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IMPRESA SOSTENIBILE
Guido D’Amico – Presidente Confimprese Italia
“L’investimento sostenibile e responsabile mira a creare valore per l’investitore e per la società nel suo complesso attraverso una strategia d’investimento orientata al medio-lungo periodo che, nella valutazione di imprese e istituzioni, integra l’analisi finanziaria con quella ambientale”
Così il testo elaborato dal Gruppo di lavoro del “Forum per la finanza sostenibile” dà la definizione di investimento sostenibile e responsabile.
Su questo tema, infatti, ci si sta interrogando sempre di più sull’effettiva necessità di una modifica al classico modo di concepire l’economia per arrivare a un nuovo mondo finanziario che integri la ricerca del profitto con l’esigenza di garantirlo nel lungo periodo attraverso opere e investimenti che siano sostenibili ed eco-compatibili.
Parlando di sviluppo, il principio guida nelle scelte aziendali non può che essere la sostenibilità.
Senza il rispetto per il pianeta, per le sue risorse (limitate) e per le generazioni che verranno non è infatti possibile immaginare un domani sostenibile. In questo scenario, anche le imprese sono chiamate a fare la loro parte e ad adottare comportamenti aziendali responsabili e sostenibili, in linea con i principi ESG.
La sensibilità in questo senso sta, infatti, di anno in anno, crescendo e la sostenibilità aziendale sta diventando sempre di più un tema impossibile da ignorare.
Del resto, la strada è tracciata dall’Agenda 2030 e dai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Le aziende, assieme a Stati, governi e cittadini, sono chiamate a fare la propria parte. Il PNRR stesso va in questa direzione: alla rivoluzione verde e transizione ecologica sono stati infatti devoluti 59,47 miliardi (il 37% dei fondi totali).
Per sostenibilità aziendale si intende un approccio che mira alla soddisfazione dei bisogni delle generazioni di oggi senza compromettere la possibilità delle generazioni future.
La sostenibilità è una vision che mette al centro le azioni, i comportamenti e le scelte di sviluppo focalizzate non solo sui problemi a breve termine ma anche, e soprattutto, su quelli a lungo termine. L’oggi e il domani sono legati in modo indissolubile.
Con essa si intende l’impegno concreto di un’azienda nel dar vita a un modello di business che non solo permetta il sostentamento dell’impresa a lungo termine, ma che sia anche attento all’ambiente, al benessere sociale e a una governance equa e lungimirante.
Un concetto che trova il proprio culmine nell’espressione Responsabilità Sociale d’Impresa (o Corporate Social Responsibility, CSR), introdotta dalla Commissione UE nel Libro Verde del 2001, nel quale la CSR viene definita come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.
Sono sostenibili le aziende che hanno fatto propria questa visione dello sviluppo con azioni e progetti che si concentrano per creare ora soluzioni concrete per il futuro tenendo in considerazione i succitati parametri ESG (Environmental, Social and Governance); per sostenibilità aziendale, infatti, non si intende solo lo sforzo per salvaguardare l’ambiente ma anche la capacità di operare considerando altre variabili quali il contesto sociale in cui si opera e le persone che lavorano nell’impresa.
Pertanto sono sostenibili quelle aziende che riescono a raggiungere e integrare nel proprio modello di business le seguenti dimensioni di sostenibilità:
Ambientale - basata sui criteri Environmental - ovvero il modo con cui un’azienda contribuisce alle sfide ambientali e al contrasto del cambiamento climatico (per es. riduzione emissioni inquinanti, utilizzo energie rinnovabili, smaltimento dei rifiuti, …);
Sociale - basata sui criteri Social – realizzata garantendo giustizia e uguaglianza nel trattamento dei dipendenti, bandendo ogni forma di discriminazione, creando le condizioni di sicurezza sul posto di lavoro e installando un senso di appartenenza in chi lavora;
Economica - basata sui criteri Governance – realizzata producendo valore per la collettività, per l’organizzazione e per tutti gli stakeholder interessati alla relativa attività ovvero agendo con l’obiettivo di produrre profitti in modo equo (per es. politica dei prezzi equa, utilizzo di materie prime certificate e del territorio, investimenti innovativi, ….).
La sostenibilità è sempre più considerata un fattore strategico dal mondo imprenditoriale oltre ad essere un importante elemento valoriale e reputazionale.
Infatti, dimostrare di essere un’azienda orientata alla sostenibilità significa anche aver accesso a finanziamenti pubblici agevolati e dedicati, oltre ad avere una maggiore probabilità di ottenere investimenti privati.
Sono di fatto sempre più numerosi i fondi di investimento che concentrano i propri investimenti sulle imprese attente ai criteri ESG; non solo, ma nel tempo è cresciuto anche il numero dei consumatori attenti all’ambiente e che nelle loro scelte di acquisto privilegiano aziende, prodotti e servizi che sposano la loro filosofia green.
Per incentivare l’attenzione alla sostenibilità, il legislatore ha previsto l’obbligo per alcune specifiche aziende di redigere la dichiarazione non finanziaria, in cui vengono elencate e misurate le azioni messe in atto per una crescita sostenibile e in accordo con i criteri ESG, ma anche le imprese che non sono obbligate a pubblicare la rendicontazione non finanziaria hanno tutto l’interesse a comunicare il proprio impegno per uno sviluppo sostenibile attraverso la diffusione volontaria di un bilancio di sostenibilità.
Rispettare i criteri ESG, infatti, per un’azienda non vuole soltanto dire fare la propria parte per uno sviluppo sostenibile, ma anche attrarre investitori e accedere a finanziamenti agevolati (come succitato), a tutto vantaggio della possibilità di crescita e sviluppo dell’azienda stessa.
Ecco perché rendicontare, misurare e comunicare questo impegno diventa un tema di grande attualità.
Sulla base di quanto innanzi esposto le imprese e il mondo della finanza stanno chiedendo alle Istituzioni di accelerare la transizione dell’Italia alla sostenibilità in questione attuando gli interventi necessari per creare un contesto idoneo allo sviluppo sostenibile, per accelerare il decoupling tra crescita economica e pressione ambientale, per affrontare la dimensione sociale della transizione ecologica del sistema produttivo, per favorire lo sviluppo dei territori e la loro resilienza e per promuovere un modello economico orientato allo sviluppo sostenibile.
Tale impegno sia del sistema produttivo che di quello finanziario è in linea con quanto auspicato dagli italiani che, secondo una recente indagine di Eumentra è così percentualmente indicabile:
- il 72% ritiene che le imprese dovrebbero occuparsi seriamente di sostenibilità;
- il 67% ritiene giusto che le imprese, di qualsiasi dimensione (ma soprattutto le grandi) tengano conto degli obiettivi di sviluppo sostenibile anche se ciò dovesse significare un aumento dei prezzi dei prodotti e/o dei servizi.
In termini di percezione dell’impegno su questi temi, i settori più apprezzati sono quelli alimentare, automobilistico, farmaceutico, della grande distribuzione e dei mezzi d’informazione mentre i settori bancario, energetico e delle imprese di telefonia sono considerati meno impegnati.
Alla luce di quanto detto, non sorprende che sempre più imprese, anche se non obbligate, adottino piani industriali che prevedano azioni e obiettivi che tengano conto dei criteri ESG. Del resto, oggi per un’azienda essere sostenibile vuole anche dire essere più competitiva nel medio-lungo periodo.
In Italia sono sempre più numerose le aziende che decidono di integrare i criteri ESG nel proprio modello di business, anche se molto resta ancora da fare: il report EY “Seize the Change Futuri Sostenibili”, condotto su un campione di oltre 300 aziende italiane appartenenti a diversi settori, ha messo in evidenza come il 69% delle imprese interpellate abbia sviluppato negli ultimi anni un piano di sostenibilità aziendale e nel 44% dei casi (il 6% in più rispetto al 2019) fissato un vero e proprio piano strategico con obiettivi quantitativi. Solo il 35% delle aziende ha però definito le tempistiche per il raggiungimento degli obiettivi. Delle imprese che ancora non hanno un piano di sostenibilità, il 15% dichiara di prevederne lo sviluppo in futuro.
Indicativo in tal senso è l’esempio della Pirelli che al proprio interno ha una struttura tecnica dedicata alla sostenibilità rivolta all’attenzione sia delle persone che dell’ambiente: alle persone in termini di sicurezza come priorità assoluta e all’ambiente non vuol dire solo ecologia ma anche all’ambiente intorno ai propri stabilimenti dove l’azienda in questione è impegnata nella crescita delle rispettive comunità investendo insieme a loro per ospedali o centri di assistenza, scuole e centri sportivi.