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STRATEGIA ESG NEL SETTORE FINANZIARIO: NUOVE OPPORTUNITÀ

Riccardo Graziano – Segretario Generale Ente Nazionale per il Microcredito

Il sentiero che deve condurre a una transizione sostenibile in materia finanziaria ha diverse sfumature e sensibilità operative connesse alla tipologia del business finanziato.

Il legislatore europeo ha disegnato un quadro della sostenibilità volto, principalmente, a facilitare la canalizzazione dei finanziamenti verso investimenti a impatto ambientale.

È evidente che la vera prova della sostenibilità nell’industria finanziaria sarà la valutazione del rischio da fattori ESG sia connesso, da una parte, alla valutazione della tipologia delle realtà economiche sottese ai finanziamenti concessi e, dall’altra, al pericolo che eventi fisici, o criticità croniche, possano deteriorare la solvibilità dei debitori e deprezzare il valore delle garanzie reali, esponendo gli intermediari a una nuova dimensione del rischio di credito.

Per alcuni versi il primo aspetto ha natura più etica, se non deontologica, e il secondo aspetto ha natura di valutazione attuariale del rischio connesso a future insolvenze.

In altri termini, visto il periodo Pasquale, citando il celebre discorso di Adalberto di Brema nel suo sinodo di Pasqua “Si non caste, tamen caute”. Ovvero letteralmente “se non castamente, almeno con cautela”, la trovo ben tradotta in perifrasi come “se non riesci a vivere in castità i tuoi voti almeno sii prudente nelle trasgressioni e non destare scandali”.

Parafrasando quindi: egregi intermediari finanziari se non valutate i fattori ESG per deontologia (ancor prima della mutevole etica), fatelo perché vi conviene per mitigare forme diverse di futuri rischi!

Il rischio e la compliance sono, infatti, elementi tipici del legislatore finanziario e conducono a dinamiche che vigilanti e operatori sono addestrati a governare.

Sottolineo come occorra una sorta di rivoluzione cartesiana per convincere la maggior parte degli intermediari finanziari a ragionare in termini di volontà di generare impatto ambientale e sociale positivo, e non in termini di ricondurre la sostenibilità al governo dei rischi relegandola nella logica valutazione rischio-rendimento.

La “finanza sostenibile”, al contrario, è - e deve continuare ad essere - ispirata ad una logica demand-driven, che guarda all’impatto, assumendo rischio e rendimento come vincoli.

Il passaggio alla logica demand-driven richiede, per gli intermediari, l’acquisizione di strumentistiche non tipiche della finanza tradizionale; in primo luogo, richiede un’abitudine a ragionare secondo una logica di materialità di impatto, prima ancora che di materialità di rischio.

Senza l’analisi di materialità degli impatti, gli obiettivi di sostenibilità rischiano di essere fissati in modo emozionale, i prodotti lanciati e proposti in modo randomico, gli esiti di impatto realizzati in modo casuale e non sistemico.

In definitiva, ogni intermediario, prima di occuparsi dei rischi da fattori ESG, dovrebbe decidere quali siano le sue priorità di impatto senza vincolarle alle logiche tradizionali di rischio-rendimento.

Tali logiche naturalmente sussisteranno in ogni prodotto finanziario ma devono essere successive alla valutazione delle priorità di impatto eticamente prescelte.

Poniamo ora l’esempio del leasing il bene è protagonista indiscusso del credito. Quindi in un’ottica di transizione ESG lavorare solo sul bene significa anche concentrare l’analisi su indicatori prettamente output-based.

Occorre guardare al processo di produzione del bene e quindi al produttore alla supply chain di riferimento.

La matrice di materialità del leasing, pertanto, incrocia tre dimensioni: quella del bene, quella del produttore, quella della filiera, e va contestualizzata nel gap di sostenibilità scontato dal territorio di riferimento. Una missione tanto complessa quanto fondamentale nel guidare il sistema industriale italiano su un percorso di transizione sostenibile ineludibile, e ormai urgente.­­

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