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Intervista alla sottosegretaria al ministero dell’economia e delle finanze Alessandra Sartore
Investimenti, incentivi, imprese, immobili. Sono le quattro direttrici d’azione del Decreto Crescita 30 aprile 2019, n. 34 , pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29 giugno 2019, sulle quali il Governo intende muoversi per rilanciare il percorso di sviluppo del Paese, con un insieme organico di misure volte a sostenere il sistema produttivo nel breve periodo ed a rafforzarne la competitività nel medio termine. La Sottosegretaria al Ministero dell’Economia e delle Finanze, Alessandra Sartore, è pronta ad affrontare le sfide post pandemia e racconta a Microfinanza un percorso nella Pubblica Amministrazione che vanta già un incontro ravvicinato con il mondo del microcredito
Sottosegretaria Sartore, lei è soprannominata, per le sue riconosciute e stimate capacità di gestione dei bilanci, in particolare per gli anni da assessore alla Programmazione Economica, al Bilancio, al Demanio e al Patrimonio della Regione Lazio, “la signora dei conti”.
Ho una formazione classica che mi ha permesso di avere una visione del mondo e delle situazioni lavorative più completo. C’è una famosa citazione di Abram Maslow che dice “Se hai solo un martello, tendi a trattare tutti i problemi come chiodi”. Spesso i tecnici tendono ad applicare a ogni problema lo stesso modello e a trattare il lavoro con un unico approccio. I miei studi, invece, mi hanno fornito la curiosità e un metodo per guardare le cose sotto punti di vista diversi perché ti danno una capacità di analisi che va oltre il mero problem-solving, ma che è anzi un ridurre i problemi, tendendo ad analizzare in maniera più completa gli scenari possibili, oltre a una migliore gestione del capitale umano. Qual è la situazione italiana? Sentir dire dal Financial Times che finalmente l’Italia ha un Governo che funziona e che deve essere preso a modello, è secondo me una gran cosa ed è un importante segno di cambiamento che ci sta riportando su delle coordinate più consone al quel grande Paese che è l’Italia, definita dal Financial Times addirittura un “polo di Stabilità”. Questione di sostanza ma anche di immagine. Molti problemi sono ancora sotto ai nostri occhi: debito pubblico, la burocrazia, le riforme, il lavoro, la demografia, il settore pubblico. Ma un passo alla volta non risolviamo tutto ma quantomeno miglioriamo la situazione. Da esperta economista e da donna, secondo lei quanto il microcredito può aiutare categorie di solito svantaggiate, come i giovani e le donne? Ciò che contraddistingue il microcredito dal credito ordinario è l’attenzione alla persona, che si traduce con l’accoglienza, l’ascolto e il sostegno ai beneficiari dalla fase pre-erogazione a quella post-erogazione, nonché la particolare attenzione prestata alla validità e alla sostenibilità del progetto imprenditoriale. Mi piacerebbe riflettere su quali siano i fattori di forza del microcredito rispetto ad altre politiche di sviluppo ed inclusione nella formazione di capitale sociale. Si tratta in sostanza di rilevare quanto può essere facile sottrarre le categorie svantaggiate e in difficoltà promuovendone l’“emancipazione”, mettendo a frutto le loro capacità, tanto da rendere economicamente conveniente l’operazione: non si tratta solo di un sussidio per aiutare un individuo in difficoltà. Mi sembra evidente che sia questo il passaggio fondamentale da considerare rispetto alle altre politiche per l’inclusione. Non è solo una questione di promozione economica e sociale, e quindi di spill-over positivi che possono rendere conveniente nel medio lungo periodo anche politiche di sviluppo, aiuti umanitari e donazioni a fondo perduto: con il microcredito l’aiuto economico può ripagarsi da solo, e rendere disponibili nel medio periodo ulteriori risorse e per nuovi interventi. La pratica del microcredito per avere effetti positivi e duraturi sulla vita delle persone va inserita in un piano di azione più ampio, in cui le azioni individuali siano orientate da un progetto comune, evitando di affidare lo sviluppo a decisioni decentrate e non coordinate. Questo sarà possibile anche grazie alle misure previste dal Governo per la piccola e microimpresa e i professionisti che, fondamento della nostra economia e della nostra società, hanno reso grande il nostro Paese e continueranno a renderlo tale. Con il Decreto Ristori è divenuto immediatamente operativo l’innalzamento dell’importo finanziabile con il Microcredito dai precedenti € 25.000 agli attuali € 40.000. Sempre nel corso del 2020, con il sopravvenire della crisi sanitaria ed economica innescata dalla pandemia da COVID 19, le imprese femminili più di tutte hanno pagato un conto salato e, in tal senso, l’accesso al credito per le piccole e medie imprese a totale o prevalente partecipazione femminile è stato potenziato con la legge di bilancio, che ha introdotto la possibilità di integrare i finanziamenti agevolati con una quota a fondo perduto. Anche nel PNRR è previsto il rafforzamento e l’avvio di nuova imprenditorialità femminile con uno stanziamento di 0,40 miliardi di euro. Considera la finanza etica un valido strumento a sostegno delle famiglie e delle PMI? Il microcredito è una delle forme della finanza etica. Per finanza etica intendiamo un uso delle risorse finanziarie che non considera solo le dimensioni standard dell’investimento finanziario (rischio e rendimento), ma anche le dimensioni sociali e morali dell’impiego, ovvero delle attività economiche finanziate (finanza solidale). Tra gli elementi che hanno favorito la diffusione delle iniziative di microcredito in tutto il mondo, vi sono sicuramente anche i dati confortanti sulle minime sofferenze e gli alti tassi di rimborso dei prestiti. Dare credito ai più poveri, permettere di avviare una attività economica anche a coloro che non hanno nulla per garantire un prestito, è da molti considerato pertanto sia un buon modo sia un modo buono di impiegare il denaro. La “finanza etica” non è, come spesso si crede, un’invenzione di anni recentissimi legata a una maggiore sensibilità degli investitori più giovani verso un’economia che sia sostenibile dal punto di vista ambientale e responsabile da quello sociale. In Italia l’8 marzo del 1999 nasceva Banca Etica con l’apertura del suo primo sportello a Padova. Un istituto di credito nato dall’impegno di tante organizzazioni della società civile e tantissime persone che desideravano una banca al servizio dello sviluppo sostenibile, che utilizzasse in trasparenza il risparmio di famiglie e organizzazioni per finanziare realtà non profit e imprese sociali. Un modo di fare banca che si è dimostrato resiliente anche negli anni più duri della crisi finanziaria innescata dal 2008: anche mentre le altre banche fronteggiavano crisi, scandali e credit crunch, Banca Etica è riuscita a crescere e le istituzioni hanno riconosciuto il valore e la specificità della finanza etica. Il Parlamento italiano è stato il primo in Europa a varare - alle fine del 2016 - una norma che ha introdotto nel Testo Unico Bancario il riconoscimento della finanza etica. Nella finanza sostenibile restano preponderanti la massimizzazione del profitto e il valore delle azioni e dei dividendi, cercando di non nuocere troppo all’ambiente. L’approccio della finanza etica è antitetico: la realizzazione di utili economici è perseguita, ma è funzionale all’obiettivo di massimizzare i benefici per le persone, le comunità e il pianeta. La pandemia ha avuto ripercussioni sull’economia. Usciremo dalla crisi? L’impatto della crisi sanitaria ha colpito l’economia italiana in maniera particolarmente acuta, con una caduta del Pil dell’8,9% nel 2020, determinata essenzialmente dal crollo della domanda interna e in particolare dei consumi. Conseguentemente, il calo dell’occupazione ha riguardato all’inizio principalmente i dipendenti a termine e gli indipendenti, poi anche i lavoratori a tempo indeterminato. Nel primo trimestre 2021, nonostante il prolungarsi dell’emergenza, l’attività economica si è stabilizzata, con importanti progressi nella manifattura e nelle costruzioni e in alcuni comparti del terziario. In primavera, la ripresa dell’industria si è accentuata e il clima di fiducia delle imprese è divenuto via via più positivo anche in gran parte dei servizi. Tutto sta andando molto meglio di quanto si pensasse. In precedenza, predominava lo scetticismo. I dati quantitativi sembravano sistematicamente smentire gli indici di fiducia qualitativi. Gli sforzi della politica economica e delle riforme, pur importanti, parevano non dare risultati pratici. Ora il Paese si sta rialzando. Ce lo attestano le cifre della ripresa economica per quest’anno e per i prossimi anni. Il Governo ha presentato la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza che stima il tasso di crescita del PIL al 6% per il 2021, al 4,7% nel 2022, al 2,8% nel 2023 e all’1,9% nel 2024. Pertanto, ci dovrebbe essere un recupero significativo sui molti punti persi lo scorso anno. La previsione è quella di recuperare il livello precrisi per il secondo trimestre del 2022. La politica di bilancio dovrà restare espansiva fin tanto che il Pil e l’occupazione, non solo hanno recuperato la caduta dello scorso anno, ma anche la mancata crescita del 2019. Il Ministro Franco nell’audizione a commissioni bilancio di Camera e Senato ha sottolineato che, visti gli andamenti, la politica di bilancio dovrà ancora sostenere l’economia per poi tornare ad essere neutrale nel 2024. L’espansione dell’Economia italiana nei prossimi anni sarà sostenuta anche da favorevoli condizioni monetarie e finanziarie e, in particolare, dal PNRR, che rappresenta un’occasione inedita per rilanciare il Paese all’insegna della sostenibilità ambientale e sociale. La completa realizzazione del PNRR, come riportato nel testo della NADEF, resta la grande scommessa per i prossimi anni, in un contesto mondiale che è forse il più complesso ed articolato della storia recente. È una scommessa che l’Italia può vincere con la coesione interna, il buon governo e un forte radicamento europeo. Quanto il PNRR può essere una possibilità nel creare impresa? Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta un importante crocevia per la riqualificazione delle condizioni in cui vertono i settori dell’economia, dell’ambiente e della coesione sociale del nostro Paese. L’indebitamento necessario per l’uscita dalla pandemia che ha colpito tutto il mondo, ed in particolar modo l’Italia, ci pone (e in fondo anche famiglie e imprese) davanti ad un obbligo per il prossimo futuro: far crescere la propria produttività, ponendo le basi per uno sviluppo duraturo e sostenibile dell’economia garantendo la rapidità di esecuzione dei progetti attraverso una semplificazione degli strumenti attuativi. È sottosegretaria al Mef con deleghe alla finanza delle Regioni. Nel Pnrr ci sono delle risorse stanziate direttamente per Regioni e Comuni. L’Italia sta per entrare in una fase decisiva: stiamo parlando di un’opportunità irripetibile per rilanciare la crescita, per uscire dalla recessione causata dalla crisi pandemica ancora in corso, ma anche per affrontare i profondi squilibri che da tempo ci frenano (basso livello di investimenti, elevata burocrazia, scarsa produttività, giustizia civile lenta, mercato del lavoro asfittico) e per ricucire le numerose fratture sociali e territoriali che si sono approfondite nel corso di molti anni, soprattutto con il Sud. Insomma, questo è il momento in cui si delineerà il Paese che lasceremo alle prossime generazioni. Un Paese più giusto, più equo con più diritti e più lavoro. Non è certo un caso che al Piano di Ripresa dell’UE si sia dato il titolo “Next Generation EU”. Ci sono obiettivi da raggiungere e relative scadenze temporali. Sono regole che vanno rispettate altrimenti i soldi non ci arrivano. L’Italia da sola riceverà un terzo di tutti i sussidi e prestiti previsti dal Recovery Fund, saremo costantemente sotto esame fino al 2026. È una sfida collettiva che chiama a raccolta tutti. Lo Stato ma anche i territori. Le Regioni sono infatti tra i principali attuatori di questa valanga di risorse, il loro coinvolgimento sarà dunque decisivo sia nella fase di programmazione sia soprattutto in quella di esecuzione, quando cioè le risorse dovranno essere ‘messe a terra’. Ma fondamentale sarà certamente anche il contributo dei Comuni. Servirà capacità di ascolto e di mediazione nel rispetto dei diversi ruoli istituzionali, con l’obiettivo di far prevalere le esigenze di semplificazione, celerità ed efficienza nell’attuazione degli interventi. Il PNRR non è solo un piano di spesa, ma anche di riforme attraverso le quali disegnare l’Italia del 2050.
Alessandra Sartore, economista e politica italiana. Laureata in Giurisprudenza, diploma di specializzazione in Diritto Amministrativo e Scienze dell’Amministrazione. Abilitata all’insegnamento delle discipline giuridiche economiche. Lavora nella pubblica amministrazione dal 1978, dal marzo 2021 è sottosegretaria al Mef. Nel 2001 viene nominata Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Da gennaio 2020 è membro del Comitato Europeo delle Regioni. |