutto, affrontare i fattori che impediscono alle donne di lavorare o di avviare e far crescere un’impresa. Tra questi rientrano le barriere socioculturali, i pregiudizi nei sistemi fiscali e la necessità di colmare le lacune nelle infrastrutture e nelle strutture di assistenza per la conciliazione. Per affrontare le lacune nel finanziamento dell’imprenditoria femminile, in particolare, è fondamentale comprendere i pregiudizi nel settore del venture capital e agire per affrontarli attivamente, mettendo in discussione le strategie e le mentalità degli investitori. Inoltre, appare opportuno fissare obiettivi per il finanziamento di startup femminili e prevedere un sostegno politico dedicato per creare ulteriori opportunità di finanziamento e di creazione di reti per le imprenditrici, compreso il mentoring e il coaching per rafforzare le soft skills rilevanti per l’impresa.
Per contrastare l’aggravarsi del divario digitale tra i sessi è essenziale un impegno globale. Le nuove tecnologie offrono opportunità a donne e uomini, ma non possono affrontare i problemi strutturali sottostanti. Alle donne deve essere garantito l’accesso sicuro e a prezzi accessibili agli strumenti digitali al fine di incoraggiarne l’uso e devono essere contrastati i pregiudizi intrinseci e le norme socioculturali che influenzano le scelte di istruzione secondaria e terziaria delle ragazze, e che rendono manifesto il divario digitale. È fondamentale, inoltre, promuovere un’intelligenza artificiale che eviti di incorporare e aumentare i pregiudizi di genere.
I politici, le parti sociali e la società civile dovrebbero contribuire, ciascuno per la sua parte e in stretta collaborazione, a garantire che la transizione verde e digitale rappresenti un’opportunità anche per le donne e le ragazze. Ciò significa investire nelle competenze verdi e digitali delle ragazze e delle donne affinché possano inserirsi nella nuova economia verde e digitale perseguita nell’Unione europea, e sostenere quelle donne che portano avanti la duplice transizione con nuove idee imprenditoriali o garantendo la resilienza delle imprese femminili esistenti.
I mercati finanziari e gli investitori attenti agli ESG possono contribuire a creare opportunità per le imprese guidate da donne. La politica pubblica può anche fornire incentivi per progredire verso gli obiettivi di genere nelle imprese, ad esempio attraverso procedure di appalto che tengano conto delle prestazioni ESG delle aziende interessate.
Il comportamento delle donne investitrici palesa spazi di crescita per l’offerta di servizi personalizzata volta a sostenere le donne nella propensione a bilanciare rischio e rendimento del proprio portafoglio, nonché nel monitoraggio e ottimizzazione dei propri investimenti nel tempo.
Inoltre, l’offerta di programmi di educazione finanziaria orientati alle esigenze e alle preferenze delle donne potrebbe contribuire a colmare il divario uomo-donna tra coloro che si sentono totalmente o in almeno in parte a proprio agio nel prendere decisioni finanziarie (il 59% degli uomini e 48% delle donne). In questo ambito, può essere utile organizzare regolarmente eventi di networking rivolti alle donne per sostenere l’educazione finanziaria e la parità di genere, coinvolgendo associazioni locali, dirigenti d’azienda, imprenditrici e donne di successo nel settore degli investimenti finanziari.
Non ultima la progettazione di piattaforme digitali specificamente studiate per fornire contenuti e strumenti vicini agli interessi rilevanti per gran parte delle donne (risparmio per i figli, pianificazione patrimoniale familiare, prodotti pensionistici a lungo termine) o consulenza mirata nelle diverse fasi della vita personale (gioventù, famiglia, divorzio, lavoro, pensione, assistenza sanitaria) per una migliore comprensione e pianificazione degli investimenti e una maggiore sicurezza economica futura.
Bibliografia essenziale
Audretsch, D. B. e Belitski, M., “Innovation in women-led firms: an empirical analysis” in Economics of Innovation and New Technology, Vol. 31, No 1-2, November 2020, pp. 90-110.
Bednar, S., Gicheva, D. and Link, A. N. (2019). “Innovative activity and gender dynamics.” Small Business Economics, Vol. 56, pp. 1591-1599.
Bloomberg NEF/Sasakawa Peace Foundation, “Gender Diversity and Climate Innovation”, 2020.
Commissione europea, “Women in the Digital Age”, European Commission, Brussels, 2018.
CONSOB, “Report on financial investments of Italian households”, CONSOB, Roma, 2022.
Devine, R. A., Molina-Sieiro, G., Holmes, R. M. Jr. e Terjesen, S. A., “Female-Led High-Growth:Examining the Role of Human and Financial Resource Management”, in Journal of Small Business Management, Vol. 57, No 1, pp. 81-109, 2019.
Direttiva (UE) 2022/2381 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 novembre 2022 sul miglioramento dell’equilibrio tra i generi negli amministratori delle società quotate e misure connesse in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 7 dicembre 2022.
EIB, “Funding women entrepreneurs: How to empower growth”, Banca europea per gli investimenti, Lussemburgo, 2020.
EIB, “Support for women entrepreneurs”, Banca europea per gli investimenti, Lussemburgo, 2022.
GEM, “Women’s Entrepreneurship 2020/21”, GEM Global Entrepreneurship Monitor, 2021.
Regolamento (UE) 2021/523 del Parlamento e del Consiglio del 24 marzo 2021 che istituisce il programma InvestEU e che modifica il regolamento (UE) 2015/1017.
Lang, T., “Competenze finanziarie e digitali per la resilienza d’impresa”, in Microfinanza, anno XI, n.43, 2023.
NOTE
1 I dati riportati si riferiscono al 2021 ultimo dato Eurostat, disponibile al 6 febbraio 2023.
2 Si tratta del divario retributivo di genere non corretto per l’UE-27 (2020), ossia la differenza tra la retribuzione oraria lorda media dei lavoratori maschi e quella delle lavoratrici femmine in percentuale della retribuzione lorda maschile (fonte Eurostat).
3 Si veda in proposito: https://sdgs.un.org/goals/goal5 e il rapporto delle Nazioni Unite sugli obiettivi dello sviluppo sostenibile 2022, https://unstats.un.org/sdgs/report/2022/.
4 Maggiori informazioni sui venti principi del Pilastro europeo dei diritti sociali disponibili al link:
https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/economy-works-people/jobs-growth-and-investment/european-pillar-social-rights/european-pillar-socialrights-20-principles_en
5 COM (2021) 102 fin “Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul Piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali, 4.3.2021.
6 Commissione europea, Strategia per la parità di genere 2020-2025. Link: https://eur-lex.europa.eu/legalcontent/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020DC0152&from=EN
7 Quello del 10% è considerato un traguardo storico da Fortune. Maggiori informazioni al link: https://fortune.com/2023/01/12/fortune-500-companies-ceos-women-10-percent/
8 Deloitte, “Progress at a snail’s pace. Women in the boardroom: A global perspective” 7^ edizione, 2022. Consultabile al link: https://www2.deloitte.com/content/dam/Deloitte/global/Documents/gx-womenin—the-boardroom-seventh-edition.pdf
9 Deloitte, “Europe: Regional overview”, 7^ edizione, 2022. Consultabile al link: https://www2.deloitte.com/content/dam/Deloitte/global/Documents/Risk/gx-risk-wob-europe-180222.pdf
10 La Commissione europea lavora per rafforzare la diversità di genere nei consigli di amministrazione delle aziende sin dal 2010, quando ha lanciato la strategia dell’UE per la parità di genere. Nel 2012 la Commissione ha proposto una direttiva per l’equilibrio di genere dei consigli di amministrazione, che ha incontrato una notevole resistenza da parte di alcuni stati membri. Infine, a seguito del rinnovato impegno della Commissione sul tema, nell’ambito delle azioni previste dalla nuova strategia per la parità di genere dell’UE 2020-2025, i co-legislatori hanno approvato la direttiva (UE) 2022/2381 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 novembre 2022 sul miglioramento dell’equilibrio tra i generi negli amministratori delle società quotate e misure connesse, che è stata pubblicata nella gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 7 dicembre 2022 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:32022L2381). I paesi membri hanno ora due anni di tempo per adeguare i propri ordinamenti a quanto previsto nella direttiva.
11 Per una panoramica sul tema si veda Bednar et al., “Innovative activity and gender dynamics”, in Small Business Economics, Vol. 56, pp. 1591-1599, 2019, disponibile qui: https://doi.org/10.1007/s11187-019-00282-2
12 Devine et al., “Female-Led High-Growth:Examining the Role of Human and Financial Resource Management”, in Journal of Small Business Management, Vol. 57, No 1, pp. 81-109, 2019. Per consultazione si veda al link: https://www.researchgate.net/publication/329365934_Female-Led_High-Growth_Examining_the_Role_of_Human_and_Financial_Resource_Management
13 Bloomberg NEF/Sasakawa Peace Foundation “Gender Diversity and Climate Innovation”, 2020. Consultabile al seguente link: https://assets.bbhub.io/professional/sites/24/BNEF-Sasakawa-Peace-Foundation-Gender-Diversity-and-Climate-Innovation_12012020_FINAL.pdf . UN Women, “Explainer: Why women need to be at the heart of climate action”, 2022. Disponibile al link: https://www.unwomen.org/en/news-stories/explainer/2022/03/explainer-why-women-need-to-be-at-the-heart-of-climate-action
14 L’acronimo ESG (Environmental, Social e Governance) si riferisce a specifici criteri di valutazione dei comportamenti aziendali, ossia, l’impegno nei confronti dell’ambiente, il rispetto dei valori aziendali e la trasparenza e accuratezza dell’attività. Questi fattori sono utilizzati nella misurazione della sostenibilità degli investimenti.
15 Si fa riferimento agli studi dell’American Psychological Association (2006).
16 Si tratta delle indagini della BEI: “Survey on Investment and Investment Finance (EIBIS)” (2021), “Survey on startups and scale-ups (EIBIS)” (2019), “EIB-EBRD-WB Enterprise Survey” (2022).
17 In proposito si veda Lang, T., “Competenze finanziarie e digitali per la resilienza d’impresa”, in Microfinanza, anno XI, n.43, 2023, dove si prende in esame il tema dell’impatto differenziato della crisi pandemica sulle micro e piccole imprese in relazione al tasso di digitalizzazione e alfabetizzazione finanziaria di imprenditori e imprenditrici.
18 Per una panoramica sul tema si veda Fackelmann, S. e De Concini,A. “Funding women entrepreneurs. How to empower growth”, rapporto per la Commissione europea, EIB e Commissione europea, Bruxelles, 2020, consultabile al seguente link: https://www.eib.org/attachments/thematic/why_are_women_entrepreneurs_missing_out_on_funding_en.pdf
19 L’appartenenza a un genere o l’altro può spingere sia gli investitori maschi che quelli femmine a porre alle donne imprenditrici domande che enfatizzano la loro capacità di evitare le perdite piuttosto che le loro prospettive di crescita). Mentre le domande sulle previsioni di fatturato o su come si concretizzerà l’acquisizione di nuovi clienti (di natura più promozionale) sono poste più frequentemente agli uomini. Eppure, questo tipo di domande assicurano “importi di finanziamento significativamente più elevati” (si veda: Kanze et al. 2018, p. 14).
20 Per i dati si è fatto riferimento alla pubblicazione di EIB, “Funding women entrepreneurs: how to empower growth”, Banca europea per gli investimenti, Lussemburgo, 2020.
21 Le aziende private mature tendono ad assumere più donne in generale, semplicemente a causa delle loro dimensioni, il che contribuisce all’aumento dei finanziamenti per le imprese che tendono ad avere donne in ruoli esecutivi o come fondatrici.
22 McKinsey, “Wake up and see the women: Wealth management’s underserved segment”, 2022.
23 CONSOB, Report on financial investments of Italian households, CONSOB, Roma, 2022. Consultabile al seguente link: https://www.consob.it/documents/11973/287812/rf2022.pdf/cf6f38e9-dbcc-6057-8fff-f56643facdba?t=1674683068756