Archivio editoriali
Chi ci salverà dalla crisi ?
Emma Evangelista
Direttore Microfinanza
Competenza, genio italico e capacità di intraprendere sono le armi a disposizione di questa generazione per poter contrastare la crisi economica. In Italia la situazione delle aziende non è rosea, e seppur in linea con gli anni precedenti, la stima è allarmante: sono 2.104 le imprese italiane che hanno dichiarato fallimento nei primi tre mesi del 2024, secondo i dati della Cribis per il Crif, 9500 imprese chiuderanno entro l’anno. Una mortalità del 12,6% in più rispetto agli anni precedenti. Dalle analisi tre sono le regioni più colpite: Lombardia, Lazio e Campania. dal 2007, anno record per l’impresa italiana, la tendenza ha visto la curva del fallimento impennare anno dopo anno. La concomitanza di fattori esterni, per massima parte imponderabili, come la pandemia, che ancora a due anni di distanza fa registrare gravi strascichi sull’impresa, la guerra in Ucraina, l’instabilità geopolitica dei mercati finanziari oltre alla contrazione degli stessi e alla difficoltà creditizia sono per la gran parte la causa di questa debacle. In questo quadro però si inseriscono strumenti finanziari come il microcredito in grado di ridurre il tasso di default delle aziende nate grazie al supporto di servizi ausiliari che da un lato prevengono la crisi e dall’altro sostengono il percorso all’impresa con una formazione finanziaria e un sistema di tutoraggio in grado di pianificare l’attività di impresa per reggere meglio agli urti del mercato. Nel caso particolare del microcredito, le tre capacità sopra elencate, necessarie all’avvio di una nuova attività, che possa superare l’orizzonte dei cinque anni, vengono amalgamate dalla forte componente di educazione finanziaria e formazione all’impresa, ossia dall’attività svolta dai tutor che accompagnano il beneficiario di microcredito dall’idea all’impresa attraverso un percorso strutturato che permette la nascita di aziende sane e competitive sul mercato. Il cuore di questo prodotto finanziario è infatti basato su responsabilità individuale dell’imprenditore che viene però affiancato da un professionista che lo guida nelle scelte oculate di sostenibilità. Dunque la variabile che può condizionare la ripresa economica, riducendo notevolmente il default, è individuabile nella formazione: fare cultura di impresa significa educare il futuro imprenditore al corretto rapporto con gli attori finanziari, con la burocrazia, con il mercato e con il mondo della comunicazione (promozione d’impresa). Costruire un progetto aziendale significa anche saper utilizzare gli strumenti tecnologici che ne favoriscono la creazione, lo sviluppo e la promozione, dal confronto con semplici tabelle excel a prodotti per la fatturazione, applicazioni per i pagamenti e l’e-commerce, quelle per la pubblicità sui canali multimediali della nuova impresa, sono il terreno sul quale ci si confronterà per la produttività e redditività. Oggi non basta essere bravi, bisogna essere i migliori per confrontarsi con un mercato che da locale diventa globale attraverso la rete. La formazione del management di impresa, sia per piccole e medie realtà, che per grandi aziende, è predominante nelle scelte di investimento. Con l’introduzione dei criteri ESG per la gestione di impresa diventa ragionevole un investimento sulla formazione alla sostenibilità prima, addirittura, che uno in pubblicità. Molte attività dovranno riconvertirsi per seguire le indicazioni europee e adattarsi non solo alla domanda di mercato ma alla metodologia con cui si risponde a essa attraverso una gestione del ciclo produttivo che sia responsabile e sostenibile in una visione che punti al raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Agenda 2030.