FALSI MITI E VERI OSTACOLI. LE DONNE CON FIGLI FATICANO A TROVARE UN’OCCUPAZIONE

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FALSI MITI E VERI OSTACOLI. LE DONNE CON FIGLI FATICANO A TROVARE UN’OCCUPAZIONE

Emma Evangelista - Direttore Microfinanza

Rispettare la maternità e incentivare la famiglia significa anche sostenere i livelli occupazionali di donne con figli. Purtroppo questa non è la tendenza che favorisce l’occupazione femminile delle madri. Lo Stato, dal canto suo, timidamente mette a disposizione incentivi e sostegni che non bastano alle necessità delle famiglie, tantomeno alla possibilità delle madri di trovare occupazione. Quello che emerge dalla ricerca pubblicata da Openpolis a marzo 2023 e realizzata da “Con i Bambini” è uno scenario da cui emerge una difficoltà reale di occupazione delle italiane con un basso numero di figli anche per mancanza di strutture di supporto per l’infanzia. Le mamme del Belpaese, rispetto alle colleghe europee hanno meno figli (uno a tre) e con maggiore difficoltà trovano lavoro dopo aver messo su famiglia. La differenza di genere, poi, è importante e in Italia si avverte ancora molto, specie nelle aree a più bassa densità di natalità. Di seguito i dati della ricerca e il commento della Fondazione Openpolis.

Abbiamo approfondito questo scenario con Luca Giunti della Fondazione Openpolis che ha risposto ad alcune domande di Microfinanza sui numeri della ricerca, aggiornati a quest’anno.

Secondo le statistiche presentati anche dalla Lagarde negli anni scorsi l’occupazione femminile genera maggiore PIL eppure dai dati presentati da Openpolis le donne occupate sono poche e sempre meno quelle con figli. Come legge questi dati?

L’Italia è uno degli stati Ue in maggiore ritardo nella partecipazione delle donne al mercato del lavoro, e ciò è sicuramente un limite allo sviluppo sociale ed economico del Pese. In particolare alla nascita di un figlio: basti pensare che in alcuni Paesi del nord-Europa, le donne con 3 figli lavorano con più frequenza di quelle italiane con un solo figlio. Questo perché, per stereotipi culturali, il lavoro di cura è affidato in massima parte alle madri. In questo quadro, la costruzione di asili nido e servizi per la prima infanzia, oltre a rappresentare un fondamentale tassello nel percorso educativo del minore, può agevolare la conciliazione dei tempi di vita familiare con quelli lavorativi, offrendo un supporto all’occupazione femminile.

I dati pubblicati nella ricerca risalgono allo scorso anno, a Suo avviso, anche sulla base di nuove statistiche in vostro possesso la situazione è variata? Quale a Suo avviso può essere la tendenza dei prossimi cinque anni?

Si tratta di una tendenza piuttosto consolidata e non nuova. Ragionare in uno scenario di medio periodo non è semplice, anche se i dati consolidati non sono incoraggianti. L’Italia resta agli ultimi posti in Europa per tasso di occupazione femminile e dopo il parto una donna su cinque fuoriesce dal mercato del lavoro.

Le chiedo un commento personale su quale misura possa essere più utile al sostegno dell’occupazione femminile.

Senza dubbio l’investimento nei servizi, in particolare quelli per l’infanzia, può fornire un supporto necessario, anche se non sufficiente. Non c’è una politica pubblica che, da sola, sia in grado di invertire la tendenza. La risposta è più probabilmente in un insieme di interventi diversi che, insieme all’investimento sui servizi prima infanzia, vanno dalle politiche di istruzione (ad esempio con l’incremento delle donne che frequentano percorsi Stem) a quelle sociali, come l’estensione dei congedi parentali, fino a incentivi fiscali nel mercato del lavoro.

In tale senso, a Suo avviso, l’Europa fa abbastanza a sostegno delle donne e dei minori? Quale il peso del contributo Italiano in queste progettualità.

L’Unione Europea ha codificato attraverso propri atti e documenti istituzionali gli impegni degli stati membri su questi aspetti, e li monitora tramite indicatori condivisi. L’Italia partecipa con gli altri Paesi alla definizione di tali politiche e obiettivi, che negli anni sono stati spesso uno stimolo al raggiungimento di alcuni risultati concreti. Penso ad esempio all’abbattimento del tasso di abbandono scolastico, problema non risolto ma sicuramente più contenuto oggi rispetto ai primi anni 2000.

Come fondazione che si occupa di diffondere notizie e dati su temi importanti per la collettività ci riassume in poche parole quale è il valore del fact checking per la promozione di queste iniziative?

I dati sono il punto di partenza necessario di qualsiasi riflessione. Non sono un oracolo, ma il principale strumento per comprendere la realtà che ci circonda e intervenire su di essa. In un panorama informativo descritto come infodemia - caratterizzato da un flusso costante di informazioni, in cui è arduo orientarsi tra quelle importanti e quelle superflue, e soprattutto è difficile verificarne la veridicità - cerchiamo di coltivare un approccio analitico e critico, raccogliendo e confrontando i dati a disposizione, e chiedendone altri quando mancano.

Luca Giunti

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