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NUOVI PARADIGMI PER LO SVILUPPO SOCIO-FINANZIARIO: L’ECONOMIA DELLA CONOSCENZA
Bruno Antonio Pansera - Università “Mediterranea” di Reggio Calabria
In una società 4.0 proiettata verso un futuro sempre più connesso e informatizzato, appare evidente come le aziende cerchino sul mercato figure sempre più specializzate e competenti. Cambia il mondo e con esso tuto ciò che riguarda la quotidianità. Muta la nostra stessa essenza ormai a cavallo tra la necessità di instaurare rapporti personali e la sufficienza delle relazioni virtuali. Tutto vive su equilibri instabili che cercano costantemente di armonizzare la nostra vita. Da una parte la paura dell’avanzare dell’Intelligenza Artificiale dall’altra la costante ricerca di essa per agevolare le azioni di ogni giorno. Interagiamo sovente con i nostri smartphone per trovare soluzioni ai nostri quesiti, cerchiamo strade brevi e poco trafficate sia alla guida di una macchina reale che su percorsi virtuali, fatte di autostrade immaginarie che collegano in maniera immediata utenti in ogni parte del mondo. I Continenti stanno nel palmo in una mano, come tutti gli abitanti sparsi in essi.
Ma tutta questa interconnessione che ruolo ha?
Perché si va alla ricerca di persone o siti virtuali?
La risposta può essere una soltanto: si va alla ricerca della conoscenza.
Il nuovo Eldorado è la conoscenza! Ripartire dalla conoscenza significa ripartire da una necessità arcaica che vide fin dai tempi antichi miriadi di uomini e donne che cercavano una via maestra per indirizzare i loro passi.
Questo breve saggio vuole porre l’attenzione su questa “ritrovata” volontà di sapere e su come la società si approccia a questa sempre attuale necessità. La conoscenza diviene sempre più elemento pivotale per lo sviluppo e la crescita economico-sociale di un territorio. Gli attori principali che fanno impresa, che promuovono la realizzazione di nuove StarUp, che puntano su una gestione delle aziende sempre più confacenti alle esigenze di una società in continua evoluzione, focalizzano la loro attenzione verso la conoscenza. Chi fa impresa, e pone l’attenzione verso il processo produttivo riesce a dare valore allo stesso. Per questa esigenza che la conoscenza riveste un ruolo cruciale in ogni processo produttivo e in ogni settore della società. I governi, le agenzie, le aziende favoriscono costantemente una contaminazione dei saperi per realizzare reti, per adeguare la realizzazione di un prodotto o l’erogazione di un servizio in maniera sempre più efficiente e costantemente adeguata a soddisfare le richieste dell’utenza. Tutto questo in una vision sempre più green e sostenibile. Enti preposti si scambiano informazioni per realizzare quelle best pratics tese a realizzare politiche nuove, innovative che cercano il profitto senza la necessità di mortificare un territorio. Siamo nel cosiddetto periodo del “postfordismo”, legato al superamento del paradigma della grande fabbrica fordista, ma privo di chiare indicazioni sulle sue caratteristiche. Un ruolo significativo in questo contesto lo hanno fornito le università e i centri di ricerca sempre più capaci non solo di venire incontro alle esigenze della nostra società ma anche di prevedere scenari futuri in maniera sempre più attenta e precisa. Un grande supporto in tal senso è stato dato dall’Intelligenza Artificiale attraverso la sua capacità di gestire un numero abnorme di dati per trarne informazione utili ad anticipare scenari futuri. Si spiega così questo andamento direttamente proporzionale tra il grado di scolarizzazione e l’innovazione tecnologica che porta alla nuova figura di tecnico di azienda, come un novello “Q” tratto dalla penna di Ian Fleming che spiega a 007 come le vecchie dotazioni siano superate da un piccolo strumento da nascondere sottopelle.
Nuove frontiere da superare attendono il Mondo del prossimo futuro, altri nuovi paradigmi da definire attraverso la conoscenza.
“Un corretto utilizzo dei dati raccolti e delle analisi che vengono svolte su di essi può significare, com’è facile intuire, un vantaggio competitivo per le imprese, le quali vengono in un certo modo indirizzate a prendere decisioni con un ridotto fattore di incertezza (e quindi di rischio), ma anche aiutate ad identificare nuove opportunità di mercato, ottimizzare i processi e migliorare la gestione delle risorse”.1
La coscienza, infatti, ha favorito la trasformazione dell’apparato industriale di una qualsiasi azienda, innalzando gli standard di efficienza, aumentando le performance aziendali, migliorando le condizioni di lavoro.
La conoscenza diventa un bene comune2 e come tale condiviso. Vengono introdotte, in questo contesto, nuove espressioni come “economia della conoscenza” (knowledge economics e/o knowledge economy)3 ed “economia basata sulla conoscenza” (knowledge-based economy)2 a consolidare la stretta corrispondenza tra conoscenza ed economia, intesa come il progresso nei processi economici e di conseguenza il miglioramento delle scelte sociali.
Spingere verso una società sempre più informatizzata apre scenari nuovi e pone interrogativi etici sempre più incalzanti in termini di occupazione, sul ruolo dei governi nell’assicurare lo sviluppo e il mantenimento della base di conoscenza necessaria ad una crescita sostenibile, alla gestione democratica dell’accesso alla conoscenza, alla tutela della riservatezza e alla garanzia della qualità della conoscenza prodotta e diffusa4. Si ha, quindi, da parte delle imprese la volontà sempre crescente di adottare nuove tecnologie e innovativi prodotti per riuscire per amplificare la conoscenza, al fine di ottenere posizioni di vantaggio e una sempre più crescente reputazione.
La conoscenza conduce all’innovazione e quest’ultima a definire nuovi spazi nel mercato globale e nuove figure professionali.
È la nuova frontiera a cui la conoscenza ci ha condotti. Siamo difronte alle porte di un mondo nuovo nel quale anche gli abitati si classificano come “millennials” e non più come “generazione X”, dove i neonati sono “nativi digitali”, dove l’uso di strumenti tecnologici debba essere una competenza innata per i cittadini del domani. Interessante in quest’ottica è l’opera degli economisti Schumpeter5 e Nelson nella loro Teoria dell’Innovazione in cui vengono più approfonditamente spiegati i motivi per i quali la conoscenza sia da considerarsi un motore vitale di competitività, produttività e sviluppo economico a lungo termine. Essi hanno introdotto, infatti, alcuni elementi salienti per collegare le performance aziendali all’implementazione dei processi conoscitivi. Per Schumpeter, infatti, l’innovazione si concentra in certi settori, ma anche in aree e periodi di tempo determinati. Basti far riferimento ai centri di innovazione, nel Regno Unito nel XIX, dove la produttività e il reddito della sua popolazione sono aumentati rispetto a quelli dei paesi vicini (il livello di produttività e del reddito era del 50% superiore rispetto a qualunque altro paese).
All’inizio del XX secolo la Germania diventa il centro principale di innovazione almeno per quanto riguarda le tecnologie chimiche ed elettrice.
Ora il centro mondiale di innovazione si è trasferito negli Stati Uniti che durante la maggior parte del XX secolo hanno goduto di più alti livelli di produttività e di reddito del mondo6.
Il modello presentato da Nelson e Schumpeter vuole indagare le proprietà di ambienti sottoposti a progresso tecnologico per spiegare il fenomeno della concentrazione industriale, la reazione delle imprese al cambiamento delle condizioni esterne, la relazione tra la dinamica economica e i processi evolutivi sottostanti caratterizzati da selezione e apprendimento.
Ultimo aspetto, ma non certo secondario, è quello che vede la conoscenza come un unicum nel panorama delle scienze sociali.
Se consideriamo l’economia come quel complesso di risorse e di attività dirette alla loro utilizzazione, in un determinato ambito geografico, politico, amministrativo o limitatamente a un settore si comprende bene come la conoscenza debba necessariamente interagire con vari fattori, quali la politica, la società, ma anche la cultura e l’ambiente.
Negli ultimi periodi l’accesso all’informazione e alla tecnologia, infatti, ha influenzato e non poco le politiche in materia di regolamentazione e di protezione della proprietà intellettuale, solo per fare un esempio. Per tali ragioni, fin dall’antichità, la conoscenza, intesa come il sapere utile7, segue l’evoluzione della società, dell’innovazione tecnologica, della gestione delle risorse. Solo nel corso del tempo, infatti, attraverso l’analisi di teorie e le idee di pensatori economici importanti, si è sviluppata una consapevolezza crescente dell’importanza della conoscenza e del suo ruolo nella creazione di valore economico.
L’inizio del XIX secolo segna il riconoscimento definitivo della conoscenza come fattore di produzione essenziale; nelle opere di Alfred Marshall (1842-1924) e di Carl Menger (1840-1921) venne introdotto il concetto di capitale umano, inteso come la totalità delle competenze, dell’istruzione e dell’esperienza come componenti fondamentali per la produttività economica. Nello specifico, Marshal in Principi di economia (1890), definiva la conoscenza come fattore per la determinazione del valore economico di un bene o di un servizio. Veniva equiparata la conoscenza con il lavoro e con il capitale.
La conoscenza, secondo Marshal, è un bene pubblico e come tale può essere utilizzato secondo le necessità di tutti e di ciascuno senza correre il rischio di esaurirsi.
Il bene pubblico inteso come l’universalità della conoscenza, come volano interdisciplinare teso a contaminare i saperi.
Conoscenza e contaminazione, conoscenza è contaminazione. Una dualità significativa e sempre più necessaria per vivere in una società sempre più caratterizzata da competenze condivise e saperi interconnessi. Il riconoscimento che la conoscenza è un bene comune è il superamento del fatto che la conoscenza non deve rimanere in mano di pochi, ma deve divenire universale per permettere una migliore diffusione delle best practices, della condivisione di idee e progetti.
Il XX secolo diviene l’era della conoscenza che nasce dall’informazione. I mass-media passano dalla carta all’etere fino a giungere al tubo catodico. Le informazioni si vedono oltre che si ascoltano. La diffusione della conoscenza unifica i Paesi, basti pensare ai corsi di lingua italiana che venivano trasmessi dalla televisione pubblica.
Il programma intitolato “Non è mai troppo tardi. Corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta” tra il 1960 e il 1968 permise agli italiani fuori età scolare, ancora totalmente o parzialmente analfabeti, di studiare la scrittura e la lettura della lingua italiana8.
Un’azione educativa unica, che gettò le basi per tutta quella serie di attività virtuali che oggi ci permettono, ad esempio, di imparare le lingue straniere. Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia nel 2001, ha dedicato parte della sua ricerca all’analisi delle asimmetrie informative e del ruolo della conoscenza nell’economia; ha evidenziato, infatti, come la distribuzione diseguale dell’informazione e della conoscenza genera nella società inefficienze e disuguaglianze. Basti pensare, ad esempio, all’asimmetria informativa nei mercati finanziari e agli effetti che le informazioni incomplete hanno sulle decisioni economiche. Per tali ragioni, Stiglitz promuoveva e sosteneva la necessità di una gestione pubblica o collettiva delle informazioni e della conoscenza, al fine di promuovere un’economia più equa ed efficiente.
In questa panoramica appare significativa l’opera del filosofo e sociologo francese Edgar Morin che enuclea le domande fondamentali che dobbiamo porci se vogliamo conoscere le fonti dei nostri errori e delle nostre illusioni.
Nei suoi paradossi della conoscenza egli sottolinea come la scoperta delle limitazioni e delle condizioni inerenti a ogni forma di conoscenza costituisca la grande forza, e non la grande debolezza, della conoscenza e dell’umanità contemporanee.Solo così le scienze possono riannodare un dialogo fecondo con la filosofia: una nuova valutazione dell’eterno dialogo/contrasto fra pensiero logico e pensiero mitico, fra ragione e intuizione, e una nuova esplorazione del concetto più sfuggente della conoscenza: il concetto di realtà.9 Il fascino della conoscenza ci invita a lasciare strade note per aprirsi a nuovi e inesplorati percorsi, fatti di sensazioni e di intuizioni, di visioni lungimiranti e non sempre di facile comprensione per molti.
La conoscenza impegna la nostra mente lungo percorsi cognitivi e metacognitivi significativi nei quali si intrecciano certezze dettate dalla piena conoscenza del fenomeno oggetto di studio che dall’incertezza, legata alle informazioni parziali, nulle.
La conoscenza supporta le decisioni, sostiene le scelte politico-sociali e indirizza gli orientamenti politici; è l’azimut dove puntare le nostre bussole verso un futuro più consapevole, tecnologico e sostenibile.
La conoscenza porta alla diffusione di ciò che Boyatzis (2008) definisce “costrutto intenzionale” posto alla base della competenza.
Condividere conoscenza significa condividere sapere e saperi maturati, significa creare gruppi di lavoro che possano filtrare le informazioni e possano definire ciò che è utile da condividere e implementare.
Un esempio di tale gestione si è fatta strada già negli anni ’50 del Novecento grazie all’intuizione dell’imprenditore Adriano Olivetti.
Grazie alla sua visione pioneristica, in un periodo storico particolare che immediatamente segue la seconda guerra Mondiale, ha adeguatole sue impresa “agli standard dell’economia della conoscenza affinché i lavoratori si identifichino come appartenenti ad una comunità (di conoscenza); ovvero che riconoscano la conoscenza a disposizione dell’impresa come un bene comune, un comune patrimonio da accrescere e gestire assieme per migliorare continuamente prodotti, processi e organizzazione – un patrimonio al quale tutti siano chiamati a contribuire e a cui tutti possano attingere per migliorare il lavoro proprio, del team, dell’impresa.
E richiede che i lavoratori riconoscano i cicli di innovazione che derivano dall’applicazione dei miglioramenti dettati dalla conoscenza come il frutto di quel patrimonio comune, e dunque anche del proprio lavoro”.10 L’economia della conoscenza porta ad una nuova visione e cultura del lavoro, una specifica competenza che si può definire con il termine di “partecipazione cognitiva”, ovvero “la volontà e la capacità di acquisire, condividere e utilizzare la conoscenza (propria e dell’organizzazione) per migliorare i luoghi di lavoro, i prodotti e i processi produttivi e organizzativi”22.
L’economia della conoscenza permetterà alle generazioni future migliori condizioni lavorative e sociali, aiuterà gli individui a gestire meglio il proprio tempo, bene prezioso e spesso sperperato, per una società in cui gli interessi economici possano crescere insieme a quelli sociali. Cerare condizioni migliori e un mondo più vivibile lo chiedono con forza gli studenti, i giovani e quelle persone che hanno appreso cosa significa rispettare l’uomo, la natura, gli animali, la Terra.
Apprendere significa conoscere e conoscere significa migliorare e migliorarsi.
La conoscenza non può prescindere dall’amore per la scoperta e dalla bellezza che la stessa ci dona.
È il caso di due donne lontane nel tempo ma accomunate dall’amore per la Matematica.
La prima è Maryam Mirzakhani (1977-2017), originaria dell’Iran, professoressa di Matematica a Stanford e prima donna vincitrice della Medaglia Fields, il Nobel della Matematica. Tra i suoi complicatissimi interessi di ricerca stupisce il mondo con questa semplice quanto rivoluzionaria affermazione “Volevo fare la scrittrice, scoprii la somma di Gauss e incontrai la bellezza”11.
La seconda è Marie-Sophie Germain (1776-1831) che, da autodidatta, si dedica alla Matematica pura, e in particolare all’Ultimo Teorema di Fermat. Nel 1804, dopo aver studiato per molti anni le pubblicazioni di Gauss, decide di scrivergli per capire cosa lui pensasse sulle sue idee risolutive sul misterioso quesito. La paura cresceva e Sophie decise di fingersi uomo e si firmò LeBlanc. Dopo una serie di vicissitudini dovute all’espansione della Francia volute da Napoleone, Gauss scopre che LeBlanc era una donna e le scrisse: «Il gusto per la scienza astratta in generale, e soprattutto per i misteri dei numeri, è molto raro: ciò non è strano, perché il fascino di questa sublime scienza si rivela in tutta la sua bellezza solo a coloro che hanno l’ardire di affrontarla.
Ma quando una donna, che, per i nostri costumi e pregiudizi, deve incontrare difficoltà infinitamente superiori a quelle degli uomini per giungere a familiarizzarsi con questi spinosi problemi, riesce nondimeno a sormontare tali ostacoli e a penetrare fino alle regioni più nascoste della scienza, allora senza dubbio ella ha il più nobile ingegno, un talento straordinario e un genio superiore.»12

Riferimenti bibliografici
- Mariani, Innovazione tecnologica in agricoltura: aspetti storici, attualità e prospettive, Rivista di cultura e politica scientifica, N. 1-2015.
J.E. Stiglitz, B.C. Greenwald, Creating a Learning Society: A New Approach to Growth, Development, and Social Progress, 2014.
- Garratt (1994), The Learning Organisation, Harper Collins, London-New York.
- Hess , E. Ostrom (2009), La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica, Ferri P. (a cura di), Bruno Mondadori, Milano.
Fondazione Giacomo Brodolini (1997), Sviluppo economico e beni relazionali, in “Economia & lavoro”, nn. 1-2.
- Leoni (a cura di) 2008, “Economia dell’innovazione. Disegni organizzativi, pratiche lavorative e performance d’impresa”, Franco Angeli, Milano.
- Mazzucato (2014), “Lo Stato innovatore”, Laterza, Roma-Bari.
- Tronti (2014), L’idea di cultura in Adriano Olivetti. Valore e attualità di un’esperienza intellettuale e imprenditoriale, in “Economia & lavoro”, n. 2.
- Brynjolfsson, A.McAfee, The Second Machine Age: Work, Progress, and Prosperity in a Time of Brilliant Technologies, 2014.
- Tronti (2003), Nuova economia e capitale umano. Per la riorganizzazione del sistema formativo, in G. Antonelli (a cura di), Istruzione, economia e istituzioni, Atti della XL Riunione scientifica della Società italiana degli economisti, il Mulino, Bologna.
- MAINARDO, SVB, Credit Suisse. Perché le due banche sono crollate e cosa può accadere ora, in LIFEGATE, 20 marzo 2023, https://www.agi.it/economia/news/2023-06-05/ubs-compra-credit-suisse-acquisizione-21682692/
Bibliografia
1 E. Brynjolfsson, A. McAfee, The Second Machine Age: Work, Progress, and Prosperity in a Time of Brilliant Technologies, 2014.
2 Hess E., Ostrom E. (2009), La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica, Ferri P. (a cura di), Bruno Mondadori, Milano.
3 Tronti, 2003
4 Leoni R. (a cura di) 2008, “Economia dell’innovazione. Disegni organizzativi, pratiche lavorative e performance d’impresa”, Franco Angeli, Milano.
5 Schumpeter, J.A., Theorie der wirtschaftlichen Entwicklung, München-Leipzig 1912 (tr. it.: Teoria dello sviluppo economico, Firenze 1971).
6 https://web.uniroma1.it/dip_ecodir/sites/default/files/allegati/seconda_lezione.pdf
7 https://www.istat.it/storage/rapporti-tematici/conoscenza2018/capitolo_1.pdf
8 https://www.teche.rai.it/2022/12/non-e-mai-troppo-tardi/
9https://www.raffaellocortina.it/scheda-libro/edgar-morin/il-metodo-3-la-conoscenza-della-conoscenza-9788860301079-1128.html
10 Leonello Tronti, “Economia della conoscenza, innovazione organizzativa e partecipazione cognitiva: un nuovo modo di lavorare”.
11https://www.repubblica.it/cultura/2014/08/14/news/mirzakhani_volevo_fare_la_scrittrice_scoprii_la_somma_di_gauss_e_incontrai_la_bellezza-93761865/
12 https://www.enciclopediadelledonne.it/edd.nsf/biografie/marie-sophie-germain


