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Emma Evangelista e Gianluigi De Angelis
Il microcredito è strumento di fiducia, libertà e responsabilità
Intervista ad angela Baldassarre
Ogni giorno compiamo scelte e azioni che determinano il nostro futuro e il nostro ruolo sociale. Dopo la scuola dell’obbligo l’ingresso nel mondo del lavoro diventa fondamentale per affermarsi nella società. L’educazione finanziaria che sostiene la capacità di intraprendere un’attività è fondamentale quanto il bisogno di soddisfare da un lato il desiderio e il sogno e dall’altro la possibilità di rendersi economicamente autonomi. La dottoressa Angela Baldassare, psicologa e psicoterapeuta ex dirigente presso la direzione Medica dell’Ospedale S. Eugenio di Roma, ha risposto alle domande di Microfinanza per farci comprendere meglio quali sono i meccanismi psicologici sottesi alla formazione economica, alla ricerca di una occupazione e all’autoimpresa, inoltre ha commentato il valore dello strumento microfinanziario nel novero delle possibilità praticabili da fasce di soggetti tra i più svantaggiati.
Dottoressa dal punto di vista psicologico cosa scatta nell’individuo quando decide di affermare se stesso nel lavoro?
La spinta iniziale è la spinta verso l’autonomia, per rendersi indipendenti dalla propria famiglia e per realizzare un proprio sogno, per questo un giovane cerca lavoro. Ma affinché questo si realizzi è necessario che riesca a mantenere un buon equilibrio tra il principio di realtà e il principio di piacere, perché il sogno è necessario per immaginare qualcosa che io desidero, realizzarlo significa avere un contatto con la realtà e le risorse disponibili operativamente e anche le mie qualità oppure i miei punti di forza, quindi modulare questa capacità di riconoscere il proprio talento, riconoscere le proprie fragilità e su questo costruire un progetto.
Come si fa a spiegare ai giovani i progetti di educazione finanziaria?
Un progetto deve essere inserito in un contesto che deve tenere conto delle priorità partendo da un desiderio, che veicola e sostiene la linfa vitale per un progetto: il desiderio.
Il desiderio è un aspetto affettivo che mantiene l’attenzione affinché non fallisca quel progetto, quindi modulare tra quello che desidero e quello che è possibile, devo individuare la priorità di ciò che posso realizzare e le possibilità che ho mia disposizione. Quindi fare una scelta, fare una valutazione e soprattutto, l’evoluzione necessaria è se possibile concretamente. Il sogno è qualcosa che mi apre molte possibilità, ma io la devo scegliere quella unica che è possibile realizzare.
Che cosa serve per migliorare questo processo educativo?
Intanto la conoscenza tecnologica che è fondamentale. Si utilizzano tutti strumenti moderni, insomma, oggi i giovani sono all’avanguardia, sono esperti. Ma è anche necessario sviluppare la capacità di pensare insieme agli altri, di farsi riconoscere il proprio pensiero e trovare persone che lo sostengono cioè un’idea ha forza solo quando ha delle persone che si aggregano intorno a quella idea, quella idea è necessaria anche supportata da un gruppo, quindi occorre pensare individualmente e individuare quello nel quale io mi riconosco, ma trovare anche consensi e riconoscimenti del gruppo di appartenenza, che sono il gruppo dei padri, il gruppo dei parenti, il gruppo di amici, i gruppi di adulti di riferimento, altrimenti rimane un’idea isolata senza la forza per essere realizzata.
Cosa dobbiamo fare per poter agire? Quali sono le priorità e quali sono i metodi da utilizzare per raggiungerle?
La formazione deve avere un principio portante. Pensare di rivolgersi a persone pensanti e non a persone con teste vuote, nel senso che hanno delle loro competenze ma anche il desiderio di migliorare e allargare le conoscenze, quindi capire qual è la domanda formativa, quello di cui ha bisogno un giovane ma soprattutto aiutarli a riconoscere le loro qualità, i loro talenti al di là del desiderio e anche cavalcare quello che loro riescono a fare meglio, appoggiandosi quindi sui punti forza, nello stesso tempo curare anche gli aspetti di fragilità, individuarli e saperli riconoscere per porre rimedio, ad esempio se non so utilizzare bene un computer, devo imparare come migliorare le competenze. Il punto è la capacità dell’individuo, avvalersi delle competenze degli altri utilizzando un prodotto finanziario in maniera efficace, ascoltando e imparando con interesse quello che viene insegnato, altrimenti è uno strumento finanziario come estraneo, un corpo estraneo, un oggetto bizzarro. Occorre padroneggiare la materia e mantenere la curiosità su quel prodotto finanziario cioè in che misura, in che maniera, io posso utilizzarlo a mio favore.
Secondo Lei i giovani hanno ancora tante speranze e tanta voglia di fare qualcosa? oppure i giovani della generazione Z sono completamente assopiti da questo mondo ipertecnologico?
Il giovane di oggi è un giovane che ha necessità di essere visto, di uscire dall’invisibilità e quindi cerca molti mezzi per essere visibile, come essere molto tatuato, avere accessori, perché è un modo per essere visto. Il problema è che non è la visibilità nell’abbigliamento, nell’atteggiamento un po’ esibizionista oppure spaccone ma essere visto per quello che si è, perché quello che si è, lascia la sensazione di esistere, di essere e di essere riconosciuto, dunque di avere un valore, un valore personale e non un valore sovrastrutturale nel quale non mi riconosco e ed è per questo che è importante per i giovani sentire la preziosità della propria peculiarità, anche negli aspetti deficitari, perché questo ci distingue dagli altri. Essere omologati, essere massificati non ci aiuta a riconoscerci come persone aventi valori e infatti il microcredito, che è uno strumento finanziario preziosissimo, permette la cultura del rispetto, cioè della persona avente valore, perché ha un pensiero dietro un prodotto finanziario. Io ti faccio un prestito perché tu sei valido, capace di restituirmelo e questo rende la persona molto degna di rispetto, di valore e anche di forza nel prendere un impegno, nell’assumersi una responsabilità. I giovani oggi non si sentono riconosciuti come persone aventi valore, anche loro sono omologati spesso in un anonimato per mimetizzarsi perché non sentono di avere un valore altrimenti vuoi emergere all’interno di un gruppo. L’altro aspetto è che quello di cui tu sei in possesso, poter condividere le tue qualità con gli altri e sentire che gli altri ti riconoscono questo, altrimenti non possiamo mantenere un individualità così staccata dal contesto, noi dobbiamo sempre sentirci di appartenere a un gruppo, l’appartenenza fa parte di un processo identitario solido perché ci fa sentire vivi.
Come classificherebbe il microcredito in poche parole?
Il microcredito si basa proprio su una cultura importante, si basa sul rispetto della persona attraverso un rapporto fiduciario, perché se qualcuno presta qualcosa ad una persona e pensa positivamente che me lo restituisca vuol dire che ha una grande considerazione di quella persona. Se invece io presto qualcosa a qualcuno pensando che non mi restituirà quei soldi o quell’oggetto, ho un valore svalutativo e questo non aiuta a crescere e neanche a portare avanti un progetto che presenta delle difficoltà e dunque, il microcredito ha due principi importanti, presta i soldi e quindi da valore alla persona, un aspetto fiduciario di cui abbiamo bisogno per credere in quello che facciamo ed in più dà un supporto tecnico nel processo di realizzazione di un sogno nel cassetto, al fine di comprendere e guidare la persona nell’utilizzare quei finanziamenti. Non è un’operazione semplicemente finanziaria, una pratica come tante altre, il microcredito offre tantissimi strumenti, quello che su cui penso siamo carenti non è tanto sullo strumento finanziario e su come arruolare i giovani per sviluppare pensieri, desideri, sogni e attivare questa richiesta creando nuova competenza, perché il microcredito è completo come prodotto finanziario, offre tantissimo.