Print Friendly, PDF & Email

L’ITALIA DEL MADE IN ITALY SI PROIETTA NEL FUTURO GRAZIE ALL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA

INTERVISTA AL MINISTRO ADOLFO URSO

Emma Evangelista

Innovare per cambiare, cambiare per innovare e tornare ad essere competitivi sui tavoli internazionali: questo è l’intento di un ministero, quello del made in Italy, che vuole proiettare il Paese in una dimensione internazionale attraverso lo sviluppo delle proprie imprese e di quel tessuto economico fatto di piccola e media impresa che ha reso grande il Paese nel dopo guerra e che oggi torna ad essere fondamentale per la ripresa, di sostegno alla economia di tutto il Paese e che parte dalla riqualificazione, dal rinnovamento delle grandi industrie ma soprattutto da un cambiamento delle piccole imprese che devono necessariamente confrontarsi con le nuove tecnologie per poter essere competitive sul mercato. Ciò implica, naturalmente, l’apertura di nuovi scenari come quelli della sicurezza tecnologica per una sicurezza economica. L’economia italiana può tornare a correre proprio grazie a questi cambiamenti che il Ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, interpreta per sostenere una politica economica che travalichi i confini nazionali e riporti il Paese al centro di scenari internazionali con la consapevolezza di promuovere eccellenze in ogni settore.

Il ministero del Made in Italy riporta già dal nome il Sistema Paese a riaffermare la sua unicità sullo scacchiere internazionale. Quali le prospettive di crescita per la nostra PMI di valore nei prossimi anni e le linee d’intervento che il ministero, sotto la sua egida, vuole promuovere per sostenere questa idea?

Priorità del Governo è stata dare al Made in Italy un ruolo rilevante come motore di crescita: le imprese, nel loro insieme, rappresentano la spina dorsale di ogni sistema economico, ma la qualifica di Made in Italy è un’esclusiva che ci dà un valore aggiunto rispetto a tutti i nostri competitors.

Numerose sono le azioni intraprese per valorizzare quella che un tempo era solo una dicitura per etichette e oggi è il terzo marchio più conosciuto al mondo, dopo Coca-Cola e Visa perché in grado di evocare tradizione, qualità, innovazione e unicità.

Nella legge di bilancio appena approvata abbiamo previsto un Fondo che stanzia 100 milioni dedicati al Made in Italy, protagonista anche di uno dei due collegati che prenderanno forma nelle prossime settimane.

Uno per l’appunto è destinato al potenziamento, alla valorizzazione e alla tutela delle nostre produzioni, concentrando le azioni sulla lotta alla concorrenza sleale e alla contraffazione così da salvaguardare le nostre capacità manifatturiere – artigianali.

Tutto questo prevede un’azione a monte: l’attenzione alla trasmissione dei saperi spesso legati a zone specifiche del nostro Paese. La nostra territorialità non si contraddistingue solo per certi paesaggi peculiari e per le specialità agroalimentari, ma per tante altre produzioni che, su scala artigianale o industriale, devono essere certificate a beneficio di un mercato sempre più attento all’eccellenza e all’esclusività.

Su questo fronte a Bruxelles siamo a buon punto e presto le indicazioni geografiche tipiche saranno applicabili anche ai prodotti non alimentari dando ulteriore spinta al Made in Italy.

La sua esperienza di uomo dello Stato la porta a sostenere attività come le trattative internazionali per la rivalutazione del nostro patrimonio infrastrutturale. Nel caso del sostegno all’Ucraina, e dell’apertura dei porti, ad esempio, quali sono i punti di forza del nostro apporto sostanziale al processo di pace e come questo potrà sostenere l’economia in uno scambio valido per entrambi i Paesi?

Sono rientrato da pochi giorni da una missione a Kiev dove ho discusso con i vertici del Paese delle prospettive di pace e di possibili scenari futuri di supporto, solidarietà e collaborazione. Ho in particolare sottoscritto con il Vice primo Ministro e Ministro dell’Economia Svyderenko una dichiarazione congiunta che intende rafforzare la cooperazione industriale bilaterale in vista delle fasi della ricostruzione del Paese, che auspichiamo tutti possa iniziare presto.

Tra i settori individuati abbiamo voluto includere la logistica con riferimento in particolare all’asse infrastrutturale noto come “Corridoio n. 5” che dovrà un giorno collegare l’ovest europeo con Kiev passando attraverso la Pianura Padana. Un collegamento ancor più cruciale a seguito dell’aggressione russa all’Ucraina e del blocco sostanziale dei porti ucraini del Mar Nero: blocco destinato probabilmente a perdurare, anche nel caso di tregua o pace temporanea.

In tale contesto, l’Italia ha offerto all’Ucraina la possibilità di utilizzare il corridoio n. 5 stradale e ferroviario con uno sbocco privilegiato e veloce sui porti del Nord-est, come Trieste e Venezia-Mestre, potendo contare anche sull’interporto di Verona: in tal modo, le merci ucraine potranno essere facilmente e rapidamente spedite in tutta Italia, in Europa centro-settentrionale e, per mare, in ogni altro angolo del globo. Riteniamo l’iniziativa di alto valore: permetterà all’Ucraina di integrarsi sempre più nel sistema infrastrutturale europeo e all’Italia di svolgere una essenziale funzione di “perno”, grazie alla sua favorevole posizione geografica, ponte naturale e industriale tra il Nord, l’Est e il Sud del Continente europeo.

Con l’istituzione del CIMIM si allarga il mercato e si sostengono le imprese. Quale la previsione di sviluppo del nostro sistema economico?

Uno dei primi provvedimenti adottati dall’attuale Governo è stato introdurre un nuovo strumento a sostegno delle imprese italiane nella loro “proiezione internazionale”.

Con questa finalità abbiamo costituito il Comitato Interministeriale per il Made in Italy nel Mondo, CIMIM, co-presieduto dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dal Ministero delle Imprese e Made in Italy.

Il CIMIM si riunirà per la prima volta il 26 gennaio 2023 e con la partecipazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste e il Ministero del Turismo: suo compito sarà indirizzare e coordinare le strategie in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese italiane, al fine di valorizzare il Made in Italy nel mondo.

L’istituzione di questo Comitato è un atto necessario per aggiornare gli strumenti tradizionali per l’internazionalizzazione delle imprese che si trovano in un nuovo contesto, caratterizzato da una serie di ampie sfide: la guerra in Ucraina, la crisi energetica e i rischi di deindustrializzazione del continente sono variabili con cui dobbiamo fare i conti per invertire il trend di declino del manifatturiero europeo.

Il CIMIM mira a svolgere un duplice ruolo. Da un lato di alta strategia di politica industriale nazionale e internazionale, che in una fase di alta frattura dell’economia internazionale deve essere elaborata in maniera sempre più coordinata tra più ministeri - in particolare quello degli esteri e quello delle imprese; dall’altro di analisi specifica di problematiche concrete che le imprese hanno di fronte e che nascono da eventi imprevisti e spesso di natura non economica, come le guerre commerciali, le sanzioni, la coercizione economiche, le barriere non tariffarie.

Lo sviluppo e la competitività del nostro sistema economico e industriale dipendono sempre di più dalla capacità dello Stato di usare i suoi poteri strategici, di indirizzo e di incentivazione per aiutare le imprese a continuare a sviluppare prodotti Made in Italy e conquistare i mercati esteri in un sistema economico globale ormai profondamente cambiato.

Occupazione e PMI: lo stato dell’arte rilascia una fotografia dell’Italia come un Paese che ha voglia di investire sulle proprie capacità per tornare a correre. Dai dati Istat le imprese sono sempre più tecnologiche e innovative, ma il digital divide è ancora un freno importante. Come aiutare lo sviluppo d’impresa sostenendo l’alfabetizzazione tecnologica?

Secondo l’Istat, nel 2022 il 70% delle piccole e medie imprese si colloca a un livello base di digitalizzazione, contro il 97% delle grandi imprese. Appena il 27% delle PMI si trova a livelli definiti alti raggiunti invece dall’82% delle grandi imprese.

La digitalizzazione delle PMI assume un ruolo centrale nel processo di recupero e crescita del nostro Paese. La pandemia ha accelerato i percorsi rispetto ad alcune aree specifiche come lo Smart Working, l’eCommerce, ma la sfida è ora passare da un approccio di digitalizzazione reattiva all’emergenza a uno strategico con uno sguardo al medio periodo.

Le tecnologie digitali offrono una gamma di applicazioni potenzialmente illimitate per migliorare le prestazioni operative e superare i vincoli di scala anche nelle realtà più piccole, sbloccando nuovi livelli di efficienza e competitività.

Diverse sono le opportunità che il Governo mette a disposizione delle PMI che vogliono innovare il proprio business in ottica digitale. In particolare, tutte le agevolazioni di competenza del MIMIT intendono favorire la digitalizzazione delle imprese italiane, soprattutto di quelle di dimensione più ridotta, identificandola come un fattore abilitante per competere in modo più efficace sui mercati nazionale e internazionali.

In questa fase evolutiva assume sempre più importanza la capacità dei territori di creare innovazione e conoscenza così da generare le condizioni di fertilizzazione del tessuto produttivo. Per questo motivo, il Ministero sostiene le strutture che sanno mettere esperienze e competenze a disposizione delle tante piccole imprese che non sono in grado di svilupparsele in casa ricorrendo anche alla razionalizzazione delle risorse finanziarie del PNRR.

L’obiettivo finale è sviluppare una rete organizzata presente in ogni regione con standard di servizi omogenei composta da vari attori: i Competence Center, i Digital Innovation Hub europei, le case delle tecnologie, le strutture dedicate delle Associazioni di categoria e delle camere di Commercio (DIH e PID) saranno gli assi per sostenere non solo gli investimenti in innovazione digitale delle imprese, ma anche i conseguenti percorsi di riqualificazione delle competenze.

Il tema della formazione sarà inoltre uno degli assi portanti del collegato Made in Italy.

Blockchain, moneta elettronica e filiera industriale. Quali saranno gli obiettivi della nostra industria nei prossimi anni? Il nostro Paese vanta imprese, anche nel campo della difesa, tecnologicamente molto avanzate e l’Europa, post Brexit, chiede un sostegno per l’implementazione della cyber sicurezza anche nei settori della PMI. Come rispondere a questa esigenza?

La Blockchain è una tecnologia a “catena di blocchi” crescente, paragonabile a un database o un libro mastro digitalizzato: raccoglie e memorizza le transazioni per poi distribuire l’informazione crittografata a tutti i nodi della rete.

Le applicazioni sono tante e le potenzialità sono enormi, in gran parte ancora da esplorare, soprattutto se unite alla potenza dei Big Data e dell’Intelligenza Artificiale.

In Italia il settore dove trova maggiormente applicazione è quello finanziario e assicurativo, con il 50% degli investimenti. Seguono la pubblica amministrazione (15%), in forte crescita anche grazie allo sviluppo dell’Italian Blockchain Service Infrastructure, l’agroalimentare con l’11% e le utility.

I settori di applicazione sono enormi: i trasporti, l’industria manifatturiera, il tessile, l’agroalimentare, il fund raising e tanti altri. Altrettanto numerosi sono campi di applicazione andando dalla Supply Chain Management, ai pagamenti digitali, fino al diritto d’autore e alla sicurezza nazionale e oltre.

Laddove c’è bisogno di certificazione e trasparenza la Blockchain risponde con tutte le sue potenzialità che i consumatori apprezzano sempre più, per questo come MIMIT reputiamo questa tecnologia un ottimo strumento anche per la tutela del Made in Italy.

Occorre sostenere gli investimenti in questo ambito: il Ministero delle Imprese e del Made in Italy lo scorso anno ha stanziato 45 milioni di euro per lo sviluppo di numerose tecnologie di frontiera, tra cui la Blockchain. A oggi i progetti si stanno evolvendo con ritorni molto positivi per tutto il sistema.

Siamo consapevoli che questo crescente uso di strumenti innovativi richiede anche una rete di protezione su cui è necessario lavorare a livello nazionale ed europeo: la cybersicurezza è sempre più uno dei fattori abilitanti per proseguire sul cammino della transizione digitale garantendo la sicurezza delle reti e la protezione dei dati indispensabili a proseguire sui sentieri dell’innovazione e della ricerca.

La microfinanza è una buona pratica che grazie al fondo di garanzia per le PMI nella sezione microcredito, sotto l’egida del MIMIT ha dato vita a oltre 19mila imprese in 6 anni. Pensa che questa “via italiana al microcredito”, promossa dall’ENM, possa essere implementata per sostenere una nuova finanza di base per il Paese?

Nell’ambito della microfinanza, il microcredito rappresenta uno strumento di sviluppo economico che, attraverso la concessione di finanziamenti di importo ridotto a persone in condizioni di povertà e di emarginazione o a microimprese, mira a favorirne l’inclusione finanziaria e sociale.

Il microcredito nasce nelle economie dei Paesi in via di sviluppo, dove si è rivelato uno strumento importante per supportare quei soggetti che, trovandosi in mancanza di garanzie, presentano difficoltà di accesso ai tradizionali canali di finanziamento. Lo strumento è stato poi introdotto nelle economie avanzate e ha qui conosciuto una certa accelerazione soprattutto in seguito alla crisi economica del 2008.

In Italia il microcredito è stato introdotto per la prima volta nel 2010 evolvendosi nel tempo anche grazie al supporto del Fondo di garanzia per le PMI che dal 2015 al 31 dicembre 2022 ha reso possibile 20.349 operazioni di microcredito, per un totale di n. 19.779 imprese a cui è stato garantito un importo complessivo di circa 386,5 milioni di euro corrispondente a 484 milioni di finanziamenti ottenuti dalle imprese. Questi sono numeri importanti che raccontano un successo.

Molto probabilmente oggi sono cambiate alcune condizioni e il modello potrebbe essere rivisto rispettando maggiormente i tratti peculiari che hanno portato alla genesi del microcredito: oltre all’agevolazione, infatti, occorre valorizzare la parte legata ai servizi di assistenza e di tutoraggio previsti così da sostenere meglio il beneficiario a uscire dalla fase di difficoltà in cui si trova.

Print Friendly, PDF & Email