Archivio opinioni
di AVV. ERMINIA MAZZONI Esperto di Politiche del Lavoro e dell’Unione Europea
Sommario 1. Premessa 2. Uguaglianza + ugualitarismo 3. Destinazione futuro 4. Alla conquista delle pari opportunita’ 5. Conclusioni parole cHiave: genere; generazione; uguaglianza; libertà; pari opportunità 1.premessa La nostra bellissima Italia, il “Paese dei mille Paesi” (Bevilacqua), svela ancor più nella crisi la fragilità di un sistema che non ha saputo fare della diversità - di culture, di paesaggi, di storia, di comunità, di territori - un punto di forza, mostrando il volto della sua incompiuta democrazia. In Italia, infatti, tocchiamo purtroppo ancora vette altissime quando ci avventuriamo per gli impervi sentieri della parità di genere e generazionale. Il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione, che si esprime attraverso il riconoscimento fondamentale della cittadinanza universale, è ancora oggi, per molti versi un auspicio, in quanto essa rappresenta un’ambizione di carattere sociale e culturale più che giuridico. La cittadinanza, intesa come patrimonio di diritti e doveri, ha trovato una forma di attuazione tacitante nell’egualitarismo dei diritti. In termini di riconoscimento di diritti e doveri direi che siamo sovrabbondanti, anzi credo che l’eccesso di legislazione sia di ulteriore nocumento. Manca, invece, l’acquisizione della “diversità” come valore. Il problema è che siamo ancora legati a stereotipi culturali che mal si adattano ai progressi sociali. Tale situazione crea cortocircuiti normativi e vanifica il percorso di affermazione dei diritti. L’individualismo, acuito da decenni di instabilità e precarietà economica, ha portato a fare delle differenze un motivo di scontro più che un elemento di accrescimento. La speranza è che il futuro si appropri della diversità come valore e ne faccia il fondamento reale di una società capace di emanciparsi dalla teoria dei numeri primi, che è la metafora dell’individualismo e della solitudine. 2.uguaglianza - ugualitarismo Lo sforzo per dar corso alla speranza che il confronto sul tema della uguaglianza non continui ad animare su fronti contrapposti egualitarsti e liberisti e si areni nelle paludi dell’alternativa tra soddisfazione del bisogno e promozione del merito richiede un lavoro complesso di ingegneria socio-politica. “I due valori della libertà e dell’eguaglianza si richiamano l’uno con l’altro nel pensiero politico e nella storia. Sono radicati entrambi nella considerazione dell’uomo come “persona”. Appartengono entrambi alla determinazione del concetto di persona umana, come essere che si distingue o pretende di distinguersi da tutti gli altri esseri viventi.”1 L’obiettivo cui tendere è rendere uguali tutti e garantire il superamento del bisogno senza appiattire le differenze bensì valorizzandole in una logica di occasione e di possibilità. Uguaglianza e libertà non sono antinomiche; esse sono principi cardine del patrimonio giuridico dello persona e la capacità di garantire il pieno godimento di entrambi nell’equilibrio è il fondamento, come scrive la nostra Costituzione, della organizzazione democratica del Paese. Significa che se per definire l’uguaglianza adottiamo il criterio della distribuzione delle risorse, l’egualitario lo declina applicando la misura del bisogno (risorse a tutti in base ai bisogni) il liberista quello delle capacità personali (risorse a tutti quelli che le conquistano) l’impalcatura costituzionale in base alla democrazia delle opportunità e dei punti di partenza (risorse a tutti proporzionalmente alle occasioni colte e sfruttate e al contributo offerto). Purtroppo la degenerazione valoriale, che rischia di trascinare con se anche il principio di democrazia, rende oggi impervia la socializzazione dei diritti e la solidarietà politica, sociale ed economica, in questo caso tra i generi e le generazioni, perché ciascuno è egoisticamente alla ricerca della soddisfazione personale, ritenendo che la stessa possa conseguirsi al di là del contesto. Bisognerebbe metabolizzare l’idea che “La storia del concetto di eguaglianza in senso formale si definisce come affermazione della «eguaglianza dei diritti (…) ma possibilità di distinguere tra uomo e uomo e tra situazione e situazione a condizione che la distinzione sia fondata sull’utilità comune»”.2 Per capirci,divari e discriminazioni nel mercato del lavoro comportano, in via immediata, minori opportunità individuali per chi ne è vittima, ma, in via mediata, sottraggono alla società un patrimonio di competenze e di energie sulle quali potrebbe accrescere il proprio valore. Il problema riguarda tutti, indipendentemente dalla posizione occupata rispetto ai divari e il loro superamento si tradurrebbe in un aumento complessivo dell’efficienza, della produttività e della disponibilità per tutti di beni e servizi. 3. Destinazione futuro Ugualmente dispari o Diversamente pari rispetto al resto del mondo (SIC!), giovani e donne diventano trasversalmente prioritari nella costruzione della prossima generazione (NextGeneration). La crisi economica con la quale ci confrontiamo oggi ha colpito un Paese già fiaccato da un serio differenziale socio-economicoambientale e ha infierito sulle categorie più deboli. Donne e giovani rimangono “diversamente pari” al resto della cittadinanza. Prova ne è che, al di là del propagandismo di alcuni, siamo il Paese più remunerato dallo straordinario Piano Europeo Post pandemico proprio in ragione della maggiore debolezza di alcune fasce della popolazione oltre che di alcune aree del Paese, cosa per la quale la Commissione UE, nelle sue raccomandazioni, ci ha assegnato l’obiettivo di “intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all’esclusione e alle disuguaglianze” (CSR – Country Specific Reccomendations -), adottando misure strategiche in grado di “garantire che le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali siano efficacemente integrate e coinvolgano soprattutto i giovani e i gruppi vulnerabili; sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia complessiva in particolare grazie alla previsione di accesso a servizi di assistenza all’infanzia e a lungo termine di qualità; migliorare i risultati scolastici.” “L’Unione Europea ha risposto alla crisi pandemica con il Next Generation EU (NGEU)”, afferma il Presidente del Consiglio Mario Draghi, nella premessa al piano, un programma “di portata e ambizione inedite, che prevede,” tra gli obiettivi, “investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale; migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; e conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale” e definisce le tre priorità principali: parità di genere, protezione e valorizzazione dei giovani e superamento dei divari territoriali3. “L’empowerment femminile e il contrasto alle discriminazioni di genere, l’accrescimento delle competenze, della capacità e delle prospettive occupazionali dei giovani, il riequilibrio territoriale e lo sviluppo del Mezzogiorno non sono univocamente affidati a singoli interventi, ma perseguiti quali obiettivi trasversali nell’ambito di tutte le componenti del PNRR.”4. Dentro questo schema dunque i c.d. gruppi sociali vulnerabili diventano tangenti alle 6 missioni - Transizione verde, Trasformazione digitale, Crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, Coesione sociale e territoriale, Salute e resilienza economica, sociale e istituzionale, Politiche per le nuove generazioni, l’infanzia e i giovani -, funzionali alla loro approvazione e determinanti per l’erogazione delle risorse. L’obiettivo è che il Next Generation Eu sia l’occasione “per recuperare i ritardi storici che penalizzano il Paese e che riguardano le persone con disabilità, i giovani, le donne e il sud” 5. 4. alla conQuista Delle pari opportunità Come abbiamo visto il fronte dolente dei divari è ancora caldo ai giorni nostri. Donne e giovani dovrebbero riportare immediatamente al concetto primario del ciclo della vita, che è totalizzante e inclusivo, invece il citarli agita sentimenti legati ai fenomeni negativi della competizione di genere e del conflitto generazionale. Eppure per logica dovremmo pensare che donne e giovani non sono l’altro ma componenti dinamiche del soggetto collettivo: ogni generazione è composta di uomini e donne, così come donne e uomini appartengono a generazioni diverse. Qual è dunque il punto di rottura? Oltre alla questione culturale c’è la scarsità di risorse (la crisi economico-finanziaria) che mette gli uni contro gli altri e ottenebra la mente tanto da far perdere di vista il principio fisico di base secondo cui più energie mettiamo in campo più produciamo, purchè il loro apporto sia regolamentato e non generi il caos. Ed ecco il concetto delle pari opportunità, secondo cui l’uguaglianza diventa il punto di arrivo di un processo che parte dalle differenze. E dunque argomentando a partire dal pensiero filosofico di Bobbio, laddove segnalava che “Applicare all’uguaglianza degli uomini il significato che se ne ricava dalla sua accezione descrittiva porta a limitare la riflessione ad una visione statica e a prenderne atto.”6 , la strada da seguire è quella dinamica del processo che conduce al compimento della democrazia promuovendo le c.d. pari opportunità. Declinate nel PNRR, queste, nella logica trasversale già definita, vengono inquadrate in sottoinsiemi, a sottolineare il punto di partenza differente e l’obiettivo comune della uguaglianza. Non a caso, infatti, il piano dedica una sezione alle pari opportunità generazionali e una alle pari opportunità di genere, perché anche l’ ”emarginazione” ha le sue differenze. Se comune è l’obiettivo della “parificazione” dei diritti e delle opportunità, diversa è la strategia per raggiungerlo in relazione alle donne e ai giovani. Le cause alla base delle molteplici sfumature che assume la cittadinanza nel nostro Paese – in base ai vari fattori: genere, generazione, territorio, condizioni economiche, fisiche e sociali - hanno origini e strutture diverse e, dunque, i rimedi devono essere mirati. Le azioni del Piano volte a “recuperare il potenziale delle nuove generazioni e a costruire un ambiente istituzionale e di impresa in grado di favorire il loro sviluppo e il loro protagonismo all’interno della società” puntano su digitalizzazione (Missione1), Green Deal (Missione 2), Istruzione, Formazione e Ricerca, (Missione 4) Politiche attive del Lavoro (Missione 5) Promozione Infrastrutture sociali e delle aree interne (Missione 6). In merito alle pari opportunità di genere, il Piano parte dal presupposto che “La mobilitazione delle energie femminili … è fondamentale per la ripresa dell’Italia” e che occorra “intervenire sulle molteplici dimensioni della discriminazione verso le donne.”, tenendo conto dell’attuale “contesto demografico, in cui l’Italia è uno dei Paesi con la più bassa fecondità in Europa (1,29 figli per donna contro l’1,56 della media UE)” e agganciando il percorso di riforma e investimento alle politiche per promuovere la natalità avviato col Family Act. Così ragionando il PNRR prevede: a) misure di potenziamento del welfare, anche per permettere una più equa distribuzione degli impegni, non solo economici, legati alla genitorialità, meccanismi nuovi di reclutamento e di progressione di carriera nella Pubblica Amministrazione, in linea con il secondo principio del pilastro europeo dei diritti sociali, misure dedicate al lavoro agile, per incentivare un più corretto bilanciamento tra vita familiare e professionale, e il potenziamento e l’ammodernamento dell’offerta turistica e culturale, settori a forte presenza femminile sia direttamente che nell’inguire è quella dinamica del processo che conduce al compimento della democrazia promuovendo le c.d. pari opportunità. Declinate nel PNRR, queste, nella logica trasversale già definita, vengono inquadrate in sottoinsiemi, a sottolineare il punto di partenza differente e l’obiettivo comune della uguaglianza. Non a caso, infatti, il piano dedica una sezione alle pari opportunità generazionali e una alle pari opportunità di genere, perché anche l’ ”emarginazione” ha le sue differenze. Se comune è l’obiettivo della “parificazione” dei diritti e delle opportunità, diversa è la strategia per raggiungerlo in relazione alle donne e ai giovani. Le cause alla base delle molteplici sfumature che assume la cittadinanza nel nostro Paese – in base ai vari fattori: genere, generazione, territorio, condizioni economiche, fisiche e sociali - hanno origini e strutture diverse e, dunque, i rimedi devono essere mirati. Le azioni del Piano volte a “recuperare il potenziale delle nuove generazioni e a costruire un ambiente istituzionale e di impresa in grado di favorire il loro sviluppo e il loro protagonismo all’interno della società” puntano su digitalizzazione (Missione1), Green Deal (Missione 2), Istruzione, Formazione e Ricerca, (Missione 4) Politiche attive del Lavoro (Missione 5) Promozione Infrastrutture sociali e delle aree interne (Missione 6). In merito alle pari opportunità di genere, il Piano parte dal presupposto che “La mobilitazione delle energie femminili … è fondamentale per la ripresa dell’Italia” e che occorra “intervenire sulle molteplici dimensioni della discriminazione verso le donne.”, tenendo conto dell’attuale “contesto demografico, in cui l’Italia è uno dei Paesi con la più bassa fecondità in Europa (1,29 figli per donna contro l’1,56 della media UE)” e agganciando il percorso di riforma e investimento alle politiche per promuovere la natalità avviato col Family Act. Così ragionando il PNRR prevede: a) misure di potenziamento del welfare, anche per permettere una più equa distribuzione degli impegni, non solo economici, legati alla genitorialità, meccanismi nuovi di reclutamento e di progressione di carriera nella Pubblica Amministrazione, in linea con il secondo principio del pilastro europeo dei diritti sociali, misure dedicate al lavoro agile, per incentivare un più corretto bilanciamento tra vita familiare e professionale, e il potenziamento e l’ammodernamento dell’offerta turistica e culturale, settori a forte presenza femminile sia direttamente che nell’inMF_34_IN_ULTIMO_Layout 1 28/07/21 07.33 Pagina 30 Microfinanza • 2021 • n. 34 31 dotto (Missione 1); b) misure di potenziamento dei servizi educativi dell’infanzia e della offerta di asili nido, l’estensione del tempo pieno a scuola, l’investimento sulle competenze STEM tra le studentesse delle scuole superiori per migliorare le loro prospettive lavorative e permettere una convergenza dell’Italia rispetto alle medie europee (Missione 4); c) una strategia integrata per sostenere l’imprenditoria femminile, un sistema nazionale di certificazione della parità di genere, che accompagni le imprese nella riduzione dei divari in tutte le aree più critiche per la crescita professionale delle donne, e rafforzi la trasparenza salariale, progetti sull’- housing sociale, per ridurre i contesti di marginalità estrema che aumentano il rischio di violenza cui sono maggiormente esposte le donne, la valorizzazione delle infrastrutture sociali e la creazione di innovativi percorsi di autonomia per individui disabili (Missione 5), il rafforzamento dei servizi di prossimità e di supporto all’assistenza domiciliare per ridurre l’onere delle attività di cura, fornite in famiglia prevalentemente dalle donne (Missione 6). 5. conclusioni Un tempo ho incarnato i due volti di quella che ai giorni nostri è la categoria unitaria del trasversale, donne e giovani. Oggi me ne rimane uno, ma l’altro è impresso (a volte con qualche scusabile nostalgia) nella memoria Tanto per documentare la cognizione di causa con la quale scrivo, che mi consente di dire che è giunto il tempo di promuovere la cultura del “genere umano” e ripristinare il valore del “ricambio generazionale”. Il momento è propizio perché non abbiamo il problema della “scarsità di risorse” che ci mette gli uni contro gli altri. In tutte le culture, laiche e religiose, di tutte le società e in ogni epoca il ruolo della donna è sempre stato determinante - Donna principio della vita, custode della casa, presidio della famiglia, responsabile educativo - tanto determinante da essere elemento scontato di cui spesso la storia, antica e contemporanea, si è dimenticata. I Giovani, anch’essi cantati nelle odi e nei poemi dell’antichità, effigiati e ritratti su tele, pareti e oggetti, ossequiati e ricercati quali prospettive di eternità, garanzia di protezione e simbolo di forza, sono divenuti una delle parti in contesa di un mal posto scontro tra generazioni. Donne e Giovani, protagonisti “artificiosamente conflittuali” della modernità, non possono rappresentare gli elementi in cui si scompone la fragilità della natura umana. Abbiamo il dovere di ricominciare a pensare alle differenze in termini costruttivi, ricordando che la “donnalavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica” rappresenta un indispensabile contributo “all’elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento”7 e che i giovani devono essere trattati «come fratelli»8 e non esasperati «perché non si scoraggino» e abbiano «lo stimolo giusto e necessario per dare il meglio di sé e costruire qualcosa di migliore». 9. Quelli in cui scrivo, sono giorni di lutto in cui si piangono giovani vittime sul lavoro, sono giorni di fermento per gli esclusi dal lavoro e sono giorni di speranza perché la strada per ottenere le risorse europee destinate a creare argini alla crisi socioeconomica (resilience) e per riprendere il cammino di crescita (Recovery) è quella delle grandi riforme (Giustizia, PA, Mercato del lavoro, Fisco) oltre che del superamento delle differenze di genere e generazionali. C’è quindi un orizzonte qualitativamente e quantitativamente favorevole per farsi carico di una rivoluzione culturale. Non ho l’ambizione con queste riflessioni di chiudere il dibattito sulla gestione delle differenze perché esso è naturalmente destinato a sopravvivere a se stesso. Ho solo la speranza che parlarne (o scriverne) possa essere di contributo ad inquadrare i termini del discorso in relazione di valore, iscrivendo in esso i concetti dell’ “interesse comune”, del capitale umano come risorsa, della democrazia delle pari opportunità, dell’uguaglianza dei diritti e dei doveri.
NOTE 1 N. Bobbio, Eguaglianza e libertà, Einaudi, Torino, 1995 (rist. 2009), p. VII. 2 Così F. Sorrentino, Eguaglianza formale, in Costituzionalismo.it, n. 3/2017 (parte I), p. 1 (www.costituzionalismo.it/download/Costituzionalismo_201703_642.pdf) 3 Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa, Premessa 4 Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa, pag. 20 5 Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa, pag. 43 6 N. Bobbio, “Eguaglianza e Egualitarismo” – 1976 - in Id., Teoria generale della politica, Bovero, M. (a cura di), Torino, Einaudi Bobbio, N. (1999). 7 Papa Giovanni Paolo II “Lettera alla donna” 8 Versetti del capitolo 5 del libro “1 Timoteo” della Sacra Bibbia. 9 Paolo di Tarso, Lettera ai Colossesi (Colossesi 3,21)