CARITAS E PRESTITO DELLA SPERANZA

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CARITAS E PRESTITO DELLA SPERANZA

Valentina RENZOPAOLI

Non solo un aiuto concreto per aiutare le persone nel momento del bisogno

per recuperare autonomia economica e autostima sociale: il microcredito va inteso anche come un “dono” dal punto di vista umano, un modo per mettere competenze, conoscenze e tempo a servizio di chi è rimasto solo. Un dono che, nello stesso tempo, deve sviluppare un senso di responsabilità e consapevolezza che consenta a chi lo riceve di riuscire a restituire ciò che gli è stato dato. A spiegarci che cos’è e come funziona il Prestito della Speranza che, dal 2008 ha erogato 26 milioni di crediti a 4.500 famiglie, è Don Andrea La Regina, responsabile dei macro-progetti della Caritas Italiana.

Che cos’é e come nasce il Prestito della Speranza?

Il Prestito della Speranza 3.0 nasce sulla base di precedenti esperienze fatte grazie ad un accordo tra L’Associazione Bancaria Italiana e la Conferenza Episcopale Italiana con le banche che scelgono di partecipare. Il progetto ripartito quest’anno è regolato da una convenzione tra la Cei con Banca Intesa Sanpaolo e prevede un fondo di garanzia di 25 milioni di euro da restituire con tassi agevolati. Questa terza fase vede la collaborazione della Caritas Italiana, delle Caritas Diocesane e di Vobis, associazione di volontari bancari per le iniziative nel sociale. In particolare, la Caritas con i suoi oltre quattromila Centri di Ascolto sparsi sul territorio italiano, ha creato un sistema di collegamento diretto con le persone. Gli operatori volontari, che hanno una formazione pastorale, sono a disposizione per ascoltare chi ha bisogno di una mano o chi vuole realizzare un piccolo sogno imprenditoriale.

Qual è il valore del microcredito?

Il microcredito deve essere uno strumento non solo economico ma anche di incontro tra il capitale sociale ed umano dei volontari e le persone che hanno bisogno di aiuto, secondo una logica del dono. I volontari mettono a disposizione tempo, competenze, conoscenze: un meccanismo che si gioca sulla fiducia. L’accesso al credito infatti deve essere il frutto di un dono ma insieme sviluppare un senso di responsabilità in chi lo riceve. E il dovere della restituzione rappresenta una garanzia per chi viene dopo, affinché altre persone possano usufruire della stessa possibilità. Questo obiettivo si raggiunge attraverso un servizio di tutoraggio che consente alle persone di essere ascoltate e di uscire dalla solitudine.

Qual è il bilancio dei primi mesi di attività?

Dall’inizio di marzo a metà maggio sono state ascoltate più di mille persone. Il bisogno di essere messi in condizione di accedere al credito è ancora molto forte, ma è un percorso che va costruito. Realizzare una vera inclusione umana oltre che sociale e mettere le persone nella condizione di non aver più bisogno di essere aiutati, necessita di un iter complesso.

Qual è il target delle persone che si rivolgono ai vostri Centri di Ascolto per ottenere un prestito?

Nella maggioranza dei casi si tratta di persone che hanno perso il lavoro, che hanno avuto un problema di salute, che vivono una situazione di sovraindebitamento non ancora grave o che, per un evento temporaneo, non sono più riuscite a portare avanti le normali esigenze della famiglia. Parliamo in sostanza di una classe media devastata dalla crisi economica. In molti casi la famiglia non riesce più a pagare l’affitto di una casa o un mutuo o le rate di una finanziaria. In altri casi, non si riescono ad affrontare le spese per la cura degli anziani o per soddisfare le esigenze di familiari portatori di handicap. Con lo Stato sociale praticamente smantellato, questi disagi portano verso una realtà di esclusione sociale.

Quanti sono gli stranieri che hanno chiesto il fondo?

Possiamo dire che si tratta per un 75% di italiani e per il restante 25% di immigrati.

Quali sono le modalità dell’erogazione?

Il credito sociale e per le famiglie disagiate prevede un’erogazione del prestito fino ad un massimo di 7.500 euro, mentre quello per le microimprese raggiunge un importo massimo di 25mila euro. Questa seconda forma di credito è stata erogata perlopiù a giovani sotto i 35 anni che vogliono iniziare un’attività, a realtà cooperative o a piccole società che vogliono rilanciare la propria azienda.

l contatto diretto con la gente vi permette di avere una visione privilegiata della realtà: secondo la vostra percezione, la crisi si sta attenuando oppure no?

Il fatto che in due mesi e mezzo abbiamo avviato oltre mille pratiche già la dice lunga. Un altro dato è rilevante: 117 di queste sono richieste per avviare progetti di microimpresa; una percentuale molto più alta rispetto agli anni precedenti. Molti scommettono su un nuovo lavoro perché la realtà della disoccupazione aumenta ancora invece di diminuire.

Il fatto che però si tenti una nuova strada può essere letto anche come segno di speranza?

La speranza è quella della disperazione, un segnale che la crisi lavorativa è stata gravissima. Con una crescita dello 0,3 del Pil non si può invertire questa tendenza. Credo che ci vorrà ancora parecchio tempo prima di superare la crisi, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto occupazionale.

Papa Francesco ha più volte affermato “Lavoro significa dignità. La disoccupazione genera esclusione sociale”. Perché secondo lei c’è questa attenzione così frequente al tema da parte Sua?

Papa Francesco sottolinea che il lavoro non è solamente uno strumento per produrre reddito e consentire un sostentamento economico. Ma è anche e soprattutto lo strumento attraverso il quale avviene la realizzazione della persona. Il lavoro rappresenta, nella riflessione cristiana, la modalità dell’uomo per collaborare con il disegno della creazione e diventare a immagine e somiglianza di Dio.

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