Microstorie

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Il microcredito rappresenta un’opportunità concreta per trasformare idee in imprese sostenibili.

Grazie al supporto dell’Ente Nazionale per il Microcredito e alla guida strategica del tutor, molti imprenditori hanno trovato le risorse e le competenze necessarie per avviare o rilanciare la propria attività.

Le interviste che seguiranno esplorano il ruolo cruciale del tutor del microcredito nel facilitare l’accesso ai finanziamenti e nell’accompagnare gli imprenditori lungo un percorso di crescita.

Seguono le storie di chi, grazie a questo sostegno, ha superato ostacoli economici e strutturali, contribuendo alla crescita del proprio territorio e creando valore per la comunità.

Parole chiave:

Microcredito, imprenditorialità, tutor del microcredito, finanziamento, sviluppo economico, storie di successo, impresa, inclusione finanziaria, crescita sostenibile, supporto strategico.

Ogni impresa nasce da un’idea, ma si sviluppa grazie alle opportunità. Nel tessuto economico italiano, fatto di piccole realtà, sogni e ambizioni, l’accesso al credito può fare la differenza tra un progetto che resta sulla carta e uno che prende vita. L’Ente Nazionale per il Microcredito rappresenta quel ponte invisibile ma essenziale tra il talento e la realizzazione, tra il desiderio e la sostenibilità economica. Dietro ai numeri e alle iniziative istituzionali, ci sono storie di persone che hanno trovato nella microfinanza non solo un supporto economico, ma una leva per costruire il proprio futuro.

In queste pagine esploreremo prima il ruolo fondamentale del tutor del microcredito, figura chiave nell’accompagnare gli imprenditori nel loro percorso di crescita. Il tutor non si limita a facilitare l’accesso ai finanziamenti, ma offre competenze, supporto strategico e affiancamento, permettendo alle idee di trasformarsi in progetti concreti e sostenibili. Comprendere il suo contributo significa cogliere il valore aggiunto di un sistema che non si limita a erogare fondi, ma mira a costruire imprese solide e durature.

Successivamente, analizzeremo alcune delle iniziative promosse proprio grazie a questo supporto. Sono storie di persone che, con il microcredito, hanno avviato imprese, creato lavoro, rilanciato attività in crisi e dato nuova linfa a settori in difficoltà. Raccontare le loro esperienze significa rendere tangibile l’impatto che un’azione mirata può avere sulla vita di un singolo e, per estensione, sull’intera comunità.

C’è chi ha scommesso su un mestiere antico, riportandolo in auge con strumenti moderni; chi ha colto una necessità sociale e l’ha trasformata in un’impresa di successo; chi ha trovato nel proprio territorio la chiave per una crescita sostenibile e radicata. Non sono solo storie di finanziamenti concessi, ma di percorsi accompagnati, di formazione, di crescita personale e professionale.

Il microcredito non è solo un mezzo finanziario, ma un catalizzatore di cambiamento. Queste storie lo dimostrano con forza. Ogni intervista che segue è la testimonianza concreta di come il sostegno adeguato possa innescare un circolo virtuoso, trasformando idee in imprese, difficoltà in successi, speranze in realtà.
ANTONIO CAGNAZZO

LE SFIDE PER

IL FUTURO

Sei uno dei tutor storici dell’Ente Nazionale per il Microcredito.

Quante imprese hai aiutato a nascere nel corso degli anni?

Parliamo di circa un centinaio di imprese. Ho recentemente rivisto i dati relativi alle aziende che abbiamo sostenuto e finanziato. Per me, però, un’impresa che accede al microcredito non è solo un numero: è un progetto, un gruppo di persone con un’idea imprenditoriale che merita supporto.

Un aspetto che mi preme sottolineare è il tasso di chiusura di queste imprese. Parlare di aziende finanziate o avviate è poco significativo se non analizziamo anche la loro capacità di sopravvivere nel tempo. Anche durante il lockdown, il tasso di chiusura tra le imprese finanziate dal microcredito si è attestato intorno al 5%, un dato particolarmente rilevante se confrontato con la media generale. Osservando i dati statistici e le tendenze di mercato, emerge chiaramente come le chiusure aziendali, sia a livello nazionale che locale, siano un indicatore fondamentale per comprendere la sostenibilità del tessuto imprenditoriale.

Secondo i dati ISTAT, oltre il 50% delle imprese chiude nei primi cinque anni di attività, mentre nei primi due anni il tasso di fallimento raggiunge addirittura il 70%. Questo significa che soltanto la metà delle imprese supera il quinto anno di vita e ancor meno arrivano ai dieci anni di attività.

Cosa ci dice questo dato sulla realtà imprenditoriale italiana?

È un dato emblematico della situazione economica del Paese. Queste statistiche, sebbene di portata nazionale, trovano riscontro anche nelle analisi condotte a livello locale, come quelle della provincia di Lecce, dove risiedo. Il fenomeno delle chiusure è un problema strutturale del nostro sistema economico e presenta valori nettamente superiori alla media europea. Questo ci porta a interrogarci sulle cause di tale fragilità, in particolare nei primi cinque anni di vita di un’impresa.

Quali sono, quindi, le possibili chiavi di lettura di questo fenomeno?

Possiamo considerare due prospettive: una più ottimistica e una più critica.

Da un lato, possiamo vedere il bicchiere mezzo pieno e sottolineare che il 50% delle imprese supera i cinque anni di attività. Dall’altro, però, non possiamo ignorare il fatto che la metà delle aziende fallisce in tempi molto brevi. In altre parole, al momento stesso della costituzione, un’impresa ha già il 50% di probabilità di non sopravvivere.

È fondamentale interrogarsi sulle ragioni di questa vulnerabilità crescente, soprattutto negli ultimi dieci anni. Il mercato è cambiato radicalmente, e la digitalizzazione ha stravolto le dinamiche economiche su scala globale. Oggi si acquista qualsiasi prodotto o servizio con un semplice click, e questo fenomeno ha generato un processo che definirei di “Amazon-izzazione” dell’economia. Tale cambiamento ha avuto un impatto non solo sulle attività commerciali, ma anche sulle professioni tradizionalmente considerate più stabili, come quelle dei commercialisti, avvocati, dentisti e notai. Oggi è possibile ottenere consulenze online a costi molto contenuti, rivolgendosi a professionisti situati in qualsiasi parte del mondo.

Qual è la conseguenza principale di questa trasformazione?

Il vero problema non è più l’accesso ai capitali per avviare un’attività. Un tempo, diventare imprenditori richiedeva ingenti investimenti iniziali, perché si trattava di settori ad alta intensità di capitale. Oggi, invece, internet ha abbattuto queste barriere, diventando un vero e proprio equalizzatore sociale.

Vuoi dire che oggi avviare un’impresa è più semplice?

Esattamente. Oggi, chiunque – o quasi – può aprire un’attività nell’arco di 24 ore e accedere a forme di finanziamento per coprire le spese iniziali, come l’acquisto di attrezzature e beni strumentali. Tuttavia, questo ha spostato il problema su un altro piano. Il nodo cruciale non è più la capacità di produrre un determinato bene o servizio, perché ormai tutto è facilmente reperibile. Il vero ostacolo è la mancanza di una cultura imprenditoriale adeguata e della capacità di individuare e soddisfare i reali bisogni del mercato.

Quali sono, quindi, le esigenze attuali del mercato?

Oggi la vera sfida non è avere un’idea brillante, ma capire se quell’idea risponde a una domanda concreta. Troppo spesso sento dire: “Questo settore è in crescita, conviene entrarci”. Ma cosa significa realmente? Tutti i settori hanno cicli di crescita e crisi.

Quello che manca oggi è la cultura del mercato e dell’impresa. È essenziale analizzare i bisogni dei consumatori e individuare le strategie per soddisfarli in modo efficace. Questo è il vero punto su cui bisogna lavorare, ed è il motivo per cui continuo a credere nell’importanza della formazione imprenditoriale.

Per fare un esempio concreto, sono andato ieri sul sito dell’Ente Nazionale per il Microcredito. Nella sezione “Ente” si apre una finestra in cui la prima voce è la mission: chiara, precisa e interessante. L’ENM è un ente ministeriale, quindi opera per il bene della collettività, ma questo non significa che non debba avere una mission. Poi troviamo la visione, che indica cosa l’Ente è oggi e cosa vuole diventare domani, come vuole essere percepito. Subito dopo c’è l’organigramma, con la struttura organizzativa e le funzioni dei diversi componenti. Infine, c’è la sezione formazione, che raccoglie le iniziative.

Se vogliamo individuare tre pilastri fondamentali che ogni organizzazione dovrebbe avere ben chiari, sono proprio questi:

Mission – Definire il proprio ruolo nel mercato e il valore che si vuole portare.

Vision – Stabilire cosa si vuole diventare in futuro e quale direzione prendere.

Organigramma – Creare una struttura organizzativa coerente con la mission e la vision.

Questi tre elementi sono strettamente collegati. Ad esempio, non ha senso costruire un organigramma senza avere chiaro il futuro dell’azienda. Se la vision non è chiara, l’organizzazione interna rischia di essere inefficace o di dover essere ridefinita continuamente.

Un altro aspetto fondamentale è la storia dell’azienda. Le persone si legano ai brand grazie alle loro storie. Un’azienda senza una storia solida e autentica rischia di non creare un vero legame con il pubblico. Pensiamo a marchi iconici come Apple: il successo non è dato solo dal prodotto, ma anche dal racconto di chi c’è dietro.

C’è un’impresa che hai aiutato a costituire, la cui storia ti ha particolarmente colpito?

Sì, voglio raccontarti la storia di un ragazzo che stiamo aiutando in questo momento. Lui vuole creare un’azienda per l’erogazione di servizi turistici nel suo Paese, occupandosi di noleggio di transfer, biciclette, scooter e altri mezzi per i visitatori. Inizialmente, aveva chiesto un finanziamento di 20-30 mila euro per acquistare più attrezzature.

Parlando con lui, però, ho capito che il vero problema non era l’attrezzatura, ma la mancanza di una struttura aziendale solida. Lui stesso mi ha fatto capire di non sapere come organizzare la sua attività, come darle una mission, una vision e una gestione efficiente. Così abbiamo fatto un’analisi approfondita dei bisogni dei turisti nella sua area. Grazie a questa ricerca, ha capito che il suo valore aggiunto non era acquistare più mezzi, ma organizzare meglio i servizi già esistenti.

Ora il finanziamento non servirà per acquistare biciclette o scooter, ma per investire nella struttura aziendale, nel personale e nei software gestionali. Abbiamo creato la mission e la vision, capito quali bisogni soddisfare e costruito un organigramma adeguato. Il vero capitale di un’azienda non è solo nelle attrezzature, ma nelle persone e nelle competenze.

In una battuta, cosa significa per te essere un Tutor di microcredito?

Un grande orgoglio. Far parte di questa squadra significa avere la possibilità di aiutare giovani con grandi idee a realizzarle, superando le difficoltà di accesso al credito. Il microcredito è cresciuto molto: se prima il tetto massimo era 25-30 mila euro, oggi possiamo arrivare a 70-75 mila euro. Questo implica una responsabilità ancora maggiore, perché dietro ogni finanziamento c’è una famiglia, un sogno, una vita che può cambiare.

Sono orgoglioso perché vedo l’impatto reale del nostro lavoro, e anche perché l’ENM ha sempre avuto un dialogo costruttivo con i suoi tutor. Noi siamo le orecchie e gli occhi sul territorio, ed è fondamentale che ci sia sempre apertura e collaborazione per migliorare il sistema.

NICOLE ACQUAVIVA

CRESCERE CON

IL MICROCREDITO

Può presentarsi e raccontare brevemente la sua storia prima di accedere al microcredito?

Certo, mi chiamo Nicole Acquaviva e sono biologa nutrizionista. Prima di accedere al microcredito avevo da poco avviato il mio studio e desideravo far crescere l’attività acquistando strumenti professionali per ampliare le prestazioni offerte. Grazie al microcredito, ho potuto realizzare questo obiettivo.

Com’è nata l’idea di aprire uno studio come il suo? Quando ha maturato questa decisione?

L’idea è nata subito dopo la laurea. Volevo diventare nutrizionista e aprire uno studio era il passo logico successivo. Avevo già avviato l’attività prima di accedere al microcredito, avevo solo bisogno di un supporto finanziario per espanderla.

Come ha scoperto l’opportunità del microcredito e chi l’ha indirizzata?

L’ho scoperta online e poi, grazie al dottor Cagnazzo, siamo riusciti a finalizzare tutta la procedura.

Dopo l’approvazione del finanziamento, qual è stata la prima cosa che ha acquistato?

Ho dotato il mio studio di strumenti professionali, come un software specifico per il suo utilizzo in adipometria. Ho anche acquistato complementi d’arredo e potenziato il mio bioimpedenziometro con un software avanzato, fondamentale per la mia professione.

Se dovesse definire il microcredito con due parole, quali sarebbero e perché?

Direi “bella opportunità”. Senza il microcredito avrei impiegato molto più tempo per raccogliere la somma necessaria. Grazie a questo supporto finanziario, ho potuto crescere rapidamente e ottenere soddisfazioni professionali.

Il microcredito è stato erogato nel 2018, giusto? Ha mantenuto i contatti con il dottor Cagnazzo nel tempo?

Sì, esatto, è stato erogato nel 2018. Ogni anno ci siamo sentiti per analizzare l’andamento dello studio.

Questo percorso l’ha aiutata anche a sviluppare una maggiore educazione finanziaria?

Assolutamente sì. Prima di quel momento non avevo conoscenze approfondite in ambito finanziario. Grazie a questo percorso, ho compreso meglio il funzionamento degli strumenti economici e ho potuto ampliare la gamma di servizi offerti alla mia clientela.

ALESSANDRA MARULLI

DAL SOGNO

ALLA REALTà

Iniziamo con una breve presentazione: può raccontarmi la sua storia prima di accedere al microcredito?

Mi chiamo Alessandra Marulli e ho la Partita IVA aperta da sette anni. Da sempre sognavo di avere un mio centro estetico e mi è capitata l’opportunità, inizialmente, di aprire una piccola cabina all’interno di un salone di parrucchiere molto rinomato. Ci ho provato in vari modi, ma non riuscivo a trovare le risorse necessarie per avviare davvero l’attività. Poi, casualmente, ho conosciuto il dottor Antonio Cagnazzo, che mi ha parlato del microcredito.

Quindi è stato lui a farle scoprire questa opportunità?

Esatto. Stavo cercando una soluzione e quando ci siamo incontrati mi ha spiegato come funzionava il microcredito. Tra le varie opzioni che avevo valutato, questa si è rivelata la più adatta al mio caso.

Com’è stato l’iter per ottenere il finanziamento?

Relativamente semplice, anche se ci sono stati alti e bassi. Ma una volta aperta la pratica e finalizzato tutto, sono riuscita ad accedere ai fondi e a ottenere la liquidità che mi serviva per acquistare le attrezzature.

E una volta ottenuto il finanziamento, quale è stata la prima cosa che ha fatto?

Ho investito in tecnologie per l’estetica avanzata. Questo mi ha permesso di posizionarmi in modo più competitivo sul mercato, offrendo servizi che si distinguono dall’estetica base.

Se dovesse descrivere il microcredito con due parole, quali sceglierebbe?

Direi che è un’opportunità e un trampolino di lancio. Opportunità, perché senza di esso non avrei avuto accesso ad altre forme di finanziamento. Trampolino di lancio, perché mi ha permesso di partire da zero e realizzare il mio progetto quando altre strade erano chiuse.

FRANCESCO

DE PAOLA

OPPORTUNITà

DI CRESCITA

Può presentarsi e raccontare brevemente la sua storia prima di accedere al microcredito?

La nostra storia inizia nel 2007, quando io e la mia compagna adottammo il nostro primo cane, Maya. All’epoca eravamo studenti universitari e, da quel momento, per racimolare soldi abbiamo iniziato a offrire servizi di dog sitting e dog walking. I proprietari ci affidavano i loro cani quando partivano per lunghi periodi oppure ci recavamo direttamente nelle loro abitazioni per occuparci degli animali.

La nostra passione è sempre stata la cura degli animali, in particolare dei cani. Con il tempo abbiamo approfondito le nostre competenze nel settore e, poiché l’attività stava crescendo, ci siamo trasferiti in case sempre più grandi. Infine, grazie al supporto dei nostri genitori, abbiamo acquistato un terreno con l’obiettivo di aprire un vero e proprio centro cinofilo. Tuttavia, per avviare l’attività, era necessario attrezzare adeguatamente il centro: sistemare le aree, acquistare le attrezzature e realizzare i box per ospitare gli animali. Oggi disponiamo di 13 box per i cani.

Cosa l’ha spinta a rivolgersi al microcredito e come ha scoperto questa opportunità?

Con il mio tutor, il dottor Cagnazzo, abbiamo intrapreso un percorso che mi ha permesso di accedere al microcredito. Questo finanziamento si è rivelato essenziale per completare la seconda fase del progetto: la realizzazione dei box, la sistemazione delle fosse e la messa a norma delle strutture.

Nel frattempo, continuiamo a formarci costantemente, poiché la comunicazione con i cani è un ambito che mi appassiona profondamente e mi spinge a migliorare sempre di più. La nostra giornata lavorativa si suddivide in due sessioni, una mattutina e una pomeridiana, di circa quattro ore ciascuna, durante le quali i cani vengono fatti sgambare. Successivamente, rientrano nei loro box per momenti di relax. Inoltre, ci occupiamo di recupero comportamentale e progetti di pet therapy, che vengono svolti sia nei giorni feriali che nei fine settimana. Il lavoro non manca mai!

È stato complicato avviare l’attività? Quali sono stati i primi passi dopo l’erogazione del finanziamento?

Il primo passo è stato attrezzare le aree e mettere tutto a norma, a partire dall’adeguamento delle fosse IMOF, fino alla costruzione delle recinzioni e dei box per i cani.

Inizialmente, il processo è stato piuttosto lento: abbiamo ricevuto il microcredito nel 2019, ma con lo scoppio della pandemia nel 2020, siamo stati costretti a fermarci per circa un anno e mezzo. Questo ha rallentato notevolmente i lavori e ancora oggi stiamo completando gli ultimi dettagli. Tuttavia, il supporto ricevuto è stato determinante: grazie al dottor Cagnazzo, il finanziamento è stato erogato in tempi brevi e ci ha permesso di dare il via ai lavori per ultimare il centro.

Se dovesse descrivere il microcredito con due parole, quali sceglierebbe e perché?

Direi che il microcredito è utile e conveniente. È uno strumento prezioso che offre supporto concreto alle piccole imprese e alle start-up, facilitando la realizzazione di progetti altrimenti difficili da finanziare.

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