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Rosaria Mustari
Componente Cda ENM

IL MICROCREDITO STRUMENTO AUSILIARIO IN SANITÀ PER LE DONNE. UNA PROSPETTIVA DI SOSTEGNO

La duttilità, la possibilità di utilizzo su molteplici fronti e per plurime finalità di rilievo sociale, in linea con la ratio a esso sottesa, è certamente il punto di forza più rilevante dello strumento microcreditizio delineato dall’articolo 111 del TUB.

In particolare, l’aspetto che suscita maggiore interesse da ultimo, ai fini di un proficuo impiego concreto da realizzare a breve, è quello che riguarda un profilo finora non sufficientemente valorizzato del microcredito sociale, delineato dal comma 3 della detta disposizione, laddove si prevedono “finanziamenti anche a favore di persone fisiche in condizioni di particolare vulnerabilità economica o sociale, purché i finanziamenti concessi siano di importo massimo di euro 10.000, non siano assistiti da garanzie reali, siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di bilancio familiare, abbiano lo scopo di consentire l’inclusione sociale e finanziaria del beneficiario e siano prestati a condizioni più favorevoli di quelle prevalenti sul mercato”.

La norma, in combinato disposto con l’articolo 5 del D.M. n. 176/20141, consente di applicare il microcredito sociale anche per esigenze sanitarie, posto che un sopravvenuto stato di malattia può ben configurare il requisito normativo delle “obiettive condizioni di bisogno”, talché il prestito può utilmente essere impiegato per le relative spese mediche, espressamente menzionate dal comma 2 del predetto articolo.

Funzionalità questa quanto mai auspicabile, per non dire provvidenziale, in una congiuntura di grave crisi economico-sociale, con l’indebolimento del SSN per carenza di risorse finanziarie e umane e per l’incremento dei costi delle attività sanitarie, che finiscono per gravare sempre più sui singoli e sulle famiglie, già in affanno per l’inflazione galoppante.2

Si è ipotizzato l’utilizzo del microcredito sociale per sopperire alla condizione di vulnerabilità delle donne colpite da tumore al seno3, perfettamente praticabile quanto ai profili di legittimità e anzi finanche auspicabile, in quanto attuativo di plurimi valori costituzionali, a partire dai principi fondamentali sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione, fino all’articolo 32 e al diritto alla salute.

Si tratterebbe a questo punto di verificarne la concreta realizzabilità, delineando un modello progettuale idoneo al perseguimento delle finalità di ausilio alle cure.

E dunque, ben potrebbe avviarsi un progetto rivolto in una prima fase solamente a donne affette da patologie oncologiche, residenti in Italia, che hanno subito una riduzione del reddito a causa della malattia, per poi proseguire - qualora la fase di avvio sperimentale dia esiti favorevoli - con iniziative ancor più coraggiose, estendendo il novero delle destinatarie anche a coloro che intendono avviare un’attività autonoma post-cura, per sortire il reinserimento nel mondo del lavoro.

Com’è noto, l’importo massimo del prestito si attesta a 10.000 euro, da impiegare per coprire ad esempio spese mediche che esulano dal sistema sanitario. Invero, la questione è particolarmente complessa e richiede un adeguato approfondimento - che, però, in questa sede costituirebbe una divagazione e un inopportuno appesantimento -tuttavia non si può sottacerne (rectius non stigmatizzarne) il progressivo incremento, insostenibile e inaccettabile, visto che tali spese, da ultimo, sono sempre di più e sempre più ingenti, a fronte di liste d’attesa congestionate4, tali da costringerlo a rivolgersi a strutture private o comunque a prestazioni a pagamento, pur di sortire in tempi brevi i necessari accertamenti diagnostici o trattamenti terapeutici.

Certamente, il finanziamento può sopperire a tutte le esigenze economiche legate alla malattia, quindi, oltre alle spese mediche anche spese familiari, spostamenti per cure et similia, purché siano tali da configurare le obiettive condizioni di bisogno delineate dal D.M. n. 176/2014. A tale proposito, è importante evidenziare che l’articolo 5, non introduce una vera e propria tipizzazione, per cui residua un margine rimesso alla valutazione dell’operatore che, a mente del comma 3, verifica la ricorrenza in concreto delle dette condizioni, anche richiedendo apposite prove documentali. Una valutazione caso per caso, quindi, supportata da idonea documentazione.

L’impegno più sfidante di un progetto siffatto sta nella costituzione di un apposito Fondo di Garanzia, da istituire in collaborazione con enti pubblici, fondazioni o istituti bancari, per coprire una percentuale del prestito (ad esempio l’80%) o anche (perché no, vista l’alta meritevolezza dell’iniziativa) l’intera sorte capitale, onde mitigare il rischio degli istituti eroganti e agevolare la concessione dei finanziamenti a donne in condizioni di fragilità economica. In questo modo, il prestito potrà essere elargito senza garanzie reali delle beneficiarie, stante la copertura fornita dal fondo di garanzia.

Il finanziamento potrà avere una durata massima di 5 anni, 60 mesi, e potrebbe pure prevedersi un periodo di preammortamento (fino a 12 mesi), durante il quale prevedere il pagamento dei soli interessi. Questi ultimi, si attesteranno “a condizioni più favorevoli di quelle prevalenti sul mercato” e se ne potrebbe anche prefigurare l’azzeramento (perché no, vista l’alta meritevolezza dell’iniziativa).

Il piano di rientro dal prestito potrebbe anche essere articolato in rate mensili sostenibili, che tengano conto della situazione economica delle beneficiarie. A tal fine, sarà preziosa l’assistenza ad personam resa dal tutor: per l’art. 5, del D.M. 176/2014, i servizi ausiliari di assistenza attengono alla gestione del bilancio familiare e le relative forme e modalità di erogazione devono essere specificate nel contratto di finanziamento.

Sicuramente la funzione di accompagnamento da parte del tutor che segue il finanziamento sin dal suo nascere e poi, passo dopo passo, fino alla restituzione delle somme, riveste fondamentale importanza rispetto a una sovvenuta che si trovi in una condizione esistenziale così delicata, e va a esplicare effetti benefici anche al di là dell’operazione economica, in sé e per sé considerata.

E comunque, in prospettiva, a fronte di una implementazione progressiva delle progettualità rivolte a tali categorie svantaggiate, si potrà anche ipotizzare l’incremento di servizi di supporto per le donne oncologiche, con la possibilità ad esempio di accedere a servizi di sostegno psicologico per gestire l’impatto della malattia sul piano emotivo e personale oltre che lavorativo e reddituale.

Sempre in prospettiva, per garantire la sostenibilità del progetto si potrà anche prevedere: la rotazione del fondo di garanzia, con il re-impiego dei fondi restituiti dalle beneficiarie per garantire nuovi prestiti, favorendo in questo modo un ciclo virtuoso di inclusione finanziaria; un accurato sistema di monitoraggio che valuti l’impatto economico e sociale sulle beneficiarie; la sostenibilità finanziaria del fondo di garanzia; il tasso di insolvenza dei prestiti concessi.

È evidente che iniziative di così rilevante portata si prestino a una collaborazione inter-istituzionale di ampio respiro, con il coinvolgimento di attori pubblici e privati di buona volontà: dalle banche agli operatori di microcredito, per la concessione dei finanziamenti; alle pubbliche amministrazioni ed Enti pubblici, per la creazione del fondo di garanzia e per sovvenzioni provenienti da risorse interne o europee; Aziende sanitarie e ospedaliere, ma anche associazioni dedite alle tematiche oncologiche, per le attività di promozione e per il supporto nelle fasi di selezione e orientamento delle beneficiarie, oltre che per i servizi di assistenza psicologica.

Ed ecco che viene in considerazione il modulo operativo del Microcredito di Libertà per le donne vittime di violenza, messo in opera con l’apporto di Ministero per le Pari Opportunità, Abi, Federcasse, Caritas italiana, Ente Nazionale per il Microcredito. Una interazione complessa, composita e virtuosa che sta dando buoni frutti, e che merita di essere assunta a modello, da applicare ad ambiti e materie per i quali occorre un approccio innovativo ed efficace.

La crescente attenzione nei confronti delle tematiche sanitarie e delle patologie tumorali ha prodotto di recente effetti rilevanti, tra cui in primis l’approvazione della legge sull’oblio oncologico, per cui l’attuale temperie può favorire l’applicazione del modello MdL anche a temi così delicati e (purtroppo finora trascurati). L’obiettivo è quello di sensibilizzare tutti i soggetti, pubblici e privati, potenzialmente capaci di un apporto sinergico sul tema, dalle banche alle istituzioni di governo centrale e locale, sollecitando nuove e virtuose interazioni.

A tale proposito, per gli istituti di credito, iniziative siffatte contribuiscono in maniera determinante al rafforzamento dell’immagine aziendale, in particolare sotto il profilo ESG (Environmental, Social, Governance), per l’alto valore di inclusione in favore di una categoria vulnerabile, dando prova di una gestione ispirata a valori di etica e responsabilità sociale.

E in una congiuntura in cui tanto si dibatte circa gli extra profitti delle banche, per le quali si ipotizza pure un contributo una tantum, l’avvio di progettualità siffatte potrebbe servire per impostare una tipologia di contribuzione su basi nuove, non quale mero prelievo monetario, bensì in una più lungimirante e proficua prospettiva di rete, di cooperazione, di vicendevoli rapporti di complementarietà, in termini di impegno per finalità di alto rilievo sociale. In questo modo, con nuove e virtuose modalità di utilizzo del microcredito, l’apporto dell’istituto finanziario va ad assumere, tra l’altro, una rilevante funzione di ausilio per la messa in opera di uno strumento di welfare innovativo e incentivante5.

Senza dimenticare infine l’aspetto più importante, “perché oggi, forse più di ieri, abbiamo bisogno della dimensione umana nell’esercizio del credito”.6

NOTE

#1 È il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 17 ottobre 2014, n. 176 recante “Disciplina del microcredito, in attuazione dell’articolo 111, comma 5, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385”.

#2 Per un approfondimento sul tema, v. 7° Rapporto GIMBE sul Servizio Sanitario Nazionale, su www.gimbe.org.

#3 V. “Donne, Microcredito, tutela della Salute. È tempo di un nuovo Welfare”, su Microfinanza, n. 48/2023, XI; “Donne, tumore al seno e tossicità finanziaria: è tempo di un nuovo Welfare”, in Sanità24 – Il Sole 24 Ore, 20 marzo 2024.

#4 La patologia oncologica sovente comporta la necessità di sottoporsi a plurimi, non sempre prevedibili accertamenti diagnostici o trattamenti terapeutici, per esigenze che vanno manifestandosi progressivamente durante il decorso della malattia; tuttavia, la condizione dei malati oncologici non è di per sé idonea a consentire alcuna priorità ai fini delle liste d’attesa. Pertanto, stante la gravità della situazione, anche una così fragile categoria di pazienti è costretta frequentemente a optare per il regime sanitario privatistico, sobbarcandosi i costi delle relative prestazioni. Oppure, in caso di indigenza, a rinunciarvi.

#5 V. supra, nota n. 2.

#6 CARLI G., La finanza nella dimensione umana, in GATTI G. (a cura di), Banche con l’anima, Roma, 2003, pag. 206 e ss.

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