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Emma Evangelista
LA FORZA DELLE DONNE E LA PARITÀ DI GENERE
INTERVISTA ALLA MINISTRA DELLE PARI OPPORTUNITÀ E DELLA FAMIGLIA EUGENIA ROCCELLA
Nell’anno del G7 italiano sulle pari opportunità è tempo di bilanci anche per l’Italia sulla situazione delle differenze di genere e di strumenti utili alle donne per sostenere l’indipendenza economica e sociale che permetterà il raggiungimento dell’equità in ogni campo. Le differenze di genere sono un valore e il dipartimento per le pari opportunità sta mettendo in campo diverse azioni a sostegno dell’indipendenza contro ogni forma di violenza o abuso. In queste pagine la ministra Eugenia Roccella approfondisce gli strumenti e le buone pratiche, come il progetto Microcredito di libertà, che si prefiggono di raggiungere buoni traguardi per sostenere le donne.
Ministra, il G7 sulla parità di genere si è appena concluso e dai dati risulta che l’Italia raggiungerà il traguardo della Gender Equality tra 67 anni. Considerando i progressi già fatti, quali misure potrebbero accelerare il conseguimento di questo obiettivo?
Io non credo che dobbiamo aspettare 67 anni. Queste previsioni partono sempre da una visione statica, mentre invece le cose galoppano, cambiano, e in particolare cambieranno con il nostro Governo. Non a caso abbiamo raggiunto un ottimo risultato nel Gender Equality Index proprio nell’ambito del cosiddetto ‘potere’, quindi dei ruoli apicali, dei ruoli di leadership conquistati negli ultimi anni, a partire ovviamente dalla Presidente del Consiglio donna, ma anche dalla Ragioneria dello Stato ora affidata a una donna, dalla presenza delle donne nei cda, nella politica… Quindi penso che in realtà raggiungeremo questi risultati molto prima.
La transizione da un percorso di violenza a uno di rinascita economica e sociale per una donna vittima di abusi richiede il supporto degli strumenti statali. Quali interventi sono attualmente previsti dal Dipartimento per promuovere questo processo?
Gli interventi in campo sono numerosi, ma forse i più importanti sono quelli che riguardano l’autonomia economica. Per esempio, i risultati che questo governo ha ottenuto per quanto riguarda i tassi di occupazione femminile sono importanti. Le misure che abbiamo messo in campo per incoraggiare la conciliazione vita-lavoro, e quindi l’occupazione femminile, stanno dando buona prova di sé. In più ci sono gli interventi specifici, che sono sostanzialmente tre: il reddito di libertà (cioè i fondi per la situazione di emergenza a disposizione delle donne che vogliono fuoriuscire da situazioni di violenza); il microcredito di libertà; l’assegno di inclusione disponibile per le donne che hanno subìto violenza, perché il nesso tra subordinazione economica e incapacità di uscire da situazioni di violenza è evidente.
Donne, lavoro e famiglia: come ritiene che questi elementi si integrino con la questione della parità di genere?
Sono elementi molto strettamente collegati. L’autonomia economica, la possibilità di espandere i propri talenti e le proprie vocazioni anche al di là della famiglia, è fondamentale proprio per consentire alle donne di pensare con più libertà, con più serenità alla possibilità di avere un figlio, una famiglia, di avere anche una vita privata ricca di tutto quello che si desidera. Per questo abbiamo investito molto nelle misure di conciliazione, per facilitare alle donne che lavorano la possibilità di avere i figli che desiderano. Penso ad esempio alla decontribuzione per le mamme lavoratrici dal secondo figlio in poi, all’asilo nido sostanzialmente gratuito dal secondo figlio… è infatti soprattutto al secondo figlio che le donne spesso rinunciano, perché hanno condizioni di lavoro e un’organizzazione tutt’intorno, a cominciare da quella urbana, poco amichevole nei confronti della famiglia e dei figli.
Parliamo ora del Microcredito di libertà, uno strumento che Lei ha fortemente sostenuto e che ha raggiunto il suo primo traguardo. Qual è la Sua opinione su questo strumento e sul percorso intrapreso finora?
È uno strumento fondamentale, innanzi tutto per le ragioni che abbiamo appena detto, e cioè il nesso tra la violenza economica e le altre forme di violenza contro le donne. Spesso i percorsi di violenza cominciano proprio con forme di coercizione economica, cioè con la mancanza di autonomia nella gestione finanziaria o nel lavoro. Una donna che non ha questo margine di autonomia è sicuramente più fragile rispetto alla violenza, all’aggressività, al dominio maschile. In questa chiave, il Microcredito è importante perché si basa proprio sull’empowerment, è l’empowerment è una fondamentale leva di contrasto alla violenza. Più una donna ha capacità di credere in se stessa, di essere autonoma, meno è disponibile a subire. L’iniziativa del Microcredito di Libertà si basa proprio sulla fiducia che le donne hanno in se stesse e sulla consapevolezza di non essere sole in queste battaglie. ‘Non sei sola’ era infatti anche lo slogan della campagna dello scorso anno contro la violenza.
Crede che il Microcredito possa essere uno strumento da utilizzare in modo continuativo nelle attività promosse dal Dipartimento?
Lo credo senz’altro. È uno strumento che dobbiamo assolutamente implementare, diffondere. È ancora poco conosciuto e si tratta di un progetto davvero importante, perché si basa proprio sulla fiducia di una donna in se stessa e sulla capacità, con un piccolo aiuto, di intraprendere un percorso di autonomia lavorativa ed economica.
Quali obiettivi secondo Lei potrebbero essere determinanti per l’implementazione del Microcredito di libertà sul territorio?
Dobbiamo diffonderlo e renderlo più conosciuto, sia nella sua versione ‘imprenditoriale’, sia nella formula di sostegno ai primi bisogni che una donna può avere quando esce da situazioni di violenza, dalla ricerca di una nuova casa alle esigenze di salute o di altra natura. Bisogna quindi innanzi tutto promuovere la conoscenza di questo strumento. Tutti i centri antiviolenza dovrebbero esserne diffusori, dovrebbero poter dire alle donne che il Microcredito di libertà esiste e che attraverso i centri antiviolenza si può usufruire di questa possibilità. Poi naturalmente bisogna ampliare la partecipazione degli enti di credito che sono disponibili ad assumersi questa responsabilità per aiutare le donne.
Le chiedo di rivolgere un appello alle donne che desiderano intraprendere un percorso di auto-impresa e di autodeterminazione.
Penso che debbano soprattutto credere in se stesse, sapere che possono farcela. Le donne sono forti, non sono deboli. A volte, semplicemente, si trovano in condizioni di paura, fragilità o solitudine. Quindi la prima cosa che lo Stato e tutti noi possiamo fare - perché in campo non c’è solo lo Stato e il Microcredito. È proprio un’iniziativa che sollecita la responsabilità di altri e fare in modo che le donne non si sentano sole, che sappiano che per tornare ad avere fiducia in se stesse bisogna anche poter contare sull’aiuto di altri.
Quale caratteristica dominante ritiene debbano avere i Cav, i tutor, gli educatori finanziari per sostenere queste donne nel percorso che le porta alla libertà economica?
Bisogna imparare cosa vuol dire subire violenza, quindi prima di tutto coltivare una grande delicatezza e un ascolto attivo. E ci vuole una grande sensibilità nell’aiutare le donne a tirare fuori le loro capacità. Perché queste capacità ci sono: come ho già detto le donne sono brave, quando vogliono raggiungere un obiettivo sono in grado di farlo. Ma le idee, le capacità, la vocazione di ogni donna devono avere spazio e modo per emergere, e su questo bisogna fare leva.
Ci regala uno slogan per il Microcredito di libertà?
Abbi fiducia in te stessa. Pensati brava.
Cos’è per lei il Microcredito di Libertà?
È uno strumento che mette insieme due cose fondamentali: da una parte la responsabilità sociale, e quindi la responsabilità di tutti noi nei confronti delle donne vittime di violenza che non devono sentirsi sole, e dall’altra la consapevolezza di poter contare su mezzi concreti per ricominciare, riprendere in mano la propria vita e mettere in pratica le proprie idee. Le donne hanno tante idee: nei Paesi in cui il Microcredito è stato diffuso, (come è noto è uno strumento ideato dal premio Nobel Yunus) ha dato ottimi risultati. Ecco, questi risultati dimostrano che le donne ce la possono fare, ma spesso non riescono ad avere accesso a tutti quegli strumenti, come il credito e la formazione, che consentono alle loro capacità di emergere. Chi ci perde, in questo caso, non sono soltanto le donne ma tutta la società.