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Tiziana Lang

Prima Ricercatrice Inapp, Esperta Di Politiche Del Mercato Del Lavoro

Indipendenza economica delle donne e parità di genere: programmi, misure e risorse

Equality between women and men is not only a fundamental human right, enshrined in international law as well as in eu treaties and legislation, but also represents a value for societies, as gender equality fosters the development of women’s and men’s lives. Economic violence is hardly recognisable, often detected when psychological and/or physical violence occurs. The link between inactivity, unemployment, financial exclusion and low financial literacy may expose women to greater economic violence. It is therefore essential to overcome gender gaps in employment, participation in quality education, pay, earnings, income, pension, wealth and access to credit, to effectively fight economic and gender-based violence.

Parole chiave: parità di genere, dipendenza economica, indipendenza economica, violenza economica, violenza di genere, microcredito, alfabetizzazione finanziaria, impresa femminile, inattività, vulnerabilità, politica di coesione, programmi

  1. L’indipendenza economica delle donne al centro delle politiche per la parità di genere

Il 7 maggio 2024 i ministri competenti per la parità di genere si sono riuniti per la prima volta in un consiglio dedicato, nell’ambito dell’EPSCO1, al fine di adottare alcune importanti direttive e discutere sui temi della parità, del contrasto alla violenza e alle discriminazioni di genere. L’uguaglianza tra donne e uomini oltre a essere un diritto umano fondamentale, sancito dal diritto internazionale nonché dai trattati e dalla legislazione dell’Unione europea, rappresenta un valore per le società, poiché la parità di genere favorisce lo sviluppo economico, redditi pro capite più elevati, una maggiore efficienza dei contesti produttivi, la coesione sociale, la costruzione di società più prospere e sostenibili.

1.1 La legislazione in materia di indipendenza economica delle donne

Le direttive approvate dai ministri per la parità di genere a maggio scorso riguardano la violenza di genere e le istituzioni di parità, due ambiti essenziali per il contrasto alle discriminazioni. La direttiva sulla violenza contro le donne e la violenza domestica2 criminalizza la violenza fisica, psicologica, economica e sessuale contro le donne in tutta l’Unione, compresa la violenza esercitata sul web e tramite social media. Le due direttive sugli standard vincolanti per gli organismi di parità3, mirano a garantire una migliore applicazione e attuazione delle norme antidiscriminatorie dell’UE rafforzando gli organismi di parità nazionali. Nel corso del medesimo incontro, inoltre, i ministri hanno approvato conclusioni consiliari sull’emancipazione economica e sull’indipendenza finanziaria delle donne, quali componenti essenziali del cammino verso una reale parità di genere nell’UE. Dette conclusioni muovono dal rapporto predisposto dall’Istituto europeo per la parità di genere4 su input della presidenza belga dell’Unione (gennaio-giugno 2024) sul tema dell’indipendenza finanziaria delle donne in relazione alle politiche, norme e misure per la parità di genere nell’UE. Lo studio di EIGE, nel richiamare gli impegni presi a livello internazionale in occasione della Conferenza di Pechino5 del 1995, conferma l’urgenza di mantenere alta l’attenzione sull’effettiva indipendenza economica delle donne, in particolare, il riconoscimento del diritto all’autonomia economica da parte dei governi che devono impegnarsi maggiormente a promuovere i diritti economici e l’indipendenza delle donne, facilitando l’accesso paritario alle risorse economiche6. Il rapporto di EIGE fa anche riferimento all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (2015) e ai diversi obiettivi che mirano all’empowerment economico delle donne, dallo sviluppo di riforme per la parità di genere nell’accesso alle risorse economiche (proprietà e controllo della terra e di altre proprietà, servizi finanziari, eredità, risorse naturali), alla riduzione delle disparità ancora esistenti nella condivisione dei carichi di cura tra donne e uomini, dalla piena ed effettiva partecipazione delle donne alla vita politica, economica e pubblica, alla parità di rappresentanza a livello territoriale, nazionale, internazionale.

Dal punto di vista normativo, i trattati dell’Unione promuovono la parità tra donne e uomini quale diritto fondamentale, ribadito da ultimo tra i principi chiave del pilastro europeo dei diritti sociali7 del 2017. Anche la strategia europea per l’uguaglianza di genere per il quinquennio 2020-20258 prevede misure e azioni per favorire l’indipendenza economica personale, ma anche la parità di retribuzione per un lavoro di pari valore, l’uguaglianza nell’accesso alle risorse finanziarie e l’equità di genere nei trattamenti pensionistici. Tra le direttive che supportano l’impegno dell’UE per l’indipendenza economica delle donne troviamo la direttiva per le pari opportunità nel mercato del lavoro9 che fissa requisiti per la parità di trattamento, di retribuzione (compresi i salari minimi per le occupazioni a basso reddito, spesso appannaggio delle donne), per l’accesso all’occupazione, la formazione professionale, le promozioni nel lavoro, ma anche le condizioni di lavoro e la sicurezza sociale, la trasparenza nelle retribuzioni per il medesimo lavoro o lavoro di pari valore. Anche il Parlamento europeo ha ritenuto di dover invitare la Commissione e gli Stati membri ad agire con maggiore tempestività per favorire il raggiungimento dell’indipendenza economica, adottando misure per l’imprenditoria femminile sostenute da partenariati pubblico-privati e dotate di adeguati programmi di tutoraggio10. Ultimo in ordine di tempo l’impegno dell’UE per sradicare la violenza economica assieme ad ogni forma di violenza di genere, quali passaggi essenziali per l’indipendenza economica di tutte le donne11.

1.2 Indipendenza economica e indipendenza finanziaria

Come illustrato, sia la legislazione sia le politiche dell’UE si riferiscono ai concetti di indipendenza economica e di empowerment delle donne introdotti dalla Conferenza di Pechino, in stretta dipendenza con l’attuazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu. Secondo il rapporto di EIGE, l’indipendenza economica non può prescindere dall’indipendenza finanziaria, quest’ultima si riferisce alle risorse finanziarie effettivamente nella disponibilità della persona. Per raggiungere l’indipendenza economica, è necessario trovarsi nella condizione di poter agire in autonomia, disporre di risorse finanziarie (guadagni, redditi da pensione, investimenti e altri benefici), potersi istruire e avere relazioni sociali; ossia essere finanziariamente indipendenti. La questione dell’indipendenza economica delle donne, come riaffermato da EIGE, è affrontata tradizionalmente dal punto di vista della dipendenza finanziaria dai loro partner e delle sue conseguenze. Negli studi si evidenzia l’importanza della crescita individuale e della responsabilizzazione delle donne (empowerment). Come pure l’utilità di valutare il rischio di povertà della singola persona, piuttosto che partendo dall’assunto di un’equa condivisione dei redditi nel nucleo familiare (nella coppia).

Tra le determinanti dell’indipendenza finanziaria ritroviamo sia l’accesso e il controllo delle risorse finanziarie personali (necessarie a condurre una vita dignitosa) sia l’accesso a un alloggio sicuro e adeguato, e la disponibilità di risorse per mantenerlo nel tempo. L’indipendenza finanziaria dipende anche da altre variabili individuali, quali il livello di istruzione, la presenza di barriere sociali o istituzionali (come la disabilità) che possono comportare ritardi nel conseguimento di una vita indipendente a livello finanziario. Ciò non implica, tuttavia, l’essere in grado di mantenere per sempre tale indipendenza nel corso della vita (per es. a seguito di separazione o morte del partner, nascita dei figli, condizione monogenitoriale, malattia, pensionamento).

Nonostante l’accesso alle risorse finanziarie sia il fondamento per l’indipendenza finanziaria, esso non è sufficiente se non si ha il controllo sulle medesime risorse. Se da un lato le risorse finanziarie possono consolidare la capacità di agire e l’indipendenza delle donne, dall’altro lato, tale capacità può dipendere anche dalle conoscenze e competenze finanziarie possedute, ossia, dal loro livello di alfabetizzazione finanziaria. Avere una buona alfabetizzazione finanziaria, infatti, è di fondamentale importanza in relazione al processo decisionale interno alla famiglia, al risparmio familiare e personale, alla pianificazione efficace della pensione.

Un altro elemento essenziale per l’indipendenza economica e finanziaria è la partecipazione attiva al mercato del lavoro delle donne. Eppure, l’impegno nel lavoro retribuito – soprattutto se part time o precario – può non garantire un reddito sufficiente per l’indipendenza finanziaria personale, dovendo quindi fare affidamento su sussidi pubblici o sul sostegno del partner o di altri familiari.

Al fine di misurare l’indipendenza finanziaria, l’EIGE ha ideato il seguente schema che consta di tre dimensioni chiave e relative sottodimensioni: il reddito che può provenire da diverse fonti (ad es. redditi, sussidi statali, trasferimenti o pensioni); la ricchezza (attività e passività); il potere e controllo sulle risorse finanziarie (accesso, alfabetizzazione finanziaria, processo decisionale e spesa).

Per quanto attiene al reddito ci sono ampie e durature differenze di genere nei tassi di occupazione, nei guadagni e nel reddito. In tutta l’UE, si rilevano forti differenze tra i paesi in termini di distribuzione di genere dell’occupazione all’interno delle coppie, con gap di genere più elevati in Italia (28 punti percentuali), Malta (24 pp), Grecia (22 pp) e Romania (21 pp). Le donne, anche occupate, guadagnano meno degli uomini e hanno maggiori probabilità di essere i secondi percettori di reddito nella coppia. Nel 2021, il divario retributivo di genere nell’UE era pari al 12,7%, il che indica che, in media, la retribuzione oraria lorda delle donne era inferiore di oltre un decimo rispetto a quella degli uomini. L’entità del divario retributivo di genere varia notevolmente tra gli Stati membri (in Estonia nel 2021 è pari al 20.5%, il più elevato nell’UE). Come sopra accennato, tali disparità nel mercato del lavoro e nelle retribuzioni, unitamente alla scarsa competenza finanziaria delle donne, nel lungo periodo, possono comportare un peggioramento del divario pensionistico tra uomini e donne, che nel 2022 era pari al 26% nella media UE (figura 2). Elevate competenze finanziare possono migliorare la capacità di pianificazione della pensione, a dimostrazione dell’importanza delle conoscenze e delle competenze finanziarie per l’indipendenza finanziaria nel corso della vita.

Nel 2022, i dati di Eurostat mostrano un’ampia variazione nei redditi pensionistici uomo-donna con le donne estoni che percepiscono una pensione del 5% inferiore a quella dei colleghi uomini, mentre le donne maltesi ricevono pensioni del 42% inferiori agli uomini (in Italia il gap di genere nelle pensioni è del 30%, quattro punti percentuali sopra la media UE). Il divario pensionistico tra donne e uomini riflette, inoltre, l’effetto cumulativo di fattori quali l’orario di lavoro, il tempo trascorso fuori dal mercato del lavoro (per carichi di cura, ad esempio) e la segregazione del mercato del lavoro nel corso della vita lavorativa (segregazione settoriale e professionale), nonché l’età di pensionamento (rispetto all’aspettativa di vita) e la politica pensionistica del singolo Paese. Pesa, inoltre, la forte penalizzazione derivante dai mancati redditi, che colpisce maggiormente le donne che hanno allevato figli, per le quali il divario cresce con il numero di figli. Data l’entità del divario pensionistico di genere nell’UE, le donne anziane costituiscono un gruppo particolarmente vulnerabile dal punto di vista della dipendenza finanziaria, soprattutto in considerazione degli alti tassi di povertà tra le persone in età pensionabile rispetto alla popolazione in età lavorativa, e del fatto che può essere difficile assicurarsi nuove fonti di reddito dopo il pensionamento.

Una riflessione a sé meritano i fattori che possono incidere sulla resilienza finanziaria individuale, in particolare delle donne. Diversi studi evidenziano un divario di genere nei livelli di alfabetizzazione finanziaria; una recente indagine di Eurobarometro sull’alfabetizzazione finanziaria nell’UE12 mostra come gli uomini valutino le loro conoscenze finanziarie più elevate rispetto al giudizio di sé dato dalle donne. In tutta l’Unione il 38% degli uomini e il 24% delle donne valutano le rispettive conoscenze finanziarie di livello “elevato” rispetto agli altri adulti del loro paese. Secondo Eurobarometro, trattandosi di autovalutazioni, questa differenza tra uomini e donne potrebbe riflettere anche i divari di fiducia personale indotti da stereotipi interiorizzati, piuttosto che da effettive differenze di conoscenza e comprensione finanziaria. Oltre alla valutazione soggettiva delle conoscenze finanziarie, l’indagine di Eurobarometro proponeva cinque quesiti volti a testare il livello effettivo di alfabetizzazione finanziaria dei rispondenti. A livello di Unione gli uomini hanno risposto più frequentemente in modo corretto ai quesiti posti rispetto alle donne (34% rispetto al 19%), mostrando un elevato livello di alfabetizzazione finanziaria. Dall’altro lato, le donne hanno più spesso non risposto o dato una sola risposta corretta rispetto agli uomini (31% contro il 17%), quindi esibendo un livello di alfabetizzazione finanziaria basso (figura 3).

Come si è avuto modo di illustrare su queste pagine in precedenti contributi13, la disparità di genere nell’alfabetizzazione finanziaria non è presente tra i bambini di età scolare, ma si crea nel corso della vita e in base alle esperienze individuali. Influiscono su questo fenomeno il livello socioeconomico della famiglia di appartenenza, l’istruzione nelle discipline STEM, l’esperienza di lavoro retribuito in età giovanile, l’erogazione di una paghetta e la libertà di scelta nelle spese personali da adolescenti. Diversi studi hanno rilevato che in famiglia si tende ad affrontare le questioni economiche più complesse con i figli maschi, confermando la presenza di stereotipi che condizionano le figlie e le loro scelte finanziarie, di studio e lavorative.

In relazione al presente contributo, preme sottolineare lo stretto legame tra alfabetizzazione finanziaria e imprenditorialità, come pure nelle scelte di espansione dell’attività imprenditoriale. Chi possiede una maggiore conoscenza finanziaria tende a fare scelte informate e strategiche per la propria azienda, grazie alla maggiore capacità di ripartire le risorse in modo efficace. Allo stesso tempo, la competenza finanziaria rafforza il merito creditizio e facilita l’accesso ai finanziamenti per l’impresa a costi ridotti14. Ne consegue che livelli inferiori di alfabetizzazione finanziaria possono creare ulteriori ostacoli all’avvio di impresa da parte delle donne, ma anche che la scarsa fiducia delle donne nelle proprie capacità finanziarie può contribuire ad ampliare il gap di genere nell’imprenditorialità, frenando la spinta alla creazione di impresa e all’autoimpiego, nonché la propensione a cercare finanziamenti, a causa della scarsa capacità di riconoscere le prospettive di finanziamento per le loro imprese e di proporre la propria attività a finanziatori e investitori15. Nel grafico seguente (figura 4) sono riportate le percentuali di donne e uomini che nei vari Stati membri hanno chiesto un finanziamento per avviare o espandere una impresa o una fattoria. La media UE è del 4% per gli uomini e del 2% per le donne, con forti variazioni tra gli Stati membri anche in rapporto all’equilibrio di genere (ad es. in Lituania hanno chiesto prestiti per l’impresa l’8% degli uomini e delle donne).

È utile rammentare che, come evidenziato da uno studio del Parlamento europeo, le differenze di genere nell’indipendenza finanziaria influiscono direttamente sulle differenze di genere nella propensione all’attività imprenditoriale nell’UE16.

1.3 Il legame tra dipendenza economica e violenza economica

La dipendenza economica può rappresentare un ostacolo alla libertà di istruzione, alla partecipazione al mercato del lavoro e, anche, all’imprenditorialità delle donne. Chi dipende finanziariamente da un’altra persona può vedere limitata la propria autonomia di scelta su attività e opportunità che comportano dei costi, poiché la persona da cui si dipende può non essere in grado o non volere finanziare tali costi. L’Onu fa esplicito riferimento al ruolo dell’istruzione (frequenza di corsi scolastici) e della partecipazione al mondo del lavoro (occupazione retribuita), come strumenti di prevenzione e contrasto della violenza economica. Come ricordato da Magda Bianco nell’audizione alla Camera del 4 ottobre 202417, la definizione di violenza economica è “qualsiasi atto di controllo e monitoraggio del comportamento di una persona in termini di utilizzo e distribuzione di denaro, nonché la minaccia di negarle risorse economiche18. Se il controllo sulla capacità di acquisire, utilizzare o mantenere risorse economiche e la minaccia alla sicurezza economica e all’autosufficienza sono esercitate nei confronti di una donna, sono da considerarsi quali espressioni di violenza economica di genere. La stessa dipendenza economica o finanziaria può impedire, a chi la subisce, di liberarsi da una situazione di sfruttamento e violenza a causa della mancanza di alternative. Nel 2021, nove Stati membri dell’UE19 hanno esplicitamente criminalizzato le forme di violenza economica nelle loro leggi sulla violenza domestica. A livello europeo, come accennato nell’introduzione al presente capitolo, sono state approvate varie direttive volte a contrastare la violenza di genere. Da ultimo, a maggio 2024, una direttiva sulla violenza contro le donne e la violenza domestica che criminalizza la violenza fisica, psicologica, economica e sessuale contro le donne in tutta l’Unione, compresa la violenza esercitata sul web e tramite social media20. In Italia, come ricorda Bianco (2024) essa “non è ancora normativamente inquadrata come un autonomo reato; spesso viene individuata quando accompagnata ad altre forme di violenza, ad esempio fisica o psicologica”.

EIGE identifica tre tipi di violenza economica: il controllo economico che si riferisce all’impedimento, alla limitazione o al controllo delle finanze e del processo decisionale della vittima della violenza; lo sfruttamento economico, ossia, l’utilizzo delle risorse economiche della vittima a vantaggio di chi esercita la violenza; e il sabotaggio economico che concerne tutti gli atti volti a impedire alla vittima di perseguire, ottenere o mantenere un lavoro o di partecipare a un percorso di istruzione. Le tre tipologie possono sovrapporsi e intersecarsi, e nella maggioranza dei casi colpiscono le donne all’interno di un rapporto di coppia. L’indagine Eurostat sulla violenza basata sul genere (2022), condotta in 18 Stati membri dell’UE, ha rilevato che in media il 7% delle donne conviventi dichiara di aver subito il controllo eccessivo del partner sulle spese, la proibizione continua di lavorare fuori casa, il divieto di controllare le finanze familiari. Anche in questo caso i valori rilevati variano fortemente tra paesi, dal 4% del Portogallo al 18% della Slovacchia, come illustrato nella figura 5.

Come ricorda EIGE, la violenza economica non ha bisogno della vicinanza fisica per essere perpetrata, come nel caso della costrizione ad accettare accordi finanziari poco equi, le tecnologie digitali infatti possono ulteriormente agevolarla, nel controllo o utilizzo delle risorse finanziarie della vittima attraverso l’internet banking. Il possesso di una adeguata educazione finanziaria può ridurre la vulnerabilità e favorire la comprensione dell’importanza dell’indipendenza economica nelle donne, riducendo la tendenza a delegare ai partner la gestione economica e finanziaria delle risorse familiari e personali.

  1. Le misure per l’indipendenza economica delle donne

La promozione dell’empowerment economico delle donne e della parità di genere sono due politiche chiave per il conseguimento di un mondo più sostenibile e più equo. Secondo la BEI agire ora per promuovere l’uguaglianza di genere potrebbe aggiungere al PIL globale 13.000 miliardi di dollari entro il 203021. Secondo l’EIGE, nell’UE il miglioramento della parità di genere potrebbe portare a un aumento del 9,6% del PIL pro capite nell’Unione, equivalente a 3,15 trilioni di euro e 10,5 milioni di posti di lavoro aggiuntivi entro il 205022, tra uomini e donne. Ma per colmare l’attuale divario di genere nella partecipazione economica e nelle opportunità economiche, il WEF calcola che ci vorranno circa 169 anni. In relazione alla violenza economica, la Banca d’Italia è da tempo impegnata nell’ambito dell’educazione finanziaria anche per le vittime di questo tipo di violenza. Collabora inoltre con i centri antiviolenza e forma chi offre attività volontaria presso tali strutture, affinché possa essere in grado di fornire alle vittime le informazioni necessarie per progettare, in uscita dai percorsi di supporto, una nuova vita, autonoma anche economicamente.

2.1 Risorse, programmi e progetti per l’indipendenza economica delle donne

La politica di coesione per il periodo 2021-2027 ha adottato misure più stringenti per rafforzare la dimensione di genere nei programmi a gestione condivisa nell’ambito dell’attuale quadro finanziario pluriennale. I requisiti di uguaglianza di genere sono stati rafforzati per tutti i programmi della politica di coesione, in particolare, nel Fondo sociale europeo Plus (FSE+), nel Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e nel Fondo per la Transizione Giusta (JTF). Poiché l’uguaglianza di genere rappresenta un principio trasversale, la parità di genere e la prospettiva di genere devono essere incluse e promosse in tutte le fasi del processo di preparazione, attuazione, monitoraggio e valutazione dei programmi della politica di coesione. Il quadro legislativo23 prevede inoltre l’obbligo per gli Stati membri di costituire un partenariato permanente tra autorità nazionali e regionali competenti, organizzazioni della società civile e organismi responsabili della promozione dei diritti fondamentali e della parità di genere. A questi obblighi, si aggiunge quello previsto nel regolamento del FSE+ per gli Stati membri e la Commissione di finanziare azioni specificamente mirate a promuovere l’integrazione della parità di genere aumentare la partecipazione delle donne all’occupazione, sostenere il miglioramento dell’equilibrio tra lavoro e vita privata, combattere la femminilizzazione della povertà e la discriminazione di genere nel mercato del lavoro, nell’istruzione e nella formazione. Oltre il 30% (110 miliardi di euro) di tutti gli investimenti della politica di coesione (compreso il Fondo per la transizione giusta) sostengono la parità di genere nel periodo 2021-2027 , sia attraverso misure dirette di uguaglianza di genere, sia attraverso l’integrazione trasversale della dimensione di genere (mainstreaming). L’idea di fondo è che l’emancipazione economica delle donne può contribuire all’accelerazione della convergenza sociale ed economica delle regioni meno sviluppate in modo più sostenibile e duraturo. Come nel caso dei miglioramenti nelle infrastrutture sociali che riducono almeno tre ostacoli alla parità di genere: la mancanza di tempo libero delle donne dai carichi di lavoro non retribuito derivanti dall’ineguale distribuzione delle responsabilità di cura tra uomini e donne che grava quasi esclusivamente su queste ultime, l’esclusione delle donne da molte opportunità economiche locali (occupazione, formazione, ecc.), la minore presenza se non assenza delle donne da reti finanziarie e dai contesti decisionali sia nel pubblico che nel privato.

Tutti gli Stati membri, per ottenere le risorse della politica di coesione, devono pertanto mettere in atto meccanismi efficaci di garanzia del rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’UE anche in relazione alla parità di genere. Una delle condizioni abilitanti tematiche dei fondi della coesione richiede che gli Stati membri stabiliscano un piano strategico nazionale per la parità di genere e che siano fissati e applicati criteri e procedure non discriminatori e trasparenti. Nell’ambito dell’obiettivo specifico dedicato del FSE+, gli Stati membri sono chiamati a finanziare, ad esempio, lo sviluppo di politiche di conciliazione vita-lavoro, anche sul posto di lavoro, a garantire politiche sensibili al genere per aumentare la partecipazione attiva delle donne al mercato del lavoro, a migliorare l’accesso a servizi di cura accessibili e a prezzi ragionevoli (servizi per l’infanzia, assistenza agli anziani o alle persone con disabilità, ecc.), o ad affrontare gli stereotipi di genere.

Nell’ambito dell’obiettivo politico 4 “Un’Europa più sociale e inclusiva”, anche il regolamento del FESR integra queste azioni con gli investimenti in infrastrutture sociali.

Nell’ambito del sostegno del fondo per lo sviluppo regionale sono stanziati contributi significativi per la parità e il mainstreaming di genere nei settori della ricerca e innovazione, per la crescita e la competitività delle PMI, per l’energia rinnovabile, per la mobilità urbana sostenibile e per i trasporti, a dimostrazione dell’importanza attribuita alla parità di genere nella transizione verde e digitale. Altre aree di policy sostenute dal FESR per la parità sono l’istruzione, l’assistenza sanitaria, i servizi sociali, l’assistenza di lungo periodo (long-term care) e l’integrazione dei gruppi più vulnerabili e delle minoranze etniche, per il loro impatto sulla parità di genere in modo diretto e indiretto.

Il nuovo obbligo di monitoraggio e reporting sugli investimenti dei fondi della coesione prevede che gli Stati membri riportino alla Commissione periodicamente i dati finanziari sui costi delle operazioni/misure selezionate e finanziate, comprensive delle certificazioni di spesa. Ciò vale anche per le risorse connesse alle attività e misure che promuovono la parità di genere e il mainstreaming, per le quali il sostegno del FSE+ deve essere certificato sulla base dei progressi conseguiti negli indicatori di monitoraggio previsti, dando chiara evidenza alla dimensione di genere (dati disaggregati).

Nell’Accordo di partenariato italiano per la programmazione 2021-2027 24 è previsto l’intervento del FSE Plus e del FESR a favore delle donne a rischio di discriminazione, vittime di violenza e in altre condizioni di fragilità, con progetti di potenziamento dei servizi e dei luoghi per la protezione e l’inclusione sociale e lavorativa, che facilitino l’accesso a servizi sociali e sanitari, che promuovano percorsi di lavoro protetti e la diffusione del microcredito. A supporto di questa misura interviene anche lo strumento di ripresa e resilienza che finanzia la creazione di strutture di accoglienza per donne vittime di violenza con beni confiscati alla malavita organizzata in base ad avvisi cui possono partecipare partenariati di soggetti istituzionali e privati competenti in materia di politica sociale, infrastrutture e contrasto alla violenza di genere (associazionismo). Il PN Giovani, donne, lavoro finanziato dal FSE+ 2021-2027 e gestito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, prevede interventi per l’indipendenza economica delle donne che si trovano in condizioni di inattività, inoccupazione e disoccupazione e in condizioni di fragilità (vittime di violenza, con disabilità e immigrate), dedicando una specifica priorità al sostegno della loro occupabilità per l’uscita dalle condizioni di vulnerabilità sociale e di discriminazione, con percorsi personalizzati e integrati che rispondano a bisogni diversificati e complessi. Il PN intende agire per rafforzare le competenze, l’occupabilità e l’empowerment delle donne con percorsi che integrano anche servizi utili a rispondere a diverse problematiche (accessibilità, servizi di cura, legali, di sicurezza, sanitari, psicologici, abitativi e di altra natura); per sensibilizzare sulla violenza di genere i contesti educativi, lavorativi e quelli urbani e rurali in condizioni di degrado; per offrire incentivi per l’ingresso nel lavoro, in particolare nei territori con alti tassi di disoccupazione femminile; per informare e sensibilizzare le donne in condizioni di fragilità e i possibili datori di lavoro, mettendoli in connessione con i servizi per il lavoro.

Da ultimo, appare opportuno segnalare l’impegno della Banca europea per gli investimenti (BEI), per promuovere la parità di genere e l’emancipazione economica delle donne. La BEI include questi obiettivi nel suo modello operativo e nelle attività di prestito, di fusione e di consulenza sia all’interno che all’esterno dell’UE. A tal fine, il gruppo BEI-FEI ha adottato una apposita strategia che si basa su tre aree d’azione: i. la protezione, nel cui ambito sono identificati e attenuati i rischi specifici di genere, come la violenza e le molestie basate sul genere, e si sviluppano procedure e strumenti per difendere i diritti delle ragazze e delle donne; ii. l’impatto, in questa area BEI sostiene l’offerta di servizi e prodotti che contribuiscono alla parità di genere e all’aumento delle opportunità per le donne, assicurando che donne e uomini possano accedere ai beni, ai servizi, ai benefici e alle opportunità generate dagli investimenti della banca in condizioni di assoluta parità; iii. l’investimento, che prevede il finanziamento diretto delle imprenditrici, delle aziende guidate da donne e delle imprese che creano posti di lavoro di qualità per le donne o che offrono servizi e prodotti alle donne, attraverso banche locali, fondi e istituzioni di microfinanza. Nel 2023, la BEI ha finanziato 63 progetti con l’obiettivo di contribuire in modo significativo all’uguaglianza di genere e all’emancipazione economica delle donne, fornendo 5,8 miliardi di euro di investimenti, di cui 3,4 miliardi nel territorio dell’Unione europea e 2,4 miliardi nel resto del mondo. La BEI Global, il ramo della Banca che si occupa di sviluppo, ha contribuito alla parità di genere con il 39,3% delle sue operazioni totali nel 2023. Sempre nel 2023, la BEI ha finanziato dieci progetti che contribuiscono a modificare la pianificazione delle infrastrutture in ottica di genere per rendere le città e i sistemi di trasporto più inclusivi (per es. un progetto di cohousing a Berlino e un progetto volto ad aumentare la sicurezza e pervasività della rete pubblica dei trasporti a Barcellona).

Conclusioni

La violenza economica è un fenomeno non facilmente riconoscibile, spesso rilevato al manifestarsi di una violenza psicologica e/o fisica. Il legame tra inattività e inoccupazione, esclusione finanziaria e bassa cultura finanziaria, può esporre maggiormente le donne a forme di violenza economica. E’ pertanto essenziale superare i divari di genere nell’occupazione, nella partecipazione all’istruzione di qualità, nella retribuzione, nei guadagni, nel reddito (da pensione, individuale, aggregato), nella ricchezza e nell’accesso al credito per contrastare efficacemente il fenomeno della violenza economica e della violenza di genere nel senso più ampio. Poiché i divari di genere sono particolarmente pronunciati in alcuni gruppi di donne, come le madri single, le donne anziane, e donne con un passato di emigrazione e quelle con figli a carico, è necessario programmare e implementare misure specificamente rivolte a queste donne e alle discriminazioni e stereotipi culturali che le penalizzano. I sistemi fiscali e previdenziali che si basano sulla redistribuzione del reddito dagli uomini alle donne, pur riducendo il divario di genere nel reddito, intervenendo ex post non affrontano le cause profonde delle disuguaglianze di reddito tra i sessi quale, ad esempio, la sproporzione nella distribuzione del lavoro di cura (familiare) non retribuito tra donne e uomini. Tale redistribuzione ex post può, inoltre, essere meno efficace nel contrasto e superamento delle disparità nel potere decisionale all’interno dei nuclei familiari e delle coppie. Infine, non riesce a cogliere i benefici intangibili associati alla partecipazione al mercato del lavoro in condizioni di parità, ivi compreso il lavoro autonomo e l’imprenditorialità. Questi benefici riguardano aspetti peculiari, quali ad esempio, una maggiore alfabetizzazione finanziaria e l’accumulo di ricchezza personale. E’ necessario sensibilizzare l’opinione pubblica generale sul fenomeno della violenza economica e della dipendenza economica, e raggiungere le donne, giovani e adulte, per interessarle ai temi economico-finanziari con campagne informative mirate. Inoltre, deve essere intensificata l’attività di educazione finanziaria con il coinvolgimento di chi lavora, in particolare, con le donne in condizioni di maggiore fragilità. A questo scopo possono essere proficuamente utilizzate le risorse allocate dalla programmazione 2021-2027 per la parità di genere che, come visto, sono ingenti e attualmente ancora sottoutilizzate, a causa dei notevoli ritardi registrati nell’avvio dei programmi nazionali e regionali. Il sostegno alla microimprenditorialità e al lavoro autonomo delle donne può configurarsi in azioni di sensibilizzazione, orientamento, affiancamento, formazione, tutoraggio post start up, ma anche nella realizzazione e rafforzamento di strumenti di microcredito e incentivi per la creazione di attività da parte delle donne, in particolare le più vulnerabili, per una uscita efficace e duratura dalla condizione di violenza di cui sono vittime.

Esempi di progetti per l’indipendenza economica delle donne finanziati con risorse UE

Tra gli esempi di attività sostenute con le risorse della politica di coesione, la Commissione segnala il progetto di cooperazione transfrontaliera “Women Business Hub”, finanziato dal programma Interreg tra Croazia e Serbia. Il progetto contribuisce a migliorare l’ambiente imprenditoriale per le donne nelle regioni di confine tra Croazia e Serbia. Sulla base di dati che indicano una percentuale più alta di donne disoccupate e una serie di ostacoli che impediscono alle donne di avviare un’attività in proprio, il partenariato del progetto WBH promuove l’empowerment economico delle donne imprenditrici nel territorio interessato e a ridurre al minimo l’impatto degli ostacoli rilevati.

Il progetto “100 Percent”, sostenuto dal FSE+ in Austria, prevede un servizio di consulenza gratuita per le aziende che intendono contribuire a colmare il divario retributivo di genere nel Paese. Il progetto aiuta le aziende a progettare sistemi di retribuzione trasparenti e a riconoscere e migliorare le opportunità per le donne sul lavoro. Oltre a sensibilizzare l’opinione pubblica sul divario retributivo di genere, “100 Percent” mostra alle aziende come sfruttare meglio la diversità della loro forza lavoro possa promuovere l’innovazione e la resilienza.

Il progetto danese “Entrepreneur Denmark” finanziato dal fondo Recovery Assistance for Cohesion and the Territories ofEurope (REACT-EU), che consente ai partecipanti di creare impresa grazie a un intervento di sviluppo delle competenze, orientamento commerciale, sostegno economico su misura per garantire la sopravvivenza e la crescita della propria azienda. Il progetto si concentra sull’aiuto alle imprenditrici assistendole nel lancio dei loro prodotti e delle loro attività e nel superamento delle sfide più comuni. Il progetto mira a rafforzare/sviluppare competenze per garantire la sopravvivenza e lo sviluppo delle aziende, concentrandosi sull’aiuto all’imprenditoria verde e sostenibile e alle imprenditrici qualificate. L’azione mira anche a garantire la parità di genere nel lavoro in un paese dove il tasso di lavoro autonomo femminile è pari al 4,9% (al momento della programmazione dell’intervento, nel 2016) ossia meno della metà di quello maschile (pari al 10,2%). Attraverso i corsi di marketing d’impresa, infine, le imprenditrici apprendono come promuovere le proprie aziende e prodotti sui social media, aumentando la competitività delle loro attività. “Entrepreneur Denmark” ha finora sostenuto 4.400 beneficiari il 52% dei quali sono donne.

Bibliografia essenziale

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Note

1 Il Consiglio dei ministri dell’occupazione, politiche sociali e dei consumatori dell’Unione europea.

2 Direttiva (UE) 2024/1385 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 maggio 2024 sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica.

3 Si tratta della DIRETTIVA (UE) 2024/1499 DEL CONSIGLIO del 7 maggio 2024 sulle norme riguardanti gli organismi per la parità in materia di parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza o dall’origine etnica, tra le persone in materia di occupazione e impiego indipendentemente dalla religione o dalle convinzioni personali, dalla disabilità, dall’età o dall’orientamento sessuale e tra le donne e gli uomini in materia di sicurezza sociale e per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura, e che modifica le direttive 2000/43/CE e 2004/113/CE; e della Direttiva (UE) 2024/1500 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 maggio 2024 sulle norme riguardanti gli organismi per la parità nel settore della parità di trattamento e delle pari opportunità tra donne e uomini in materia di occupazione e impiego, e che modifica le direttive 2006/54/CE e 2010/41/UE.

4 EIGE (2024), Financial Independence and Gender Equality: Joining the dots between income, wealth and power, Publications Office of the European Union, Luxembourg.

5 United Nations (1995), Beijing Declaration and Platform for Action adopted at the Fourth World Conference on Women (http://www.un.org/womenwatch/daw/beijing/platform/).

6 Sono i temi dei due obiettivi strategici F.1 e F.2. della Dichiarazione e piattaforma di azione di Pechino.

7 European Commission, Secretariat-General, European Pillar of Social Rights, Publications Office of the European Union, Luxembourg, 2017.

8 European Commission (2020), A Union of Equality: Gender equality strategy 2020–2025, Luxembourg. I sei temi prioritari della strategia sono: essere liberi dalla violenza e dagli stereotipi; prosperare in un’economia di parità tra i sessi; una società equa; integrazione della dimensione di genere e prospettiva intersezionale nelle politiche dell’UE; finanziare azioni per progredire nell’uguaglianza di genere nell’UE; favorire l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne a livello globale.

9 Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006 riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione); la Direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea; la Direttiva (UE) 2023/970 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 volta a rafforzare del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza delle retribuzioni e i relativi meccanismi di applicazione.

10 Risoluzione del Parlamento europeo del 3 maggio 2022 sul raggiungimento dell’indipendenza economica delle donne attraverso l’imprenditorialità e il lavoro autonomo (2021/2080(INI)).

11 L’UE ha aderito alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (c.d. Convenzione di Istanbul). La nuova direttiva dell’UE sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica si propone di raggiungere gli obiettivi della convenzione stabilendo che tutte le forme di violenza contro le donne devono essere considerate reato, con un sostegno completo alle vittime e un coordinamento e una cooperazione rafforzati a livello di Unione e di Stati membri.

12 European Commission, Eurobarometer 525, Monitoring the level of financial literacy in the EU, Report, European Union, 2023.

13 Lang, T., La competenza finanziaria quale asset indispensabile per giovani e adulti, in Microfinanza 53, AnnoXII, 2024, Roma.

14 OECD and European Commission (2022), Policy brief on access to finance for inclusive and social entrepreneurship: What role can fintech and financial literacy play?, OECD-LEED Papers, No 2022/06, OECD Publishing, Paris.

15 OECD (2023), Joining Forces for Gender Equality – What is holding us back?, OECD Publishing Paris.

16 European Parliament (2015), Women’s Entrepreneurship: Closing the gender gap in access to financial and other services and in social entrepreneurship, ThinkTank, Bruxelles.

17 Magda Bianco è Capo del Dipartimento Tutela della clientela ed educazione finanziaria della Banca d’Italia. Intervento nella Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, Camera dei deputati, “Cultura finanziaria e violenza economica”, Roma, 4 ottobre 2024.

18 EIGE, cit.

19 Belgio, Bulgaria, Croazia, Lituania, Ungheria, Malta, Romania, Slovenia and Slovacchia.

20 Direttiva (UE) 2024/1385 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 maggio 2024 sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica.

21 EIB, Gender equality and women’s economic empowerment overview 2024, European Investment Bank, 2024 www.eib.org/gender

22 EIGE 2024, cit.

23 Regolamento (UE) 2021/1060 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 giugno 2021 recante le disposizioni comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo Plus, al Fondo di coesione, al Fondo per una transizione giusta, al Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura, e le regole finanziarie applicabili a tali fondi e al Fondo Asilo, migrazione e integrazione, al Fondo Sicurezza interna e allo Strumento di sostegno finanziario per la gestione delle frontiere e la politica dei visti.

24Accordo di partenariato Italia 2021-2027 conforme all’articolo 10, paragrafo 6 del Regolamento UE n. 1060/2021, Decisione di esecuzione della commissione C (2022) 4787 del 15 luglio 2022.

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