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ECONOMIA, FINANZA E CAPITALE UMANO.

COM'È REALMENTE POSSIBILE UMANIZZARE L'ECONOMIA E LA FINANZA NEL XXI SECOLO?

< >ETTORE GOTTI TEDESCHI

< >economista e banchiere

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Premessa

La storia insegna che in economia, che scienza non è, quando si vuole forzare nuove dottrine per risolvere problemi, si rischia di produrre “utopie”. Se poi si pretende di formulare queste nuove dottrine, fondandole su intuiti o illuminazioni, con intenti di carattere morale, si rischia di convertire le utopie in “eresie” (ante litteram). Premessa sull’uso dei termini: - Il valore del cosiddetto capitale umano è strettamente connesso al fatto che questo valore, questa dignità di creatura di Dio, sia riconosciuto da tutti. Se invece la maggior parte della “cultura dominante” considera l’uomo l’evoluzione di un bacillo, un animale intelligente in pratica, il suo valore come lo abbiamo inteso, non sta in piedi. - Non esiste invece una “finanza etica”, esiste il finanziere che da allo strumento finanziario un senso e lo gestisce con comportamento etico, fondato su valori morali forti. Una finanza, in sé etica, è una illusione.


Perché ci poniamo questi problemi oggi.

Perché la crisi economica in corso, che ha generato grandi cambiamenti, da una parte cerca colpevoli e genera accuse, spesso ingiuste e inconsistenti; da altra parte stimola proposte da ogni ambiente, da parte di competenti o da illusi di esserlo. Mai viste, infatti, tante proposte risolutive provenire da chi neppure conosce le cause di detta crisi. Ma se non si conoscono le cause di un problema, come si può pretendere di proporre soluzioni, soprattutto in materia economica? Se poi le premesse per formulare proposte si fondano sulla certezza che la <inequità è il peggiore dei mali> o che ci sia da combattere <una economia che uccide> o <una finanza che depreda e uccide>, il timore di formule risolutive altrettanto errate e inefficaci, cresce esponenzialmente. Non è infatti la cattiva ripartizione delle risorse il peggiore dei mali e non esiste certo uno strumento che uccida. E sempre e solo l’uomo che usa male lo strumento (grazie ai vizi di avidità, egoismo, indifferenza), che gli da un senso errato, che quindi crea illecita ripartizione di ricchezze e le condizioni di sofferenza per i più vulnerabili. Perciò non è lo strumento o la struttura che vanno cambiati quando le cose non funzionano, ma solo l’uomo. Solo un dilettante in mala fede potrebbe pensare che basti cambiare strutture e strumenti per migliorare.


Cosa è vero umanesimo cattolico che includa e non escluda?

È quello che include e non esclude Dio anzitutto. Inutile cercare un umanesimo in economia se prima non si consente a Dio di entrare nella intelligenza e nel cuore dell’uomo che la fa. Per umanizzare, prima è necessario convertire, altrimenti questa umanizzazione presunta diventa “sociale”, solo umana. Come si può umanizzare l’economia se si permette di confondere il senso del peccato e la Redenzione? Chi ha corrotto l’umanesimo cristiano, anche in economia, son state le eresie, soprattutto quella luterana, giansenista, roussoniana, ecc. Per pensare di riumanizzare l’economia si deve perciò prima riconvertire l’uomo che la usa, cambiare solo lo strumento e non l’uomo che lo usa significa permettere la corruzione dello strumento stesso, che è solo un mezzo, che non deve avere autonomia morale. Anche la tanto conclamate economia del dono, della gratuità, deve esser intesa nel suo senso vero, cioè che il solo dono gratuito è la vita in Cristo, non la beneficenza assistenzialistica nelle sue varie forme. Il lettore avrà intuito che per trattare questo argomento tecnico-morale è necessario non confondere fini e

mezzi, cause ed effetti. Se leggiamo, per esempio, dichiarazioni critiche che lamentano che oggi l’obiettivo dell’economia non è più il bene comune (senza definirlo), ma l’efficienza del mercato e la massimizzazione dei profitti, risulta evidente la confusione voluta tra fini e mezzi. Se leggiamo affermazioni del tipo che il capitalismo ha prodotto ricchezza, ma non ha saputo distribuirla, rimaniamo perplessi e preoccupati sulla capacità di distinguere cause ed effetti. Come poi si può leggere, senza sussultare, che la politica si è asservita al mercato e deve ora invece tornare a governare lei l’economia con un nuovo umanesimo? Che farà mai questa politica? farà decrescita economica ambientalista e neomalthusiana, secondo le direttive sovranazionali coerenti con le probabili conclusioni del sinodo amazzonico e del convegno sull’Economy of Francesco di Assisi?

Il problema povertà.

Se non si risolvono prima alcuni altri problemi, un po’ più “originali” il problema povertà si può solo promettere di risolverlo, magari anche mentendo. Fino a ieri la povertà è stata utile ai marxisti, oggi potrebbe sembrare utile ai teologi ideologici che son convinti che la ricchezza è frutto di sfruttamento e basta. Certo il problema povertà non si risolve demonizzando il capitalismo (che ha concorso a produrre conoscenza, benessere e progresso) che, come disse Giovanni Paolo II, è solo segno di contraddizione, perché genera progresso, ma può confondere l’uomo. Per superare questa confusione l’uomo deve crescere in sapienza, non solo in scienza. Deve crescere in maturità sufficiente perché gli strumenti scientifici e tecnici, così sofisticati, non gli sfuggano di mano e prendano autonomia morale. Questa crescita in sapienza e maturità crea il “capitale umano” sostenibile e il comportamento etico in economia e finanza. Suggerisco, in proposito, per fare vera buona economia per l’uomo, di rileggere le Encicliche Caritas in Veritate e Lumen Fidei.

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