SOSTENIBILITÀ, IL FUTURO È ALLA NOSTRA PORTA
SOSTENIBILITÀ, IL FUTURO È ALLA NOSTRA PORTA
Massimiliano Bergomi – Consigliere Delegato SE.SVIL.SRL
“Sostenibilità, supply chain e intelligenza artificiale. Competenze e tecnologie per una nuova complessità”. È questo il titolo dell’evento svoltosi, con il patrocinio dell’Istituto Eurispes, il 31 marzo e organizzato, nella splendida cornice di una cantina in Franciacorta, dalla bresciana Sesvil, società che da oltre vent’anni si occupa di Persone e Organizzazioni, e che grazie ai suoi servizi di selezione Alti Profili, Formazione e Consulenza, ha l’obiettivo di diffondere il benessere nelle aziende, soprattutto PMI.
I lavori si sono aperti con i saluti e l’introduzione di Massimiliano Bergomi, psicologo e amministratore delegato di Sesvil. A seguire, Fabrizio Zucca, presidente di SSC e Coordinatore del Laboratorio di Sostenibilità di Eurispes, che ha parlato di sostenibilità, evoluzione del quadro normativo e implicazioni sui modelli di business delle imprese. Sono poi intervenuti Gabriele Casadei di Lewitt Associati Srl (Sostenibilità: implicazioni sulle strategie di acquisto), Andrea Gilberti, presidente e CEO di Matchplat (Ricerca fornitori: quando l’intelligenza artificiale supporta quella umana), Maurizio Quarta, Managing partner di Temporary Management & Capital Advisors (Temporary Management per guidare un progetto strategico di sostenibilità) e Rosanna Gallo, amministratore delegato di Eu – tròpia (Sostenibilità e lavoro).
La seconda parte dell’evento, una tavola rotonda moderata dal prof. Mario Mazzoleni, docente di Economia aziendale dell’Università degli Studi di Brescia, che ha visto la partecipazione delle aziende che hanno raccontato la loro esperienza: Giovanna Franceschetti, vice presidente di Gefran SpA con delega alla Sostenibilità, Ida Schillaci, responsabile rendicontazione ESG Gruppo Yamamay, Paola Beschi, People Manager Regesta SpA, Raffaella Bianchi, Chief Human Capital Officer Streparava SpA e Roberto Zini, presidente Farcogroup e vicepresidente di Confindustria Brescia con delega alle Relazioni internazionali e al Welfare.
Massimiliano Bergomi, nel suo intervento, ha spiegato che l’evento è nato dal desiderio di voler affrontare il tema della sostenibilità in termini multidisciplinari e la domanda a cui tutti i relatori hanno contribuito a dare una risposta è come e dove la sostenibilità impatta sulla vita delle imprese. Di sostenibilità si parla molto, ma un conto è affrontarla solo nella forma per ottemperare ad una normativa e avere la cosiddetta “medaglietta sul petto”, tutt’altro è considerarla come ispirazione per cambiare la sostanza dell’organizzazione stessa. Quindi una sostenibilità che diventa opportunità per garantire la continuità stessa dell’impresa. Questo in estrema sintesi il messaggio che l’evento intende fornire, soprattutto per il tessuto economico italiano costituito essenzialmente da PMI.
Bergomi ha sintetizzato, in modo suggestivo, l’essenza della sostenibilità, scegliendo cinque parole e altrettante immagini evocative, dal profondo significato simbolico.
La prima parola fortemente simbolica scelta è stata Promessa, poiché la sostenibilità è promessa di benessere futuro e speranza di un suo mantenimento, lavoriamo da oggi per costruire il domani, promettendo alle nuove generazioni che non pagheranno il prezzo del nostro sviluppo. La seconda parola è Cura, perché la sostenibilità non può prescindere dal prendersi cura sinceramente e seriamente delle Persone che lavorano in tutte le imprese, dalla più piccola alla più grande, favorendo quindi la loro partecipazione, autonomia, riconoscimento, apprendimento e promuovendo belle relazioni e un bel clima. In altre parole, promuovere e concretizzare un vero sviluppo personale e professionale. Bergomi ha poi ricordato che le variabili soggettive (aspettative, percezioni, emozioni, climi aziendali, relazioni, qualità del potere), sono tanto importanti quanto quelle obiettive (bilanci, costo del lavoro, sicurezza, prodotti, mercati ecc.) e che l’innovazione e lo sviluppo possono essere impediti da una negazione delle variabili soggettive. La Cura per le persone, può anche realizzarsi con bei progetti di welfare, smart working, utili per trattenere le persone nelle aziende, ma che devono far parte di un mix di interventi che realizzino quei fattori motivanti volti a promuovere l’ingaggio delle persone, per esempio di prospettive di crescita, qualità del lavoro, ecc.
Il Coraggio è la successiva parola che riconduce alla sostenibilità. Coraggio di fare cosa? Di porsi, secondo Bergomi, tre domande fondamentali. I nostri modelli organizzativi e gestionali sono coerenti con le sfide che ci richiede la sostenibilità o non è il caso di riflettere sull’utilità di realizzare nuove architetture del lavoro per ritrovare senso comune fra chi cerca e domanda lavoro? E ancora, qual è la qualità del potere che promuoviamo e agiamo nelle nostre Organizzazioni? Lo psicologo Rollo May definiva il potere come la capacità di realizzare o impedire il cambiamento, il coraggio, secondo Bergomi, consiste nel promuovere nelle nostre imprese un potere generante e non ostacolante… Infine, come deve essere una organizzazione sostenibile? Deve evolvere da espressione normativa a promessa di progetto. Come diceva Enzo Spaltro, deve passare da buona perché segue le norme, le procedure, a bella perché progetta anche qualcosa.
Il Senso è la quarta parola. Bergomi ritiene che le aziende sostenibili sono quelle in grado di diffondere la testimonianza del significato del lavoro, soggettivo e collettivo, a maggior ragione oggi perché il lavoro sta perdendo priorità nelle gerarchie soggettive delle persone. Secondo Bergomi è fondamentale oggi rispondere a bisogni, esigenze e aspettative di chi occupa anche ruoli operativi perché la disaffezione, l’estraneazione al lavoro e anche la propensione ad andarsene sono fenomeni tutt’altro che infrequenti. Bisogna lavorare per favorire la professionalizzazione di tutti e dare un senso per alzarsi la mattina e venire a lavorare, al di là della busta paga… E qui la formazione può giocare un ruolo fondamentale, ma se non è rivolta esclusivamente ai vertici e ai ruoli intermedi, ma coinvolge, con forme diverse, tutto l’universo aziendale.
Infine, Bergomi chiude con la parola Alleanza, necessaria e desiderabile non solo fra generazioni diverse nella stessa azienda, ma fra nuove generazioni e il mondo delle imprese per evitare che il confronto si inceppi e diventi sempre più un dialogo fra sordi. Serve inclusione, confronto, terreno convergente. Sembra paradossale ma alla luce di un confronto intergenerazionale difficile, l’annoso mismatch fra competenze richieste e offerte la fuga di cervelli e il calo demografico, più che preoccuparci di quanti posti di lavoro ci potrebbe portar via lo sviluppo tecnologico e digitale, dovremo sempre più preoccuparci di quanti posti di lavoro vacanti la tecnologia da sola riuscirà ad assorbire… Fa riflettere in tal senso il fatto che da qui al 2026 le imprese e le PA avranno bisogno di 4 milioni di lavoratori con competenze ESG.
Ma se per le grandi imprese queste tematiche non solo risultano più familiari, ma sono oggetto di precisi progetti di sviluppo, molto c’è da fare sul versante della piccola e media impresa, che sembra scontare un più diffuso ritardo “culturale” che rischia di far interpretare la sostenibilità più come un ulteriore “fardello”, piuttosto che una vera opportunità per mantenersi saldamente sul mercato.
Grazie al successivo contributo di Fabrizio Zucca, Presidente di Strategia & Sviluppo Consultants (SSC), è stato possibile entrare nel merito della nuova direttiva sulla comunicazione delle imprese in materia di sostenibilità approvata dal Consiglio Europeo, che ha così aggiunto un nuovo tassello ad un quadro normativo già molto complesso che se analizzato nel suo insieme rende evidente la svolta verso un nuovo paradigma di sviluppo.
Questo quadro regolatorio può essere articolato in tre grandi aree di intervento che fanno riferimento all’impatto delle attività aziendali sui processi per la sostenibilità:
- ESG Ambiente-Sociale-Governance;
- LCA - Analisi del Ciclo di Vita (la catena di valore del prodotto);
- Finanza.
Se, quindi, da un lato il quadro normativo si delinea in modo sempre più incisivo, dall’altro esso risulta essere uno strumento che regola non solo le “azioni”, che comunque restano affidate alla libertà di decisione dei singoli operatori economici, ma in particolare la loro “trasparenza”, dal momento che richiede agli operatori di misurare e rendicontare i risultati di tali azioni, e quindi il grado di partecipazione dell’azienda al raggiungimento degli obbiettivi di transizione equa e sostenibile. L’assenza o la vaghezza sul valore ultimo dell’aspetto prescrittivo circa le azioni da intraprendere ha generato la percezione che la sostenibilità sia piuttosto un insieme di nuovi doveri da rispettare, della “compliance”, e non della “strategia” aziendale da modificare, favorendo una tendenza tra gli operatori a separare il loro modello di business dai nuovi obblighi relativi ai cambiamenti da attuare nell’area ESG: una situazione che finisce per creare ulteriori preoccupazioni in chi necessita in prima battuta di far quadrare i costi con i ricavi. E questo è ancor più vero per le PMI.
In sintesi: il ruolo delle aziende è naturalmente quello di continuare a fare profitti per gli azionisti che rischiano il proprio capitale; ma ciò non dovrebbe più avvenire a discapito delle esternalità, vale a dire dell’impatto negativo che le attività d’impresa potrebbero avere sul benessere collettivo, anche perché va aggiunto, quest’ultimo non è indifferente alla capacità o meno dell’azienda di stare sul mercato nel lungo periodo. In tal senso, l’idea della sostenibilità non deve essere intesa come un mero valore etico (valore che comunque non deve essere messo in discussione) ma piuttosto come una idea-guida di un processo di transizione equa e funzionale alla sopravvivenza stessa del sistema economico così come lo abbiamo conosciuto fino ad ora.
All’interno dell’intervento di Gabriele Casadei, managing partner Lewitt, si è profilata come molto importante per un’azienda la tematica del definire degli obiettivi possibili da raggiungere, sviluppare una chiara strategia di sostenibilità, definire sia un piano d’azione a medio e lungo termine che un sistema di misurazione (KPI) che permetta poi di elaborare un’adeguata informativa quantitativa relativa ai risultati raggiunti.
Sulla base delle rispettive caratteristiche aziendali esistono infatti diversi obiettivi di sostenibilità, suddivisi per aree tematiche (People, Planet Community), che quotidianamente i consulenti di Lewitt si trovano ad affrontare e implementare:
- accrescere il benessere dei collaboratori attraverso un maggiore equilibrio tra vita professionale e vita privata (People);
- favorire la crescita professionale e personale dei collaboratori attraverso progetti formativi mirati (People);
- favorire la diversità e inclusività attraverso programmi di sensibilizzazione (People);
- ridurre l’inquinamento e aumentare la sostenibilità delle attività logistiche e di trasporto (es. con ottimizzazioni di spostamenti che riducano la CO2 emessa in atmosfera) (Planet);
- favorire l’utilizzo di materiali di imballaggio e packaging ecocompatibili o riciclabili (es. plastica bio-based/riciclata, ecc) (Planet);
- ridurre utilizzo di energia e aumentare utilizzo di energia da fonti rinnovabili (Planet);
- ridurre il consumo di acqua (Planet);
- aumentare la percentuale di acquisti realizzati con fornitori locali e aumentare il numero di fornitori che hanno ottenuto certificazioni ambientali (Community).
Facendo seguito all’intervento di Andrea Gilberti, CEO di Matchplat Srl, si è potuto comprendere come le catene del valore globali abbiano affrontato cambiamenti radicali nel corso degli ultimi anni. La trasformazione in corso affonda le sue radici prima del Covid, anche se senza dubbio gli eventi dell’ultimo triennio hanno accelerato lo sviluppo di nuove strategie da parte delle imprese.
Fenomeni come il nearshoring o il backshoring hanno cominciato infatti a essere sempre più discussi, entrando nelle logiche di approvvigionamento e produzione delle aziende, italiane e non solo. In questo quadro altamente complesso la tecnologia è un fattore che può semplificare il lavoro di ogni giorno, in particolare per le PMI che possono trarre dalla tecnologia digitale importanti vantaggi non solo economici, ma anche di tipo strategico e operativo.
Sostenibilità ambientale e sociale, accorciamento delle filiere e costruzione di catene di fornitura trasparenti sono tematiche tanto attuali quanto difficili da gestire, ma non mancano innovazioni che possono aiutare gli specialisti del procurement e della supply chain.
Con la piattaforma Explore di Matchplat, un vero e proprio modello di applicazione dell’Intelligenza artificiale, è infatti possibile, ad esempio, individuare nuovi fornitori con caratteristiche precise, in quasi 200 Paesi del mondo. Il risultato è una vera e propria profilazione dei potenziali partner in base a parametri come certificazioni possedute, materie prime utilizzate, posizione geografica e molto altro.
In un’epoca in cui per le imprese è vitale prendere scelte strategiche rapidamente, sistemi come questo offrono un unico strumento per trovare altre organizzazioni compatibili con i propri obiettivi, a condizioni accessibili e in tempi brevi. E questo a tutto vantaggio per le PMI che risultano meno strutturate rispetto alle realtà aziendali più grandi.
Grazie al contributo di Maurizio Quarta, managing partner di Temporary Management & Capital Advisors, è divenuta chiara la strutturale sotto-managerializzazione delle nostre PMI, che porta con sé il rischio di un parziale utilizzo delle risorse finanziarie del PNRR: secondo una recente indagine Unioncamere - Centro Studi Guglielmo Tagliacarne l’80% delle PMI non ha a piano di utilizzare le risorse allocate.
Tanti sono gli “impegni” delle PMI (digitalizzazione, economia circolare, gestione finanziaria, internazionalizzazione, gestione del capitale umano), a fronte di risorse manageriali scarse: a queste sfide, si sono recentemente aggiunti altri due significativi fattori di pressione:
Il primo è la tendenza dei grandi OEM al ridisegno dell’intera catena del valore, attraverso la digitalizzazione delle PMI della filiera e una maggiore integrazione con esse, con l’obiettivo non facile dell’inclusive manufacturing, che richiede capacità di dialogo e interazione tra realtà che hanno diversi modi di operare e comunicare.
Il secondo è la sostenibilità, già oggi non più solo leva di marketing, ma sempre più leva di vantaggio competitivo, con le banche selettive verso aziende sostenibili e i grandi clienti che esigono aziende sostenibili per la sostenibilità dell’intera catena del valore.
In questo contesto, il temporary management viene sempre più utilizzato dalle PMI come strumento ottimale per portare in casa competenze di alto livello immediatamente operative e capaci di agire in contesti straordinari con il risultato di accrescere le capacità delle persone, che saranno in grado di fare le stesse cose meglio di prima oppure di farne di nuove. Nella modalità part time/fractional lo strumento è oggi già accessibile anche a realtà molto piccole (<5 milioni).
Molto rimane ancora da fare sul tema sostenibilità: in tal senso l’intervento di Rosanna Gallo, AD di Eu-tròpia, è stato esplicativo, sottolineando come in Italia possiamo parlare addirittura di insostenibilità al lavoro se guardiamo ai dati dell’ultima ricerca Gallup (State of the global workplace 2022-Gallup):
- Solo il 21% (media mondiale) delle Persone dichiara di essere coinvolto dalla propria occupazione. Il dato scende al 14% in Europa e al 4% in Italia.
- il 79% sperimenta stress lavoro correlato e 7 dipendenti su 10 hanno sperimentato il burnout nell’ultimo anno (Anatomy of Work 2022 Asana).
Purtroppo i dati italiani confermano i trend dalla condizione di malessere organizzativo alle conseguenze della Great Resignation, quella prima ondata di persone che ha abbandonato il lavoro, pur senza averne uno alternativo, e il Quiet Quitting, un fenomeno anch’esso in crescita e sempre più soggetto a studi anche da parte di Eu-tròpia; il Quiet Quitting colpisce infatti tutte le aziende e segnala cambiamenti epocali nei valori delle nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro e veri e propri ripensamenti sulla qualità della vita delle generazioni più senior.
Un’azienda persegue sostenibilità al lavoro, nella sua accezione psicologica, quando:
- nelle relazioni/comunicazioni fra colleghi c’è la possibilità di esprimersi liberamente;
- fra manager e collaboratori vi è uno stile di leadership risonante con assenza di leader “tossici”;
- persegue un equilibrio di tempo dedicato al lavoro e alla vita privata;
- garantisce pari opportunità di carriera;
- permette di poter esprimere il proprio potenziale, a volte de-potenziato;
- è meritocratica: c’è ancora troppa umoralità nella scelta su chi far crescere;
- garantisce ambienti di lavoro che favoriscano lo scambio di competenze, la collaborazione fra ruoli, il benessere organizzativo che favorisce il senso e il valore del proprio e altrui contributo.
Benessere e performance sono strettamente correlate e lavoratori felici fanno aziende ricche.
La seconda parte del convegno ha rappresentato un momento di condivisione delle best practice in tema di sostenibilità da parte di primarie grandi aziende dell’area bresciana e bergamasca.
E, qui Bergomi, chiude gli interventi richiamando l’esperienza del mondo dei distretti industriali e filiere produttive, dove le imprese capofila, ossia quelle più grandi e con un rapporto diretto con il mercato, hanno da sempre svolto un ruolo di “traino”, stimolando e contaminando le imprese più piccole dell’indotto a innovare, evolvere per mantenersi sul mercato. Questa potrebbe essere la strada per far sì che le PMI possano accogliere le sfide della sostenibilità, ossia condividendo queste buone prassi declinate sulle loro specificità.
Quindi, in conclusione cosa è emerso dal convegno organizzato da Sesvil?
Senza dubbio, la sostenibilità impegna e coinvolge le aziende su molte dimensioni, ridefinisce il rapporto impresa-impresa, impresa-persone, pubblico-privato (pensiamo ad esempio al mondo dell’istruzione e dell’impresa, ai servizi al lavoro pubblici e privati), impresa-territorio-società, richiama in sostanza ad una nuova progettualità che richiede una nuova consapevolezza, superando steccati ideologici e interessi particolari.
Si delinea cioè un diverso coinvolgimento delle imprese che verosimilmente saranno sempre più chiamate addirittura a svolgere compiti pubblici con strumenti privati,. Solo azioni corali, con più attori in campo, possono affrontare tendenze che ipotecano la sostenibilità del nostro tessuto economico-produttivo.