SAVERIO ROSA
Ho iniziato a lavorare con l’Ente Nazionale per il Microcredito ancor prima che uscissero i decreti attuativi nel 2014. Facemmo con l’Ente un esperimento, che fu credo il primo in Italia, con il Comune di Santa Marinella, per costituire al tempo un fondo di garanzia per l’avvio di iniziative commerciali sul territorio, e io in quell’occasione, supportai l’Ente nella fase concreta di realizzazione del progetto. Fu la prima effettiva e ufficiale erogazione di questi servizi ausiliari, che a distanza di qualche mese sarebbero diventati la normativa vigente nel nostro Paese. Un’eseprienza molto avvincente, poiché di fatto era il primo progetto organico che ambiva a incarnare lo spirito normativo, perché fino a quel momento il microcredito in Italia era stato gestito autonomamente dai vari soggetti che avevano cercato di interpretare la norma nella modalità più consona alla progettualità che volevano sostenere. Noi venivamo dall’esperienza del prestito della speranza che era un’operatività esclusivamente Caritas, nel Lazio avevamo avuto l’esperienza con il microcredito della Regione Lazio quindi con la famosa legge 80, e con assi di intervento che erano imprenditoriale, sociale e il terzo, quello dedicato al recupero degli ex detenuti. Era dunque un’opportunità, la Regione Lazio mise a sistema dei fondi anche consistenti e si partì con questa tipologia, e funzionavano con delle “antenne sensoriali territoriali”, così le definivano, che erano dei piccoli sportelli di orientamento e di supporto. Dopodiché la lavorazione era sostenzialmente concentrata nell’hub dell’allora Lazio Innova. Mentre già collaboravo con loro da un anno, sono venuto a conoscenza dell’Ente e dopo aver incontrato il Presidente, cominciammo a ragionare insieme, vista anche la mia esperienza di carattere bancario. Da lì nacque questo esperimento con Santa Marinella molto significativo, tra l’altro alcune delle imprese che abbiamo finanziato nel 2013 ancora sono vive e vegete. Il primo bando che fu fatto dall’Ente Nazionale per l’erogazione dei servizi ausiliari, vide la partecipazione di tre soggetti: fondazione risorsa donna, microcredito per l’Italia e il terzo sostanzialmente ero io e quindi cominciammo questa avventura con la BCC di Roma. Questo è un pò il background da cui provengo e che mi fa sentire per certi aspetti anche orgoglioso di appartenere a questo movimento, perché alla fine il Presidente Baccini ha creato un movimento di grande attenzione, solidarietà e equilibrio da questo punto di vista. Poi ovviamente la normativa si è evoluta si è modificata e si è continuato a lavorare con gli strumenti sempre più performanti e sempre più efficaci ed efficienti, questo grazie all’intervento dell’Ente Nazionale che ha saputo valorizzare un’idea iniziale e ha saputo metterla in pratica trovando una efficace interlocuzione con il sistema del credito. Oggi forse la sfida più importante che l’Ente sta raccogliendo è quella di far nascere soggetti erogatori di microcredito, le cosidette 111, che potrebbero rappresentare un’ulteriore salto di qualità e di efficacia nell’universo del microcredito.
Oggi quali sono invece gli step che segue per aiutare i beneficiari?
Gli step sostanzialmente sono sempre gli stessi. Si è andata sempre più affinando la sensibilità. Il primo dato essenziale per la valutazione oggettiva di un progetto è la qualità dell’imprenditore. Il motore di un’impresa è l’imprenditore, quindi è essenziale valutare la capacità, la volontà e l’esperienza dell’imprenditore. Più che uno step è quasi un mini percorso di educazione sia finanziaria da una parte, sia di educazione all’autoimprenditorialità. Il secondo step riguarda la valutazione del progetto dal punto di vista della compatibilità e affinità con il soggetto attuatore. Dopodiché insieme con l’imprenditore si cerca di capire la collocazione del progetto nel mercato già esistente. Questo è essenziale per capire la sostenibilità del progetto. Una volta fatto il quadro generale del progetto si passa a un livello più dettagliato capendo se le richieste avanzate sono adeguate alla cantierabilità del progetto e se è conforme alle disposizioni normative. Una volta effettuati questi primi step, si costruisce un piano finanziario e si arriva alla declinazione numerica delle considerazioni e delle intuizioni fatte nella fase di studio e analisi. Noi lavoriamo sempre con un atteggiamento estremamente prudenziale soprattutto nella costruzione dei ricavi, perché le potenzialità possono essere anche significative ma quello che per noi diventa importante e determinante è capire e certificare la sostenibilità del progetto. Il tutor dunque ha di conseguenza una serie di responsabilità verso i richiedenti, verso il fondo centrale e verso il sistema bancario. Fare l’imprenditore non è per tutti, il rischio è proiettare una persona che sta in una situazione finanziaria difficile, in un progetto inclusivo, ma se il nostro lavoro non è fatto in modo adeguato, rischiamo di fare più male che bene. Alla fine la persona si ritroverà con un progetto finito, la difficoltà ulteriore di una sconfitta e con una esposizione debitoria sulle spalle.
Un successo significativo nel suo lavoro come tutor.
Risulta molto difficile doverne scegliere uno o due perché ce ne sono stati molti, indipendentemente dal risultato economico; sono aziende che abbiamo fatto nascere con 25 mila euro e ora fatturano intorno ai 400 mila euro e hanno 10 dipendenti. Una storia particolare sicuramente è quella di 3 ragazzi giovanissimi che avevano già una sede all’interno dell’hub della Regione Lazio e sono arrivati da noi mentre stavano cominciando a elaborare una progettualità per una casa di produzione di video, tornei di gaming ecc.. Noi li abbiamo aiutati finanziando l’acquisto di nuove attrezzature e oggi riescono a creare grandi produzioni e lanciano di continuo su spotify nuovi cantanti. Devo ammettere che hanno dimostrato una grande capacità e caparbietà per riuscire nel loro obiettivo. Con grande soddisfazione posso dirti che neanche durante il periodo covid hanno mai smesso di pagare il rateo di microcredito, nonostante la norma glielo consentisse. Hanno dato prova di una grande capacità, sia personale, che imprenditoriale. Sono riusciti a costruire il loro sogno, grazie al microcredito ma soprattutto grazie alla loro serietà e dedizione.
Oggi qual è la sfida più grande che un tutor si trova ad affrontare?
La sfida più grande è supportare il proprio lavoro con coscienza e responsabilità. Nella fase iniziale noi abbiamo avuto un impatto emotivo straordinario, era la novità, era un’opportunità ai molti sconosciuta, c’era quindi una vivacità eccezionale. Oggi è uno strumento sicuramente più diffuso e conosciuto e per questo più utilizzato ed è utilizzato anche non nella modalità più opportuna. Sono molte di più le pratiche che scartiamo, perché non sostenibili, piuttosto che quelle che presentiamo ai soggetti finanziatori. Questa è la sfida più importante, oggi la qualità deve prevalere sulla quantità dei numeri. Solo la qualità garantirà a questo strumento un’efficacia rispetto all’impatto sociale ed economico. La sfida più importante del tutor è senza dubbio quella di dire no quando non ci sono gli elementi.
3 parole che definiscono il tutor
Paziente, equilibrato e professionale.


