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Sustainable development in the EU is pursued both by raising the awareness of citizens and business for the Green Deal goals (by endowing the green transition with considerable EU resources) and by exploiting the full potential of the internal market by channeling capital flows towards sustainable investments. The Commission has prioritized establishing which activities can be considered as environmentally sustainable and proposed the harmonisation of the current classification systems. The administrative and financial burden of assessing the environmental, social and governance (ESG) impact of economic activities remains primarily with large companies, but also medium-sized, small and very small companies will be progressively concerned. Stakeholders are increasingly aware of both the need to initiate the ecological transition process and the importance of integrating ESG criteria into business and investments’ strategies.
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- Sviluppo economico e sociale sostenibile nell’UE: lo scenario
Negli ultimi anni, l’Unione Europea ha intensificato l’impegno verso un modello di sviluppo economico e sociale sostenibile del continente. Sulla scia degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU per il 20301, sono stati varati una serie di interventi normativi, piani di azione, linee guida e programmi che mirano a garantire la rispondenza del mercato unico a quegli obiettivi. A fine 2019, la prima Commissione von der Leyen ha presentato la strategia del Green Deal europeo2 - una tabella di marcia verso un’economia dell’UE sostenibile, dal punto di vista climatico e ambientale, e per un effettivo coinvolgimento di tutti nella transizione verde, giusta e inclusiva – per fare dell’Europa il primo continente a emissioni zero entro il 2050. Lo sviluppo sostenibile nell’UE è dunque perseguito sia attraverso l’aumento diffuso della sensibilità di cittadinanza e imprese per gli obiettivi del Green Deal (dotando la transizione verde di ingenti risorse comunitarie3), sia sfruttando appieno le potenzialità del mercato interno, con un’azione di incanalamento dei flussi di capitali verso gli investimenti sostenibili. La Commissione, allo scopo di rimuovere le barriere al funzionamento del mercato interno per la raccolta di risorse per i progetti di ecosostenibilità, ha ritenuto prioritario stabilire quali attività possono essere considerate ecosostenibili e proporre l’armonizzazione dei sistemi di classificazione cui gli Stati membri ricorrono per individuare gli investimenti sostenibili. Tra gli ultimi sviluppi legislativi nel settore troviamo la direttiva sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive, CSRD)4, che sostituisce la direttiva per la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario (Non-Financial Reporting Directive, NFRD)5, la tassonomia europea delle attività sostenibili dal punto di vista ambientale6 e la Direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità (Due diligence Directive)7. L’insieme di queste disposizioni ha ricadute dirette su investitori e aziende, queste ultime tenute a pubblicare e divulgare sui loro siti le informazioni relative alla ecosostenibilità delle proprie attività economiche. Tuttavia, l’onere burocratico e finanziario della valutazione dell’impatto ambientale, sociale e di governance (ESG8) delle attività economiche rimane in capo alle imprese, in primis le grandi imprese ma anche quelle di medie, piccole e piccolissime dimensioni, pur se volontariamente queste ultime. Gli attori dell’economia sono sempre più consapevoli sia della necessità di avviare il processo di transizione ecologica sia dell’importanza di integrare i criteri ESG nelle strategie aziendali e di investimento.
1.1 La legislazione europea in materia di sostenibilità
Il Trattato sull’Unione Europea9 e il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea10 riflettono la dimensione sociale e ambientale della sostenibilità. Secondo l’articolo 3 del TUE lo sviluppo sostenibile del continente si fonda su un mercato interno in grado di garantire una crescita economica equilibrata e un alto livello di tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente. Tale sensibilità si intreccia, a partire dal 2015, con gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’Onu e le tre dimensioni della sostenibilità ivi definite, ossia, la governance economica, sociale e ambientale. A fine 2016, la Commissione Europea ha inteso consolidare il legame tra le azioni e iniziative politiche dell’Unione e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite con la comunicazione sul futuro sostenibile dell’Europa11. Successivamente, con la comunicazione sul “Green Deal europeo” (2019) la Commissione ha disegnato la strategia per la sostenibilità e la transizione a un’economia sicura, climaticamente neutra, resiliente ai cambiamenti climatici, più efficiente in termini di risorse e circolare. Tutti elementi che - secondo la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen - sono fondamentali per garantire la competitività a lungo termine dell’economia dell’UE.
Alla strategia per la transizione verde la Commissione ha affiancato una strategia in materia di finanza sostenibile affinché gli obiettivi di ecosostenibilità potessero essere accompagnati anche da investimenti privati. Un gruppo di esperti di alto livello, tra fine 2016 e inizio 2018, si è occupata del suo sviluppo. La relazione conclusiva degli esperti, nella consapevolezza della difficoltà di addivenire a una armonizzazione spontanea tra i sistemi di classificazione della sostenibilità ambientale, sociale e di governance emergenti nei vari paesi e contesti, sollecita la Commissione a rendere disponibile un sistema di classificazione tecnicamente solido nell’UE che aiuti a fare chiarezza sulle attività da considerare “verdi” o “sostenibili”, a partire dall’effetto sulla mitigazione dei cambiamenti climatici (tenuto conto dei target ambiziosi fissati dagli Accordi di Parigi e dal Green Deal europeo per il 2030 e il 2050)12. A marzo 2018, la Commissione ha quindi lanciato il Piano di azione per finanziare la crescita sostenibile13 con al centro un ambiziosa strategia sulla finanza sostenibile che prevede, tra l’altro, il riorientamento dei flussi di capitali verso gli investimenti sostenibili. Nel medesimo piano d’azione la Commissione riconosce che il movimento di capitali verso attività più sostenibili deve fondarsi sulla comprensione condivisa e olistica dell’ecosostenibilità delle attività e degli investimenti, che può essere facilitata dalla formulazione di linee guida chiare sulle attività che effettivamente contribuiscono agli obiettivi ambientali, per favorire la migliore informazione degli investitori sulle attività economiche ecosostenibili e guidare la scelta di investimenti realmente sostenibili.
Un punto di svolta nella valutazione della ecosostenibilità delle attività di impresa (valutazione ESG) è rappresentato dalla direttiva sul reporting di sostenibilità delle imprese (CSRD) entrata in vigore a gennaio 2023. La direttiva modernizza e rafforza le norme relative alle informazioni sociali e ambientali che sono oggetto di rendicontazione da parte delle società, comprese le PMI quotate in borsa e le società non appartenenti all’UE che generano oltre 150 milioni di euro sul mercato unico europeo. Queste società sono tenute a presentare un rapporto sulla sostenibilità affinché investitori e altri soggetti portatori di interesse possano accedere alle informazioni necessarie per valutare l’impatto delle imprese su persone e ambiente, nonché i rischi e le opportunità finanziarie derivanti dal cambiamento climatico e dagli altri indicatori connessi alla sostenibilità. La norma prevede che i costi di rendicontazione si riducono a medio-lungo termine grazie all’armonizzazione degli standard sulle informazioni da fornire nei rispettivi rapporti.
A partire dall’esercizio 2024, ossia nei bilanci da pubblicare nel 2025, le aziende soggette alla CSRD sono tenute ad applicare le nuove regole redigendo i loro bilanci secondo gli standard europei di rendicontazione della sostenibilità (European Sustainability Reporting Standards, ESRS), sviluppati dal comitato consultivo europeo per l’informativa finanziaria (EFRAG)15 l’organismo indipendente che riunisce i vari stakeholder di settore. La prima serie di standard ESRS è stata pubblicata nella gazzetta ufficiale dell’UE il 22 dicembre 2023 sotto forma di regolamento delegato. Questi standard si applicano alle aziende tenute alla rendicontazione, indipendentemente dal settore produttivo, e sono stati adattati alle politiche dell’UE (pur basandosi su altre iniziative di standardizzazione di livello internazionale). La direttiva CSRD richiede inoltre che le informazioni sulla sostenibilità fornite dalle aziende siano “garantite” e prevede la creazione di una tassonomia digitale delle informazioni sulla sostenibilità. Gli Stati membri devono adottare provvedimenti atti a ridurre al minimo l’onere burocratico-amministrativo per le aziende in relazione ai nuovi requisiti di rendicontazione previsti dalla direttiva. A maggio 2024 l’EFRAG ha pubblicato alcuni orientamenti sull’interoperabilità degli standard europei e globali di rendicontazione della sostenibilità16, che dimostrano come le aziende dell’UE che redigono i propri bilanci secondo gli standard europei possono conformarsi a quelli globali con un minimo sforzo aggiuntivo.
Con riferimento al focus di questo contributo, si riporta nella tabella successiva una panoramica dei regolamenti europei sulla sostenibilità che prevedono o meno il coinvolgimento delle piccole e medie imprese e le azioni prese in tal senso, comprensive delle eventuali misure di supporto.
Tale riepilogo, come si vedrà nel successivo paragrafo, in realtà è già superato dai fatti, poiché sia le piccole e medie imprese che le microimprese sono sempre più frequentemente interessate dai processi di rendicontazione della sostenibilità economica, sociale e di governance delle proprie attività, in particolare per quanto concerne il loro concorso alla reputazione sostenibile delle grandi imprese a capo delle catene del valore o degli investitori e banche finanziatrici.
1.2 La due diligence di sostenibilità delle imprese e i diritti umani
La direttiva sulla due diligence di sostenibilità delle imprese (CS3D) introduce nella regolamentazione europea il concetto di dovere di diligenza in materia di diritti umani.
Questo concetto è stato esposto e sviluppato ulteriormente nelle linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), ossia, quadri riconosciuti a livello internazionale che stabiliscono misure pratiche relative al dovere di diligenza per assistere le società (imprese) a individuare, prevenire e attenuare gli impatti, siano essi effettivi o potenziali, e rendere conto delle modalità con cui li affrontano nel contesto delle loro attività e catene di approvvigionamento e di altri rapporti d’affari. Tra le linee guida OCSE quelle destinate alle imprese multinazionali19, che hanno esteso l’applicazione del dovere di diligenza ai temi dell’ambiente e della governance. Esse coprono tutte le aree chiave della responsabilità d’impresa, tra cui i diritti umani, i diritti del lavoro, l’ambiente, la corruzione, gli interessi dei consumatori, la divulgazione, la scienza e la tecnologia, la concorrenza e la fiscalità. L’aggiornamento delle linee guida (2023) comprende raccomandazioni per una condotta aziendale responsabile in aree chiave, come il cambiamento climatico, la biodiversità, la tecnologia, l’integrità aziendale e la due diligence della catena di fornitura, oltre a procedure di attuazione aggiornate per i punti di contatto nazionali per la condotta aziendale responsabile (ad esempio, il monitoraggio delle relazioni commerciali). A queste linee guida si uniscono quelle sul dovere di diligenza per la condotta d’impresa responsabile20 e le linee guida settoriali che intendono stabilire un linguaggio comune a governi, imprese, società civile e lavoratori in materia di due diligence per una condotta d’impresa responsabile e per mettere le imprese in condizione di costruire resilienza nella catena di fornitura, gestire l’incertezza e generare valore a lungo termine. Il concetto di dovere di diligenza è altresì integrato nelle raccomandazioni della dichiarazione tripartita di principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL)21.
L’ambito dei diritti umani coperti dalla “S” di ESG è piuttosto ampio. Ad esempio, comprende i 30 diritti umani elencati nella Dichiarazione universale dei diritti umani del 194822, come quello alla vita, alla libertà e alla sicurezza, il diritto all’uguaglianza davanti alla legge, il divieto di tortura e di schiavitù, il divieto di lavoro forzato, il divieto di discriminazione, ecc. Inoltre, i diritti umani comprendono quanto stabilito nella Convenzione sui diritti civili e politici (1966) e nel Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966). Per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani nella conduzione delle imprese, i Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (UNGP; 2011) sono la fonte più importante23. Questi contengono dieci principi che obbligano gli Stati a proteggere i diritti umani e quattordici principi che riguardano la responsabilità delle imprese nel rispettarli.
I riflessi della due diligence aziendale di sostenibilità in relazione ai diritti umani sono evidenti, ad esempio, nel caso delle banche. Come noto, la maggior parte delle banche ha incluso il rispetto dei diritti umani nelle proprie politiche ESG e nei processi di due diligence. Un produttore di abbigliamento sportivo che intende chiedere un prestito a una banca, non ha alcuna possibilità di ottenerlo se nella sua catena di approvvigionamento è presente il lavoro minorile. Parimenti, un produttore di smartphone non potrà ottenere prestiti se la materia prima essenziale, il tantalio, è estratta con ricorso al lavoro forzato in un’area dell’Africa controllata da milizie armate. Si tratta di fattori sociali (S) che le banche ormai esaminano nella loro due diligence, che ha quindi una portata più ampia della normale due diligence di banca, incentrata sulla prevenzione dei rischi bancari. Tuttavia, la trasparenza obbligatoria sul rispetto dei diritti umani da parte dei loro clienti (imprese), indipendentemente dal settore, renderà più facile per le banche determinare il loro profilo di rischio. I fattori “clienti e canali di fornitura” e “terze parti”, che sono rilevanti per l’analisi del rischio richiesta per legge dalle istituzioni finanziarie, hanno un terreno comune con la due diligence dei diritti umani e la gestione della catena di fornitura. Le violazioni dell’integrità della catena di fornitura in relazione ai diritti umani possono dunque essere aggiunte all’elenco dei comportamenti illeciti in tale analisi.
2 Le PMI e la rendicontazione di sostenibilità
Come visto i quadri in materia di ESG, come la CSRD e la tassonomia verde dell’UE, mirano a indurre le aziende ad aumentare la trasparenza e la comparabilità dei loro dati di sostenibilità. Questi standard vanno oltre la semplice conformità, poiché le prestazioni ambientali, sociali e di governance delle attività economiche avranno un forte impatto sull’accesso ai finanziamenti. Attualmente, le PMI non quotate in borsa non hanno l’obbligo della rendicontazione di sostenibilità. Il mercato, tuttavia, mostra che gli stakeholder delle piccole e medie imprese, ossia investitori, banche e clienti, sono interessati dai requisiti di rendicontazione dei criteri ESG e li stanno già “imponendo” alle PMI con cui si relazionano (catene di valore, catene di approvvigionamento, ecc.). Nel paragrafo si esaminano vantaggi e sfide derivanti dalla rendicontazione ESG per le micro, piccole e medie imprese e si riportano alcuni esempi di programmi e politiche loro rivolte per facilitare l’implementazione di solidi piani di sostenibilità sin da subito.
2.1 La sfida della sostenibilità per le PMI
Alcune piccole imprese ritengono che la rendicontazione ambientale, sociale e di governance (ESG) sia prerogativa delle grandi aziende tenute per legge a presentare tale rapporto. In realtà, le piccole imprese possono avere un impatto significativo sulle prestazioni di sostenibilità ESG. Infatti, sebbene solo le PMI quotate in borsa siano tenute per legge a conformarsi alla direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità, tuttavia, spinte dai loro obblighi di rendicontazione e dalla loro strategia ESG, le banche e gli investitori hanno già iniziato a richiedere dati sui criteri ESG alle loro società in portafoglio, comprese le organizzazioni più piccole, mentre le grandi aziende stanno già chiedendo ai loro fornitori di fornire informazioni sulla loro performance di sostenibilità. Collettivamente, le PMI hanno un enorme impatto sulle questioni sociali e ambientali. Questo impatto deriva dalle loro politiche sulla forza lavoro, dai rapporti con la catena di fornitura e dai legami con la comunità.
Nel mercato unico una piccola e media impresa è definita in base all’organico, al fatturato o al totale del bilancio. Le PMI rappresentano il 99 per cento di tutte le imprese dell’UE (25 milioni di imprese che impiegano quasi 100 milioni di persone) e svolgono un ruolo fondamentale sia nell’economia dell’UE sia nell’impatto ambientale. Nel contesto della CSRD e della tassonomia verde dell’UE, le PMI sono definite in base a criteri specifici che, a partire dal 2026, si applicheranno alle PMI quotate in borsa che soddisfano almeno due delle seguenti condizioni: un totale di bilancio pari o superiore a 5 milioni di euro, un fatturato netto pari o superiore a 10 milioni di euro o una media di 50 o più dipendenti durante l’esercizio finanziario considerato. Gli stakeholder presenti nell’EFRAG stanno sviluppando una serie di principi europei di rendicontazione della sostenibilità (ESRS) proporzionati e specifici per queste PMI (light CSRD), nonché degli ESRS volontari destinati a tutte le altre piccole e medie imprese non quotate in borsa. È in fase di sviluppo, inoltre, una tassonomia europea leggera non vincolante (light EU Taxonomy).
Con diversi quadri normativi già esistenti e altri in via di definizione, le PMI si troveranno a ricevere molte richieste contrastanti o non coordinate. Non solo le banche e gli investitori - che integrano i rischi ESG nella valutazione dei loro portafogli - si rifiuteranno progressivamente di finanziare le PMI non sostenibili, ma a loro volta anche le grandi aziende selezioneranno i fornitori più sostenibili per migliorare le loro prestazioni di sostenibilità. In concreto, in un probabile scenario prossimo futuro, le PMI riceveranno sempre più questionari sulla sostenibilità della loro attività economica dai più diversi stakeholder, che chiederanno informazioni disparate in termini di contenuto e formato.
A livello di Unione Europea potrà essere chiesto alle PMI di descrivere le politiche di sostenibilità in atto, di dichiarare i principali impatti negativi o potenzialmente negativi in materia di sostenibilità (come la singola PMI può avere un impatto negativo sull’ambiente) e le azioni messe in atto per monitorare, prevenire, mitigare o rimediare a tali impatti negativi (effettivi o potenziali), di elencare i principali rischi legati ai criteri ESG che hanno o potrebbero avere un impatto sulla singola impresa e come tali rischi sono gestiti, di riportare gli indicatori chiave di performance relativi alle questioni ESG. Tuttavia, le piccole organizzazioni tendono a ritardare l’avvio della loro strategia di rendicontazione e a continuare a gestire le loro attività quotidiane, senza tenere conto delle tendenze che mostrano come i consumatori preferiscono sempre di più le imprese più attente alla sostenibilità. Nel complesso, anche se l’inizio della rendicontazione di sostenibilità da parte delle PMI potrebbe richiedere del tempo per portare cambiamenti stabili nel mercato, è probabile che gli investitori diano sempre più spesso priorità alle aziende sostenibili, portando nuovi capitali in queste imprese. Al contempo, le aziende favoriranno i fornitori più sostenibili per migliorare i loro punteggi di sostenibilità. In altre parole, una buona performance ESG sarà un prerequisito per accedere a finanziamenti (più convenienti) e, soprattutto, per conquistare e mantenere i clienti.
Tra le sfide che le PMI devono affrontare nel tentativo di fornire i dati richiesti per la rendicontazione di sostenibilità si annoverano, in primo luogo, i vincoli finanziari con l’impossibilità di allocare risorse crescenti alla rendicontazione di sostenibilità e ai consulenti o strumenti per migliorare le loro capacità di reporting. In secondo luogo, le PMI in quanto imprese più piccole e talvolta più giovani possono non avere in azienda le competenze e conoscenze necessarie per comprendere, raccogliere e condividere i dati richiesti, in modo da soddisfare gli standard dell’UE (senza fondi aggiuntivi per la formazione e l’assunzione l’onere della rendicontazione può ricadere solo sulle risorse umane già presenti nell’impresa). Un’altra sfida è legata alla presenza e raccolta dei dati necessari: la creazione di solidi processi di raccolta dei dati è azione complessa e costosa per le aziende più piccole. Il problema non riguarda solo l’incapacità di rendicontare, ma anche l’assenza delle informazioni necessarie. Infine, la mancanza di incentivi chiari per conformarsi alle richieste sui criteri ESG, fa sì che le PMI non comprendano i vantaggi derivanti dal conformarsi ai quadri ESG (accelerazione del loro business) che sono visti solo come un nuovo centro di costo che non possono semplicemente permettersi.
2.2 Le PMI italiane e il recepimento della CSRD
Le piccole e medie imprese sono attori fondamentali dell’economia italiana: con un totale di 153.000, rappresentano circa il 19 per cento delle oltre 800.000 società di capitali operanti in Italia. Le PMI stanno gradualmente diventando più consapevoli sia della necessità di avviare il processo di transizione ecologica sia dell’importanza di integrare le questioni ambientali, sociali e di governance nelle loro strategie aziendali.
Il recepimento della direttiva CSRD (2022) nella legislazione italiana con il decreto legislativo n.125 del 30 agosto 202424 comporta l’estensione della rendicontazione di sostenibilità anche alle PMI e alle altre imprese quotate, a partire dal primo gennaio 2026. Secondo stime di Assonext, l’applicazione della CSRD nel nostro paese porterà il numero di imprese tenute a rendicontare la sostenibilità delle attività economiche dalle attuali 208 a circa 7.000, tra quotate e non quotate. Infatti, anche le PMI non soggette all’obbligo saranno coinvolte quali fornitrici o clienti delle grandi imprese che devono fornire dati ESG della propria catena del valore ai sensi della citata direttiva CSRD. La sfida principale per le PMI è quella di adottare un sistema di raccolta e misurazione dei dati affidabile per il controllo delle prestazioni ESG. Si tratta di un cambiamento notevole per le PMI per l’impegno di risorse umane, intellettuali ed economico-finanziarie richiesto dalla rendicontazione di sostenibilità, ma anche l’occasione per introdurre in azienda cambiamenti organizzativi in materia di strategia di lungo periodo, governance e gestione aziendale che possono contribuire a rafforzare e far crescere le imprese italiane. Confartigianato ritiene che il coinvolgimento delle micro, piccole e medie imprese vada incontro alla necessità di non lasciarle fuori dal percorso di sostenibilità avviato, del quale esse condividono obiettivi e motivazioni. Ma la richiesta delle piccole aziende artigianali è di non veder aumentare il carico di adempimenti amministrativi e burocratici e di tener conto delle loro caratteristiche, prevedendo quadri ESG semplificati e adeguate risorse finanziarie a sostegno degli investimenti per la transizione verde nonché aiuti per il consolidamento strutturale, anche ricorrendo agli strumenti finanziari dell’UE (ad esempio, il piano Next Generation EU, la politica di coesione, ecc.).
Secondo un recente studio del Cerved, le PMI concordano sul fatto che i temi della sostenibilità sono sempre più importanti per lo sviluppo di impresa. La consapevolezza è maggiore nelle imprese dei settori manifatturiero e dei servizi di pubblica utilità. L’importanza attribuita ai temi ESG è anche correlata alla pressione sui temi della sostenibilità da parte di soggetti esterni alle imprese, soprattutto da parte di clienti (29,6 per cento), altre aziende o utenti finali, e fornitori (17,8 per cento), come pure dalle banche (13,5 per cento) e dagli investitori (3,6 per cento). La pressione legale e normativa sui temi ESG è un fattore importante per il 48 per cento delle aziende, tuttavia, la quasi totalità delle PMI intervistate (90,8 per cento) ha dichiarato di non conoscere la direttiva CSRD o di non essere per nulla informato sulla tassonomia europea delle attività ecosostenibili (86,3 per cento). L’indagine, dunque, mostra che le PMI riconoscono il ruolo centrale della sostenibilità nelle strategie aziendali e che un fattore chiave per un percorso di sostenibilità ambientale è rappresentato dalle pressioni esercitate su di loro dagli stakeholder, con la chiara aspettativa di benefici in termini di reputazione e di efficienza dei costi. Nonostante questa consapevolezza, le azioni da intraprendere per essere più sostenibili sono spesso ostacolate da costi operativi elevati, da una gestione complessa della burocrazia e dalla mancanza di competenze specifiche in azienda. Di conseguenza, le PMI sono riluttanti a valutare la loro esposizione ai rischi ambientali e ad attuare misure di adattamento al cambiamento climatico. Inoltre, la mancanza di tempo è segnalata come una delle principali barriere all’implementazione di misure di adattamento ai cambiamenti climatici, che si scontra con il senso di urgenza che dovrebbe essere percepito riguardo ai temi ambientali. Infine, le PMI intervistate hanno mostrato scarsa consapevolezza degli sviluppi normativi e regolamentari relativi ai temi del rating ESG e sembrano sottovalutare il fatto che, in questo ambito, la proattività può generare reali opportunità di business.
Conclusioni
Dopo aver ripercorso le fasi dell’introduzione della rendicontazione di sostenibilità nell’Unione Europea e averne individuato le caratteristiche principali, ci si è soffermati sull’impatto della rendicontazione ESG sulle piccole e medie imprese. Le normative sulla due diligence sono associate a sfide considerevoli per le PMI. Rispetto alle aziende di grandi dimensioni, esse sono svantaggiate a causa della relativa sensibilità ai maggiori costi imposti e della loro minore capacità di implementare gli standard di rendicontazione, in particolare, a causa della carenza, o assenza, di risorse umane sufficienti per affrontare le previsioni di legge. Affinché le PMI possano godere degli effetti delle azioni di due diligence di sostenibilità, e migliorare la loro competitività, entrare nelle catene di fornitura di grandi imprese socialmente responsabili e partecipare ai ritorni economici derivanti da una accresciuta reputazione ESG, è necessario che siano messe in condizione di conoscere al meglio gli obblighi di rendicontazione (segnalazione). Creare degli help desk in tutti gli Stati membri (in tutte le Regioni italiane) potrebbe essere il primo passo verso il miglioramento delle procedure di due diligence (peraltro previsto dalla direttiva di disciplina). Anche la creazione di siti web, portali o piattaforme di facile utilizzo potrebbero ulteriormente alleggerire l’onere di segnalazione per le PMI e le microimprese.
Una maggiore informazione dovrebbe essere poi accompagnata da misure volte a ridurre l’incertezza sulle violazioni dei diritti dei lavoratori o su una cattiva gestione ambientale. Potrebbe essere utile a tal fine adottare un approccio graduato ai requisiti legali per le micro, piccole e medie imprese, distinguendo chiaramente i requisiti obbligatori, quelli fortemente raccomandati e quelli che vanno oltre le eventuali aspettative. Così facendo, le PMI oltre ad avere una comprensione più chiara dei propri obblighi, potrebbero avvantaggiarsi della semplificazione della rendicontazione e dell’armonizzazione di ogni nuova rendicontazione, grazie alle informazioni già comunicate e pubblicate online in risposta a richieste simili provenienti da altri stakeholder (banche, investitori, clienti, aziende con obblighi di rendicontazione di sostenibilità ai sensi della CSRD).
Infine, ma non ultimo, le micro e PMI dovrebbero poter contare su risorse da destinare al rafforzamento interno delle procedure e del personale (formazione) per la rendicontazione ESG e l’introduzione in azienda di pratiche di sostenibilità. Tali risorse possono essere rinvenute sia nel Piano nazionale di ripresa e resilienza sia nei fondi della politica di coesione sia nella finanza sostenibile, anche mediante l’introduzione di iniziative basate sul partenariato pubblico-privato (PPP) volte a informare e sostenere le PMI per aumentare la loro consapevolezza delle opportunità finanziarie alla base del processo di transizione ecologica.
BOX 1 - TASSONOMIA UE SUGLI INVESTIMENTI SOSTENIBILI (GREEN TAXONOMY)
La tassonomia europea è uno strumento di trasparenza basato su un sistema di classificazione che traduce gli obiettivi climatici e ambientali dell’UE in criteri per specifiche attività economiche a fini di investimento privato. Essa mira a favorire gli investimenti nelle attività economiche più necessarie per la transizione verde, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo. Il sistema di classificazione stabilisce i criteri per definire le attività economiche allineate con l’obiettivo delle emissioni zero entro il 2050 e con gli altri obiettivi ambientali più ampi (non solo il clima). Grazie alla tassonomia UE le società finanziarie e non finanziarie condividono una definizione comune di attività economiche da considerare sostenibili dal punto di vista ambientale, e al pari degli investitori privati sono protette dal greenwashing e possono incrementare gli investimenti realmente sostenibili, aiutando al contempo le aziende a diventare più rispettose del clima e attenuando la frammentazione del mercato.
Il Regolamento sulla tassonomia è entrato in vigore il 12 luglio 2020. Esso stabilisce le condizioni generali che un’attività economica deve soddisfare per poter essere considerata sostenibile dal punto di vista ambientale. In base al regolamento, quindi, la Commissione ha elaborato un elenco delle attività sostenibili dal punto di vista ambientale definendo criteri tecnici di selezione per ciascun obiettivo ambientale attraverso atti delegati e di esecuzione. All’articolo 9 del Regolamento, sono definiti i sei obiettivi ambientali sui quali effettuare la valutazione di sostenibilità (mitigazione dei cambiamenti climatici; adattamento ai cambiamenti climatici; uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine; transizione verso un’economia circolare; prevenzione e riduzione dell’inquinamento; protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi) e negli articoli da 10 a 15 si individuano le modalità con cui ogni singola attività economica fornisce un contributo sostanziale al loro conseguimento. A titolo esemplificativo, un’azienda favorisce la mitigazione dei cambiamenti climatici se contribuisce in modo sostanziale a stabilizzare le concentrazioni di gas a effetto serra nell’atmosfera: a) impedendo pericolose interferenze di origine antropica con il sistema climatico in linea con l’obiettivo di temperatura a lungo termine dell’accordo di Parigi, b) evitando o riducendo le emissioni di gas a effetto serra, c) aumentando l’assorbimento dei gas a effetto serra, anche attraverso prodotti o processi innovativi (energie rinnovabili, efficientamento energetico, mobilità pulita o climaticamente neutra, uso di materiali rinnovabili, tecnologie di cattura e utilizzo del carbonio, ripristino foreste, decarbonizzazione, combustibili puliti).
La tassonomia verde necessita della stretta collaborazione tra i vari stakeholder del settore pubblico e privato per raggiungere gli obiettivi fissati dal regolamento istitutivo e dal green deal europeo. A tal fine, nel 2020, è stata istituita la “Piattaforma sulla finanza sostenibile”14# che riunisce le migliori competenze in materia di sostenibilità provenienti dal settore pubblico e aziendale, dall’industria, dal mondo accademico, dalla società civile e dal settore finanziario. La Piattaforma è un organo consultivo ed opera per lo sviluppo e revisione futura dei criteri tecnici di selezione nell’ambito della tassonomia verde dell’UE nonché per monitorare i flussi di capitale nei mercati che hanno iniziato ad applicare la tassonomia e altri strumenti per la finanza sostenibile. Tra le attività in capo alla Piattaforma, la consulenza sull’utilizzabilità della tassonomia verde dell’UE e della finanza sostenibile in senso lato, sulla consulenza sui criteri tecnici di selezione per la tassonomia verde, sul monitoraggio dei flussi di capitali verso gli investimenti sostenibili. Per questa attività la Piattaforma si avvale di 35 membri e 14 osservatori, riuniti in gruppi di lavoro tecnici; produce report che sono pubblicati regolarmente sul sito della Commissione europea.
BOX 2 - I cinque passi per la rendicontazione di sostenibilità delle PMI
Emergono nuovi standard che offrono quadri semplificati volti ad assistere le PMI nella rendicontazione della sostenibilità. La piattaforma di impact scoring (ISP) creata in collaborazione da Finance&Invest Brussels e Greenomy mira a semplificare la rendicontazione ESG per le PMI del Belgio anche tenendo conto dei limiti di risorse di queste imprese.
Il primo passo per avviare il percorso di rendicontazione di sostenibilità in una PMI è l’identificazione di un responsabile in impresa incaricato di seguire tutte le fasi (ESG Reporting Lead), quindi di:
- Valutare gli obiettivi ESG con i responsabili delle decisioni dell’azienda per assicurarsi che gli obiettivi di sostenibilità siano allineati con gli obiettivi aziendali. Quindi quale è il significato di “sostenibilità” per l’organizzazione (domandandosi, ad esempio, cosa influenza/è influenzato dal cambiamento climatico, dalla biodiversità e dell’equità sociale).
- Definire le esigenze per raggiungere gli obiettivi, evidenziando ciò di cui l’impresa necessita per raggiungere la conformità, le risorse umane a disposizione, il software necessario, le esigenze di formazione, ecc. Fissare scadenze realistiche per gli obiettivi ESG dell’impresa.
- Creare un gruppo per la rendicontazione di sostenibilità. Indipendentemente dalle dimensioni dell’impresa, i quadri di riferimento per la sostenibilità richiedono il contributo di diversi comparti/dipartimenti. Bisogna pertanto identificare le persone da coinvolgere, valutare i ruoli e le responsabilità sui criteri ESG, e formare i potenziali candidati. La formazione dovrebbe includere informazioni sui rischi e le opportunità climatiche per l’azienda, dettagli sulle tassonomie e gli indicatori ESG rilevanti per l’azienda, le competenze trasversali utili per facilitare un processo di rendicontazione senza soluzione di continuità.
- Iniziare la rendicontazione, una volta stabilito il piano e definiti chiaramente i ruoli e le responsabilità, è il momento di raccogliere e integrare i dati dalle varie fonti e format. È utile a tal fine che all’interno del gruppo di lavoro sia presente un esperto di dati (anche da una società esterna) e dotarsi di un software per gestire questi dati.
- Migliorare la sostenibilità, pianificando l’offerta di servizi e/o prodotti più sostenibili nel prossimo futuro e prendendo in considerazione iniziative di sostenibilità che migliorino la performance ESG dell’impresa al di fuori del core business (ad es. installazione di pannelli solari sull’edificio), ma sempre agendo con piccoli passi.
BOX 3 - Progetti e azioni in Italia
CompanyCheckUp Tra le soluzioni innovative a supporto delle imprese, da quelle di grandi dimensioni alle piccole e medie, rientra la valutazione specialistica denominata CompanyCheckUp, declinabile sulle necessità dell’azienda interessata e in grado di mappare e anticipare i rischi reputazionali. La finalità del progetto è quella di permettere la valorizzazione concreta di decenni di esperienza maturata nel settore della gestione della reputazione e della risoluzione delle crisi reputazionali, grazie a uno strumento diagnostico facilmente e rapidamente accessibile. Tale strumento consente una mappatura delle aree di forza e di debolezza sotto il profilo della reputazione dell’azienda interessata. Ad esempio, capacità di risposta alle crisi, gestione delle relazioni pubbliche e delle media-relation, clima interno, supply chain, punti di criticità nei rapporti con l’esterno, qualità della rendicontazione ESG e capacità dell’azienda di operare e di raggiungere la propria mission, mappando e anticipando, tra l’altro, i rischi reputazionali.
Crescibusiness Progettiamo Sostenibile di Intesa Sanpaolo valorizza le buone pratiche in ambito ESG delle piccole imprese italiane, promuovendo la sostenibilità come fattore di crescita e di sviluppo. L’iniziativa, dedicata alle piccole aziende e partite IVA del commercio, artigianato, servizi alla persona, ristorazione e turismo, che in Italia sono più di 4 milioni, prevede un percorso di crescita nei tre ambiti ESG, attività di informazione e workshop, nonché soluzioni di investimento come S-Loan Progetti Green. Le imprese interessate al programma dovevano candidarsi entro il 31/05/2024 per essere poi selezionate in relazione all’attenzione dimostrata per alcuni parametri ESG quali: la riduzione dell’utilizzo delle risorse naturali e dei rifiuti, la quota di presenza femminile (anche in posizioni manageriali), le ore di formazione per i dipendenti e la soddisfazione dei clienti, la capacità di valorizzare le eccellenze del territorio, anche in ambito di micro-filiera. Il programma è realizzato in collaborazione con Cerved, Intrum e Regalgrid, e Monitor Deloitte.
Bibliografia essenziale
Medda, F., Palynska, M., Caivano, V., Di Stefano, G., Scalese, F., L’impatto del fattore ESG sulla performance industriale. Un’analisi con tecniche di machine learning, CONSOB, Roma, 2024.
CONSOB, L’impatto del fattore ESG sulla performance industriale. Un’analisi con tecniche di machine learning, Roma, 2024.
OECD (2023), OECD Guidelines for Multinational Enterprises on Responsible Business Conduct, OECD Publishing, Paris.
Hanley, A., Semrau, F.O., Steglic, F., Thiele, R., The cumulative effect of due diligence EU legislation on SMEs, study requested by the INTA Committee of the European Parliament, Brussels, European Union, 2023
Eurochambres, Access to sustainable finance for SMEs: a European Survey, Brussels, 2023.
KPMG, Vademecum ESG per Piccole e Medie Imprese. Linee guida per un modello di business sostenibile, Roma, 2023.
Loizzo T., Schimperna F., ESG Disclosure: regulatory Framework and Challenges for Italian banks, Banca d’Italia, 2022.
Cerved, Il rischio di transizione nel sistema produttivo italiano, 2022.
Forum Finanza Sostenibile, Italian SMEs and ecological transition. ESG profiles and sustainable finance, 2022.
COM (2019) 640 final, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul Green Deal europeo dell’11 dicembre 2019.
COM (2018) 97 final, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile, dell’8 marzo 2018.
- Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, sottoscritta il 25 settembre 2015 da 193 Paesi delle Nazioni unite, tra cui l'Italia, per condividere l'impegno a garantire un presente e un futuro migliore alla Terra e alle persone che la abitano.
- COM (2019) 640 final, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul Green Deal europeo dell’11 dicembre 2019
- A titolo esemplificativo ricordiamo: REPowerEU, Fondo per la transizione giusta, Fondo sociale per il clima.
- Direttiva (UE) 2022/2464 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2022 che modifica il regolamento (UE) n. 537/2014, la direttiva 2004/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità.
- Direttiva 2014/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014 recante modifica della direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni.
- Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2020 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088.
- Direttiva (UE) 2024/1760 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 giugno 2024 relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e il regolamento (UE) 2023/2859.
- Con l’acronimo ESG (environmental, social e governance), utilizzato in particolar modo nel mondo finanziario, si indica abitualmente il quadro di riferimento utile a valutare gli aspetti ambientali, sociali e di governance di un’azienda o di un investimento e la relativa capacità di generare rendimenti economici a lungo termine. Si tratta di un concetto distinto da quello più ampio di sostenibilità che invece include, oltre ai fattori ESG, anche considerazioni di carattere economico.
- Trattato sull’Unione europea (Versione consolidata), Gazzetta ufficiale dell’UE, del 26.10.2012.
- Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Versione consolidata), Gazzetta ufficiale dell’UE, del 26.10.2012.
- COM (2016) 739 final, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul futuro sostenibile dell’Europa: prossime tappe, del 22 novembre 2016. Prevede che tutte le politiche e programmi dell’UE facciano propri, sin dal loro avvio, gli OSS delle Nazioni Unite.
- A seguito dell’Accordo di Parigi, nel 2015 la comunità internazionale si è impegnata a mantenere il riscaldamento globale medio ben al di sotto dei 2 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali e a proseguire gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi. A livello europeo, nel 2019 la Commissione europea nel “Green Deal europeo” si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Nel 2021, la Legge europea sul clima ha incorporato gli obiettivi stabiliti nel Green Deal europeo.
- COM (2018) 97 final, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile, dell’8 marzo 2018.
- Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina web del sito Sustainable Finance della Commissione europea https://finance.ec.europa.eu/sustainable-finance/overview-sustainable-finance/platform-sustainable-finance_en#activities
- Trattasi dello European Financial Reporting Advisory Board, già European Financial Reporting Advisory Group.
- EFRAG – IFRS, ESRS-ISSB Standards. Interoperability Guidance, 2024.
- Direttiva (UE) 2024/1760 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 giugno 2024 relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e il regolamento (UE) 2023/2859.
- Regolamento (UE) 2017/821 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che stabilisce obblighi in materia di dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell’Unione di stagno, tantalio e tungsteno, dei loro minerali, e di oro, originari di zone di conflitto o ad alto rischio.
- OECD (2023), OECD Guidelines for Multinational Enterprises on Responsible Business Conduct, OECD Publishing, Paris.
- OECD (2018), Guida dell’OCSE sul dovere di diligenza per la condotta d’impresa responsabile, Parigi.
- Dichiarazione tripartita di principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale, Organizzazione Internazionale del Lavoro, Roma, 2022.
- Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata e proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 a Parigi.
- Guiding principles on Business and human rights, United Nations, 2011.
- Decreto legislativo 30 agosto 2024, n. 125 pubblicato nella GU n. 212 del 10 settembre 2024, che recepisce la Direttiva 2022/2464/UE (CSRD - Corporate Sustainability Reporting Directive) relativa alla rendicontazione di sostenibilità per le aziende.