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INTERVISTA ALL'AMBASCIATORE CARMINE ROBUSTELLI SUL RUOLO DELL'ITALIA NELLO SCACCHIERE DI GHIACCIO
EMMA EVANGELISTA e MATTEO OCCHIUTO
Le nuove frontiere per l'economia globale si espandono oltre la crosta terrestre comprendendo lo spazio e i ghiacciai con le loro preziose risorse nascoste per millenni. Proprio nell'Artico, oggi, la diplomazia internazionale si confronta per sostenere le ragioni di un neocolonialismo del terzo millennio che si districa tra cyber security, industria mineraria, terre rare e conservazione di specie nelle profondità microbiologiche dei ghiacciai. Sono ormai lontani i tempi in cui l’Artico veniva visto come regione praticamente impossibile da plasmare. Le nuove tecnologie hanno, infatti, permesso finalmente di capirne le potenzialità, concedendo alle popolazioni mondiali di pensare e attuare uno sviluppo che, però, vanta come conditio sine qua non il rispetto sia dell’ecosistema, sia delle popolazioni indigene. Un luogo, quindi, da cui attingere con consapevolezza ma anche con grandissima attenzione, su cui dal 1996 dibatte il Consiglio Artico. Un Consiglio del quale, in qualità di Stato Osservatore, fa parte anche il nostro Paese, l’Italia, al cui vertice della delegazione vi è l’Ambasciatore Carmine Robustelli.
Ambasciatore, quanto vale la collaborazione italiana in termini economici? E, soprattutto, i cambiamenti climatici che nell’Artico stanno intervenendo come cambiano il nostro rapporto con le imprese italiane che possono interagire in Artico?
L’Italia ha tra gli elementi della sua presenza in Artico le imprese. Si tratta soprattutto di grandi imprese che hanno una caratteristica fondamentale e importante che è quella di agire con il massimo rispetto possibile verso la delicatezza dell’ambiente. Il Nostro contributo in Artico, attraverso le imprese che hanno piena autonomia operativa, mira all’alta tecnologia, allo sviluppo sostenibile e all’equilibrio tra gli interessi di sviluppo economico e preservazione ambientale. Difficile fare un discorso unitario su tutto l’Artico, dal momento che ogni azienda che agisce in questo contesto lo fa attraverso gli Stati Nazionali che, su quella parte di territorio, di mare Artico, hanno una giurisdizione. Quindi è un discorso che andrebbe parcellizzato e all’interno di questi paesi difficilmente si può fare un discorso legato esclusivamente al sistema Artico. Sezionare l’Artico all’interno di questo quadro complessivo può essere difficoltoso, l’importante è che gli Stati Artici diano sempre più peso a questo sistema all’interno della loro economia e, quindi, le imprese straniere e i paesi che accompagnano gli Stati Artici in queste politiche devono seguire queste priorità date dagli stessi Stati Nazionali dove si lavora affinché ci sia un elemento unificatore, il rispetto verso l’ambiente. Questo si applica, ad esempio, attraverso le regole internazionali dell’Organizzazione Internazionale Marittima, IMO, specifiche per le zone polari. Anche questa è una maniera internazionale di agire per incidere sull’importante equilibrio tra preservazione dell’ambiente e sviluppo in Artico. In questo caso ancora di più trattandosi di economia e si fa insieme agli Stati Artici che hanno ovviamente il primo diritto ad esprimersi sulla regione.
Parliamo adesso di presenza italiana, in termini di forza lavoro, di capitale umano, di risorsa, di ricerca. Quanti sono gli italiani che lavorano o gravitano intorno alle attività dell’Artico?
Per quanto riguarda la presenza dei nostri connazionali in Artico va, innanzitutto, stanziata una cifra, ovvero i quattro milioni di persone che vivono nell’area artica. È un calcolo approssimativo, anche all’interno degli Stati Nazionali non si fa una statistica che taglia il Circolo Polare Artico, ma la si fa sulla base delle regioni di appartenenza, che a loro volta sono tagliate. L’Artico è un concetto geografico che non sempre si riproduce nelle ripartizioni amministrative. I numeri sono sempre non propriamente precisi, dal momento che anche il taglio geografico non lo è. Quindi quando dico che vivono quattro milioni di persone nell’area artica, non mi è possibile indicare la percentuale ed il numero esatto degli italiani. Quello che è molto interessante è che ci sono alcuni paesi che hanno più città in Artico, uno sviluppo dell’Artico maggiore, dal punto di vista non solo economico, con presenze anche momentanee per le persone che vi si recano, ma anche per quanto riguarda le presenze più stabili. Cito la Norvegia, il Paese Artico con cui sicuramente l’Italia vanta maggiori rapporti. In Norvegia, per quanto riguarda l’Artico, vi è l’importante città di Tromsø, sede del Segretariato del Consiglio Artico, oltre che della UiT The Arctic University of Norway. Molti dei nuovi italiani che vanno in giro per il mondo rispetto alla vecchia emigrazione con un livello di integrazione e prospettive di studio decisamente superiore al passato, vanno dove ci sono questi tipi di insegnamenti. Io stesso, durante una visita proprio alla UiT The Arctic University of Norway, mi sono reso conto di quanti ricercatori italiani siano presenti, a volte invisibili alle statistiche perché non stabilizzati. Sono presenze rotative, cicliche, che danno qualità alla nostra presenza in Artico, proprio perché si pongono in una fascia alta a livello qualitativo e sono molto apprezzate.
Qual’è significativamente la nostra presenza all’interno del Consiglio Artico?
Il Consiglio Artico ha una struttura molto interessante dal punto di vista del Diritto Internazionale. Membri sono gli Stati Artici. Partecipanti permanenti sono alcune organizzazioni rappresentative delle popolazioni indigene. Parliamo dell’unico organismo che li preveda, come partecipanti fissi, allo stesso livello, allo stesso tavolo. Noi siamo osservatori. In genere all’interno delle organizzazioni internazionali, gli osservatori, come suggerisce la natura stessa della parola, si limitano ad osservare. Non è così nel Consiglio Artico, che invece richiede un impegno effettivo in particolar modo all’interno di gruppi di lavoro e gruppi esperti. Parliamo di tematiche specifiche, che riguardano l’inquinamento, la flora e la fauna, le emergenze, i contaminanti, le risorse marine, il monitoraggio ambientale. Su questi argomenti, agli Stati osservatori, viene chiesto di inviare esperti e partecipare concretamente, è chiaro però che, all’esame politico, la decisione viene presa dagli Stati membri del Consiglio. Gli Osservatori, però, hanno un ruolo attivo nel processo di creazione della documentazione. Siamo un Paese che ha una presenza significativa e apprezzata all’interno di questi gruppi tematici e quindi possiamo avere un’influenza nell’elaborazione di questi documenti che servono a creare consenso sulle tematiche artiche. Agli Stati osservatori viene chiesto, a scadenza biennale, un rapporto sul proprio apporto alle attività del Consiglio Artico. Questo rapporto, che è pubblico, è consultabile da tutti, tutti possono vedere cosa riusciamo a fare. Colgo l’occasione per dire come, durante l’ultima ministeriale del Consiglio, dove i protagonisti sono i ministri degli stati Membri, agli Stati osservatori sia stata data l’opportunità di presentare un proprio statement. Noi abbiamo presentato un video, di Benedetto Della Vedova, Sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale nel Governo Draghi, anche quello è disponibile sul sito degli Consiglio Artico, in cui si spiega il nostro impegno alla causa. Tutto ciò per sottolineare la facilità con cui è possibile procurarsi materiali che attestino le attività italiane nel Consiglio Artico.
L’Artico è un’idea futuribile o è il presente?
Tutti siamo passato, presente e futuro. Certamente l’Artico è considerato da tutti una nuova frontiera. Bisogna ricordare che durante la Guerra Fredda l’Artico era noto come una delle linee di confronto est-ovest. Con il disgelo e la crescita di interesse internazionale per i temi ambientali si è creato il Consiglio Artico, nel 1996, preceduto da un originario piano di azione poi evolutosi. Si è poi arricchito della presenza di molti osservatori. Un processo, insomma, che ha posto sempre più l’Artico al centro dell’attenzione, anche perché c’è un elemento che preoccupa: la fusione dei ghiacci con il conseguente effetto sul riscaldamento globale. E’ un effetto amplificato, perchè è un elemento primario di attenzione nei confronti dell’Artico, che ha portato allo sviluppo di ulteriori attività economiche. Il mix e l’equilibrio di queste due cose è simbolico anche del futuro del pianeta intero, con l’Artico che è considerato come uno degli hot spot del cambiamento climatico e delle sfide che sono poste in termini di sviluppo sostenibile. L’Artico è importante, perché oggi noi dobbiamo affrontare la fondamentale sfida del cambiamento climatico, però è un oggi proiettato molto verso il futuro, in un equilibrio che non può non esserci fra sviluppo e rispetto dell’ambiente.
Dove sta andando l’Italia come sistema Paese negli investimenti per l’Artico?
L’Italia ha alcuni settori in cui può essere effettivamente forte. Un settore è l’energia. Noi siamo molto presenti nella parte legata agli idrocarburi, tema molto controverso in Artico, ma che al momento è ancora estremamente attuale. L’ENI opera all’interno di paesi come la Norvegia, in cui vi sono altissimi standard ambientali. Per cui siamo orgogliosi di farlo in nazioni in cui l’attenzione è molto elevata. Questo è molto importante. Ma vi sono anche le energie verdi, dove l’Italia ha delle eccellenze e che, in Artico come altrove, ci sarà uno spostamento graduale delle nostre imprese. Un altro settore rilevante è la cantieristica, chiaramente c’è uno sviluppo della navigazione in Artico, una navigazione molto delicata in cui vi sono necessità e regolamenti molto, molto particolari. Attraverso Fincantieri, comunque, riusciamo a rispondere alle sofisticate domande che ci vengono poste. Un altro settore sono i dati satellitari, e-Geos è molto presente in Artico, sia per la navigazione, sia per le attività di pesca, estrazione di idrocarburi ma anche per l’e-learning o la telemedicina. Insomma, l’elemento satellitare è fondamentale in Artico e lì noi siamo presenti e avremo ulteriori sviluppi futuri. L’incremento, comunque, delle nostre attività in Artico pone però un problema di search and rescue per quanto riguarda le attività in mare, tutta la fornitura di elicotteri, da parte di Leonardo, è molto importante. Tutte l’attività legata al turismo, settore che in Artico si sta rafforzando, e che è uno degli elementi che va ben bilanciato tra sviluppo e rispetto ambientale. L’aumento degli insediamenti umani in Artico genera esigenze di vita comune, nella misura in cui, con l’aumento della presenza umana in Artico, si avrà un aumento delle esigenze che ci consentirà di allargarci a tutti gli ambiti dell’economia. Il discorso, allora, non si può fare solo relativamente all’Artico ma al singolo Paese, perché ognuno ha le sue regole, un diverso rapporto con l’Italia, alcuni paesi fanno parte all’Unione Europea, altri ne sono strettamente associati, c’è una diversa modalità d’intervento, fuoriescono dal mio campo, che è multilaterale e orizzontale sull’Artico, finendo per transitare all’interno di relazioni bilaterali che l’Italia ha con questi paesi. Vorrei aggiungere un’ultima notazione interessante: che sia o meno legata alle attività italiane attuali o potenziali, abbiamo accennato ad una grande presenza umana nell’Artico, di cui una parte fondamentale proviene dal substrato indigeno, la cui preservazione culturale è da me reputata come fondamentale, nell’architettura del Consiglio Artico e anche sul piano economico. Le popolazioni indigene devono essere pienamente inserite all’interno di tutte le attività economiche. La loro vita, le loro tradizioni, vanno considerate e rispettate e vanno favorite quelle attività che si legano meglio alle tradizioni locali ed indigene. Questa è una grande preoccupazione, anche all’interno dell’Arctic Economic Council, costola del Consiglio. Si considera sempre di più la promozione di attività tradizionali indigene in chiave moderna affinché possano essere sempre più integrate nello sviluppo dell’Artico. È un tema importantissimo dal punto di vista politico e culturale.
CONSIGLIO ARTICO: Le regioni artiche e antartiche sono estremamente vulnerabili al cambiamento climatico e, al tempo stesso, esercitano un impatto determinante sul clima a livello globale. Lo scioglimento dei ghiacciai determina, infatti, un aumento del surriscaldamento globale, un innalzamento del livello dei mari, un incremento del fenomeno dell’erosione costiera. Risulta dunque strategico il ruolo del Consiglio Artico: un forum internazionale di alto livello istituito nel 1996 per promuovere cooperazione, coordinamento e interazione tra i paesi artici, le comunità indigene e gli altri popoli artici. L’obiettivo del Consiglio è garantire alla regione artica “uno sviluppo sostenibile ambientale, sociale ed economico”. Nel maggio 2013, l’Italia è stata ammessa formalmente al Consiglio Artico come paese osservatore, ottenendo così la possibilità di partecipare ai lavori scientifici che fanno capo al Consiglio, ovvero ai 6 Gruppi di Lavoro che si occupano del programma di monitoraggio e valutazione artica (AMAP), di sviluppo sostenibile (SDWG), del programma d’azione su contaminanti artici (ACAP), della conservazione di flora e fauna artica (CAFF), della prevenzione delle emergenze, preparazione e risposta (EPPR), della protezione ambiente marino artico (PAME). La partecipazione dell’Italia ai lavori del Consiglio Artico si svolge sotto il coordinamento del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, presso cui è istituito il Tavolo Artico. fonte: www.esteri.it/mae/it/politica_estera/aree_geografiche/europa/artico