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Angelo Perfetti | Giornalista

La disamina degli strumenti che hanno favori- to l’istituzionalizzazione della micro nanza, fa- cilitando l’accesso al sistema contributivo ed economico del Paese di mercati esclusi dai circuiti creditizi tradizionali, nonostante il rilevante potenziale economico, è stata al centro di un incontro alla Luiss Business School, promosso in partnership con Mikro Kapital, società di gestione fondi specializzata in microfinanza e microcredito alle piccole e medie imprese, dal 2015 partner di ENM – Ente Nazionale per il Microcredito.

Un momento di confronto e di approfondimento sul valore del microcredito come asset class innovativa, che ha visto il contributo di Kamen Zahariev, Head of EBRD Corporate Restructuring; Mario Baccini, Presidente Ente Nazionale per il Microcredito; Ra aele Oriani, Associate Dean LUISS Business School; Luigi Rizzi, Head of Investment Funds practice Baker & McKenzie; Francesco Bucci, Investment Director Quadrivio SGR; Vittorio Volpi, Advisory Board Chairman di Mikro Kapital; Vincenzo Trani, fondatore e Presidente di Mikro Kapital. Siamo andati a parlare con il prof. Ra aele Oriani, per capire un po’ di più sulle soluzioni creditizie a sostegno di business non solo sociali, che rendono quindi il microcredito un settore di investimento redditizio.

Il microcredito è stato definito un’economia sociale, secondo lei in che senso può essere definito così?

Sono due parole che hanno un senso proprio, ma che messe insieme assumono un significato diverso. “Economia” perché naturalmente il microcredito funziona, come diceva anche il presidente Baccini, se stimola un equilibrio aziendale, sostanzialmente ci si aspetta che le aziende finanziate siano poi in grado di ripagare questo credito, quindi devono essere aziende in una situazione di equilibrio economico finanziario; “Sociale” è perché naturalmente non si può ignorare il fatto che il microcredito abbia un impatto più ampio di quello che è limitato al finanziamento della singola impresa, perché produce occupazione laddove ce ne è di meno, perché fornisce risorse finanziarie ad artigiani e imprenditori che non avrebbero accesso ad altri canali, e quindi in questo svolge un ruolo più ampio di quello della mera concessione di credito.

Ma non è pericoloso dare credito ai non bancabili?

“Il problema è come glielo si dà. Naturalmente c’è innanzitutto una procedura di screening che deve analizzare la capacità dell’impresa di rimborsare il credito; è chiaro che - come ha sottolineato bene il presidente Baccini – qui non si tratta di fare della beneficenza ma si tratta dare risposte rapidamente ad alcuni soggetti che non sono bancabili per varie ragioni, o perché troppo piccoli o perché insistono in zone in cui l’accesso al canale finanziario è comunque limitato, ma che a fronte della prova dei fatti dimostrano di essere in grado di pagare. Naturalmente bisogna mettere in piedi di sistemi di controllo e veri ca durante il prestito per veri care che queste risorse siano impiegate in modo corretto. Sostanzialmente nel momento in cui il l’analisi preventiva della domanda di accesso al credito viene valutata attentamente, il sistema di controllo veri ca che quei soldi sono spesi per le ragioni per le quali sono stati chiesti, e l’azienda prosegue l’azione prevista dalla richiesta, il rischio viene molto limitato.

Il fatto che il soggetto non sia bancabile non signi ca necessariamente che sia più rischioso; semplicemente po- trebbe non avere quelle caratteristiche che lo rendono un soggetto interessante o nanziabile attraverso un pro- cesso bancario ordinario”.

Esistono ambiti commerciali o merceologici più adatti a questo tipo di soluzione?

“Penso che non ci siano particolari vincoli. È chiaro che qui non stiamo parlando di società high-tech o start up digitali, perché si sa che il rischio su queste imprese attraverso l’accesso al credito, qualunque esso sia, è elevato; per questi casi è esistono strumenti diversi, quali venture capital, o gli incubatori, quindi diciamo lasciando da par- te il settore digitale e i tecnologici, tutti gli altri sono in qualche modo potenzialmente oggetto di finanziamento “.

L’esperienza del microcredito è internazionale. Quanto può essere importante in Europa e quanto può fungere da volano per la nostra Italia, in particolar modo con la situazione economica attuale?
“Penso che nel nostro Paese possa essere più importante che da altre parti, per due ragioni particolari: la prima, è perché il nostro Paese è naturalmente caratterizzato dalla micro impresa, e il ruolo che questa svolge nel sistema economico italiano è più rilevante che in altre Nazioni; da questo punto di vista ci sono più potenziali soggetti imprenditori. Seconda ragione, è perché secondo me l’Italia rispetto ad altri Paesi europei è caratterizzata da un “economic divide“ tra Nord e sud, che spesso rende di cilmente bancabili iniziative meritevoli che nascono in determinate regioni del Paese.

Il microcredito lo vedo anche come uno strumento in grado di ridurre in qualche modo in alcune regioni il gap di progresso economico, di crescita, che è anche legato alla di coltà di accedere ai canali nanziari tradizionali. Questa combinazione di ruolo importante per le micro imprese e ‘economic divide’ tra Nord e Sud lo rende partico- larmente interessante e potenzialmente di impatto maggiore rispetto a quello che avviene in altri Paesi”.

Ha citato e sottolineato il termine microimprese. Questo modo di immaginare il credito vede come terminale la persona... Il progetto, l’idea ma soprattutto la persona sica che lo esprime... È chiaro che, come dicevamo prima, la valutazione in questo caso che è completamente diversa dai processi di screening che fanno le banche; quest’ultime utilizzano standard sulle domande di credito, guardano gli indicatori contabili di bilancio e sostanzialmente guardano poco, proprio per come è strutturato il processo, al lato del capitale umano.

Invece in questo caso, sia perché sono micro imprese, sia perché io sto finanziando in particolare la persona, l’imprenditore, l’artigiano, molto si basa anche sulla fiducia e sulla valutazione della persona.
Per questo motivo il processo di screening deve essere diverso rispetto a quello delle banche. Su questo sono per- fettamente d’accordo, il ruolo dell’imprenditore, della persona, del piccolo team imprenditoriale è assolutamente di importanza fondamentale”.

Questo tipo di opportunità, di sistema, lo vede in crescita repentina ed esponenziale o immagina una crescita regolare nel tempo?
“La domanda potenziale è molto elevata, e considerando che in Italia questo è un fenomeno completamente nuo- vo, questo fa si che potrebbe crescere anche molto rapidamente. Qui si innesca un tema non solo di domanda ma anche di o erta. Ad oggi c’è da capire quanti siano i soggetti che sono in grado di svolgere questa attività; ad oggi a me risulta che ce n’è uno, non so se nel frattempo sia cambiata la situazione; il ruolo importante che può avere l’Ente è far sì che questo intervento diventi sistemico e quindi farsi promotore anche del fatto che ci siano più soggetti autorizzati. Visto che ormai è stata fatta una regolamentazione molto precisa e potenzialmente efficace, il ruolo dell’Ente deve essere anche quello di favorire la nascita di soggetti che non lo facciano in modo random ma secondo la disciplina e le regole che sono nel Testo Unico Bancario; più il fenomeno diventa istituzionale e segue un determinato percorso, più diventa efficace.

Quindi l’Ente Nazionale per il Microcredito come motore primo, come esempio, ma anche quale garanzia e controllo dello sviluppo dello strumento microcredito?

“Garantisce naturalmente la qualità, e si deve far promotore non solo della cultura ma anche dell’applicazione del- le regole, quello che chiamerei istituzionalizzazione del fenomeno. Un po’ come è successo con il crowdfunding, con una normativa sviluppata da Consob, con una serie di soggetti che sono stati autorizzati, ora è un sistema che sta crescendo perché ci sono delle regole chiare e dei soggetti che operano nell’ambito di queste regole. Questo fa si che il fenomeno si possa sviluppare in modo organico senza problemi, senza che poi i soggetti abbiano difficoltà. Detto questo penso che di domanda ce ne sia potenzialmente molta, dipende da come si strutturerà l’o erta, da quanti soggetti entreranno nel mercato con un’attività istituzionale come quella che fa Mikrocapital in altri Paesi europei”.

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