Archivio opinioni
Mons. Nunzio Galantino
Presidente e Amministratore del Patrimonio della Sede Apostolica
ROMA – SENATO/ENTE NAZIONALE PER IL MICROCREDITO, 16 Febbraio 2022
Premessa
Nel titolo e nel sottotitolo affidatimi compaiono riferimenti sia all’economia sia alla finanza; riferimenti che ritorneranno nella riflessione che propongo. Comprendo bene che si tratta di discipline con statuto epistemologico diverso1. Nonostante questo, e ne capirete il motivo, le troverete spesso accomunate.
Se dovessi cercare un analogo laico al quadro nel quale si muove la riflessione di Papa Francesco sulla finanza e sull’economia, non esiterei a trovarlo nella convinzione di Edgar Morin. Per il filosofo francese, l’economia e la finanza, come altre discipline, non possono sottrarsi all’articolato gioco delle influenze reciproche. Una adeguata comprensione del processo economico esige cioè il rifiuto di ogni forma di lettura semplificatrice, nella quale affonda le sue radici il cinismo dell’homo œconomicus. Capace di massimizzare i profitti e minimizzare le perdite, sul modello del processo teorizzato da Adam Smith, che ha preteso di “liberare” l’economia e la finanza da ogni riferimento di natura antropologica, filosofica ed etica2.
«Un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale».
Ma veniamo al titolo affidatomi che, già nella sua formulazione, colloca il tema economico-finanziario all’interno del «nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale», come recita il sottotitolo dell’enciclica Fratelli tutti (FT). Pubblicata il 3 Ottobre 2020; nel tempo in cui la pandemia ha fatto cadere «il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri ‘ego’, sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli»3.
Papa Francesco sembra assumere il duplice compito di sentinella e di Pontefice. Da una parte infatti scruta la realtà della notte perché nessuno venga sopraffatto dall’oscurità e dalle tenebre; dall’altra, come pontifex (costruttore di ponti), spinge la modernità oltre se stessa, prospettando un sogno: mettere mano a un ordinamento realmente fraterno della coesistenza umana.
Siamo di fronte a una Enciclica che - come nota lo stesso Pontefice al paragrafo 54 - rappresenta il punto di confluenza del suo magistero; una sistematizzazione del pensiero che è andato elaborando e diffondendo in questi anni di pontificato.
Fratelli tutti declina insieme la fraternità e l’amicizia sociale, approfondisce la questione della giustizia sociale e delinea con chiarezza la necessità di un nuovo progetto di società, che può trovare consenso al di là delle differenze di orientamento ideologico o religioso, definito dallo stesso pontefice: «un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale».
“Sogno” qui va inteso non nel senso dell’evasione che fa perdere il contatto con la realtà, o dell’utopia consolatoria rispetto alla dura realtà. Va inteso piuttosto nel significato tipico di Papa Francesco: il sogno come visione capace di orientare, di indicare una direzione di marcia, di motivare il cambiamento. È il sogno di ridare senso e dignità alla vita di ciascuno, ponendo le condizioni e sostenendo le azioni che generano comunità sostanziate di relazioni e reciprocità, dove ciascuno, per la sua parte, è partecipe nella costruzione del bene comune. Non è un’utopia. È il sogno di una società in sviluppo, in evoluzione: dalla società degli individui a quella delle persone, che sanno guardare, vedere strade e possibilità di ricercare il proprio interesse insieme a quello degli altri: «Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme» (FT8) per un futuro di bene comune.
Questo sogno è il progetto, il vero cuore, o meglio, il vero motore dell’intera enciclica. Ogni affermazione va compresa in relazione con questo anelito: «Consegno questa enciclica sociale – scrive Francesco al n. 6 - come un umile apporto alla riflessione affinché, di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole»5. «Beati quelli che sognano – sembra dirci Papa Francesco, facendo sue le parole di dom Helder Camara -: porteranno speranza a molti cuori e correranno il dolce rischio di vedere il loro sogno realizzato!». Speranza che deve innanzitutto collocarsi nella concretezza del nostro mondo, con tutte le sue tensioni e le sue contraddizioni per accoglierne le sfide e per «assumere nuove prospettive e sviluppare nuove risposte» (FT 128).
Così Papa Francesco, dopo aver descritto le ombre di un mondo chiuso (cfr. cap.I) e aver proposto il samaritano della parabola (cfr. II capitolo) come modello sociale e civile - che «… invita a far risorgere la nostra vocazione di cittadini del nostro Paese e del mondo intero, costruttori di un nuovo legame sociale» (FT 66) - entra in dialogo aperto e costruttivo con la tradizione di pensiero che si richiama al motto della Rivoluzione francese, del 1789: liberté, égalité, fraternité. Trittico che «sintetizzava in una forma eccezionalmente efficace l’intero programma della modernità»6, ma che l’ordine postrivoluzionario ha poi abbandonato fino alla cancellazione della fraternità dal lessico politico-economico7.
«Che cosa accade – si chiede Papa Francesco - senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia» (FT103). Allo stesso modo, l’uguaglianza senza la fraternità rimane un valore astratto.
L’apertura al mondo: un equivoco
Al Papa fa eco E. Morin, per il quale la fraternità è «mezzo per resistere alla crudeltà del mondo»8. Una crudeltà che non ha smesso di presentarsi con i suoi frutti amari nel periodo della pandemia. Questa infatti, se da un lato ci ha ricordato che «siamo tutti sulla stessa barca» ed abbiamo bisogno di «aprirci al mondo» perché tutti connessi, anzi iper-connessi; dall’altro, ha evidenziato la frammentazione che segna il nostro tempo. Una frammentazione che mette in luce i limiti della globalizzazione. L’espressione “aprirsi al mondo” - sì - è stata fatta propria dall’economia e dalla finanza. Essa, però, «si riferisce esclusivamente all’apertura agli interessi stranieri e alla libertà dei poteri economici di investire senza vincoli né complicazioni, in tutti i Paesi» (FT12). Il pensiero unico sembra unificare il mondo, ma in realtà divide le persone e le nazioni. Mentre si indebolisce la dimensione comunitaria nella società umana, «aumentano piuttosto i mercati, dove le persone svolgono il ruolo di consumatori o di spettatori». Il più forte s’impone e protegge i propri interessi a discapito dei più deboli e poveri. «In tal modo la politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il divide et impera» (ivi).
L’inganno di questo virus sta proprio nel far credere che bene comune e individualismo possano pacificamente convivere. Ma è evidente che se le scelte dei singoli sono animate soltanto dalla ricerca dell’interesse privato, il bene comune non solo non si costruisce, ma viene distrutto: i disastri ambientali, le ingiustizie sociali, gli squilibri economici tra nazioni sono lì a dimostrarcelo.
L’Enciclica - riprendendo quanto già espresso in Laudato si’ - rappresenta una forte e precisa critica al liberismo economico, quale proiezione dell’individualismo più radicale. Questo «non ci rende più liberi, più uguali, più fratelli. La mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità» (FT105).
Il bene comune non è la sommatoria degli interessi dei singoli. Ci si ingannerebbe se pensassimo che «accumulando ambizioni e sicurezze individuali» si possa «costruire il bene comune» (ivi). Sono inaccettabili le ««visioni liberali individualistiche in cui la società è considerata una mera somma di interessi che coesistono» (FT 163) e «il diritto di alcuni alla libertà di impresa e di mercato non può stare al di sopra dei diritti dei popoli e della dignità dei poveri e neppure al di sopra del rispetto dell’ambiente» (FT 122).
Non è forse vero che la ricchezza è sempre più concentrata in pochissime mani? Nessuno batte ciglio davanti al fatto che oggi 26 individui possiedono la ricchezza di 3, 8 miliardi di persone, la metà più povera della popolazione mondiale. Davanti a questo scandalo il Papa riprende il tema dello «sgocciolamento» a valle del denaro dei ricchi come soluzione quasi automatica al problema delle diseguaglianze, contestandolo con forza. Dalle tasche dei moderni paperoni non trabocca e non sgocciola proprio nulla per i poveri e l’enciclica lo denuncia senza mezzi termini: «la speculazione finanziaria con il guadagno facile come scopo fondamentale continua a fare strage […]. Dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno» (FT 168). La finanziarizzazione dell’economia permette al 10% della popolazione mondiale di consumare il 90% dei beni; e il risultato devastante di questa ingiustizia sono i 2 miliardi di individui che vivono con meno di 2 euro al giorno. È un apparato finanziario che non solo sta stremando l’ecosistema mondiale, ma toglie vita e respiro, esattamente come fa il covid in questi giorni con i nostri polmoni. Come il giovane ucciso dal poliziotto George Floyd anche noi abbiamo motivo di sussurrare: «I can’t breathe, non respiro!».
La fraternità: prospettiva generatrice
Quel “non respiro”, secondo il Papa, non è una resa. E l’enciclica non si ferma alla denuncia franca e dura nei confronti dell’attuale situazione economica sociale e politica, ma attraverso il principio della fratellanza conferisce una base antropologica, etica e spirituale a ogni processo di rinnovamento e di cambiamento.
Si tratta di un processo che chiede non solo di uscire dal cerchio della finanza speculativa che - come i “briganti della strada” della parabola evangelica del buon samaritano - lascia ferite lungo la strada intere popolazioni, ma anche dal cerchio dei “segreti alleati”: coloro che “passano per la strada guardando dall’altra parte”, chiudendo così «il cerchio tra quelli che usano e ingannano la società per prosciugarla e quelli che pensano di mantenere la purezza nella loro funzione critica, ma nello stesso tempo vivono di quel sistema e delle sue risorse». (FT 75). Si tratta di vincere la fragilità umana, la tendenza costante all’egoismo che Francesco – ricorrendo a un termine della tradizione cristiana - non esita a chiamare “concupiscenza”: l’inclinazione dell’essere umano a chiudersi nell’immanenza del proprio io, del proprio gruppo, dei propri interessi meschini» (FT166). La fraternità – anche nel mondo della finanza - richiama quello spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni che pongano al centro l’uomo, la persona nella sua interezza.

Il ritorno dell’etica e della fiducia
Ma non sarà possibile impegnarsi in questo processo di cambiamento, ricordava Papa Francesco nella Laudato si’, se manca – anche negli operatori della finanza – la cura per quelle motivazioni interiori che diano senso al proprio agire, senza quello spirito di appartenenza e di radicamento che diano respiro all’azione personale e comunitaria.9
Quale habitus virtuoso curare e cucirsi addosso per dare volto alla fraternità nel mondo della finanza, spesso descritto come un “mondo di squali”, in cui l’altro è il potenziale concorrente da sconfiggere piuttosto che l’alleato con cui camminare insieme?
Papa Francesco non esita a invitare – ponendosi nella scia di quanto già affermato da Papa Benedetto XVI nella Caritas in veritate10 – alla cura della virtù della fiducia come «pietra angolare di tutte le relazioni, comprese le relazioni finanziarie»11, nella consapevolezza che la tecnologia, pur importante e necessaria, non potrà mai sostituirsi all’incontro interpersonale.
Declinando la fiducia come espressione della fraternità, Francesco, da un lato si pone nella scia degli studi economici che evocano il recupero della fiducia nell’economia e nella finanza12, e dall’altro entra nel dibattito, iniziato più di due secoli fa, tra due tradizioni di pensiero: quella dell’illuminismo scozzese di David Hume e Adam Smith, da una parte; e, dall’altra, quella dell’economia civile e mediterranea di Antonio Genovesi, Gaetano Filangieri, Giacinto Dragonetti e molti altri; schierandosi con la seconda.
Se la fiducia è una declinazione della fraternità essa non può essere ridotta a una questione di interesse personale (self-interest) come sosteneva Smith, quanto invece - come sosteneva Genovesi - una pre-condizione, un elemento senza il quale nessun commercio è possibile, nessuna accumulazione, nessuna ricchezza «perché dove non è fede (fiducia), ivi non è né certezza di contratti, né forza nessuna di legge, né confidenza d’uomo a uomo»13.
Dalla fraternità nasce una nuova etica che, mentre impegna a lavorare insieme per chiudere i rifugi fiscali, evita le evasioni e il riciclaggio di denaro che derubano la società, supera la «logica insulare e antagonistica come unico meccanismo autorizzato per la soluzione dei conflitti» e si apre a una logica capace di promuovere la interconnessione che favorisce una cultura dell’incontro, dove si rinnovino le basi solide di una nuova architettura finanziaria internazionale»14 .
Il ritorno della politica
Il Papa ricorda che per dare “carne” alla fraternità, calarla nella storia (FT n.128), restituire la centralità alle persone nell’economia e nel mercato, non è sufficiente «far crescere (…) una spiritualità della fraternità», ma è necessaria «un’organizzazione mondiale più efficiente» (FT165) che esprima questa centralità: «Per rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale, capace di realizzare la fraternità a partire da popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale, - afferma nella Fratelli tutti - è necessaria la migliore politica, posta al servizio del vero bene comune. Purtroppo, invece, la politica spesso assume forme che ostacolano il cammino verso un mondo diverso» (FT154).
Nella scelta della migliore politica come strada per lo sviluppo di una società fraterna, Papa Francesco – annotava Zamagni pochi giorni dopo la pubblicazione dell’enciclica - «dimostra di capire quello che molti intellettuali e professori non comprendono. I problemi che lamentiamo derivano da regole del gioco sbagliate, così come sono sbagliate le istituzioni economiche, finanziarie e politiche. Solo la politica può correggere questi mali».
In continuità con quanto già affermato nella Laudato si’ (nn.177 e 179), ricorda che le gravi carenze strutturali di cui soffre la società mondiale «non si risolvono con rattoppi o soluzioni veloci meramente occasionali. Ci sono cose che devono essere cambiate con reimpostazioni di fondo e trasformazioni importanti […]. Un’economia integrata in un progetto politico, sociale, culturale e popolare che tenda al bene comune può aprire la strada a opportunità differenti, che non implicano di fermare la creatività umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo» (FT 179)15.
Di fronte alla «perdita di potere degli Stati nazionali» è necessario – sostiene Papa Francesco - «lo sviluppo di istituzioni più forti ed efficacemente organizzate» (FT n.172) per un’adeguata regolamentazione delle dinamiche dei mercati tramite una base etica che assicuri un benessere realizzato attraverso la qualità delle relazioni umane.16 «I mercati – afferma nel già citato Messaggio al Fondo monetario internazionale - devono essere sorretti da leggi e regolamentazioni che assicurino che operano per il bene comune, garantendo che la finanza - invece di essere meramente speculativa o finanziare solo sé stessa - operi per gli obiettivi sociali tanto necessari nel contesto dell’attuale emergenza sanitaria globale»17.
La finanza insomma deve perseguire come unico obiettivo il miglioramento del bene comune e per farlo è necessario che risponda a regole morali ed etiche, indicate da sistemi esterni alla finanza stessa, «perché i mercati – specialmente quelli finanziari - non si governano da soli!»18.
L’impegno a favore della solidarietà economica, finanziaria e sociale comporta quindi molto di più che impegnarsi in sporadici atti di generosità, ma necessita di «pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione di beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi... La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia» (FT 116).
I semi della speranza
Alla politica – ed è questo l’ultimo passaggio - Papa Francesco assegna un compito ulteriore: accompagnare e promuovere quei «piccoli semi che, nel terreno inquinato della finanza, facciano germogliare un’economia equa e benefica, a misura d’uomo e degna dell’uomo. Abbiamo bisogno di possibilità che diventino realtà, di realtà che diano speranza»19.
Questi semi sono tanti e diversificati, ne cito solo alcuni: corporate social responsibility, fondazioni corporate, impact investing, imprese business sostenibili, fondi di investimento sostenibili, green economy, social impact bonds, gli accordi di credito cooperativo, il microcredito, il credito pubblico, al servizio delle famiglie, delle imprese, delle economie locali, il credito per assistere Paesi in via di sviluppo… Sono azioni finanziarie positive in cui il profitto non crea disuguaglianze ma appiana le differenze, investimenti in cui la fiducia sui beneficiari costituisce un importante fattore di cambiamento e di sviluppo integrale di ciascun uomo e di ogni uomo.
Ai partecipanti al convegno Investing for the Poor, Papa Francesco affermò: «La solidarietà con i poveri e con gli esclusi vi ha spinto a riflettere su una forma emergente di investimento responsabile, nota come impact investing (…). L’impact investor si configura come un investitore consapevole dell’esistenza di gravi situazioni di inequità, di profonde diseguaglianze sociali e delle penose condizioni di svantaggio in cui versano intere popolazioni (…) La logica che anima queste forme innovative d’intervento è quella che «riconosce il legame originale tra profitto e solidarietà, l’esistenza di una circolarità feconda fra guadagno e dono ... Compito dei cristiani è riscoprire, vivere e annunciare a tutti questa preziosa e originaria unità fra profitto e solidarietà. Quanto il mondo contemporaneo ha bisogno di riscoprire questa bella verità!» (Prefazione al libro del Cardinale G. Müller Povera per i poveri. La missione della Chiesa). Ne abbiamo bisogno davvero! (…)».20
In questa ottica si colloca il microcredito, che possiamo ritenere una sorta di “rivoluzione silenziosa” all’interno del modo finanziario, non solo per valenza economica ma soprattutto per la sua valenza culturale.
Non sta a me quantificare il contributo che questa forma di credito offre per lo sviluppo non solo del nostro Paese ma anche nelle vaste aree del mondo sottosviluppato.
Ciò che, invece, preme sottolineare è che pur rivolgendosi agli “ultimi”, a coloro che non possono accedere ai circuiti bancari ordinari, il microcredito (nelle sue varie forme) va al di là «di quelle presunte opere altruistiche (che riducono) l’altro alla passività» (FT187), come accade con l’elemosina e l’assistenzialismo che cristallizzano di fatto la situazione tra chi ha e non ha, ma investendo sulla fiducia (credito deriva da credere!) nell’altro, rimette al centro l’uomo non in base alla ricchezza economica ma a quella progettuale; la differenza non la fa più il denaro ma la volontà, la preparazione, l’intelligenza, la passione. Mettere il valore dell’uomo prima del valore intrinseco del denaro. A pensarci bene, è una rivoluzione.
Conclusione
Mentre scrivevo queste note la radio trasmetteva una famosa canzone di Edoardo Bennato: «Seconda stella a destra questo è il cammino/ e poi dritto fino al mattino/ e la strada la trovi da te/ porta all’isola che non c’è». Il cantautore spinge verso i cieli immensi, sulle strade dell’infinito, a cercare qualcosa che non esiste. Non è così per noi! Anche se la pandemia ha squarciato un velo, alcune sicurezze si sono dissolte e sono venute alla luce le contraddizioni di fondo che caratterizzano il nostro vivere sociale. Questo non è il tempo delle chiusure egoistiche, del dominio di una finanza speculativa ... É piuttosto – come ci ricorda Papa Francesco - un momento in cui cogliere «l’opportunità di cambiare, di fare posto affinché possa sorgere quel qualcosa di nuovo che ora manca».21 Questa opportunità che ci viene offerta non può nutrirsi solo di algoritmi, di previsioni e di leggi. Necessita di un “qualcosa” che motivi e muova all’impegno. Fratelli tutti ci ricorda che «possiamo essere fratelli tutti, e dunque possiamo e dobbiamo pensare e operare come fratelli di tutti. Può sembrare un’utopia irrealizzabile. Preferiamo invece credere che sia un sogno possibile...»22, anche nel mondo dell’economia e della finanza, animati – come credo lo siamo noi qui presenti – da quella speranza audace che sa «guardare oltre la comodità personale... per aprirsi a grandi ideali che rendono la vita più bella e dignitosa» (FT55).
Per tutti!
1 Fonte MEF: L’economia è la scienza che studia la gestione delle risorse destinate alla produzione, distribuzione, scambio e consumo di beni e servizi, per soddisfare i bisogni individuali e collettivi con il minimo dispendio di energie e di risorse.
La finanza è la disciplina che studia processi con cui gli individui, le imprese, gli enti, le organizzazioni o gli stati gestiscono nel tempo i flussi di raccolta, collocazione e utilizzo del denaro. Essa si occupa quindi degli strumenti finanziari, attraverso i quali avvengono gli scambi di flussi di denaro tra individui, imprese e Stati, nonché nei mercati.
2 Cfr. D. SORRENTINO, Economia umana. La lezione e la profezia di Giuseppe Toniolo: una rilettura sistematica, Vita e PENSIERO, Milano 2021.
3 Francesco, Meditazione momento straordinario di preghiera in tempo di pandemia (27 marzo 2020)
4 «Le questioni legate alla fraternità e all’amicizia sociale sono sempre state tra le mie preoccupazioni. Negli ultimi anni ho fatto riferimento ad esse più volte e in diversi luoghi. Ho voluto raccogliere in questa Enciclica molti di tali interventi collocandoli in un contesto più ampio di riflessione (Francesco, Fratelli tutti. Lettera enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale (=FT), n.5).
5 Il tema della fraternità non è nuovo nel magistero di papa Francesco, esso, costituisce, una sorta di fil rouge che attraversa tutto il suo magistero: dal saluto dalla loggia di S. Pietro la sera della sua elezione, alla Evangelii gaudium (EG), alla Laudato si’(LS), alla Fratelli tutti (FT), passando per il Documento sulla fratellanza umana, di Abu Dhabi, descrivendone via via le sue declinazioni: una “fraternità mistica” perché radicata nel mistero stesso di Gesù (EG), una fraternità universale che abbraccia tutto il creato perché tutti derivanti dalla stessa terra (LS); una fraternità che nasce dalla scoperta di essere tutti figli (FT).
La fraternità diventa una prospettiva che - mentre consente di rileggere, nella sua ottica, le relazioni con Dio e con gli altri: famiglia, comunità, Chiesa, creato, politica, economia e finanza – genera nuove visioni e itinerari per il futuro. Il teologo Christoph Theobald ritiene che la fraternità in papa Francesco abbia un valore programmatico: «non si tratta di un dato ovvio, ma una questione assolutamente “fondamentale”, una questione di “stile”» (C. Theobald, Fraternità. Il nuovo stile della Chiesa secondo papa Francesco, Qiqajon, Magnano (Bi) 2016, 60). E sappiamo che «lo stile cristiano non è questione di forma e di gusti, bensì di contenuto e di annuncio, quindi di pastorale e di dottrina» (E. Bianchi, Introduzione, in C. Theobald, Fraternità, 8).
Il realismo con cui viene messa in luce la fragilità dei sogni moderni compromessi dalla pericolosa omissione della fraternità, stempera ogni vuoto romanticismo, sempre in agguato quando si parla di fraternità, confondendola con una sorta di universalismo astratto che tutto omologa e uniforma; la fraternità, invece, rispetta le differenze: si è fratelli perché nel contempo si è uguali e diversi: «C’è bisogno di liberarsi dall’obbligo di essere uguali!» (6Francesco, Esortazione apostolica Amoris laetitia, n.139).
Per Francesco la fraternità non è solamente un’emozione o un sentimento o un’idea – per quanto nobile –, ma un dato di fatto. Può essere il frutto della nascita dagli stessi genitori o del riconoscimento di una comune figliolanza divina o della medesima umanità: questo dipende da ciascuno e dalla visione del mondo e della vita. Essa non è un’idea astratta da applicare alla realtà, ma è sempre qualcosa da riconoscere e rigenerare perché – come afferma Edgard Morin – «…tutto ciò che non si rigenera degenera, e questo vale anche per la fraternità. […] essa è fragile come la coscienza, fragile come l’amore la cui forza è tuttavia inaudita (E. Morin, La fraternità, perché? Resistere alla crudeltà del mondo. AVE, Roma 2020, 56). Essa, infatti, come ci ricorda il vangelo, non si ferma alla domanda: «Chi è mio fratello?» ma implica anche l’uscita, l’azione e la libertà: «Di chi mi faccio fratello?». Questa richiede un’assunzione di responsabilità reciproca che chiama in causa la coscienza. Al compito di leggere la realtà si affianca quello di trovare le energie a cui attingere, di scoprire le motivazioni su cui fare leva. Il cammino della fraternità riguarda la mente e il cuore, la razionalità e le passioni: coinvolge la persona nella sua integralità. È un cammino che pone accanto ogni uomo a ogni donna, ai credenti di altre fedi e religioni, senza dimenticare che per noi credenti la «sorgente di dignità e di fraternità sta nel Vangelo di Gesù Cristo. Da esso «scaturisce per il pensiero cristiano e per l’azione della Chiesa il primato dato alla relazione, all’incontro con il mistero sacro dell’altro, alla comunione universale con l’umanità intera come vocazione di tutti» (FT277).
Scritta a partire da convinzioni cristiane, FT si presenta come una riflessione aperta al dialogo con tutte le persone di buona volontà; in un mondo afflitto da torri di guardia e mura, Francesco invita a realizzare il sogno di «… un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!» (FT 8).
6A.M. Baggio, Introduzione. La fraternità come categoria politica, in Id (a cura di), Caino e i suoi fratelli. Il fondamento relazionale nella politica e nel diritto, Città Nuova, Roma 2012, 8.
7È da notare il ritorno di interesse attorno alla categoria fraternità nella riflessione giuridica, politica ed anche economica a partire dalla seconda metà del secolo scorso, cfr. A.M. Baggio (a cura di) Il principio dimenticato. La fraternità nella riflessione politologica contemporanea, Città Nuova, Roma 2007 e gli appassionati studi di E. Morin, cfr. E. Morin – A.B. Kern, Terra-Patria, Raffaello Cortina, Milano 2001 e E. Morin, Il metodo. La vita della vita, Raffaello Cortina, Milano 2001
8 Ivi
9 Cfr. Francesco, Laudato si’, n.216.
10 «…senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare» Benedetto XVI, Caritas in veritate, n.35
11 Francesco, Lettera ai partecipanti al Meeting di primavera 2021 della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale (4 aprile 2021)
12 Cfr. E. Laurent, L’economia della fiducia, Castelvecchi, Roma 2013
13 A. Genovesi, Lezioni di commercio o sia di economia civile, Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli 2005, vol. II, cap.10, § VI. Sul questo tema interessante l’articolo di V. Pelligra Il paradosso della fiducia e la sfida tra due visioni antiche (ma sempre attuali) dell’economia di mercato, in Sole 24 ore, 7 giugno 2020.
14 Francesco, Discorso al seminario sul tema «Nuove forme di fraternità solidale, di inclusione, integrazione e innovazione» (5 febbraio 2020).
15 La crisi finanziaria del 2007-2008 (cfr.LS 189 e FT170), non solo ha svelato che la globalizzazione del sistema finanziario - con la conseguente volatilità e mobilità dei capitali - permette, a chi ne dispone, di operare agevolmente al di là di ogni norma che non sia quella di un profitto immediato (anche con condotte immorali), ma ha anche messo in luce l’incapacità dei mercati sia a «produrre quei presupposti che ne consentono il regolare svolgimento (coesione sociale, onestà, fiducia, sicurezza, leggi…)» sia di «correggere quegli effetti e quelle esternalità che risultano nocivi alla società umana (disuguaglianze, asimmetrie, degrado ambientale, insicurezza sociale, frodi…)» [Congregazione per la dottrina della fede – Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, Oeconomicae et pecuniariae questiones, n.13 (6 gennaio2018)].
16 Francesco, Lettera ai partecipanti al Meeting di primavera 2021 della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale (4 aprile 2021)
17 Francesco, Lettera ai partecipanti al Meeting di primavera 2021 della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale (4 aprile 2021)
18 Ivi
19 FRANCESCO, Discorso ai partecipanti al Convegno internazionale della Fondazione “Centesimus annus pro pontifice” (23 ottobre 2021)
20 Francesco, Udienza ai partecipanti al Convegno internazionale “Investing for the Poor” promosso dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace (16 giugno del 2014)
21 Francesco, Torniamo a sognare. La strada verso un futuro migliore, GEDI – Piemme, Milano 2020, 9.
22 Francesco, Discorso ai partecipanti al Convegno internazionale della Fondazione “Centesimus annus pro pontifice” (23 ottobre 2021).


