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Maria Antonietta Tanico
Studio Legale Tanico
Formazione del management di impresa nella prevenzione della crisi alla luce dell’applicazione dei criteri ESG
Abstract
La formazione manageriale è condizione necessaria per tutte le aziende che vogliono affrontare e superare le sfide in un panorama di mercato complesso e competitivo. Lo scopo della educazione finanziaria del management è quello di fornire gli strumenti per sostenere le numerose crisi proprie dell’attuale contesto economico-sociale ma anche per saper cogliere le molteplici opportunità che lo stesso contesto offre. Una buona conoscenza ed applicazione dei criteri ESG può valorizzare le performance di sostenibilità dell’azienda ed aumentarne la produttività così come una cultura sulla prevenzione della crisi di impresa, alla luce del dettato normativo del Codice della Crisi, conduce all’adozione di un sistema minimo di salvaguardia costituito dagli “adeguati assetti”.
Le questioni ambientali, sociali e di governance (ESG) e le conseguenti norme sul cambiamento climatico, sulla biodiversità e sulla conservazione dell’ambiente, sulla schiavitù moderna, sui diritti dei lavoratori e sulla responsabilità dei Consigli di Amministrazione, stanno rapidamente cambiando la gestione delle imprese nel mondo. Più in generale, stiamo assistendo ad una crescente aspettativa da parte di finanziatori, assicuratori, investitori e clienti di imbattersi in aziende che operino con atteggiamento sempre più responsabile, nel pieno rispetto di un codice etico volto alla protezione del lavoro, al conseguimento degli obiettivi di giustizia sociale, al raggiungimento di strategie a zero emissioni e ad una migliore governance.
In un mondo economico sempre più complesso e interconnesso, oggetto di crisi finanziarie, conflitti, calamità naturali che recano inevitabili squilibri economici, volatilità dei mercati, eccessivo indebitamento individuale e aziendale e gestione inadeguata del rischio, è quindi sempre più urgente una alfabetizzazione economica e finanziaria dei singoli e prima ancora delle imprese. Diviene quindi essenziale conoscere i basilari principi economici e dei mercati finanziari in particolare in materia di finanza personale così come decidere una prudente e responsabile pianificazione finanziaria attraverso puntuali strategie di investimento per salvaguardare i risparmi individuali contro un indebitamento eccessivo. Ma prima di tutto è necessario implementare un comportamento responsabile delle imprese, volto alla ricerca di quell’insieme di valori che determinano il proprio modo di essere, agire e lavorare nel mercato e sul territorio. Ciò all’insegna di una effettiva crescita culturale del management che consenta di acquisire e incrementare le conoscenze sugli aspetti finanziari e organizzativi indispensabili per la continuità e lo sviluppo aziendale e per individuare, quanto prima possibile, eventuali segnali di crisi. Oggi, i vertici di una impresa in forma societaria non devono soltanto essere dotati di competenze e conoscenze tecniche , doti di leadership e grande esperienza ma devono dotare, a loro volta, l’ impresa di un disegno organizzativo globale ovvero dei c.d. “ assetti adeguati” che consenta di pianificare e coordinare decisioni commerciali, operative e finanziarie finalizzate a garantire una corretta amministrazione e un capillare controllo interno per affrontare i rischi e le sfide del mercato.
L’attuale testo dell’art 2086 del Codice Civile, così come modificato dall’art 375 del Codice della Crisi di Impresa, interpreta al meglio questa esigenza sociale lì dove dispone al 2° comma che “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale” , intendendo per “crisi”, ex art. 2 del richiamato Codice della Crisi , “lo stato di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”. e ancora l’Articolo 2381 del Codice Civile disciplina i poteri e le responsabilità degli organi di amministrazione nelle società di capitali, stabilendo che il Consiglio di Amministrazione deve valutare periodicamente il generale andamento della gestione e quindi l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società.
GLI ADEGUATI ASSETTI
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, entrato in vigore da due anni e sottoposto a più correttivi per recepire al meglio la Direttiva Insolvency 2017/1132 dettata dalla UE, introduce importanti disposizioni relative agli assetti organizzativi delle imprese, necessari a rilevare in modo precoce lo stato di crisi. In particolare, l’art 3 stabilisce che l’imprenditore individuale deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte; il secondo comma prevede che l’imprenditore collettivo deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato, alla natura e alle dimensioni dell’impresa prevedendo anche l’obbligo, ex art. 12 CCII, di segnalazione per gli organi di controllo , come sindaci e revisori legali, di avvisare tempestivamente gli organi amministrativi in caso di rilevazione di indizi di crisi.
Accanto alle citate norme codicistiche esistono anche best practices, come le Linee Guida pubblicate dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili per facilitare l’adozione di strumenti operativi di supporto all’imprenditore e all’organo di controllo nella valutazione dell’adeguatezza degli assetti, in ordine ai quali l’art. 2086 del Codice Civile risulta lacunoso. Attraverso tre check list si può svolgere una approfondita analisi sulle caratteristiche dell’impresa, sulle sue dimensioni e sull’ attività esercitata. La prima lista di voci è dedicata alla valutazione dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo dell’impresa in base alle specifiche caratteristiche ed esigenze della stessa: si esamina, nel dettaglio, la struttura organizzativa adottata, i ruoli e le responsabilità dei dipendenti , le procedure di selezione e la valutazione del personale, l’esistenza di un M.O.G. o Modello Organizzativo Gestionale ai sensi del D.Lgs. 231/2001 e gli adempimenti relativi alla sicurezza sul lavoro e alla parità di genere. La seconda check-list permette di verificare l’adeguatezza degli assetti amministrativi dell’impresa in riferimento al modello di governance adottato, di verificare la presenza di un Consiglio di Amministrazione e di un organo di controllo o della figura del revisore legale. Si procede poi all’esame dei poteri e responsabilità attribuiti ai vari organi, alla esistenza di effettiva coerenza tra le deleghe assegnate e il potere decisionale conferito, alla predisposizione di un piano industriale e di piani operativi a supporto dell’attività. La terza e ultima scheda è dedicata alla valutazione dell’adeguatezza dell’assetto contabile dell’impresa, attraverso la verifica dell’esistenza di un sistema informativo contabile integrato o di eventuale gestione contabile esterna, in forma parziale o totale, con particolare riguardo alle modalità di trasferimento dei dati sensibili. Viene anche esaminata la periodicità di aggiornamento della contabilità, la redazione di bilanci infrannuali, la presenza di sistemi di analisi di bilancio e indicatori gestionali.
Ulteriore esempio di best practices sono le linee guida, ormai pienamente operative, emanate dall’EBA, European Banking Authority, in termini di concessione e monitoraggio dei finanziamenti che consentono alle Banche di valutare il merito creditizio non più sulle garanzie prestate, viste come ultima risorsa per fare fronte all’eventuale insolvenza del creditore ma sui piani prospettici credibili e documentati che le imprese presentano. Questo orientamento si associa a quanto regolamentato dal Codice della Crisi di Impresa sottolineando l’importanza di implementare nelle imprese la cultura finanziaria necessaria per predisporre adeguati assetti organizzativi. L’Autority ha specificato che “gli enti dovrebbero porre enfasi su una stima realistica e sostenibile del reddito e del flusso di cassa futuro del cliente indicando i “piani aziendali supportati da proiezioni finanziarie” fra le informazioni prioritarie per le analisi del merito creditizio e relegando le garanzie reali a semplice “via d’uscita dell’ente in caso di default o di deterioramento significativo del profilo di rischio e non la fonte primaria di rimborso” ( v. Art. 28 e 120, Guidelines on loan origination and monitoring).
I CRITERI ESG
La formazione del management di impresa che include vari aspetti tra cui la gestione finanziaria, l’analisi dei rischi, la leadership e la conoscenza degli strumenti per prevenire la crisi .è cruciale per garantire il successo a lungo termine ma anche la resilienza delle aziende a fronte di periodi di crisi ed è ancora più importante per garantire l’osservanza dei criteri di cui alla normativa europea in tema di ESG, Environmental, Social e Governance, normativa che si è recentemente arricchita di diversi provvedimenti che si collocano nell’ambito del Green Deal vale a dire della strategia definita dalla UE per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Si tratta della Direttiva 2022/2464 CSRD: Corporate Sustainability Reporting Directive; della Direttiva Corporate Sustainability Due Diligence Directive meglio nota CSDDD, come degli ESRS European Sustainability Reporting Standards, che seguono alla Direttiva CSRD.
Fondamentale è dunque la formazione del management sull’importanza della riduzione dell’impatto ambientale dell’azienda, sulla gestione sostenibile delle risorse naturali e sulla promozione di pratiche ecologiche vere ed effettive. Si è assistito, purtroppo con sempre maggiore frequenza, alle pratiche di “greenwashing” che hanno assunto molte forme, come l’uso di immagini di natura e verde nei materiali pubblicitari senza effettive azioni sostenibili nel processo produttivo o come l’uso di termini “naturale” o “ecologico” senza una verifica da parte di soggetto terzo indipendente o come la sponsorizzazione di eventi ambientali al fine di migliorare l’immagine aziendale senza un reale impegno della azienda volta alla sostenibilità. È quindi di primaria importanza la formazione del management sul complesso tema delle certificazioni ambientali riconosciute da enti terzi che aiutano le aziende a dimostrare il loro impegno verso la sostenibilità e ad essere trasparenti con i consumatori. I Regolamenti Emas (acronimo di Eco-Management and Audit Scheme) ed Ecolabel (il marchio di qualità ecologica dell’Unione Europea) rappresentano una parte integrante del quadro strategico UE per la produzione e il consumo sostenibile. Oltre a garantire obiettivi in campo ambientale, Emas ed Ecolabel contribuiscono al raggiungimento di obiettivi anche in campo economico in quanto le imprese che ottengono tali certificazioni possono registrare miglioramenti nell’organizzazione interna e nelle prestazioni ambientali e godere di vantaggi come una significativa riduzione dei costi operativi e una maggiore competitività sul mercato.1
Dal febbraio 2024 le aziende certificate ISO 14001 e ISO 9001 devono necessariamente tenere in considerazione il cambiamento climatico. L’organizzazione ISO (International Organization for Standardization) ha pubblicato, proprio a febbraio 2024, due emendamenti negli standard ISO 14001, Sistemi di gestione ambientale e ISO 9001, Sistemi di gestione per la qualità, che introducono i requisiti per la gestione del climate change. Le certificazioni sopra richiamate, a titolo puramente esemplificativo, consentono alle imprese di comunicare il loro impegno verso la sostenibilità, migliorando l’immagine aziendale , ottimizzando i rendimenti, riducendo i costi di smaltimento dei rifiuti e potenziando la sicurezza sul luogo di lavoro.
La formazione deve contribuire anche a sensibilizzare il management non solo sulle condizioni lavorative ma anche sui temi dei diritti umani e inclusione delle diversità. Per questo la certificazione ISO 30415 2021 risponde alle esigenze sociali di implementazione, valutazione, mantenimento e miglioramento del processo di gestione delle risorse umane di concerto con la governance aziendale. Tale norma è stata elaborata in sede internazionale nell’ambito del comitato tecnico ISO/TC 260 “Human resource management” (Working group WG 8 Diversity and inclusion) i cui lavori sono interfacciati a livello nazionale dall’UNI/TC 038 “Responsabilità sociale delle Organizzazioni”. La norma, richiamando le tematiche affrontate anche con la certificazione per la parità di genere previste dal PNRR Missione 5, pone l’attenzione sulla basilare necessità di integrare e dare valore alle persone pur nelle loro diversità e specificità, creando un ambiente di lavoro inclusivo.
Fondamentale è anche il miglioramento della Governance aziendale non solo attraverso la trasparenza, l’etica aziendale, la gestione dei rischi ma soprattutto attraverso una informativa sulla sostenibilità, dettagliata, chiara e quanto più possibile standardizzata ed esaustiva.
Il 16 dicembre 2022 l’Unione Europea ha pubblicato la Direttiva n. 2022/2464 Corporate Sustainability Reporting Directive o CSRD , entrata in vigore il 5 gennaio 2023, nell’ambito del Green Deal Europeo che sostituisce la precedente “Non Financial Reporting Directive - NFRD” (Direttiva 2014/95/UE), attuata in Italia con D.Lgs. 30 dicembre 2016, n. 254, concernente l’obbligo di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario per le imprese di grandi dimensioni, attraverso un rendiconto di Sostenibilità, ovvero un documento che possa comunicare ai clienti, ai produttori, agli investitori e ai dipendenti le scelte aziendali in termini di sostenibilità economica, ambientale e sociale, criteri che contribuiscono a descrivere l’azienda e a valorizzarne la portata sociale e ambientale secondo parametri non finanziari .
Gli European Sustainability Reporting Standards o ESRS si applicano a tutte le aziende che sono soggette alla citata Direttiva CSRD. Si tratta di standard di rendicontazione che stabiliscono linee guida che le imprese debbono seguire nei reports di sostenibilità, per es. in tema di cambiamento climatico, della gestione dell’acqua e delle risorse, del rispetto della biodiversità o in tema di rispetto e tutela delle pratiche lavorative. La norma rivolta inizialmente alle imprese di grandi dimensioni si è di fatto estesa anche ad imprese di dimensioni minori, tenute nel loro processo di rendicontazione a fornire questo tipo di informazioni per qualificarsi nelle supply chain, beneficiando di converso di importanti risorse pubbliche e private, messe in campo a livello europeo e nazionale, grazie a strumenti finanziari allineati alla Tassonomia.2
Il 10 giugno 2024, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo per il recepimento della Direttiva 2022/2464/UE, attualmente ancora in Commissione parlamentare, che amplia gli obblighi previsti in tema di rendicontazione sulla sostenibilità, in maniera graduale nel tempo a seconda della tipologia delle imprese destinatarie. Più nel dettaglio, a decorrere dall’esercizio finanziario 2025 saranno interessate via via le società con dimensioni minori rispetto a quelle già obbligate, come le piccole e medie imprese con strumenti finanziari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati, enti creditizi piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione e riassicurazione captive; a partire dal 2028 dovrebbero essere interessate anche le imprese di Paesi terzi.
Le aziende devono pertanto preparare un documento standardizzato e omogeneo a livello europeo3, inserito nella relazione sulla gestione, che descriva l’impatto delle loro attività, comprese quelle delle controllate e dell’intera filiera. Il documento deve essere certificato da un soggetto preposto, il cosiddetto “revisore di sostenibilità” definito, nella Relazione illustrativa di accompagnamento al decreto come “il revisore legale iscritto nel Registro e abilitato anche allo svolgimento dell’attività di assurance della rendicontazione di sostenibilità.”. Il revisore deve esprimere nella sua relazione le proprie conclusioni sulla conformità della rendicontazione alle norme di riferimento e il suo ruolo può coincidere o meno con quello del revisore legale della società purché iscritto nel Registro dei revisori legali e abilitato per l’attestazione della rendicontazione di sostenibilità. L’incarico può essere assunto anche da una società di revisione ma la relazione di conformità deve essere firmata dal singolo professionista.
La Direttiva sulla Due Diligence o CSDDD, approvata nell’aprile 2024 dal parlamento Europeo, obbliga le imprese e i relativi partner, compresi quelli per l’approvvigionamento, la produzione e la distribuzione, a prevenire, fermare o attenuare le ripercussioni negative delle loro attività su ambiente e diritti umani. Tutte le aziende dell’Unione Europea con più di 1000 dipendenti e un fatturato globale superiore a 450milioni di euro dovranno integrare nelle proprie policy il dovere di diligenza, realizzare investimenti ad hoc, migliorare il piano aziendale o fornire sostegno ai partner commerciali di piccole e medie dimensioni per assicurarsi che anch’essi rispettino i nuovi obblighi. Compito degli Stati membri sarà invece quello di fornire alle aziende informazioni dettagliate nonché di istituire un’autorità di controllo incaricata di indagare e sanzionare il mancato rispetto delle norme, con ammende fino al 5% del loro fatturato netto mondiale.
Rispetto ai vincoli di rendicontazione di sostenibilità, che nel tempo riguarderanno tutte le imprese, il verificarsi di una situazione di crisi o di insolvenza non esimerà le aziende stesse dagli obblighi appena descritti.
CONCLUSIONI
Se da una parte le imprese risultano gravate da una normativa senza dubbio onerosa dall’altra il rispetto del dettato normativo sulla base delle Direttive , con particolare riguardo ai citati rendiconti di sostenibilità e obblighi di disclosure può rappresentare una buona opportunità per l’accesso al credito poiché quanto più una impresa viene essere considerata sostenibile da un punto di vista ambientale tanto più ha la possibilità di accedere a canali di finanziamento preferenziali in base al citato Regolamento 2020/852 ( Tassonomia).
In un panorama competitivo in continua evoluzione, investire sulla formazione manageriale è una scelta strategica sia per l’individuo che per l’intera azienda che può con maggiore facilità seguire i trend di mercato con ovvi vantaggi come l’aumento della produttività e della qualità del lavoro e l’incremento della competitività nei confronti di aziende operanti nella stessa area di business. La formazione del management di impresa anche alla luce dell’applicazione dei criteri ESG costituisce ormai una esigenza non più rinviabile per creare valore aziendale nel lungo termine anche in riferimento a tutti i soggetti interessati da quella attività imprenditoriale e per mitigare i rischi di una eventuale crisi aziendale.