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MADE IN ITALY
Donatella Di Nitto
Ha fatto della difesa del Made in Italy il suo cavallo di battaglia quando era titolare del dicastero dell’Agricoltura e oggi si batte affinché l’Imu agricola, tassa da lei stessa tolta quando dirigeva il ministero, non torni a pesare sulle spalle degli agricoltori.
Nunzia De Girolamo, capogruppo di Area Popolare (Ncd-Udc), non ha dubbi “la politica deve tornare a investire sulle eccellenze italiane e sul turismo per uscire dalla crisi”.
Lei si è battuta molto quando era ministro delle Politiche agricole per il Made in Italy, ora a che punto siamo?
Questo Paese può davvero cambiare in meglio e avere un’inversione di rotta superando la crisi economica solo grazie al turismo e al Made in Italy, credo che la politica debba tornare a investire su questi settori. Da ministro ho lavorato molto al collegato per l’agricoltura del 2014, per dare maggiore competitività al settore anche in vista di Expo 2015 il cui tema è proprio l’agroalimentare. All’epoca proposi la creazione di un marchio, il Made in Italy, per rendere più semplice ai consumatori il riconoscimento dei nostri prodotti in giro per il mondo. Un marchio privato e facoltativo in linea con le normative europee che avrebbe consentito di rafforzare la lotta alla contraffazione che provoca un danno al nostro Paese pari a 60 miliardi di euro, a difesa quindi dell’internazionalizzazione.
Cosa si può fare per migliorare il settore dell’agroalimentare?
Bisogna puntare sulla semplificazione. Questo aspetto richiede ancora oggi un intervento forte e capillare, perché gli agricoltori perdono troppo tempo con la burocrazia, mentre hanno bisogno di concentrarsi per far conoscere nel mondo le eccellenze del nostro agroalimentare. Non bisogna dimenticare che i nostri prodotti sono la bandiera dell’Italia e c’è ancora tanto da fare sull’internazionalizzazione.
Secondo lei c’è un prodotto Made In sottovalutato su cui varrebbe la pena puntare?
No, e non si può andare alla ricerca di prodotti sconosciuti, perché il prodotto sconosciuto non è un’idea giusta per rilanciare l’agroalimentare, né il Made In. La forza dell’Italia sta proprio nella riconoscibilità e la tipicità. Ecco perché sono stata sempre contraria agli Ogm che minavano il carattere di tipicità dei nostri prodotti. Ciò che ci distingue nel panorama dell’agroalimentare a livello internazionale sono le nostre eccellenze. Costruire una filiera sconosciuta metterebbe a rischio tanti prodotti che sono riconoscibili da tutti e che ci contraddistinguono. È necessario fortificare quello che già abbiamo.
Quali canali secondo lei si potrebbero sviluppare per rafforzare il Made In all’estero?
Sicuramente la Rete. L’utilizzo di internet andrebbe intensificato. Da ministro feci un accordo per l’eccellenza in digitale e creare sul web l’agroalimentare 2.0, una sorta di mostra agroalimentare permanente di eccellenze del settore, utilizzando i canali della piattaforma Google. In quell’occasione proposi all’amministratore delegato di trasformare la loro piattaforma in piattaforma commerciale, e suggerii che l’Italia fosse presa a modello dell’esperimento per trasformare appunto la piattaforma Google in piattaforma commerciale. In questo modo le tante micro aziende che non riescono ad arrivare sui mercati, se messe in un paniere unico potrebbero arrivaci ed essere così riconosciute e riconoscibili. Poi mi sono dimessa e non so come sia andata a finire. Approfitto dalla vostra intervista per rivolgermi al ministro Martina per sollecitare un incontro con Google e pensare di riproporre e di ripensare l’esperimento Italia sulla piattaforma Google. Inoltre l’idea del governo di creare un’agenzia unica del Made in Italy che non diventi un carrozzone né l’aggregazione pura e semplice dell’esistente, puo’ essere una buona idea per il rilancio e il coordinamento del settore.
Portando su internet i nostri prodotti non si rischierebbe di aumentare la contraffazione?
No. L’Europa ha stabilito che anche l’Italia deve avere una sua etichettatura per difendere i propri prodotti dalla falsificazione. È chiaro che internet ha i suoi rischi e un eventuale utilizzo va disciplinato e controllato, anche ampliando i sistemi di tutela in collaborazione con i ministri competenti del settore, per evitare storture del sistema.
In un momento di crisi che peso pensa abbia la formula del microcredito?
Il microcredito in Italia è diventato un grande supporto per chi vuole avviare un’attività e sperimentare un’idea o un progetto. Penso ai tanti giovani che vogliono realizzare un progetto in un momento di crisi come questo e credo sia un’ottima opportunità. Quello che manca è una campagna di comunicazione più forte. Se non rendiamo riconoscibile questo strumento, molti non avranno la possibilità di utilizzarlo. Sono numerosi i progetti interessanti sul recupero territori e beni confiscati. Anche per realizzare agricoltura sociale il microcredito può essere un’opportunità. Molto è stato fatto sia in Europa che in Italia, ma moltissimo può fare ancora il governo nel settore agricolo, mentre invece risulta evidente che la politica sottovaluta l’agricoltura. Anche sull’Imu agricola si sta dimostrando che in questo settore il governo pecca. Io continuerò a battermi al fianco degli agricoltori, affinché sia bloccata quella che definisco una ‘patrimoniale mascherata’ che penalizza un settore su cui è necessario investire. Se fossero state ascoltate le proposte avanzate in Parlamento dal Nuovo Centrodestra, sarebbe stato facilmente evitabile per migliaia di coltivatori, proprietari terrieri, commercialisti e sindaci tutto questo caos. Un epilogo che, da mesi, abbiamo cercato in tutti i modi di scongiurare, avanzando soluzioni e percorsi fattibili sia per quanto riguarda l’esenzione totale dal pagamento, sia per la revisione dei criteri. Proposte a saldi invariati, sulle quali potevano convergere anche le altre forze politiche, in primis il Pd, partito di cui è espressione il ministro competente.