microcredito: strUmento di responsaBilità sociale e tUtela repUtazionale per l’impresa Bancaria
Rosaria Mustari Consigliere di Amministrazione ENM
Il tema della responsabilità sociale d’impresa1 assume una rilevanza sempre più centrale per effetto delle complesse fenomenologie riconducibili alla “globalizzazione” e - pure a seguito delle crisi generate dalla profonda interconnessione tra i macrosistemi economico-finanziari, basti pensare ad esempio all’effetto domino della crisi dei mutui subprime - assurge a nodo gordiano anche per il sistema bancario. Nella definizione degli obiettivi di posizionamento e di innovazione, per far fronte alle dinamiche concorrenziali, la gestione dell’impresa non può limitarsi al perseguimento di un mero e autoreferenziale profitto economico, ma deve ampliare lo sguardo fino a considerare plurimi e variegati profili di c.d. corporate social responsibility, in cui sono ricompresi valori ambientali, di tutela dei diritti della persona e dei lavoratori, principi di correttezza e trasparenza, in una dimensione etica e solidaristica dell’impresa. Il tema è oggetto di studio in primis da parte della dottrina economica, ma ha sortito, soprattutto negli ultimi anni, particolare attenzione anche dai giuristi 2 . La progressiva affermazione di amplissimi movimenti culturali orientati alla lotta contro i cambiamenti climatici e le diseguaglianze sociali e per la protezione dell’ambiente; la conseguente sensibilizzazione dell’opinione pubblica rispetto alla scarsità delle risorse naturali, tale da promuovere una evoluzione dei modelli di consumo e una crescita globale sostenibile ha profondamente inciso le concezioni critiche della RSI3 , per le quali preminente è soltanto l’interesse alla ricerca del puro profitto4 . Prevale nell’attuale congiuntura la consapevolezza “che la c.d. corporate social responsibility, intesa come responsabilità delle imprese per l’impatto che la loro attività produce sulla collettività in generale, possa servire a far recuperare la fiducia perduta da parte del mercato - necessaria per una ripresa economica sostenibile - e a mitigare le conseguenze sociali della crisi economica; la c.d. responsabilità sociale dell’impresa, pertanto, è intesa sia nell’interesse dell’attività imprenditoriale che della comunità sociale nel suo complesso”5 . Tale orientamento è fortemente incentivato a livello di normazione europea6 e, oltre che dai legislatori dei singoli Stati membri, da una pluralità di iniziative per l’avvio di una riforma della governance societaria improntata all’integrazione strategica della sostenibilità7 da parte della Commissione Europea, che ha pure elaborato una definizione della R.S.I. come “responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”8 . Nell’ottica del legislatore europeo quindi “non esiste antinomia tra interesse dell’impresa e interesse della comunità complessivamente considerata”9 , e il concetto chiave di sostenibilità può efficacemente orientare la strategia aziendale, in termini economici (capacità di creare reddito e occupazione); sociali (garantire condizioni di benessere distribuite in modo equo tra classi e genere); ambientali (salvaguardare le risorse naturali); istituzionali (assicurare condizioni di giustizia, trasparenza, equilibrio) 10 . Una prospettiva perfettamente conforme anche al nostro ordinamento interno, ove è agevole rinvenire altissimi referenti normativi nelle disposizioni costituzionali, a partire dall’articolo 41, “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, e ancor più nelle clausole generali poste a protezione dei valori della persona con gli articoli 2 e 3 della Costituzione. Sul fronte più squisitamente economico, è oramai chiarito che il governo di aspetti sociali e ambientali dell’attività di impresa può incidere positivamente sull’efficienza aziendale, incrementandone la visibilità e la reputazione e conseguentemente la competitività. L’argomento è di grande attualità e di precipuo interesse per il settore della finanza, soprattutto a causa di svariati e ripetuti episodi di default di istituti di credito, sia a livello nazionale che internazionale, tale da ridurre sensibilmente la fiducia del pubblico rispetto alle istituzioni bancarie e, per contro, accrescere il rischio reputazionale cui esse sono esposte. Per far fronte a tali pregiudizievoli effetti, sempre più istituti finanziari hanno progressivamente implementato l’utilizzo degli strumenti di RSI, a partire dalla rendicontazione sociale11 per comunicare i propri impegni e i complessivi impatti dell’attività svolta nei confronti della comunità di riferimento12 . Come pure evidenziato oramai da tempo da autorevoli voci del sistema bancario, l’adozione di opportune politiche di responsabilità sociale tra gli asset strategici dell’azienda, costituisce un vantaggio per le imprese in termini di reputazione e redditività, rafforzandone la credibilità di fronte a tutti i soggetti interessati, clienti e investitori 13 . In particolare, talune analisi hanno evidenziato risultati ampiamente diversificati in base ai contesti territoriali e ai Paesi di appartenenza delle istituzioni bancarie. In Italia è emerso che l’utilizzo di strumenti di RSI quali la pubblicazione del social report è in grado di produrre un effetto significativo sul prezzo del titolo azionario, influenzando positivamente il valore di mercato della banca14 . Invero, in un’ottica di responsabilità sociale, particolarmente profittevole risulta l’adozione di politiche di microcredito, stante la comprovata efficacia dello strumento per le plurime ricadute benefiche sulla comunità di riferimento e per l’elevata affidabilità, tale da minimizzare i profili di rischio. Come è noto, i prestiti di microcredito si giovano della garanzia pubblica del Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese fino all’80% dell’importo erogato. Inoltre, l’accompagnamento nell’operatività della micro impresa fin dalle fasi progettuali con appositi servizi ausiliari di consulenza tecnica consente di garantire elevate probabilità di buon esito dell’intera operazione, innanzitutto quanto al rientro dal prestito: il tasso di default delle operazioni di microcredito è infatti molto basso e si attesta, da ultimo, in Italia allo 0,73%, in base alle rilevazioni dell’Ente Nazionale per il Microcredito15 . Nella pratica, detti servizi ausiliari sono svolti da un professionista, il Tutor, fin dal momento in cui il potenziale fruitore si presenta agli sportelli informativi; prosegue con l’istruttoria della pratica, indi con il supporto ai fini del concreto impiego delle somme - potenziando le conoscenze finanziarie e le capacità gestionali del beneficiario - per concludersi infine con la restituzione del credito. Una così capillare funzione di accompagnamento si traduce in una feconda “assicurazione sulla vita dell’iniziativa finanziata”16 , anche sotto il profilo della longevità o “bassa mortalità” delle imprese sovvenzionate con il microcredito, capaci di operare sul mercato sul lungo periodo, ben oltre il rientro dal prestito. A ciò aggiungasi un rilevante effetto moltiplicatore generato dalle ricadute occupazionali, pari a 2,43 posti di lavoro nel medio periodo per ciascun credito erogato17 , con pregevoli conseguenze quali, sovente, l’emancipazione da una condizione di povertà e di esclusione che grava anche sul sistema di assistenza sociale; lo sviluppo economico del territorio di riferimento e, più in generale, il rafforzamento della struttura produttiva del tessuto socio-economico. Il plusvalore del microcredito è costituito proprio dal binomio educazione finanziaria-inclusione finanziaria, che può rivelarsi “un win-win game, nel lungo periodo, per tutti gli attori coinvolti: – le banche, che aumentano le proprie possibilità commerciali nei confronti di segmenti che hanno esigenze bancarie limitate…, ma che rappresentano nicchie di mercato dai grandi volumi potenziali; – i soggetti di inclusione finanziaria, che hanno a disposizione diversi strumenti per reagire alle difficoltà quotidiane; – le istituzioni, che contribuiscono alla coesione sociale e, al contempo, riducono il loro intervento diretto nei confronti delle fasce più deboli della popolazione”18 . Tale ultimo profilo è esiziale, ancor più nella attuale congiuntura pandemica, per cui lascia stupefatti l’inerzia del legislatore nella elaborazione di strumenti di incentivazione volti a promuovere l’adozione su larga scala del microcredito da parte delle imprese e, particolarmente, degli istituti finanziari. L’introduzione di siffatti incentivi ad hoc potrebbe sortire altresì l’effetto, sia pure in via indiretta, di favorire meccanismi virtuosi di responsabilità sociale da parte delle imprese destinatarie. Del resto, “…ciò che distingue la responsabilità sociale da quella giuridica è il requisito della volontarietà: il soggetto economico che voglia distinguersi per essere socialmente responsabile lo fa allineando spontaneamente e in modo proattivo la propria strategia gestionale al perseguimento di standard sociali ed etici più elevati”19 . Quindi, incentivare il microcredito si tradurrebbe in un simmetrico incremento non soltanto delle operazioni finanziarie ma anche, per quanto attiene al fulcro della nostra analisi, in un proporzionale rafforzamento della “valenza sociale” delle funzioni bancarie, quanto mai auspicabile al fine di accrescere la fiducia da parte del pubblico, sensibilmente affievolita negli ultimi anni a seguito delle crisi sopra richiamate. È ragionevolmente prevedibile che, a fronte di agevolazioni e incentivi introdotti dal legislatore, le banche sarebbero ancor più propense a implementare le operazioni di microcredito, per diversi ordini di motivi: per ricavarne sgravi o benefici fiscali; per i plurimi vantaggi sopra indicati, tutti traducibili in un risultato reddituale (in primis per sortire un incremento della clientela di riferimento, acquisendo una nuova quota di mercato); e infine per corroborare opportunamente il bilancio sociale, costituendo le iniziative di microfinanza comportamenti responsabili, percepibili dalla generalità in termini di affidabilità e tali da dare nuovo lustro all’immagine aziendale. La riflessione sugli strumenti economico-finanziari da avviare nella fase post-pandemica non potrà prescindere dalla adeguata considerazione di tali questioni, da troppo tempo improvvidamente trascurate da parte del legislatore. Del resto, se non ora quando?
NOTE 1 Di seguito nel testo anche RSI, per brevità. È ampiamente diffusa anche la corrispondente dizione anglosassone corporate social responsibility, in ragione delle ascendenze storiche, originando la nascita della dottrina della responsabilità sociale d’impresa e il dibattito pubblico che intorno ad essa affiorò, a partire dagli anni ’40-’50, negli Stati Uniti, per diffondersi poi soltanto molto più tardi al di qua dell’Atlantico. V. l’accurata ricostruzione di MORRI L., “C’era una volta in America…”. Una nota sulle origini della responsabilità sociale d’impresa, in BERTAGNI B., LA ROSA M., SALVETTI F., Gli strumenti dell’etica, l’etica degli strumenti e la responsabilità sociale, Milano, 2007, pag. 15 ss. 2 Invero, il tema si presta a un approccio multidisciplinare, per le plurime implicazioni sia economiche, ma anche etiche, sociologiche, oltre che giuridiche. A tale ultimo proposito, vasta è la letteratura in dottrina, a partire da CONTE G., L’impresa responsabile, Milano, 2018; TOMBARI U., «Potere» e «interessi» nella grande impresa azionaria, Milano, 2019, GALLINO L., L’impresa irresponsabile, Torino, 2005; RUFFOLO G., Il capitalismo ha i secoli contati, Torino, 2008; LIBERTINI M., Impresa e finalità sociali. Riflessioni sulla teoria della responsabilità sociale dell’impresa, in Riv. Soc., 2009, pag. 1 ss.; ID., Economia sociale di mercato e responsabilità sociale dell’impresa, in Riv. ODC, 2013, pag. 2 ss.; ANGELICI C., Responsabilità sociale dell’impresa, codici etici e autodisciplina, in Giur. comm., 2011, I, pag. 159 ss.; ID., Divagazioni sulla “responsabilità sociale” d’impresa, in Riv. Soc., 2018, pag. 3 ss.; ARMIGLIATI, R., Total Responsibility: Dalla Corporate Social Responsibility (CSR) allo sviluppo di una cultura di responsabilità totale (TRM), Milano, 2016; BALLUCHI F., FURLOTTI K. (a cura di), La responsabilità sociale delle imprese: un percorso verso lo sviluppo sostenibile: Profili di governance e di accountability, Torino, 2017; MALAGUTI M.C., SALVATI G.G., La responsabilità sociale d’impresa, Padova, 2017. Sui più recenti aspetti afferenti alla digitalizzazione e alle nuove tecnologie v. ABRIANI N., SCHNEIDER G., Il diritto societario incontra il diritto dell’informazione. IT, Corporate governance e Corporate Social Responsibility, in Riv. Soc., 5, 2020, pag. 1326 ss. Per una prospettiva europea sul tema v. ACCONCI P., (a cura di), La responsabilità sociale d’impresa in Europa, Napoli, 2009; MASSA F., (a cura di), Sostenibilità. Profili giuridici, economici e manageriali delle PMI italiane, Torino, 2019. 3 Osserva LIBERTINI M., “Impresa e finalità sociali. Riflessioni sulla teoria della responsabilità sociale dell’impresa”, in Riv. Soc., 2009, pag. 22 s.: “la teoria contemporanea della CSR ha avuto, sin dall’origine, due anime, non del tutto coerenti tra loro: da un lato, la riaffermazione del primato dell’etica, anche con riferimento alle attività economiche; dall’altro considerazioni di pura e semplice efficienza produttiva”. 4 È la cosiddetta teoria neoclassica, per cui l’unico obiettivo di responsabilità sociale dell’impresa è quello di massimizzare gli utili a vantaggio degli azionisti. In questa prospettiva, il perseguimento di finalità sociali e ambientali a scapito dei profitti assume una valenza immorale. Emblematica come un manifesto l’affermazione: “Il vero dovere sociale dell’impresa è ottenere i più elevati profitti – ovviamente in un mercato aperto, corretto e competitivo - producendo così ricchezza e lavoro per tutti nel modo più efficiente possibile” FRIEDMAN M., New York Times, 13 settembre 1970. 5 BRUNO S., “Dichiarazione “non finanziaria” e obblighi degli amministratori”, in Riv. Soc., 4, 2018, pag. 975. 6 V. MARCHEGIANI L., “Piccole e medie imprese societarie con scopo lucrativo e responsabilità sociale. Spunti per una riflessione”, in Riv. Soc,5, 2020, pag. 1481 ss. 7 Più volte la Commissione europea ha da ultimo evocato una “governance societaria sostenibile”. In particolare, nella Comunicazione della Commissione, “Il Green Deal europeo”, 11 dicembre 2019, COM (2019) 640 final si legge: “la sostenibilità dovrebbe essere integrata in modo più sistematico nella governance societaria” dal momento che “molte imprese si concentrano ancora troppo sui risultati finanziari a breve termine a scapito dello sviluppo a lungo termine e degli aspetti connessi alla sostenibilità”. 8 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni - Strategia rinnovata dell’UE per il periodo 2011-14 in materia di responsabilità sociale delle imprese, 25.10.2011, disponibile online: eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0681:FIN:IT:PDF. Invero, più ampia ed esaustiva la definizione secondo la quale la responsabilità sociale di impresa è “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali in tutte le operazioni commerciali, nei processi decisionali e nei rapporti tra l’azienda e i propri interlocutori”. V. COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Libro Verde – Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, COM (2001) 366 def., 18 luglio 2001. 9 BRUNO S., Op. l. ult. cit. 10 V. ARMIGLIATI, R., Total Responsibility: Dalla Corporate Social Responsibility (CSR) allo sviluppo di una cultura di responsabilità totale (TRM), Milano, 2016, pag. 23. 11 È il sempre più diffuso e rilevante bilancio sociale, ovvero, “un documento di rendicontazione in cui vengono riportate le informazioni necessarie a offrire un quadro completo dell’attività e dei risultati raggiunti da un’organizzazione in relazione agli obiettivi sociali dichiarati. Il bilancio sociale ha infatti la funzione di descrivere le ragioni per cui si sostengono o si sono sostenute determinate attività che hanno prodotto vantaggi per le categorie degli stakeholders di riferimento”. Così MATACENA A., Responsabilità sociale delle imprese e accountability: alcune glosse, Rimini, 2008. 12 RAPPAZZO N., Il Bilancio Sociale: uno strumento per la gestione del rischio reputazionale. Il caso delle Banche etiche italiane, in Impresa Progetto, 1, 2013, pag. 2. 13 SELLA M., Responsabilità sociale: la nuova frontiera dell’impresa bancaria, Intervento di apertura del Presidente di Abi al convegno “Finanza e responsabilità sociale”, Milano, 10 febbraio 2003. Sul tema v. GUIZZI G., Appunti in tema di interesse sociale e governance nelle società bancarie, in Riv. dir. comm., 2017, I, pag. 241 ss.; TANNO A., Banche e responsabilità sociale, in Consum. dir. merc., 3, 2008, pag. 22 ss.; SCOTTI CAMUZZI S., Finanza etica ed etica della finanza. La responsabilità sociale dell’impresa nel settore della finanza, in Jus, 2005, pag. 103 ss.; ANTONUCCI A., La responsabilità sociale e l’impresa bancaria, in CAPRIGLIONE F., (a cura di), Finanza impresa e nuovo umanesimo, Bari, 2007, pag. 178 ss. Sul rapporto tra CSI e microcredito v. ARENA T., Social Corporate Governance and the Problem of Mission Drift in Socially-Oriented Microfinance Institutions, in Columbia Journal of Law and Social Problems, 2008, pag. 269; TANNO A., Op. cit., pag. 28 ss. 14 V. CARNEVALE C., MAZZUCA M., VENTURINI S., La value relevance del bilancio sociale: il caso delle banche Europee, in Econ. azien.online, 2, 2010, pag. 93-110. 15 V. ENTE NAZIONALE PER IL MICROCREDITO, Relazione biennale sulle attività di Microcredito e Microfinanza in Italia, pag. 40 – 88. In particolare, il tasso di default di tali operazioni è risultato pari, nel biennio 2016-2017, ad appena lo 0,47%, mentre, al 30 giugno 2018, si è attestato allo 0,73%. 16 PAGANO N., L’offerta di microcredito. Da progetti a soggetti: un’analisi della distribuzione geografica, in AA. VV., ll microcredito in Italia e nel Mezzogiorno, Caratteristiche socio-economiche e funzionali, Napoli, 2015, pag. 64. 17 V. ENTE NAZIONALE PER IL MICROCREDITO, Relazione biennale, cit., pag. 31. 18 TANNO A., Banche e responsabilità sociale, cit., pag. 32. 19 BALLUCHI F., FURLOTTI K. (a cura di), La responsabilità sociale delle imprese: un percorso verso lo sviluppo sostenibile: Profili di governance e di accountability, Torino, 2017, pag. 61. Sulla volontarietà e non vincolatività degli strumenti di attuazione della CSR nelle imprese v. anche VESSIA F., La responsabilità sociale delle imprese e dei consumatori, in Federalismi.it, 15, 2019, pag. 2 ss.