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LA GENERAZIONE Z
PROTAGONISTA DEL TERZO CONGRESSO FUTURE RESPECT
Francesco Tamburella – Coordinatore ConsumerLab e componente del Forum per lo Sviluppo Sostenibile.
La generazione Z1 protagonista del Terzo Congresso Future Respect – Imprese sostenibili, pratiche e confronto, in programma dal 4 al 6 maggio 2023 a Roma, presso lo Stadio di Domiziano a piazza Navona. Il tema di fondo è mettere a confronto le imprese tra loro per fornire idee concrete sul futuro dei giovani, dalle opportunità di lavoro alle esperienze che occorre conquistare.
Sostenibilità, innovazione tecnologica e sociale sono le tematiche da individuare presso le Imprese che garantiscono la futura occupazione.
Saranno proprio esponenti della generazione Z a interrogare le Imprese per capire meglio come prepararsi e proporsi nella conquista di un futuro adeguato alla aspettative generate dall’impegno nello studio e al sacrificio in esperienza sfidanti.
Il Congresso, che ha ottenuto il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e delle Sicurezza Energetica, mette a sistema i successi delle precedenti edizioni consolidando lo scambio di esperienze, l’interazione sui trend, la promozione di networking e la sensibilizzazione del mercato in generale e dei Cittadini Consumatori in particolare. Risponde con ottimismo all’esigenza di orientarsi nella complessità del momento per innovare il modo di produrre e consumare, lavorare e governare.
Il Congresso mette insieme i campioni della ripresa per promuovere nuove opportunità nel senso dell’open innovation, per dare risposte e cercare soluzioni con cui affrontare il futuro incerto e fragile.
Affermare la cultura della Sostenibilità significa intraprendere un percorso pragmatico, un confronto di idee, meno slogan e parole di circostanza, più fatti e misurazione d’impatti finalizzati a competitività, coesione ed equità sociale. Più professionalità ed esperti qualificati.
Partecipano le Imprese che, con coraggio e lungimiranza, nonostante le contingenti tensioni economiche, hanno mantenuto e sviluppato l’impegno per l’evoluzione sostenibile.
Esponenti del Terzo Settore partecipano per apportare, dalla realtà sociale, un contributo di valori mirati a scelte puntuali e identitarie capaci di evidenziare risultati tangibili.
È confermata anche la partecipazione delle principali Associazioni dei Consumatori e di Comitas per le PMI. Offrono il loro contributo anche Istituzioni ed Esperti del sistema produttivo.
Tre gli obiettivi di fondo:
- Innovare affinché il Made in Italy sia caratterizzato strutturalmente da attività produttive sostenibili.
- Individuare quali spazi si aprono nel mercato non solo per chi vuole un lavoro stabile ma anche per mettersi in proprio avviando una startup.
- Rendere pubblica un’analisi sulla realtà del mercato per evidenziare con dati certi come favorire la competitività e la formazione degli skill necessari.
Tema generale è la presa di posizione per cui non è ancora ben chiaro che la trasformazione sostenibile è la madre di tutte le riforme, perché è conveniente, inducendo innovazione produttiva e gestionale, favorendo la reputazione. Eppure è già chiaro alla maggioranza delle Imprese che il modello di ogni business va svecchiato, che deve adattarsi tanto all’innovazione tecnologica galoppante, quanto alle evidenze geopolitiche e alla socializzazione del mercato, intesa come nuovo equilibrio dei valori umani che influenzano concretamente le relazioni intersettoriali.
Da questo tema generale nascono la maggiori opportunità di impegno lavorativo e professionale. Uno degli spazi da occupare per lavorare nel futuro è appunto quello della trasformazione sostenibile, ambientale, sociale e gestionale.
La maggior parte delle Imprese non ritiene ancora conveniente, o solo necessario, avviare una evoluzione sostenibile in quanto valuta un costo che non porta ricavi, in particolare nel breve periodo, una complicazione organizzativa non opportunamente e adeguatamente alleggerita dagli adempimenti burocratici e/o da incentivi.
Non poche Imprese che redigono un Reporting di Sostenibilità lo fanno per emulazione, anche per stare alla moda.
Nonostante le diverse crisi l’economia italiana ha retto, smentendo le molteplici previsioni preoccupate, anche catastrofiche. Le stesse crisi, invece, hanno influito sugli impegni per la trasformazione sostenibile dei modi di produrre, consumare, lavorare e governare che, di contro, hanno subito un rallentamento.
Non si tratta di sfiducia, vista la crescita al rialzo con l’inflazione e lo spread al ribasso, che hanno reso il motore economico in forma e meno vulnerabile di altri. Il debito rispetto al PIL è anche sceso, la spesa per consumi di beni e servizi è cresciuta, così come gli investimenti fissi lordi e l’export. Con le auspicate riforme avremo ancora più spinta, ricordando che l’effetto PNRR può valere diversi punti di PIL. Si tratta invece di prudenza, basata sulla convinzione ancora incerta sul valore concreto della trasformazione sostenibile in tempi brevi.
In sintesi, rispetto alla Tesi Congressuale 2022, rileviamo informazioni significative per documentare il rallentamento, in alcuni casi la stagnazione, del mercato nei riguardi della trasformazione sostenibile:
Sono solo 125 i Bilanci in più pubblicati nel 2022 rispetto al 2021 quando erano stati “rintracciati” 1.381 Bilanci di Sostenibilità (da un campo di 25.000 Imprese con più di 50 dipendenti)
La pubblicità impostata sul tema della Sostenibilità è crollata del 75%, questa è una buona notizia visto che risultava una “comunicazione fuorviante, senza presa, perché non ha riscontro in maniera concreta e dimostrata: gli impatti sono perlopiù autoreferenziali. È piuttosto diffusa la fallacia che confonde le idee. Insomma informazione che non fa bene e non aiuta”.
- È rimasta stabile la “minoranza dei Cittadini Consumatori che può vantare cognizioni sufficientemente chiare sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili: la maggioranza di questa minoranza riduce la Sostenibilità all’ambiente e considera l’inquinamento, il clima e lo stato idrogeologico i rischi prevalenti”.
- Sempre sul fronte Cittadini Consumatori non si sblocca lo scetticismo “sul reale impegno delle Imprese per la trasformazione sostenibile: circa due terzi vorrebbe che lo fossero, maturando l’idea che le scelte di acquisto nel tempo saranno fortemente influenzate dalla valutazione dei loro impatti sulla società. Sempre la maggioranza dei Cittadini Consumatori non ritiene sincera e trasparente la comunicazione delle Imprese e la relazione che intrattengono con il servizio clienti”.
In pratica i Bilanci di Sostenibilità, in generale, e le comunicazioni sulle attività riconducibili alla implementazione dei criteri ESG, in particolare, non sono accessibili al pubblico, perché prolisse, fumose, complesse; i Cittadini Consumatori non conoscono e non leggono i Bilanci di Sostenibilità e non possono partecipare a una condivisione; senza questa partecipazione attiva la cultura della Sostenibilità non potrà mai affermarsi.
A parte i media specializzati la comunicazione sui temi ESG è normalmente conseguente a fatti di cronaca e non approfondisce in maniera coinvolgente l’attenzione del pubblico. Manca l’interesse ad ampliare le occasioni di conoscenza e approfondimento.
In definitiva, il numero delle Imprese che presentano un Reporting di Sostenibilità:
- è inadeguato per attivare con efficacia la promozione della cultura della Sostenibilità;
- è insufficiente per quantità e coinvolgimento popolare;
- è arretrato rispetto alla prossime esigenze da soddisfare in linea con la CSRD europea;
- non è in grado di garantire la qualificazione del Made in Italy secondo criteri di certificazione.
Le urgenti trasformazioni previste dal CSRD - CORPORATE SUSTAINABILITY REPORTING DIRECTIVE EU in vigore dal 2024 complicano ulteriormente le cose.
Il vero problema che ostacola l’organizzazione di un modello di business sostenibile e socialmente responsabile è la complessità delle tematiche e degli adempimenti. L’impegno a strutturare tale modello di business è inversamente proporzionale alla dimensione: più sono “meno grandi” più il percorso è in salita, più impegnativo e, quindi, scoraggiante. Influenza anche molto la sensibilità del management, la tipologia di attività e lo stato della governance di ogni singola attività produttiva.
Per questo sarà fondamentale semplificare e calibrare tematiche e adempimenti, adottando schemi specifici, taylorizzati secondo misure focalizzate con la migliore determinazione possibile sulle reali matrici di materialità rilevate in maniera personalizzata.
È il momento di colmare una lacuna che fino ad oggi ha limitato l’affermazione della cultura della Sostenibilità, l’effettivo coinvolgimento dei Cittadini Consumatori che determinano in definitiva, come stakeholder fondamentali, il successo di un’Impresa.
La cultura della Sostenibilità diffusa, essenziale per rivedere il modo di produrre, consumare, lavorare e governare, deve necessariamente coinvolgere la base. Il compito è certamente della politica e della Pubblica Amministrazione. Non potrà essere secondario un maggiore impegno, delle Imprese e dei media, nel parlare anche al pubblico, con semplicità e concretezza, interazione e coinvolgimento.
La direttiva CSRD 2022/2464/UE, che introduce nuove regole per il reporting di Sostenibilità delle imprese, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale UE il 16 dicembre 2022. Tutti gli Stati membri hanno 18 mesi per recepirla.
La Costituzione è stata arricchita lo scorso febbraio 2022 all’articolo 9: la Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.
La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.
Con l’articolo 41 specifica che l’iniziativa economica privata è libera ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Conferma che la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali.
In pratica, gli interessi delle future generazioni, ora tutelati tanto dalla Costituzione quanto dalla CSRD, dovrebbero caratterizzare e determinare attività produttive e stili di vita, offrendo a tutti gli aventi diritto e interesse la possibilità di impedire comportamenti non conformi. Una possibilità che appare oggi più raccontata che realizzata.
Questa premessa dovrebbe far riflettere sull’auspicata implementazione della direttiva appena emanata che non ha la stessa forza delle disposizioni costituzionali. Infatti é passato poco più di un anno da quando il principio degli interessi delle future generazioni è stato inserito nella nostra Costituzione. Eppure, non abbiamo evidenza degli effetti concreti sulle politiche e nei comportamenti delle imprese. Anzi, gli sconvolgimenti bellici hanno reso meno efficace l’impegno per la trasformazione sostenibile che gli eventi pandemici avevano rafforzato. Non ci sono ancora pronunciamenti della Corte Costituzionale su ricorsi contro leggi e procedimenti ritenuti contrari al nuovo principio, evidentemente non entrato ancora nella sensibilità giurisdizionale, non influenzando i modi di produrre, consumare, lavorare e governare.
Ora che la nuova CSRD amplia notevolmente il campo di azione coinvolgendo anche le medie Imprese, compresa tutta la filiera produttiva e commerciale, le problematiche si fanno più incombenti.
Quale concreto effetto avrà questa CSRD dal momento in cui verrà ratificata del Governo Italiano? La risposta sarà importante per una diffusa affermazione della cultura della Sostenibilità.
1 Il termine Generazione Z (o Centennials, Digitarians, Gen Z, iGen, Plurals, Post-Millennials, Zoomers) si riferisce alla generazione dei nati tra il 1997 e il 2012, e i cui membri sono generalmente figli della Generazione X (1965-1980) e degli ultimi baby boomer (1946-1964).[7] Tale generazione è stata preceduta dai Millennials, mentre la generazione successiva, che comprende i nati dal 2012 in poi, è stata chiamata Generazione Alpha.
Si tratta della prima generazione ad essersi sviluppata potendo godere dell’accesso ad Internet sin dall’infanzia, e perciò i suoi membri sono considerati come avvezzi all’uso della tecnologia e dei social media, che incidono per una parte significativa sul loro processo di socializzazione. Pertanto essi sono stati definiti “nativi digitali”. Da Wikipedia