Tiziana Lang - Ricercatrice ANPAL, esperta di politiche del mercato del lavoro
Entrepreneurship is a key catalyst for economic development. It is therefore necessary to constantly monitor the dynamics of the entrepreneurial world including the propensity for self-entrepreneurship and self-employment and their realization in the creation of new business activities. The availability of forward-looking policies should be accompanied by the setting up of programs and the allocation of proportionate resources. The sustainability of these instruments and their governance should be ensured by central and territorial institutions.
Parole chiave:
autoimprenditorialità, lavoro autonomo, microimpresa, autoimpiego, coaching, formazione, competenze imprenditoriali, incentivi, finanziamenti, politica di coesione
- Autoimprenditorialità e creazione di occupazione
È noto che l’imprenditorialità è un catalizzatore chiave dello sviluppo economico. È pertanto necessario monitorare costantemente le dinamiche del mondo imprenditoriale compresa la propensione all’autoimprenditorialità e il suo concretizzarsi nella creazione di nuove attività di lavoro autonomo e d’impresa. Nel paragrafo si riportano le principali dinamiche imprenditoriali a livello europeo, con particolare riferimento all’autoimprenditorialtà e all’avvio di attività d’impresa.
1.1 Le principali dinamiche imprenditoriali
La propensione all’iniziativa imprenditoriale autonoma è definita genericamente autoimprenditorialità, spesso usata come sinonimo di autoimpiego. Nelle politiche attive del lavoro questa definizione indica la creazione di occupazione attraverso iniziative di lavoro autonomo o microimpresa, finalizzate a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro di soggetti privi di occupazione o per aiutare i giovani e le persone con vulnerabilità a fare il loro primo ingresso o rientrare nel mercato del lavoro. Per queste finalità sono incentivate le idee imprenditoriali, in particolare, nelle aree economicamente svantaggiate, ossia i territori meno sviluppati1. Le amministrazioni centrali e territoriali hanno adottato nel tempo misure specifiche per favorire l’autoimprenditorialità, la creazione d’impresa in particolari settori economici nonché l’imprenditoria di alcune fasce di popolazione, ad esempio, le donne e i giovani.
Come si è avuto modo di illustrare su queste pagine, l’attuale contesto economico vede le piccole e medie imprese destreggiarsi con le molte incertezze derivanti dal persistere di alcune condizioni di rallentamento dell’economia, tra le quali gli alti tassi di inflazione e i conflitti in atto sia sul territorio europeo che in Medioriente2.
Il recente rapporto dedicato agli “imprenditori mancati” (2023)3 da OCSE e Commissione Europea, ribadisce il momento di volatilità e incertezza dell’economia globale, caratterizzato dalle interruzioni delle filiere del commercio e dal rallentamento nella crescita delle maggiori economie mondiali. La risposta alle sfide del cambiamento climatico e della transizione digitale richiede, secondo gli esperti di OCSE e Commissione, l’impegno di tutte le componenti della società comprese le imprese (e chi le conduce), che svolgono un ruolo centrale in quanto fonti di crescita, occupazione e innovazione nell’individuare le soluzioni alle sfide attuali e future. Ma non tutti coloro che hanno delle aspirazioni imprenditoriali riescono a trasformare le proprie idee in imprese e, quindi, a partecipare attivamente all’economia e alla risposta globale alle crisi determinate dalle grandi transizioni e dalla geopolitica.
Il rapporto mette in luce come il profilo degli imprenditori si stia diversificando nel tempo. Uno dei cambiamenti più significativi registrati nell’Unione Europea è l’aumento nei numeri e nella qualità dell’imprenditorialità degli immigrati; infatti, la quota di lavoratori autonomi provenienti dai paesi non appartenenti all’Unione è passata da meno del 7 % nel 2013 a circa il 12 % nel 2022, anche se con notevoli variazioni tra un paese e l’altro. Ciò che colpisce è la capacità degli imprenditori immigrati di creare imprese di maggiore impatto economico-sociale “the economic impact of immigrant-owned businesses appears to be increasing in many countries. For example, recent research in Sweden shows that immigrant-owned firms, and especially those owned by non-European immigrants, are more likely to employ others and have more employees than native-owned firms”4. Al contempo, tuttavia, gli immigrati hanno meno chanches di riuscire ad avviare un’attività autonoma rispetto ai non immigrati, in particolare se si tratta di donne provenienti da paesi extra-UE. Mentre il tasso di lavoro autonomo totale tra gli immigrati è rimasto relativamente stabile negli ultimi dieci anni, tra il 2019 e il 2022 quello degli immigrati residenti in altri stati membri dell’UE è aumentato di otto punti percentuali, mentre quello degli immigranti non-UE si è ridotto di due punti percentuali.
Un’altra tendenza osservata nel rapporto OCSE/Commissione Europea è la riduzione progressiva, se pur lenta, del gap di genere nell’imprenditoria europea. Pur essendo ancora meno propense ad avviare un’attività in proprio (hanno il 40 % di probabilità in meno rispetto agli uomini), nell’ultimo decennio le donne hanno conquistato posizioni e il divario di genere è diminuito di circa sei punti percentuali. La riduzione del gap di genere, tuttavia, va inquadrata nella diminuzione complessiva del numero di lavoratori autonomi nell’UE, tendenza che riguarda principalmente il tasso di lavoro autonomo degli uomini che tra il 2013 e il 2022 è sceso dal 28 % al 16 % (-12 punti percentuali), a fronte di una riduzione minima di quello delle donne (un solo punto percentuale, dal 10 al 9 %). Le auto-imprenditrici sembrerebbero aver riassorbito più velocemente il colpo inferto dalla pandemia di Covid-19 alle imprese dei servizi del turismo, della ristorazione e della cura della persona (gestite in prevalenza da donne) che, è bene ricordarlo, sono state maggiormente colpite dalle misure di blocco attivate nell’emergenza sanitaria. A riprova di ciò, le imprenditrici e lavoratrici autonome che hanno chiuso la loro attività tra il 2019 e il 2021 hanno indicato il Covid-19 quale causa di chiusura dell’attività con una frequenza del 40 % più frequente degli uomini.
Tra le motivazioni che le spingono a creare un’attività imprenditoriale, le donne ancora oggi indicano la difficoltà a trovare un lavoro dipendente di qualità che consenta di conciliare al meglio l’attività professionale con la vita privata. Il persistere di atteggiamenti sociali e culturali negativi nei confronti delle donne lavoratrici, e ancor più imprenditrici, si somma agli ostacoli istituzionali determinati a volte dalle politiche dei governi sociali e fiscali, come pure ai pregiudizi dei mercati finanziari (ad esempio nei fallimenti di mercato), e alle asimmetrie informative sull’imprenditoria femminile e alla difficoltà di accesso ai finanziamenti per l’avvio di impresa anche in autoimpiego. Infine, il rapporto segnala come le reti professionali delle donne imprenditrici siano meno rappresentative delle reti professionali maschili (perché meno diffuse, meno efficaci e dotate di risorse economiche ridotte).
A fronte di queste difficoltà, i programmi di supporto e accompagnamento alla creazione di lavoro autonomo e auto-imprenditoriale rivolti alle donne sono stati strutturati, come richiesto dalle raccomandazioni sia dell’OCSE che dell’Unione Europea, per l’offerta di servizi e misure che spaziano dalla formazione delle competenze imprenditoriali al coaching e mentoring, dalla consulenza alla creazione di appositi strumenti finanziari per l’accesso al credito, fino alla costruzione di reti professionali e alla proposta di modelli di ruolo femminili, nonché la previsione di congedi di maternità per le imprenditrici e l’offerta di servizi di cura per i figli. Il grafico 1 riporta la disponibilità e tipologia dei servizi offerti alle donne che intendono avviare un lavoro autonomo d’impresa a confronto con quelli offerti per tutti gli altri gruppi di destinatari. Si nota come la formazione delle competenze, il coaching e mentoring, la consulenza, la microfinanza assieme alla creazione di reti e alla conoscenza di figure di donne imprenditrici di successo caratterizzino fortemente i servizi offerti alle donne. Assieme al supporto nella maternità e ai servizi cura per i figli, inesistenti per gli altri target di beneficiari (con una forte stereotipizzazione di genere che vede la cura a totale appannaggio delle madri).
Di recente sono state lanciate diverse nuove strategie a livello dell’Unione Europea e dei singoli stati membri. Ad esempio, il nuovo piano d’azione della Germania “Più imprenditrici per le piccole e medie imprese” che racchiude più di quaranta azioni strutturate in pilastri secondo un piano d’azione sviluppato da cinque ministeri in consultazione con 27 reti e organizzazioni per l’imprenditoria femminile5. Oppure, il progetto spagnolo PAEM attuato congiuntamente dell’Institut de la Mujer e dalla Camera di Commercio che offre consulenza d’impresa, formazione, informazioni sui programmi di supporto all’avvio di lavoro autonomo, sussidi, sostegno finanziario, microfinanza, networking e consulenza su come ottenere garanzie sui prestiti6.
Quanto all’età delle lavoratrici autonome nell’UE, nel 2022 il 55 % di esse aveva un’età compresa tra i 25 e i 49 anni, rispetto al 50 % dei lavoratori autonomi. Secondo l’OCSE, se le donne di età compresa tra i 30 e i 49 anni partecipassero all’avvio di un’attività imprenditoriale allo stesso ritmo dei loro coetanei uomini, nell’UE ci sarebbero 5,5 milioni di donne imprenditrici in più. Le donne, infatti, rappresentano circa il 73 % del totale dei “missing entrepreneurs” nel territorio dell’Unione. Il costo sociale ed economico di queste imprenditrici “mancate” per le economie nazionali, ma anche regionali, può essere considerevole. A titolo esemplificativo, il rapporto cita alcune stime recenti, secondo cui il PIL del Canada e del Regno Unito aumenterebbe rispettivamente di 6 e di 12 punti percentuali se il divario di genere nell’imprenditoria fosse colmato entro il 2026.
Infine, una delle tendenze prevalenti nelle dinamiche imprenditoriali degli ultimi due anni è la maggiore difficoltà incontrata dai neoimprenditori e lavoratori autonomi nel lanciare un’impresa rispetto agli anni precedenti. Tale dinamica sembrerebbe essere connessa ad altri fattori di influenza quali gli atteggiamenti sociali nei confronti del lavoro autonomo e dell’imprenditorialità in genere, alle condizioni dei mercati del lavoro locali, alle altre opportunità di lavoro, nonché all’impatto disomogeneo delle politiche per lo start up di impresa e autoimpiego e della normativa pe la gestione di impresa di livello nazionale e/o locale (ad esempio, l’obbligo di presentazione online delle imposte d’impresa).
Tali tendenze e influenze sarebbero da mettere in relazione con il dato sulla “mancata imprenditoria” riportato nel rapporto dell’OCSE. Infatti, secondo le nuove stime7, nell’UE mancherebbero all’appello circa 7,5 milioni di imprenditori (dei quali, come visto sopra, il 75 % donne). Questi rappresentano il 45 % circa dell’attuale numero di “prossimi” imprenditori che, se le lacune imprenditoriali fossero colmate, potrebbero fattivamente contribuire all’aumento del PIL dei rispettivi paesi e dell’Unione europea nel complesso. Le lacune imprenditoriali determinate dalle sfide poste dai mercati e, talvolta, dalle istituzioni non colpiscono ugualmente tutti i possibili imprenditori; molti gruppi che non dispongono di risorse proprie, ad esempio, devono affrontare maggiori difficoltà per acquisire le competenze necessarie come pure nell’accesso ai finanziamenti e alle reti di supporto tra imprenditori e imprenditrici. Gli atteggiamenti sociali giocano un ruolo importante in quanto influenzano le motivazioni all’imprenditorialità, le ambizioni d’impresa (una volta avviata), e la percezione degli imprenditori dei gruppi sottorappresentati da parte di clienti, finanziatori, investitori e delle reti dei servizi di sostegno. Si tratta, verosimilmente, di donne, lavoratori anziani, giovani e immigrati che rinunciano a fare impresa per le difficoltà aggiuntive con cui devono confrontarsi. Non a caso, il numero di imprenditori “mancanti” del precedente rapporto dell’OCSE/Commissione europea (The Missing Entrepreneurs, 2021) era più elevato per la rinuncia di questi gruppi a riavviare le attività imprenditoriali cessate in conseguenza della pandemia.
- Il caso dell’autoimprenditorialità giovanile
Tra buona prassi e caso di scuola, l’autoimprenditorialità dei giovani ha accentrato l’attenzione dei decisori politici e delle istituzioni da almeno trenta anni. Programmi e misure sono state introdotte a livello europeo, nazionale e territoriale e continueranno a esserlo nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027. Un recente sondaggio di Eurobarometro ha indagato la propensione all’attività autonoma dei giovani, le caratteristiche che gli imprenditori dovrebbero possedere secondo i giovani, cosa dovrebbe fare l’Unione europea per sostenere in modo adeguato l’autoimpiego e la creazione di impresa da parte dei giovani.
2.1 I giovani e il lavoro autonomo e imprenditoriale
Nel 2022, quasi quattro giovani europei su dieci, di età compresa tra i 15 e i 30 anni, dichiarano di preferire un lavoro autonomo piuttosto che dipendente. Eppure, solo il 5 % tra loro ha effettivamente dato vita a un’impresa o lavoro autonomo nel periodo 2018-22 e ancora meno (il 4 %) ha gestito un’impresa nata nei quattro anni precedenti. I governi hanno rafforzato il loro impegno a sostenere i giovani durante la pandemia di Covid-19, tuttavia, l’impatto dei programmi di supporto al lavoro autonomo e all’autoimprenditoria giovanile spesso non è stato oggetto di monitoraggio costante. Secondo le risultanze di valutazioni qualitative condotte a livello europeo, il finanziamento, pur essendo un elemento centrale dei programmi per l’imprenditoria giovanile, da solo non garantirebbe il successo di un’attività d’impresa avviata da giovani. L’abbinamento di sostegno finanziario e sostegno non finanziario, come ad esempio la formazione, il coaching, il mentoring, sembra aumentare non solo le possibilità di creare un’impresa sostenibile nel tempo ma, anche, di trovare un lavoro nei casi in cui la neoimpresa non abbia successo. Queste valutazioni indicano alcune condizioni necessarie per l’effettivo successo di un’attività autonoma, tra queste ricordiamo le motivazioni alla base della scelta dei giovani che fanno impresa e il livello di supporto fornito dai programmi europei e nazionali/regionali agli stessi formatori e consulenti (ad esempio, la formazione continua e le opportunità di scambio di buone pratiche).
Una recente indagine di Eurobarometro8, condotta a fine 2022 su un campione rappresentativo di giovani europei (circa 26.000) e pubblicata a marzo 2023, restituisce il quadro dell’immaginario e delle aspettative dei giovani in relazione all’autoimpiego e alla creazione di impresa con il supporto di istituzioni pubbliche. Secondo i giovani intervistati gli imprenditori sono persone coraggiose (34 % delle risposte), ambiziose (32 %) e capaci di creare posti di lavoro (30 %), vedi grafico 2.
Circa due intervistati su dieci pensano che gli imprenditori siano in grado di creare nuovi prodotti e servizi a beneficio di tutti; circa uno su sette è convinto che gli imprenditori debbano avere come obiettivo la realizzazione di un mondo migliore. Circa un intervistato su cinque ritiene che gli imprenditori facciano fatica a guadagnarsi da vivere, mentre una analoga quantità pensa che gli imprenditori guadagnino molto. Potendo scegliere tra diversi tipi di lavoro, il 39 % dei giovani intervistati ha indicato il lavoro autonomo rispetto a quello dipendente. Nel caso dei giovani italiani la percentuale di coloro che propendono per “mettersi in proprio” è di quasi dieci punti percentuali superiore alla media UE (vedi grafico 3).
L’indipendenza derivante dall’“essere il capo di se stessi” e la libertà di scegliere l’orario e il luogo di lavoro (entrambe le domande raccolgono il 49 % delle preferenze) sono tra le motivazioni principali della preferenza espressa per il lavoro autonomo. Un terzo degli intervistati fa riferimento alla realizzazione personale di un’idea, e circa tre su dieci (29 %) pensano che il lavoro autonomo offra migliori prospettive reddituali. Al contrario, la ragione per preferire un lavoro dipendente per il 46 % degli intervistati si basa, soprattutto, sulla possibilità di poter contare su un reddito regolare e costante (rispetto a un reddito irregolare e variabile del lavoro autonomo) e in secondo luogo sulla sicurezza del lavoro (39 %) e sulla certezza di un orario di lavoro fisso (29 %). In Italia, invece, è in primo luogo la difficoltà a trovare un lavoro dipendente che spinge i giovani verso la creazione di un’attività autonoma (circa il 30 % contro il 16 % della media UE). A seguire la realizzazione di un’idea personale (35 % contro il 29 % delle risposte a livello UE) e, infine, l’essere il “boss” di sè stessi (36 % di risposte positive contro il 44 % della media UE).
In relazione alla dimensione sociale dell’attività di impresa, il sondaggio mette in luce la maggiore sensibilità sociale e ambientale delle giovani generazioni e il desiderio di costruire imprese sostenibili e rispettose dei lavoratori. La maggioranza dei giovani intervistati ritiene “molto” o “abbastanza importante” che l’imprenditore definisca gli obiettivi sociali (75 %) e ambientali (73 %) della propria azienda, in particolare, con il coinvolgimento dei dipendenti (78 %). Ma ciò che i giovani stimano al di sopra di tutto è la capacità di offrire buoni salari e benefit (90 % delle risposte), di dare il giusto peso all’equilibrio tra lavoro e vita privata dei dipendenti (89 %), di assicurare la stabilità finanziaria dell’impresa e di sostenere lo sviluppo di carriera dei dipendenti (rispettivamente 88 e 87 %).
Alla domanda sulle ragioni e spinte alla base dell’avvio di un’attività in proprio, il 46 % dei giovani europei indica le proprie passioni o interessi, un quarto di essi vorrebbe creare un’attività che impatti positivamente sul mondo e un altro 25 % lo farebbe per mettere in pratica idee innovative. Un quarto dei giovani rispondenti, invece, farebbe impresa con l’obiettivo di arricchirsi (vedi grafico 5). Nel caso dei giovani italiani le risposte, sono abbastanza allineate a quelle dei colleghi degli altri paesi membri, pur evidenziando una maggiore spinta per la messa in pratica di idee innovative (30 %) e per avere un impatto positivo sul mondo (26 %).
Tra i settori che i giovani intervistati sceglierebbero per aprire una attività in proprio, i più gettonati sono l’informatica, Internet, e-commerce o social media (con il 13 % di preferenze), seguito dal settore delle arti, del design e della cultura (10 %), da quello del commercio, artigianato e vendita al dettaglio (9 %) e, infine, dall’ospitalità, intrattenimento e turismo anche questo indicato dal 9 % degli intervistati.
Nonostante l’entusiasmo registrato nei confronti del lavoro autonomo, la survey rileva che tra i giovani rispondenti solo il 9 % ha già avviato un’attività in proprio, mentre un ulteriore 14 % è in procinto di farlo. Queste percentuali, del resto, si riflettono nei bassi tassi di lavoro autonomo giovanile registrati nell’UE. La quota maggiore di giovani auto-imprenditori si raggiunge in Bulgaria (14 %), con Estonia, Ungheria, Lettonia e Slovenia al 13 %.
L’indagine flash conferma quanto già evidenziato nel precedente paragrafo in relazione alle cause che ostacolano l’avviamento di un’attività autonoma. Quasi quattro intervistati su dieci ritengono che ciò che impedisce ai giovani di diventare imprenditori sia, innanzitutto, la mancanza di capitali/risorse sufficienti per avviare e gestire un’attività autonoma; una percentuale leggermente inferiore, pari al 31 %, fa riferimento all’assenza di adeguate conoscenze, di livelli di istruzione sufficienti e di competenze specifiche sull’avvio e gestione d’impresa. Più di un terzo degli intervistati (36 %) ritiene che un freno all’imprenditorialità giovanile sia il timore dei possibili rischi finanziari connessi all’attività d’impresa. In questo ambito, rileva l’insieme di risposte alla domanda sul tipo di supporto che i giovani si attendono nel momento in cui decidono di aprire un’attività autonoma. Tra i vari tipi di tipologia di sostegno i giovani intervistati attribuiscono il medesimo valore e importanza al sostegno finanziario in forma di sovvenzioni, al coaching e al mentoring da parte di imprenditori esperti, al supporto per gli adempimenti legali, fino al supporto per la commercializzazione dei propri prodotti e servizi (tutti con percentuali tra il 23 e il 19 %). Nel caso del sostegno finanziario la propensione a rivolgersi a banche e finanziarie appare prevalente rispetto al ricorso a risorse personali (con una parte residuale dei giovani che si farebbe sostenere dalla famiglia). Appare significativo, per la strutturazione dei futuri progetti rivolti ai giovani nei programmi nazionali e regionali della politica di coesione 2021-2027 (si veda oltre paragrafo 3), che i giovani chiedano una formazione all’imprenditorialità già durante i percorsi scolastici e universitari. Ben il 32 % dei rispondenti vorrebbe inoltre acquisire competenze imprenditoriali anche al di fuori dell’istruzione formale, attraverso piattaforme online (come YouTube e Instagram) o, anche, tramite coach o reti di imprenditori (21 %).
In relazione al supporto offerto dall’UE all’imprenditorialità giovanile, la percezione dei giovani europei intervistati è di un impegno insufficiente o nullo a fronte di una percentuale minima (13 %) che ritiene che le istituzioni europee si stiano impegnando molto nel sostegno all’avvio di impresa, in generale, mentre percentuali lievemente migliori si riscontrano nel caso del sostegno alle neoimprese con un impatto sociale positivo. Nel grafico 6, vediamo il confronto tra la media delle risposte nei 27 paesi e quelle dei giovani italiani che hanno partecipato alla survey di Eurobarometro.
Nel Box 1 si illustra una delle più recenti iniziative a guida dell’Unione Europea per la promozione dello spirito imprenditoriale nei giovani e per lo sviluppo di adeguate competenze per il lavoro autonomo e l’autoimprenditorialità.
- Progetti e programmi per autoimprenditorialità
Nel paragrafo si riportano i risultati di una ricognizione condotta sui programmi nazionali e regioni della politica di coesione 2021-2027 in relazione alle misure di sostegno all’autoimpiego, all’autoimprenditorialità e al lavoro autonomo.
3.1 Progetti e risorse per l’autoimprenditorialità e l’autoimpiego nelle regioni meno sviluppate
L’analisi dei programmi nazionali (PN) e dei programmi regionali (PR) delle regioni meno sviluppate11 nella programmazione 2021 2027 della politica di coesione in Italia ha l’obiettivo di identificare gli strumenti previsti dalle amministrazioni centrali e regionali a supporto dell’autoimpiego e lavoro autonomo, in particolare, dei giovani.
Nel PN Giovani Donne Lavoro (FSE+), alla Priorità 1 “Facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro: politiche occupazionali per i giovani” è previsto l’obiettivo di migliorare l’accesso all’occupazione e le misure di attivazione “anche mediante la promozione del lavoro autonomo e dell’economia sociale” con incentivi dedicati ai giovani. Il Programma nazionale prevede la realizzazione di moduli formativi di breve durata propedeutici all’accesso alle misure di politica attiva, per le competenze digitali, green, linguistiche, imprenditoriali e civiche. Interventi per la creazione di opportunità di attivazione e di lavoro autonomo nell’ambito dell’economia sociale, in linea con il Piano di azione dell’economia sociale e l’iniziativa “Youth Entrepreneurship Policy Academy” (vedi qui Box 1). I beneficiari della misura sono, in particolare, i giovani NEET e le persone più vulnerabili prive di occupazione.
Il PN Cultura, cofinanziato dal FESR, prevede un progetto che partendo da azioni di sensibilizzazione, informazione e conoscenza legate ai temi dell’economia circolare e alle caratteristiche dell’architettura locale da salvaguardare, intende realizzare luoghi di stoccaggio dei materiali derivanti da operazioni di recupero edilizio (a seguito di eventi calamitosi o di interventi di ristrutturazione edilizia) da immettere successivamente nel ciclo del riuso (connesso al fabbisogno di approvvigionamento di materiali, elementi decorativi, ecc.) che si presenta nell’ambito dei processi di recupero del patrimonio storico. In questo senso, il progetto mira anche a essere attivatore di iniziative di impresa locali che potrebbero rappresentare opportunità di lavoro qualificato per i giovani.
Il PN Inclusione e lotta alla povertà (FSE+), prevede il supporto alle attività di lavoro autonomo e imprenditoriale, con particolare attenzione a modalità di implementazione sensibili all’innovazione sociale e alla selezione di settori economici maggiormente in grado di offrire prospettive di mantenimento in attività dei soggetti in particolari condizioni di fragilità o in povertà, persone con disabilità, donne vittime di vi.olenza e tratta, detenuti, ex detenuti, minorenni sottoposti a procedimento penale nell’ambito delle imprese sociali. A tal fine sono previsti incentivi per le imprese dell’economia sociale.
Il PN Metro PLUS e Città Medie Sud (FESR-FSE+) nell’ambito della Priorità 1. “Agenda digitale e innovazione urbana” per rafforzare la crescita delle PMI e la creazione di posti di lavoro, intende realizzare servizi e agevolazioni che consentiranno di rafforzare lo sviluppo sociale ed economico in ambito urbano in complementarietà con le azioni di riqualificazione e rigenerazione di specifici quartieri e aree dei territori metropolitani. Detti interventi potranno riguardare la creazione di centri di produzione e innovazione per industrie culturali e creative, imprese che operano nel settore del turismo, audiovisivo, commercio e artigianato; nonché azioni di sostegno e promozione allo start up e a imprese con forte caratterizzazione locale e dal forte impatto sul tessuto urbano. Poiché la misura mira a rafforzare lo sviluppo sociale ed economico in ambito urbano, rivitalizzando il territorio, principali destinatari saranno le micro, piccole e medie imprese che operano nei settori di interesse strategico per la città (imprese culturali e creative, imprese che valorizzano l’offerta turistica del territorio, imprese sociali, imprese che occupano giovani e donne in condizioni di fragilità).
Anche nella Priorità 4, dedicata ai “servizi per l’inclusione e l’innovazione sociale volti a promuovere l’inclusione attiva”, sono previsti incentivi per la creazione di percorsi integrati di autoimprenditorialità e autoimpiego e di promozione della cultura imprenditoriale come veicolo di uscita da situazioni di esclusione sociale e lavoro sommerso. Per tali scopi sono programmati nelle regioni meno sviluppate 2,6 milioni di euro a sostegno del lavoro autonomo e per l’avvio di imprese.
Una misura simile apposta 1,4 milioni di euro per il lavoro autonomo e l’avvio di imprese nelle città medie delle regioni meno sviluppate.
Il PN Ricerca, innovazione e competitività per la transizione verde e digitale alla Priorità 1, dedicata alla ricerca, innovazione, digitalizzazione, investimenti e competenze per la transizione ecologica e digitale, sostiene la crescita sostenibile e la competitività delle PMI favorendo la nascita di nuove start up innovative e nuove imprese di donne e giovani nelle regioni meno sviluppate. Per la misura sono appostati 550 milioni di euro. Per lo spin off, spin out e start up ulteriori 51 milioni di euro.
Il PN Just Transition Fund, che si attua nel territorio del Sulcis Iglesiente (Ca) e di Taranto, finanzia la ricerca e innovazione nelle PMI del Sulcis con 42,5 milioni di euro potenziando tra l’altro i servizi dedicati alla creazione di nuova impresa a supporto dei lavoratori espulsi che intendono avviare un lavoro autonomo e in autoimpiego. Nel territorio di Taranto sono invece finanziate le attività di ricerca e innovazione delle piccole e medie imprese e il loro sviluppo e internazionalizzazione per un totale di 120 milioni di euro.
Il PR FESR della Campania alla Priorità 1. Ricerca, innovazione, digitalizzazone e competitività promuove la creazione di nuova imprenditorialità ad alta intensità di conoscenza e il consolidamento delle start up innovative e degli spin off della ricerca, con investimenti in capitale fisso e beni immateriali nelle microimprese direttamente connesse con le attività di ricerca e innovazione. Nella Priorità 4. “Sviluppo, inclusione e formazione” il piano regionale finanzia la promozione dell’economia sociale sostenendo la nuova imprenditorialità e l’economia sociale e destinando al lavoro autonomo e all’avvio di imprese 1,8 milioni di euro e 3,6 milioni di euro all’economia sociale e alle imprese sociali.
Il PR FESR FSE+ della Basilicata sostiene i processi di autoimpiego e l’utilizzo degli strumenti della microfinanza, quale il microcredito, destinati alle microimprese nelle fasi di avvio e di sviluppo. Alla Priorità 1. “Basilicata Smart” sono previste azioni per il sostegno alla creazione e allo sviluppo di nuove imprese per un importo pari a 17,5 milioni di euro. Nella Priorità 6. “Occupazione” è finanziato il sostegno al lavoro autonomo, autoimpiego e avvio di impresa (3,7 milioni di euro) per disoccupati e inoccupati, nel sistema agroalimentare, nel sistema forestale a fini produttivi, nel sistema turistico culturale, nelle risorse ambientali, paesaggistiche e culturali, nelle risorse energetiche. Sono finanziati anche i percorsi di autoimpiego e autoimprenditorialtà nei settori dell’economia verde e con modelli e soluzioni gestionali e di prodotto sostenibili e a basso costo. Gli incentivi all’autoimpiego saranno rafforzati con servizi di tutoraggio per le persone svantaggiate provenienti da contesti migratori e aree marginalizzate. Sono inoltre previsti incentivi all’autoimpiego e autoimprenditorialtà per le persone disoccupate. La Priorità 10. “Giovani” sostiene il lavoro autonomo, con specifico riferimento all’economia sociale sia in forma di aiuto in sovvenzione che di finanziamenti agevolati anche con il ricorso a strumenti finanziari (microcredito). Per il lavoro autonomo e l’avvio di imprese sono disponibili 1,7 milioni di euro.
Il PR FESR FSE+ della Regione Calabria, alla Priorità 4. “Una Calabria con più opportunità” prevede il sostegno al lavoro autonomo e all’avvio di imprese per i giovani tra i 18 e i 35 anni disoccupati e NEET. Per la misura sono destinati 26 milioni di euro.
Il PR FESR – FSE+ della Regione Molise alla Priorità 1 “Un Molise più intelligente” prevede il sostegno con investimenti in capitale fisso e in beni immateriali per le microimprese direttamente connesse alle attività di ricerca e innovazione (rispettivamente 1 milione di euro e 900 mila euro). Inoltre, è previsto il sostegno alle imprese culturali e creative anche a fini turistici, anche nelle forme dell’autoimprenditorialità e dell’autoimpiego, nonché un sostegno all’economia sociale e alle imprese sociali.
Il PR FESR-FSE+ della Regione Puglia finanzia il consolidamento delle start up innovative con investimenti in capitale fisso e in beni immateriali nelle microimprese direttamente connesse alle attività di ricerca e innovazione rispettivamente con 11,3 milioni di euro e 2 milioni di euro. Nella Priorità 5. “Occupazione” il piano regionale finanzia, inoltre, interventi per la creazione di occupazione anche nelle forme del lavoro autonomo e d’impresa con 31,8 milioni di euro.
Infine, ma non ultimo, dal mese di ottobre 2023 è aperto lo sportello per richiedere i finanziamenti agevolati per le piccole e medie imprese del Sud Italia previsti dalla misura “Investimenti sostenibili 4.0”12. Le micro, piccole e medie imprese delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna possono presentare domanda per le agevolazioni che coprono fino al 75 % delle spese ammissibili per investimenti green. L’agevolazione viene anche chiamata “bonus PMI Mezzogiorno”. Il Ministero per le imprese e il made in Italy (MIMIT) mette a disposizione degli investimenti imprenditoriali innovativi un fondo pari a 400 milioni di euro per la crescita sostenibile e la competitività delle PMI dei territori delle Regioni del Mezzogiorno.
Conclusioni
Le dinamiche imprenditoriali degli ultimi anni sono state influenzate da eventi esterni imprevisti e imprevedibili. Il lavoro autonomo e imprenditoriale ne è uscito in parte ridimensionato ma anche rafforzato in alcune aree e per alcuni gruppi di popolazione. Immigrati, donne, giovani stanno riguadagnando terreno anche grazie ai programmi di sostegno mirati offerti nei vari paesi dell’Unione e dalla stessa Commissione europea. Tuttavia, come raccomandato dal rapporto OCSE/Commissione di cui si è detto al paragrafo 1, mancano ancora politiche e strumenti più incisivi e soprattutto stabili nel tempo. Le istituzioni centrali e regionali dovrebbero impegnarsi maggiormente per sviluppare politiche per l’imprenditorialità, il lavoro autonomo e l’autoimpiego sostenibili accompagnate da programmi costruiti con attenzione alle necessità
- Autoimprenditorialità e creazione di occupazione
È noto che l’imprenditorialità è un catalizzatore chiave dello sviluppo economico. È pertanto necessario monitorare costantemente le dinamiche del mondo imprenditoriale compresa la propensione all’autoimprenditorialità e il suo concretizzarsi nella creazione di nuove attività di lavoro autonomo e d’impresa. Nel paragrafo si riportano le principali dinamiche imprenditoriali a livello europeo, con particolare riferimento all’autoimprenditorialtà e all’avvio di attività d’impresa.
1.1 Le principali dinamiche imprenditoriali
La propensione all’iniziativa imprenditoriale autonoma è definita genericamente autoimprenditorialità, spesso usata come sinonimo di autoimpiego. Nelle politiche attive del lavoro questa definizione indica la creazione di occupazione attraverso iniziative di lavoro autonomo o microimpresa, finalizzate a favorire l’inserimento nel mondo del lavoro di soggetti privi di occupazione o per aiutare i giovani e le persone con vulnerabilità a fare il loro primo ingresso o rientrare nel mercato del lavoro. Per queste finalità sono incentivate le idee imprenditoriali, in particolare, nelle aree economicamente svantaggiate, ossia i territori meno sviluppati1. Le amministrazioni centrali e territoriali hanno adottato nel tempo misure specifiche per favorire l’autoimprenditorialità, la creazione d’impresa in particolari settori economici nonché l’imprenditoria di alcune fasce di popolazione, ad esempio, le donne e i giovani.
Come si è avuto modo di illustrare su queste pagine, l’attuale contesto economico vede le piccole e medie imprese destreggiarsi con le molte incertezze derivanti dal persistere di alcune condizioni di rallentamento dell’economia, tra le quali gli alti tassi di inflazione e i conflitti in atto sia sul territorio europeo che in Medioriente2.
Il recente rapporto dedicato agli “imprenditori mancati” (2023)3 da OCSE e Commissione Europea, ribadisce il momento di volatilità e incertezza dell’economia globale, caratterizzato dalle interruzioni delle filiere del commercio e dal rallentamento nella crescita delle maggiori economie mondiali. La risposta alle sfide del cambiamento climatico e della transizione digitale richiede, secondo gli esperti di OCSE e Commissione, l’impegno di tutte le componenti della società comprese le imprese (e chi le conduce), che svolgono un ruolo centrale in quanto fonti di crescita, occupazione e innovazione nell’individuare le soluzioni alle sfide attuali e future. Ma non tutti coloro che hanno delle aspirazioni imprenditoriali riescono a trasformare le proprie idee in imprese e, quindi, a partecipare attivamente all’economia e alla risposta globale alle crisi determinate dalle grandi transizioni e dalla geopolitica.
Il rapporto mette in luce come il profilo degli imprenditori si stia diversificando nel tempo. Uno dei cambiamenti più significativi registrati nell’Unione Europea è l’aumento nei numeri e nella qualità dell’imprenditorialità degli immigrati; infatti, la quota di lavoratori autonomi provenienti dai paesi non appartenenti all’Unione è passata da meno del 7 % nel 2013 a circa il 12 % nel 2022, anche se con notevoli variazioni tra un paese e l’altro. Ciò che colpisce è la capacità degli imprenditori immigrati di creare imprese di maggiore impatto economico-sociale “the economic impact of immigrant-owned businesses appears to be increasing in many countries. For example, recent research in Sweden shows that immigrant-owned firms, and especially those owned by non-European immigrants, are more likely to employ others and have more employees than native-owned firms”4. Al contempo, tuttavia, gli immigrati hanno meno chanches di riuscire ad avviare un’attività autonoma rispetto ai non immigrati, in particolare se si tratta di donne provenienti da paesi extra-UE. Mentre il tasso di lavoro autonomo totale tra gli immigrati è rimasto relativamente stabile negli ultimi dieci anni, tra il 2019 e il 2022 quello degli immigrati residenti in altri stati membri dell’UE è aumentato di otto punti percentuali, mentre quello degli immigranti non-UE si è ridotto di due punti percentuali.
Un’altra tendenza osservata nel rapporto OCSE/Commissione Europea è la riduzione progressiva, se pur lenta, del gap di genere nell’imprenditoria europea. Pur essendo ancora meno propense ad avviare un’attività in proprio (hanno il 40 % di probabilità in meno rispetto agli uomini), nell’ultimo decennio le donne hanno conquistato posizioni e il divario di genere è diminuito di circa sei punti percentuali. La riduzione del gap di genere, tuttavia, va inquadrata nella diminuzione complessiva del numero di lavoratori autonomi nell’UE, tendenza che riguarda principalmente il tasso di lavoro autonomo degli uomini che tra il 2013 e il 2022 è sceso dal 28 % al 16 % (-12 punti percentuali), a fronte di una riduzione minima di quello delle donne (un solo punto percentuale, dal 10 al 9 %). Le auto-imprenditrici sembrerebbero aver riassorbito più velocemente il colpo inferto dalla pandemia di Covid-19 alle imprese dei servizi del turismo, della ristorazione e della cura della persona (gestite in prevalenza da donne) che, è bene ricordarlo, sono state maggiormente colpite dalle misure di blocco attivate nell’emergenza sanitaria. A riprova di ciò, le imprenditrici e lavoratrici autonome che hanno chiuso la loro attività tra il 2019 e il 2021 hanno indicato il Covid-19 quale causa di chiusura dell’attività con una frequenza del 40 % più frequente degli uomini.
Tra le motivazioni che le spingono a creare un’attività imprenditoriale, le donne ancora oggi indicano la difficoltà a trovare un lavoro dipendente di qualità che consenta di conciliare al meglio l’attività professionale con la vita privata. Il persistere di atteggiamenti sociali e culturali negativi nei confronti delle donne lavoratrici, e ancor più imprenditrici, si somma agli ostacoli istituzionali determinati a volte dalle politiche dei governi sociali e fiscali, come pure ai pregiudizi dei mercati finanziari (ad esempio nei fallimenti di mercato), e alle asimmetrie informative sull’imprenditoria femminile e alla difficoltà di accesso ai finanziamenti per l’avvio di impresa anche in autoimpiego. Infine, il rapporto segnala come le reti professionali delle donne imprenditrici siano meno rappresentative delle reti professionali maschili (perché meno diffuse, meno efficaci e dotate di risorse economiche ridotte).
A fronte di queste difficoltà, i programmi di supporto e accompagnamento alla creazione di lavoro autonomo e auto-imprenditoriale rivolti alle donne sono stati strutturati, come richiesto dalle raccomandazioni sia dell’OCSE che dell’Unione Europea, per l’offerta di servizi e misure che spaziano dalla formazione delle competenze imprenditoriali al coaching e mentoring, dalla consulenza alla creazione di appositi strumenti finanziari per l’accesso al credito, fino alla costruzione di reti professionali e alla proposta di modelli di ruolo femminili, nonché la previsione di congedi di maternità per le imprenditrici e l’offerta di servizi di cura per i figli. Il grafico 1 riporta la disponibilità e tipologia dei servizi offerti alle donne che intendono avviare un lavoro autonomo d’impresa a confronto con quelli offerti per tutti gli altri gruppi di destinatari. Si nota come la formazione delle competenze, il coaching e mentoring, la consulenza, la microfinanza assieme alla creazione di reti e alla conoscenza di figure di donne imprenditrici di successo caratterizzino fortemente i servizi offerti alle donne. Assieme al supporto nella maternità e ai servizi cura per i figli, inesistenti per gli altri target di beneficiari (con una forte stereotipizzazione di genere che vede la cura a totale appannaggio delle madri).
Di recente sono state lanciate diverse nuove strategie a livello dell’Unione Europea e dei singoli stati membri. Ad esempio, il nuovo piano d’azione della Germania “Più imprenditrici per le piccole e medie imprese” che racchiude più di quaranta azioni strutturate in pilastri secondo un piano d’azione sviluppato da cinque ministeri in consultazione con 27 reti e organizzazioni per l’imprenditoria femminile5. Oppure, il progetto spagnolo PAEM attuato congiuntamente dell’Institut de la Mujer e dalla Camera di Commercio che offre consulenza d’impresa, formazione, informazioni sui programmi di supporto all’avvio di lavoro autonomo, sussidi, sostegno finanziario, microfinanza, networking e consulenza su come ottenere garanzie sui prestiti6.
Quanto all’età delle lavoratrici autonome nell’UE, nel 2022 il 55 % di esse aveva un’età compresa tra i 25 e i 49 anni, rispetto al 50 % dei lavoratori autonomi. Secondo l’OCSE, se le donne di età compresa tra i 30 e i 49 anni partecipassero all’avvio di un’attività imprenditoriale allo stesso ritmo dei loro coetanei uomini, nell’UE ci sarebbero 5,5 milioni di donne imprenditrici in più. Le donne, infatti, rappresentano circa il 73 % del totale dei “missing entrepreneurs” nel territorio dell’Unione. Il costo sociale ed economico di queste imprenditrici “mancate” per le economie nazionali, ma anche regionali, può essere considerevole. A titolo esemplificativo, il rapporto cita alcune stime recenti, secondo cui il PIL del Canada e del Regno Unito aumenterebbe rispettivamente di 6 e di 12 punti percentuali se il divario di genere nell’imprenditoria fosse colmato entro il 2026.
Infine, una delle tendenze prevalenti nelle dinamiche imprenditoriali degli ultimi due anni è la maggiore difficoltà incontrata dai neoimprenditori e lavoratori autonomi nel lanciare un’impresa rispetto agli anni precedenti. Tale dinamica sembrerebbe essere connessa ad altri fattori di influenza quali gli atteggiamenti sociali nei confronti del lavoro autonomo e dell’imprenditorialità in genere, alle condizioni dei mercati del lavoro locali, alle altre opportunità di lavoro, nonché all’impatto disomogeneo delle politiche per lo start up di impresa e autoimpiego e della normativa pe la gestione di impresa di livello nazionale e/o locale (ad esempio, l’obbligo di presentazione online delle imposte d’impresa).
Tali tendenze e influenze sarebbero da mettere in relazione con il dato sulla “mancata imprenditoria” riportato nel rapporto dell’OCSE. Infatti, secondo le nuove stime7, nell’UE mancherebbero all’appello circa 7,5 milioni di imprenditori (dei quali, come visto sopra, il 75 % donne). Questi rappresentano il 45 % circa dell’attuale numero di “prossimi” imprenditori che, se le lacune imprenditoriali fossero colmate, potrebbero fattivamente contribuire all’aumento del PIL dei rispettivi paesi e dell’Unione europea nel complesso. Le lacune imprenditoriali determinate dalle sfide poste dai mercati e, talvolta, dalle istituzioni non colpiscono ugualmente tutti i possibili imprenditori; molti gruppi che non dispongono di risorse proprie, ad esempio, devono affrontare maggiori difficoltà per acquisire le competenze necessarie come pure nell’accesso ai finanziamenti e alle reti di supporto tra imprenditori e imprenditrici. Gli atteggiamenti sociali giocano un ruolo importante in quanto influenzano le motivazioni all’imprenditorialità, le ambizioni d’impresa (una volta avviata), e la percezione degli imprenditori dei gruppi sottorappresentati da parte di clienti, finanziatori, investitori e delle reti dei servizi di sostegno. Si tratta, verosimilmente, di donne, lavoratori anziani, giovani e immigrati che rinunciano a fare impresa per le difficoltà aggiuntive con cui devono confrontarsi. Non a caso, il numero di imprenditori “mancanti” del precedente rapporto dell’OCSE/Commissione europea (The Missing Entrepreneurs, 2021) era più elevato per la rinuncia di questi gruppi a riavviare le attività imprenditoriali cessate in conseguenza della pandemia.
- Il caso dell’autoimprenditorialità giovanile
Tra buona prassi e caso di scuola, l’autoimprenditorialità dei giovani ha accentrato l’attenzione dei decisori politici e delle istituzioni da almeno trenta anni. Programmi e misure sono state introdotte a livello europeo, nazionale e territoriale e continueranno a esserlo nel quadro finanziario pluriennale 2021-2027. Un recente sondaggio di Eurobarometro ha indagato la propensione all’attività autonoma dei giovani, le caratteristiche che gli imprenditori dovrebbero possedere secondo i giovani, cosa dovrebbe fare l’Unione europea per sostenere in modo adeguato l’autoimpiego e la creazione di impresa da parte dei giovani.
2.1 I giovani e il lavoro autonomo e imprenditoriale
Nel 2022, quasi quattro giovani europei su dieci, di età compresa tra i 15 e i 30 anni, dichiarano di preferire un lavoro autonomo piuttosto che dipendente. Eppure, solo il 5 % tra loro ha effettivamente dato vita a un’impresa o lavoro autonomo nel periodo 2018-22 e ancora meno (il 4 %) ha gestito un’impresa nata nei quattro anni precedenti. I governi hanno rafforzato il loro impegno a sostenere i giovani durante la pandemia di Covid-19, tuttavia, l’impatto dei programmi di supporto al lavoro autonomo e all’autoimprenditoria giovanile spesso non è stato oggetto di monitoraggio costante. Secondo le risultanze di valutazioni qualitative condotte a livello europeo, il finanziamento, pur essendo un elemento centrale dei programmi per l’imprenditoria giovanile, da solo non garantirebbe il successo di un’attività d’impresa avviata da giovani. L’abbinamento di sostegno finanziario e sostegno non finanziario, come ad esempio la formazione, il coaching, il mentoring, sembra aumentare non solo le possibilità di creare un’impresa sostenibile nel tempo ma, anche, di trovare un lavoro nei casi in cui la neoimpresa non abbia successo. Queste valutazioni indicano alcune condizioni necessarie per l’effettivo successo di un’attività autonoma, tra queste ricordiamo le motivazioni alla base della scelta dei giovani che fanno impresa e il livello di supporto fornito dai programmi europei e nazionali/regionali agli stessi formatori e consulenti (ad esempio, la formazione continua e le opportunità di scambio di buone pratiche).
Una recente indagine di Eurobarometro8, condotta a fine 2022 su un campione rappresentativo di giovani europei (circa 26.000) e pubblicata a marzo 2023, restituisce il quadro dell’immaginario e delle aspettative dei giovani in relazione all’autoimpiego e alla creazione di impresa con il supporto di istituzioni pubbliche. Secondo i giovani intervistati gli imprenditori sono persone coraggiose (34 % delle risposte), ambiziose (32 %) e capaci di creare posti di lavoro (30 %), vedi grafico 2.
Circa due intervistati su dieci pensano che gli imprenditori siano in grado di creare nuovi prodotti e servizi a beneficio di tutti; circa uno su sette è convinto che gli imprenditori debbano avere come obiettivo la realizzazione di un mondo migliore. Circa un intervistato su cinque ritiene che gli imprenditori facciano fatica a guadagnarsi da vivere, mentre una analoga quantità pensa che gli imprenditori guadagnino molto. Potendo scegliere tra diversi tipi di lavoro, il 39 % dei giovani intervistati ha indicato il lavoro autonomo rispetto a quello dipendente. Nel caso dei giovani italiani la percentuale di coloro che propendono per “mettersi in proprio” è di quasi dieci punti percentuali superiore alla media UE (vedi grafico 3).
L’indipendenza derivante dall’“essere il capo di se stessi” e la libertà di scegliere l’orario e il luogo di lavoro (entrambe le domande raccolgono il 49 % delle preferenze) sono tra le motivazioni principali della preferenza espressa per il lavoro autonomo. Un terzo degli intervistati fa riferimento alla realizzazione personale di un’idea, e circa tre su dieci (29 %) pensano che il lavoro autonomo offra migliori prospettive reddituali. Al contrario, la ragione per preferire un lavoro dipendente per il 46 % degli intervistati si basa, soprattutto, sulla possibilità di poter contare su un reddito regolare e costante (rispetto a un reddito irregolare e variabile del lavoro autonomo) e in secondo luogo sulla sicurezza del lavoro (39 %) e sulla certezza di un orario di lavoro fisso (29 %). In Italia, invece, è in primo luogo la difficoltà a trovare un lavoro dipendente che spinge i giovani verso la creazione di un’attività autonoma (circa il 30 % contro il 16 % della media UE). A seguire la realizzazione di un’idea personale (35 % contro il 29 % delle risposte a livello UE) e, infine, l’essere il “boss” di sè stessi (36 % di risposte positive contro il 44 % della media UE).
In relazione alla dimensione sociale dell’attività di impresa, il sondaggio mette in luce la maggiore sensibilità sociale e ambientale delle giovani generazioni e il desiderio di costruire imprese sostenibili e rispettose dei lavoratori. La maggioranza dei giovani intervistati ritiene “molto” o “abbastanza importante” che l’imprenditore definisca gli obiettivi sociali (75 %) e ambientali (73 %) della propria azienda, in particolare, con il coinvolgimento dei dipendenti (78 %). Ma ciò che i giovani stimano al di sopra di tutto è la capacità di offrire buoni salari e benefit (90 % delle risposte), di dare il giusto peso all’equilibrio tra lavoro e vita privata dei dipendenti (89 %), di assicurare la stabilità finanziaria dell’impresa e di sostenere lo sviluppo di carriera dei dipendenti (rispettivamente 88 e 87 %).
Alla domanda sulle ragioni e spinte alla base dell’avvio di un’attività in proprio, il 46 % dei giovani europei indica le proprie passioni o interessi, un quarto di essi vorrebbe creare un’attività che impatti positivamente sul mondo e un altro 25 % lo farebbe per mettere in pratica idee innovative. Un quarto dei giovani rispondenti, invece, farebbe impresa con l’obiettivo di arricchirsi (vedi grafico 5). Nel caso dei giovani italiani le risposte, sono abbastanza allineate a quelle dei colleghi degli altri paesi membri, pur evidenziando una maggiore spinta per la messa in pratica di idee innovative (30 %) e per avere un impatto positivo sul mondo (26 %).
Tra i settori che i giovani intervistati sceglierebbero per aprire una attività in proprio, i più gettonati sono l’informatica, Internet, e-commerce o social media (con il 13 % di preferenze), seguito dal settore delle arti, del design e della cultura (10 %), da quello del commercio, artigianato e vendita al dettaglio (9 %) e, infine, dall’ospitalità, intrattenimento e turismo anche questo indicato dal 9 % degli intervistati.
Nonostante l’entusiasmo registrato nei confronti del lavoro autonomo, la survey rileva che tra i giovani rispondenti solo il 9 % ha già avviato un’attività in proprio, mentre un ulteriore 14 % è in procinto di farlo. Queste percentuali, del resto, si riflettono nei bassi tassi di lavoro autonomo giovanile registrati nell’UE. La quota maggiore di giovani auto-imprenditori si raggiunge in Bulgaria (14 %), con Estonia, Ungheria, Lettonia e Slovenia al 13 %.
L’indagine flash conferma quanto già evidenziato nel precedente paragrafo in relazione alle cause che ostacolano l’avviamento di un’attività autonoma. Quasi quattro intervistati su dieci ritengono che ciò che impedisce ai giovani di diventare imprenditori sia, innanzitutto, la mancanza di capitali/risorse sufficienti per avviare e gestire un’attività autonoma; una percentuale leggermente inferiore, pari al 31 %, fa riferimento all’assenza di adeguate conoscenze, di livelli di istruzione sufficienti e di competenze specifiche sull’avvio e gestione d’impresa. Più di un terzo degli intervistati (36 %) ritiene che un freno all’imprenditorialità giovanile sia il timore dei possibili rischi finanziari connessi all’attività d’impresa. In questo ambito, rileva l’insieme di risposte alla domanda sul tipo di supporto che i giovani si attendono nel momento in cui decidono di aprire un’attività autonoma. Tra i vari tipi di tipologia di sostegno i giovani intervistati attribuiscono il medesimo valore e importanza al sostegno finanziario in forma di sovvenzioni, al coaching e al mentoring da parte di imprenditori esperti, al supporto per gli adempimenti legali, fino al supporto per la commercializzazione dei propri prodotti e servizi (tutti con percentuali tra il 23 e il 19 %). Nel caso del sostegno finanziario la propensione a rivolgersi a banche e finanziarie appare prevalente rispetto al ricorso a risorse personali (con una parte residuale dei giovani che si farebbe sostenere dalla famiglia). Appare significativo, per la strutturazione dei futuri progetti rivolti ai giovani nei programmi nazionali e regionali della politica di coesione 2021-2027 (si veda oltre paragrafo 3), che i giovani chiedano una formazione all’imprenditorialità già durante i percorsi scolastici e universitari. Ben il 32 % dei rispondenti vorrebbe inoltre acquisire competenze imprenditoriali anche al di fuori dell’istruzione formale, attraverso piattaforme online (come YouTube e Instagram) o, anche, tramite coach o reti di imprenditori (21 %).
In relazione al supporto offerto dall’UE all’imprenditorialità giovanile, la percezione dei giovani europei intervistati è di un impegno insufficiente o nullo a fronte di una percentuale minima (13 %) che ritiene che le istituzioni europee si stiano impegnando molto nel sostegno all’avvio di impresa, in generale, mentre percentuali lievemente migliori si riscontrano nel caso del sostegno alle neoimprese con un impatto sociale positivo. Nel grafico 6, vediamo il confronto tra la media delle risposte nei 27 paesi e quelle dei giovani italiani che hanno partecipato alla survey di Eurobarometro.
Nel Box 1 si illustra una delle più recenti iniziative a guida dell’Unione Europea per la promozione dello spirito imprenditoriale nei giovani e per lo sviluppo di adeguate competenze per il lavoro autonomo e l’autoimprenditorialità.
- Progetti e programmi per autoimprenditorialità
Nel paragrafo si riportano i risultati di una ricognizione condotta sui programmi nazionali e regioni della politica di coesione 2021-2027 in relazione alle misure di sostegno all’autoimpiego, all’autoimprenditorialità e al lavoro autonomo.
3.1 Progetti e risorse per l’autoimprenditorialità e l’autoimpiego nelle regioni meno sviluppate
L’analisi dei programmi nazionali (PN) e dei programmi regionali (PR) delle regioni meno sviluppate11 nella programmazione 2021 2027 della politica di coesione in Italia ha l’obiettivo di identificare gli strumenti previsti dalle amministrazioni centrali e regionali a supporto dell’autoimpiego e lavoro autonomo, in particolare, dei giovani.
Nel PN Giovani Donne Lavoro (FSE+), alla Priorità 1 “Facilitare l’ingresso nel mercato del lavoro: politiche occupazionali per i giovani” è previsto l’obiettivo di migliorare l’accesso all’occupazione e le misure di attivazione “anche mediante la promozione del lavoro autonomo e dell’economia sociale” con incentivi dedicati ai giovani. Il Programma nazionale prevede la realizzazione di moduli formativi di breve durata propedeutici all’accesso alle misure di politica attiva, per le competenze digitali, green, linguistiche, imprenditoriali e civiche. Interventi per la creazione di opportunità di attivazione e di lavoro autonomo nell’ambito dell’economia sociale, in linea con il Piano di azione dell’economia sociale e l’iniziativa “Youth Entrepreneurship Policy Academy” (vedi qui Box 1). I beneficiari della misura sono, in particolare, i giovani NEET e le persone più vulnerabili prive di occupazione.
Il PN Cultura, cofinanziato dal FESR, prevede un progetto che partendo da azioni di sensibilizzazione, informazione e conoscenza legate ai temi dell’economia circolare e alle caratteristiche dell’architettura locale da salvaguardare, intende realizzare luoghi di stoccaggio dei materiali derivanti da operazioni di recupero edilizio (a seguito di eventi calamitosi o di interventi di ristrutturazione edilizia) da immettere successivamente nel ciclo del riuso (connesso al fabbisogno di approvvigionamento di materiali, elementi decorativi, ecc.) che si presenta nell’ambito dei processi di recupero del patrimonio storico. In questo senso, il progetto mira anche a essere attivatore di iniziative di impresa locali che potrebbero rappresentare opportunità di lavoro qualificato per i giovani.
Il PN Inclusione e lotta alla povertà (FSE+), prevede il supporto alle attività di lavoro autonomo e imprenditoriale, con particolare attenzione a modalità di implementazione sensibili all’innovazione sociale e alla selezione di settori economici maggiormente in grado di offrire prospettive di mantenimento in attività dei soggetti in particolari condizioni di fragilità o in povertà, persone con disabilità, donne vittime di vi.olenza e tratta, detenuti, ex detenuti, minorenni sottoposti a procedimento penale nell’ambito delle imprese sociali. A tal fine sono previsti incentivi per le imprese dell’economia sociale.
Il PN Metro PLUS e Città Medie Sud (FESR-FSE+) nell’ambito della Priorità 1. “Agenda digitale e innovazione urbana” per rafforzare la crescita delle PMI e la creazione di posti di lavoro, intende realizzare servizi e agevolazioni che consentiranno di rafforzare lo sviluppo sociale ed economico in ambito urbano in complementarietà con le azioni di riqualificazione e rigenerazione di specifici quartieri e aree dei territori metropolitani. Detti interventi potranno riguardare la creazione di centri di produzione e innovazione per industrie culturali e creative, imprese che operano nel settore del turismo, audiovisivo, commercio e artigianato; nonché azioni di sostegno e promozione allo start up e a imprese con forte caratterizzazione locale e dal forte impatto sul tessuto urbano. Poiché la misura mira a rafforzare lo sviluppo sociale ed economico in ambito urbano, rivitalizzando il territorio, principali destinatari saranno le micro, piccole e medie imprese che operano nei settori di interesse strategico per la città (imprese culturali e creative, imprese che valorizzano l’offerta turistica del territorio, imprese sociali, imprese che occupano giovani e donne in condizioni di fragilità).
Anche nella Priorità 4, dedicata ai “servizi per l’inclusione e l’innovazione sociale volti a promuovere l’inclusione attiva”, sono previsti incentivi per la creazione di percorsi integrati di autoimprenditorialità e autoimpiego e di promozione della cultura imprenditoriale come veicolo di uscita da situazioni di esclusione sociale e lavoro sommerso. Per tali scopi sono programmati nelle regioni meno sviluppate 2,6 milioni di euro a sostegno del lavoro autonomo e per l’avvio di imprese.
Una misura simile apposta 1,4 milioni di euro per il lavoro autonomo e l’avvio di imprese nelle città medie delle regioni meno sviluppate.
Il PN Ricerca, innovazione e competitività per la transizione verde e digitale alla Priorità 1, dedicata alla ricerca, innovazione, digitalizzazione, investimenti e competenze per la transizione ecologica e digitale, sostiene la crescita sostenibile e la competitività delle PMI favorendo la nascita di nuove start up innovative e nuove imprese di donne e giovani nelle regioni meno sviluppate. Per la misura sono appostati 550 milioni di euro. Per lo spin off, spin out e start up ulteriori 51 milioni di euro.
Il PN Just Transition Fund, che si attua nel territorio del Sulcis Iglesiente (Ca) e di Taranto, finanzia la ricerca e innovazione nelle PMI del Sulcis con 42,5 milioni di euro potenziando tra l’altro i servizi dedicati alla creazione di nuova impresa a supporto dei lavoratori espulsi che intendono avviare un lavoro autonomo e in autoimpiego. Nel territorio di Taranto sono invece finanziate le attività di ricerca e innovazione delle piccole e medie imprese e il loro sviluppo e internazionalizzazione per un totale di 120 milioni di euro.
Il PR FESR della Campania alla Priorità 1. Ricerca, innovazione, digitalizzazone e competitività promuove la creazione di nuova imprenditorialità ad alta intensità di conoscenza e il consolidamento delle start up innovative e degli spin off della ricerca, con investimenti in capitale fisso e beni immateriali nelle microimprese direttamente connesse con le attività di ricerca e innovazione. Nella Priorità 4. “Sviluppo, inclusione e formazione” il piano regionale finanzia la promozione dell’economia sociale sostenendo la nuova imprenditorialità e l’economia sociale e destinando al lavoro autonomo e all’avvio di imprese 1,8 milioni di euro e 3,6 milioni di euro all’economia sociale e alle imprese sociali.
Il PR FESR FSE+ della Basilicata sostiene i processi di autoimpiego e l’utilizzo degli strumenti della microfinanza, quale il microcredito, destinati alle microimprese nelle fasi di avvio e di sviluppo. Alla Priorità 1. “Basilicata Smart” sono previste azioni per il sostegno alla creazione e allo sviluppo di nuove imprese per un importo pari a 17,5 milioni di euro. Nella Priorità 6. “Occupazione” è finanziato il sostegno al lavoro autonomo, autoimpiego e avvio di impresa (3,7 milioni di euro) per disoccupati e inoccupati, nel sistema agroalimentare, nel sistema forestale a fini produttivi, nel sistema turistico culturale, nelle risorse ambientali, paesaggistiche e culturali, nelle risorse energetiche. Sono finanziati anche i percorsi di autoimpiego e autoimprenditorialtà nei settori dell’economia verde e con modelli e soluzioni gestionali e di prodotto sostenibili e a basso costo. Gli incentivi all’autoimpiego saranno rafforzati con servizi di tutoraggio per le persone svantaggiate provenienti da contesti migratori e aree marginalizzate. Sono inoltre previsti incentivi all’autoimpiego e autoimprenditorialtà per le persone disoccupate. La Priorità 10. “Giovani” sostiene il lavoro autonomo, con specifico riferimento all’economia sociale sia in forma di aiuto in sovvenzione che di finanziamenti agevolati anche con il ricorso a strumenti finanziari (microcredito). Per il lavoro autonomo e l’avvio di imprese sono disponibili 1,7 milioni di euro.
Il PR FESR FSE+ della Regione Calabria, alla Priorità 4. “Una Calabria con più opportunità” prevede il sostegno al lavoro autonomo e all’avvio di imprese per i giovani tra i 18 e i 35 anni disoccupati e NEET. Per la misura sono destinati 26 milioni di euro.
Il PR FESR – FSE+ della Regione Molise alla Priorità 1 “Un Molise più intelligente” prevede il sostegno con investimenti in capitale fisso e in beni immateriali per le microimprese direttamente connesse alle attività di ricerca e innovazione (rispettivamente 1 milione di euro e 900 mila euro). Inoltre, è previsto il sostegno alle imprese culturali e creative anche a fini turistici, anche nelle forme dell’autoimprenditorialità e dell’autoimpiego, nonché un sostegno all’economia sociale e alle imprese sociali.
Il PR FESR-FSE+ della Regione Puglia finanzia il consolidamento delle start up innovative con investimenti in capitale fisso e in beni immateriali nelle microimprese direttamente connesse alle attività di ricerca e innovazione rispettivamente con 11,3 milioni di euro e 2 milioni di euro. Nella Priorità 5. “Occupazione” il piano regionale finanzia, inoltre, interventi per la creazione di occupazione anche nelle forme del lavoro autonomo e d’impresa con 31,8 milioni di euro.
Infine, ma non ultimo, dal mese di ottobre 2023 è aperto lo sportello per richiedere i finanziamenti agevolati per le piccole e medie imprese del Sud Italia previsti dalla misura “Investimenti sostenibili 4.0”12. Le micro, piccole e medie imprese delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna possono presentare domanda per le agevolazioni che coprono fino al 75 % delle spese ammissibili per investimenti green. L’agevolazione viene anche chiamata “bonus PMI Mezzogiorno”. Il Ministero per le imprese e il made in Italy (MIMIT) mette a disposizione degli investimenti imprenditoriali innovativi un fondo pari a 400 milioni di euro per la crescita sostenibile e la competitività delle PMI dei territori delle Regioni del Mezzogiorno.
Conclusioni
Le dinamiche imprenditoriali degli ultimi anni sono state influenzate da eventi esterni imprevisti e imprevedibili. Il lavoro autonomo e imprenditoriale ne è uscito in parte ridimensionato ma anche rafforzato in alcune aree e per alcuni gruppi di popolazione. Immigrati, donne, giovani stanno riguadagnando terreno anche grazie ai programmi di sostegno mirati offerti nei vari paesi dell’Unione e dalla stessa Commissione europea. Tuttavia, come raccomandato dal rapporto OCSE/Commissione di cui si è detto al paragrafo 1, mancano ancora politiche e strumenti più incisivi e soprattutto stabili nel tempo. Le istituzioni centrali e regionali dovrebbero impegnarsi maggiormente per sviluppare politiche per l’imprenditorialità, il lavoro autonomo e l’autoimpiego sostenibili accompagnate da programmi costruiti con attenzione alle necessità
Box 1 - L’Accademia sulle politiche per imprenditorialità giovanile
In tema di supporto dell’UE all’imprenditorialità dei giovani, a giugno 2023, l’UE e l’OCSE hanno lanciato la YEPA, l’accademia dedicata alle politiche per l’imprenditorialità giovanile9. Nei prossimi tre anni, l’Accademia riunirà 150 tra giovani imprenditori, imprenditori sociali, reti e organizzazioni per l’imprenditoria giovanile, responsabili politici ed esperti dell’Unione europea per discutere le politiche e le azioni necessarie a sostenere l’imprenditorialità giovanile nei Paesi dell’UE e dell’OCSE. Secondo l’ultima indagine Flash Eurobarometro sull’imprenditoria sociale e i giovani10 di marzo 2023, solo pochi giovani di età compresa tra i 15 e i 30 anni hanno compiuto passi concreti verso la creazione di un’attività in proprio nell’UE, anche se quasi la metà dei giovani ha pensato di farlo (circa il 46 per cento). A frenare questa “vocazione” imprenditoriale, troviamo, la mancanza di capitali o risorse, i rischi finanziari e la mancanza di conoscenze e competenze imprenditoriali.
Lo YEPA mira a rafforzare le politiche e i programmi per l’imprenditoria giovanile aumentando la conoscenza degli ostacoli che i giovani incontrano nell’imprenditoria e facilitando gli scambi tra i responsabili politici, i giovani imprenditori e gli esperti su “cosa funziona” nelle politiche per l’imprenditoria giovanile. Le indagini mostrano che circa il 40 per cento dei giovani nell’UE è interessato a lavorare per se stesso, ma solo il 7 per cento è un lavoratore autonomo. Il divario tra l’interesse e l’azione può essere spiegato, almeno in parte, dalle barriere sproporzionate che i giovani incontrano nella creazione di un’impresa, anche per quanto riguarda l’accesso ai finanziamenti, le competenze imprenditoriali, le reti per l’imprenditorialità e gli incentivi pubblici.
I governi si sono impegnati a porre le basi per il successo dei giovani imprenditori attraverso l’attuazione di buone politiche. Ciò include il miglioramento del contesto imprenditoriale, nonché politiche e programmi su misura nei settori della formazione e dell’educazione all’imprenditorialità, del coaching e del mentoring, degli incubatori d’impresa e del finanziamento delle start-up. Ma altri attori possono contribuire impegnandosi a svolgere un ruolo attivo per migliorare le possibilità di avviare un’impresa per le prossime generazioni di imprenditori, ossia le scuole, le università, i centri di formazione professionale, le imprese, le imprese sociali, fino agli stessi giovani.
Lo YEPA mira a svolgere un ruolo unico facilitando gli scambi tra Paesi e gruppi di stakeholder sulle lezioni apprese, le trappole da evitare e gli approcci emergenti nelle politiche di sostegno ai giovani imprenditori. Lo fa attraverso una serie di workshop su temi quali l’accesso ai finanziamenti, le competenze imprenditoriali e il valore aggiunto dell’imprenditoria sociale. L’iniziativa rientra nel Piano d’azione per l’economia sociale varato dall’UE a dicembre 2021, che mira ad aiutare l’economia sociale europea a prosperare. Inoltre, l’Accademia contribuisce all’Anno europeo delle competenze 2023, concentrandosi sulle competenze utili alla creazione e gestione d’impresa, sulla creazione di posti di lavoro e sulla competitività dell’Unione europea.
Bibliografia essenziale
Commissione europea (2023), Flash Eurobarometer 513: Social entrepreneurship and youth, DG Employment, Social Affairs and Inclusion, Bruxelles, 2023.
GEM (2023), 2022/2023 Global Entrepreneurship Monitor (GEM) Global Report: Adapting to a “New Normal”, Londra, 2023.
Lang T., Il nuovo pacchetto aiuti dell’UE per la competitività e la resilienza delle PMI, in Microfinanza n. 48, Anno XI, 2023.
Lang, T., I numeri della parità di genere e qualche proposta di policy, in Microfinanza anno VIII, n. 31, 2020.
Lang, T., Donne e impresa corsa a ostacoli o specie protetta, in Microfinanza anno VII, n. 26, 2019
OECD/European Commission, The Missing Entrepreneurs 2023: Policies for Inclusive Entrepreneurship and Self-Employment, OECD Publishing, Paris, 2023
OECD/EU (2023), Youth Entrepreneurship Policy Academy, online.
OECD (2023), Inclusive Entrepreneurship Policies: Country Assessment
OECD (2022), Recommendation of the Council on Creating Better Opportunities for Young People, OECD Publishing, Parigi, 2022.
OECD/European Commission (2021), The Missing Entrepreneurs 2021: Policies for Inclusive Entrepreneurship and Self-Employment, OECD Publishing, Parigi, 2021.
OECD (2021), Entrepreneurship Policies through a Gender Lens, OECD Studies on SMEs and Entrepreneurship, OECD Publishing, Parigi, 2021.
OECD (2021), An in-depth analysis of one year of SME and entrepreneurship policy responses to COVID-19: Lessons learned for the path to recovery, OECD SME and Entrepreneurship Papers, No. 25, OECD Publishing, Parigi, 2021.
NOTE
1 In Italia le regioni meno sviluppate sono: Sicilia, Sardegna, Calabria, Puglia, Basilicata, Campania, Molise e Abruzzo.
2 Si veda in proposito, T.Lang, Il nuovo pacchetto aiuti dell’UE per la competitività e la resilienza delle PMI, in Microfinanza n. 48, Anno XI, 2023.
3 OECD/European Commission, The Missing Entrepreneurs 2023: Policies for Inclusive Entrepreneurship and Self-Employment, OECD Publishing, Paris, 2023. https://www.oecd-ilibrary.org/employment/the-missing-entrepreneurs-2023_230efc78-en
4 Cit. p. 85.
5 Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito web dedicato al progetto https://www.exist.de/EXIST/Navigation/DE/Gruendungsfoerderung/EXIST-WOMEN/EXIST-WOMEN/exist-women.html
6 Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito web dedicato al progetto https://www.inmujeres.gob.es/areasTematicas/Emprendimiento/ProgApoyoEmpresarial.htm
7 La stima OCSE/UE è calcolata sottraendo il numero di imprenditori effettivi dal numero di imprenditori “potenziali” che ci sarebbero se tutti fossero attivi come gli uomini di 30-49 anni nell’avvio e nella gestione di nuove imprese, vale a dire impostando il tasso di attività dell’intera popolazione sul tasso di attività degli uomini di 30-49 anni. Gli uomini tra i 30 e i 49 anni sono utilizzati per calcolare il numero di imprenditori “potenziali”, perché questo è il gruppo che ha maggiori probabilità di avviare un’impresa sostenibile. La quota di imprenditori “mancanti” è riportata in rapporto al numero di imprenditori effettivi per fornire un’indicazione della portata dell’imprenditorialità che potrebbe essere possibile se venisse eliminato l’impatto diseguale di barriere e politiche. Queste stime del gap imprenditoriale rappresentano il potenziale imprenditoriale non sfruttato. È importante notare che non tutti questi imprenditori “mancanti” diventeranno imprenditori. Inoltre, queste stime non valutano la qualità (ad esempio, il tasso di sopravvivenza delle imprese, i guadagni, le ore lavorate, la creazione di posti di lavoro) delle attività di start-up. Esse trattano tutta l’imprenditorialità come se fosse di pari qualità, il che probabilmente porta a una sovrastima dei divari di imprenditorialità, poiché le economie hanno tipicamente più imprenditorialità improduttiva che produttiva.
8 Commissione europea, Flash Eurobarometer n.513 “Social entrepreneurship and Youth”, Bruxelles, 2023. https://europa.eu/eurobarometer/surveys/detail/2670
9 YEPA https://yepa-hub.org/
10 Vedi paragrafo 2.1
11 Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia.
12 Per ulteriori informazioni sull’incentivo è possibile consultare la pagina web del MIMIT
https://www.mimit.gov.it/it/incentivi/investimenti-sostenibili-4-0-2023
13 GEM (2023), Global Entrepreneurship Monitor 2022/2023 Global Report: Adapting to a “New Normal”, Londra, GEM. https://gemconsortium.org/reports/latest-global-report