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Roberto Cardaci

Scuola di Amministrazione Aziendale dell’Università di Torino

  1. Pandemia, scenari di guerra e povertà

In Italia, gli effetti di ricaduta della gestione della pandemia sul tessuto economico e sociale del Paese sono stati devastanti per tutte le filiere dei settori produttivi e dei servizi, generando ulteriore non - occupazione, con il conseguente incremento della povertà assoluta e relativo aumento delle disuguaglianze.

Nell’anno 2020, in base a stime dell’ISTAT, il 7,7% delle famiglie italiane vivevano in povertà assoluta rispetto al 6,4% del 2019 (aumento del 1,3%), annoverando 5.600.000 singoli cittadini, con un significativo incremento rispetto all’anno precedente: dal 7,7% al 9,4% (aumento del 2%).

Per quanto riguarda la povertà relativa, l’Istituto stimava in 2.600.000 le famiglie che nello stesso periodo vivevano questa condizione, per un totale di 8.000.000 circa di singoli cittadini.

Sommando i numeri dei cittadini in condizioni di povertà assoluta con quelli in povertà relativa si arriva a un totale di 13.600.000 uomini e donne che, nel periodo più acuto della pandemia, si trovavano in grandi difficoltà economiche e di disagio umano, sociale e psicologico.

Le difficoltà economiche della crisi hanno ulteriormente peggiorato la condizione di vita dei milioni di cittadini che già vivevano in povertà prima dell’insorgere della pandemia.

Inoltre, ai poveri tradizionalmente intesi (soggetti a bassissimo reddito, anziani che vivono con la pensione sociale, spesso non autosufficienti per problemi di salute, malati, disabili, ex - tossicodipendenti, ex - carcerati e famiglie utenti “storiche” dei Servizi sociali) a quelli da sofferenza occupazionale (disoccupati, lavoratori precari, cassaintegrati) e a quelli in condizioni di povertà estrema (i senza dimora), si sono affiancate nuove tipologie di persone povere, da quanto si rileva dall’esperienza dei Centri di Ascolto delle Associazioni di volontariato che nel corso della pandemia se ne sono presi cura,

Si tratta di soggetti appartenenti al ceto medio - alto: professionisti, imprenditori, quadri dirigenziali aziendali che, avendo perso la propria occupazione, si sono trovati da un giorno all’altro in una condizione di difficoltà non solo economica, ma anche di disagio psicologico perché impreparati nel dover affrontare una condizione di vita quotidiana e sociale sconosciuta e mai neppure lontanamente ipotizzata nel periodo pre - pandemico.

Attualmente, si può prevedere un ulteriore incremento di nuovi poveri come conseguenza del conflitto in Ucraina per gli effetti di ricaduta negativi che gli eventi bellici stanno causando sull’economia e, di conseguenza, sulla gestione della vita quotidiana dei cittadini.

Infatti, occorre considerare, in primis, come effetto di ricaduta in grado di incrementare la povertà, l’aumento del costo dell’energia che sta già erodendo i redditi famigliari per l’aumento dei costi del carburante per spostamenti, delle utenze domestiche e dei beni di consumo - anche di quelli di prima necessità - dovuto all’effetto domino del costo dei trasporti per i produttori e i fornitori che incrementa i prezzi al consumo

Inoltre, la crisi produttiva che si sta abbattendo sulle imprese per mancanza di forniture di materie prime provenienti dai Paesi coinvolti nel conflitto può generare, in un lasso di tempo medio – breve, ulteriori situazioni di non occupazione.

La combinazione di questi due effetti di ricaduta dovuti al conflitto in atto è destinata a creare nuovi poveri, ampliando la consistenza numerica di singoli cittadini e dei nuclei famigliari.

  1. Gli interventi di contrasto e superamento della povertà

A fronte di questi scenari presenti e futuri appare sempre più evidente che il tema del contrasto e del superamento della povertà è sempre più impellente, anche dal punto di vista etico.

Infatti, ci si deve interrogare non solo su come sostenere economicamente singoli cittadini e famiglie in condizioni di povertà per il loro sostentamento, ma anche su quanto sia sostenibile, per uno Stato moderno, da un punto di vista etico privare donne e uomini e soprattutto le giovani generazioni della possibilità di realizzare i propri progetti di vita, concretizzare le proprie aspettative, avere una qualità della vita che permetta un benessere psicofisico profondamente minato dalle privazioni continue, fino a sconfinare in situazioni di disagio psichico e giungere all’atto estremo del suicidio.

È ormai evidente, da quanto risulta dalle valutazioni del REI e del Reddito di cittadinanza, come il sostegno economico che garantisce la sopravvivenza dei poveri vecchi e nuovi non è sufficiente a contrastare in modo efficace la povertà e a garantire il suo superamento.

Infatti, in un percorso evolutivo di questi ammortizzatori sociali, che si vorrebbe virtuoso, manca sempre o è del tutto insufficiente l’elemento terminale che permetterebbe a una percentuale significativa di poveri di poter uscire dalla propria condizione: il lavoro, che darebbe la possibilità ai destinatari - fruitori delle misure di sostegno di ritornare a essere occupati, percependo un reddito che permetta di vivere dignitosamente e di progettare un futuro per se, ma soprattutto per i figli.

Infatti, riguardo alle nuove generazioni, non si deve tacere il fatto che i giovani non avranno un futuro se i padri non hanno un presente che consenta ai figli di studiare per acquisire competenze e conoscenze che li mettano in grado di accedere, con risorse e formazione professionale adeguate, in un mercato del lavoro sempre più selettivo per trovare occupazione.

Ciò vale, soprattutto, riguardo alle opportunità di lavoro per i giovani, se si considera come la quarta rivoluzione industriale delle imprese 4.0. si sta evolvendo, richiedendo agli addetti a tutti i livelli una formazione professionale di altissimo profilo per accedere ai posti di lavoro, peraltro sempre più ridotti, per le caratteristiche richieste nella gestione del nuovo macchinismo basato sull’utilizzo massiccio di computer interconnessi.

  1. La necessaria sinergia tra Welfare ed economia reale

Per affrontare in modo efficace il tema del superamento della povertà occorre individuare soluzioni strategiche e strutturali, di lungo periodo, che vedano in azione sinergica e sincronica delle politiche di Welfare e del mondo imprenditoriale che deve agire per la tenuta, il rilancio e l’evoluzione dell’economia reale del Paese.

Rispetto al Welfare, occorre superare la logica prevalentemente assistenziale che tuttora sembra caratterizzare le politiche sociali realizzate a sostegno dei poveri.

Gli interventi a favore dei poveri devono orientarsi in base al Welfare generativo, che veda il cittadino protagonista attivo di progetti che, se doverosamente lo sostengono per la sussistenza nella fase critica, devono successivamente sostenerlo per inserirlo, tenendo conto delle sue capacità, competenze, esperienze lavorative e di vita, nel mondo del lavoro, dopo una formazione adeguata e che tenga conto delle effettive necessità delle imprese, cosi da affrancarsi dalle condizione di assistito e tornare a essere in grado di vivere autonomamente e di concretizzare i propri progetti di vita per se e la propria famiglia.

Questi interventi devono seguire anche i dettami del Welfare di comunità, così da coinvolgere tutti gli “attori” del territorio in cui il povero vive nel mettere a disposizione risorse economiche, materiali e immateriali per realizzare azioni finalizzate all’inserimento lavorativo del numero più consistente possibile di donne e uomini poveri.

  1. Il ruolo delle piccole e medie imprese e del microcredito

È quindi fondamentale il ruolo del mondo imprenditoriale nel realizzare interventi strutturali, strategici e di lungo periodo: occorre dare vita a una economia sostenibile, a misura d’uomo, responsabile socialmente rispetto ai territori e all’ambiente, finalizzata non al conseguimento a ogni costo del massimo profitto, ma a produrre reddito da distribuire più equamente di quanto avviene oggi, capace di intervenire anche settori innovativi, per esempio in quello della Green Economy, e nel settore di tutti i servizi che garantiscano il miglior livello della qualità della vita dei cittadini.

Negli interventi finalizzati alla evoluzione dell’economia reale dei diversi settori, innovativi e tradizionali, un ruolo fondamentale ed efficace può essere giocato soprattutto dalla piccola e media impresa.

Infatti, a differenza di quanto si crede rispetto al fatto che sia stata la grande industria a trainare l’economia del nostro Paese, sono invece state le piccole e medie imprese a garantire lo sviluppo e la tenuta del sistema industriale italiano grazie alla loro capacità creativa, alla flessibilità e alla versatile capacità di innovare le linee di processo e di prodotto, grazie alla esperienza degli imprenditori dei diversi settori dell’economia, così da garantire una tenuta sui mercati nazionali, europei e mondiali.

Esempi significativi si ritrovano nella storia industriale italiana del periodo precedente alla crisi degli anni Ottanta del secolo scorso: dalle piccole e medie imprese del settore metalmeccanico, che costituivano nel torinese l’indotto FIAT, che fornivano componenti di altissima qualità e precisione per la “fabbrica di motori” italiana per antonomasia, a quelle del settore della falegnameria del Nordest dell’Italia che, grazie alla versatilità delle “combinate”, macchinari innovativi rispetto agli attrezzi tradizionalmente usati dai falegnami, producevano contemporaneamente le doghe per le botti dell’afferente settore vinicolo e gli impiallacciati per i mobilifici che operavano nello stesso territorio.

Oggi, a fronte della necessità di garantire la tenuta dei settori produttivi tradizionali e di creare nuove attività imprenditoriali in quelli innovativi, anche a livelli di eccellenza - si pensi al settore della strumentazione utilizzata nel settore biomedico e sanitario - le piccole e medie imprese possono giocare un ruolo rilevante grazie alle caratteristiche strutturali che ne garantiscono creatività, innovazione, flessibilità e capacità di posizionamento nei mercati.

Il loro ruolo e funzione possono svilupparsi e concretizzarsi efficacemente a due livelli.

Il primo, di garanzia della tenuta dei settori tradizionali, attuando tutte le innovazioni che possono orientarli su linee di sviluppo evolutive.

Il secondo, nell’attivazione di start up, in particolare nel settore della Green economy in tutte le possibili filiere: manutenzione dei pannelli solari e smaltimento di quelli esausti, creazione di impianti che producano biomasse, agricoltura biologica, potenziando così l’attività del settore primario che da anni è tornata a essere protagonista in diversi territori italiani (ad esempio in Piemonte) impiegando imprenditori e addetti di giovane età, tutela delle acque e dei suoli che, oltre a prevenire i disastri ambientali, permetterebbe di occupare addetti in lavori duraturi nel tempo perché legati al ciclo naturale, che non permette interruzioni negli interventi a tutela e conservazione dell’ambiente.

Lo sviluppo delle piccole e medie imprese si può avere soprattutto a condizione che esistano linee di finanziamento che permettano di sviluppare idee per ottimizzare settori produttivi già esistenti e creare start up che operino in quelli innovativi.

Il microcredito rappresenta una risorsa essenziale per garantire agli imprenditori che hanno idee evolutive e innovative la possibilità concreta di metterle in pratica: solo potendo accedere a linee di finanziamento agevolato, che superino le rigidità’ di fatto ostative del sistema bancario, è possibile agevolare l’evoluzione delle piccole e medie imprese per consentire il rilancio dell’economia reale del Paese, unica possibilità effettiva ed efficace per offrire opportunità di occupazione ai poveri, mettendoli in grado di superare la loro condizione di disagio economico, umano e sociale.

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