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MARCO CERVELLERA CONTI Cervellera & Associati - Studio di consulenza

La situazione economica nell’avvio del PNRR

Cosa aspettarci dalla nuova alba economico-finanziaria? Siamo ormai stati preparati a quello che dovrà essere il cambio di paradigma dettato dai mutamenti richiesti dai nuovi scenari politico-finanziari e nulla ne è stato propulsore più adeguato di un accidentale nesso storico che coattamente ha portato a quella battuta di arresto che ha obbligato in generale ad esigere quel mutamento, forse anche areteico, di visione futuribile del domani. Nel contesto attuale, arrivato da quello che abbiamo storicamente considerato quel signum, di un cambiamento epocale che eravamo pronti ad accettare con gradazioni posizionate in fase ritmate da un’attesa di massimizzazione commerciale è stato accelerato senza possibile alternativa. Le varie leggi di mercato, cardini granitiche del funzionamento conosciuto delle variazioni frizionali economico-finanziarie, hanno dovuto confrontarsi con la continua restituzione di risultati inaspettati e di una forzata gestione pioneristica che si è affrancata, e ancora si affranca, dalle storicità di livellazione tra nessi sociali e scenari finanziari. Nel soccorso allo straordinario contesto storico hanno approdato delle aperture, concordate e condivise, a livello europeo che hanno ordinato, al fine di calmierare quella che era una situazione impossibilitata a ricevere strumenti di revisioni economiche ordinarie, dei programmi di risanamento e di novazione della sostenibilità agli investimenti che potessero presentare e/o auspicare un aggiornamento dei criteri di funzionamento e di visione di una economia a livello nazionale. Il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) fornisce, essenzialmente, quelle linee guide atte a far presagire il recepimento di quanto era nella condivisione dell’agenda Europea, l’offerta di quelle condizioni attuative al passaggio, e il ritorno, ad una socialità economico-operativa lineare e “naturale”.

Indicatori esg e l’afferente accesso al credito

Nell’attuale contesto è reso sempre più difficile valutare una realtà economico-finanziaria che possa essere valutata con affidamento alle molteplici dichiarazioni autoreferenziali e “demolizioni” reputative, dirette e/o indirette, da parte dei propri competitor, pertanto, al fine di avere dei riferimenti valutativi chiari atti ad un fedele apprezzamento. Gli indicatori ESG sono un ottimo identificatore meritocratico al fine di quella transizione che migliorerà le performance delle realtà economiche con una attenzione maggiore sugli aspetti ambientali, sociali e gestionali che tenderà a far apparire più veritiera la considerazione di quelle realtà che incrementeranno i loro livelli dei parametri ESG. Le aziende con degli ESG elevati avranno un rating migliorativo certificato (Moody’s, S&P’s, Fitch), in quanto, le comparazioni tra le aziende con diversi livelli di ESG hanno restituito una maggiore crescita e maggiore affidabilità a differenza di quelle realtà operative dove tali livelli erano minori. Pertanto, sarà più semplice l’attribuzione credito-meritevole alle aziende che massimizzeranno l’ottenimento dei rating ESG elevati con conseguente facilitazione di accesso al credito e di investimento anche attraverso OpA. In vero, c’è da considerare degli aspetti che, pur assumendo l’alto profilo degli elementi che il tema ne richiama, lo stesso è, o dovrebbe essere, assodato su quell’incrollabile e mai anacronistico elemento che la materia etica dovrebbe richiamare ogni realtà economica, e non. Vien da sé dichiarare che, le norme regolano laddove l’uomo non è in grado di autogestirsi. L’elemento ambientale (indicatore E) avrebbe dovuto esserci precedentemente sensibilizzato al fine di non farci trovare coattamente a quella tutela forzosa dell’ambiente. L’elemento sociale (indicatore S) ne richiama quel rispetto alle risorse umane, da indentificarsi come adeguatezza dei trattamenti, non discriminatori, in base al genere, alla religione e alla attribuzione delle mansioni in base ad elementi di merito e attitudini, nonché, alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Infine, l’elemento di gestione (indicatore G) ne rileva i requisiti e le azioni della Governance della azienda quali, per citarne alcuni, codice di condotta, composizioni eterogenee dei CdA, remunerazioni, codici etici, trasparenza nelle dichiarazioni. C’è certamente da considerare che quanto nei temi richiamati analiticamente dagli indicatori gli stessi vengono sorretti da un buon senso che, in quanto non applicato liberamente, viene necessariamente indotto. Il dubbio viene posto soltanto per la meritevolezza di quelle realtà che per core-business e strutturazione potesse trovarsi ad essere in contrasto con quanto nei dettami di accesso al credito richiamati dall’analisi eseguita sugli indicatori ESG. Purtroppo non viene chiarita in maniera puntuale quale debba essere l’equilibrio tra i tre indicatori tale da poter porre le aziende a mantenere un rating in base agli ESG.

La necessità degli indicatori esg per gli investimenti e l’accesso meritevole al credito

Quale necessità, pertanto, di tali indicatori per i criteri valutativi di una azienda? Vistane la situazione di lapalissiana gravità sociale e, maggiormente, ambientale, gli ottemperamenti a dei criteri che possano far assurgere una realtà economica a migliori condizioni sono essenzialmente funzionali per quel richiamo a dei paradigmi cardine che non dovrebbero mai far affrancare le attività a quel bene diffuso (ambientale, sociale ed etico). La nuova transizione economico-finanziario dovrà in qualche modo essere sostenuta da quell’etica valutabile su criteri razionali e di manifesta proporzionalità dei diritti di valutazione, di rispetto e di affidabilità promossa da chi, tale attività, valuta. L’accesso al credito dovrà basarsi con maggiore facilitazione verso chi ottemperi a criteri di “alterità” nei campi che gli indicatori ESG ne attribuiscono valenza. Varrà una indispensabile attenzione da parte degli stati, offrire quegli strumenti di adeguamento a tali criteri al fine di non creare, involontariamente, quelle discrepanze che potenzialmente potrebbero portare a oligopoli operativi su commistioni di partecipazioni finanziarie.

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