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Luigi Di Fonzo - Giornalista

Alcuni esperti di macroeconomia sostengono che solo attraverso la sostenibilità economica è possibile risolvere il problema della sostenibilità ambientale e, ancor più, di quella sociale. Senza una scelta di politica economica rispettosa dell’ambiente e del sociale, la sostenibilità resta una delle tante parole di plastica utilizzate nel mondo dell’omologazione globale. Attraverso le politiche economiche dei governi, banche e società di gestione del risparmio giocano di conseguenza un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità fissati dall’Agenda 2030. Nell’ultima legge di bilancio, integrata recentemente dai provvedimenti urgenti del Decreto rilancio, il governo italiano ha approvato un piano di investimenti pubblici per lo sviluppo di un Green New Deal, destinando un fondo di oltre 4 miliardi di euro da erogare nel quadriennio 2020/2023. Tali fondi dovranno essere utilizzati per decarbonizzare l’industria, incentivare il turismo sostenibile, favorire la rigenerazione urbana, mitigare i rischi derivanti dal cambiamento climatico, contribuire alla nascita di programmi e progetti innovativi ad alta sostenibilità ambientale e dare impulso all’economia circolare. Tra i provvedimenti della legge di bilancio 2020 erano previsti anche la Plastic tax e la Sugar tax, ma il Decreto rilancio ha rinviato al 2021 la loro entrata in vigore. Torniamo un attimo agli investimenti del Green New Deal, e in particolare al punto che vuole dare impulso all’economia circolare. L’economia circolare è un modello di produzione e consumo che, a differenza dell’economia lineare, implica riutilizzo, prestito, condivisione, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali. La sostenibilità economica è a sua volta la capacità di un sistema economico di generare crescita compatibile e duratura degli indicatori economici, in grado di dare reddito e lavoro per il sostentamento alle popolazioni, salvaguardando allo stesso tempo l’ambiente e il suo capitale naturale (acqua, aria, foreste), beni che spettano di diritto alle generazioni future. All’interno dei sistemi economici, gli istituti di credito hanno un ruolo fondamentale nell’indirizzare gli investimenti a favore di settori produttivi votati al rispetto dell’ambiente e alla responsabilità sociale. Ma per spiegare meglio l’importanza degli investimenti finalizzati alla sostenibilità, proviamo a dipanare con una prova il filo che ci porterà al nocciolo della questione. Quando si parla di sostenibilità, infatti, bisognerebbe prima guardare con attenzione dentro sé stessi e dentro casa propria. Poi dare un’occhiata altrettanto attenta al marciapiede fuori casa e al quartiere di residenza. Infine alla propria città. E man a mano chiedersi: come sto vivendo? È sostenibile la vita che conduco nella mia abitazione? E ancora: come si vive fuori da casa mia? Si vive bene nel mio quartiere? E si vive bene nella mia città? Se decidiamo anche solo per curiosità di fare questo gioco, sarà importante anche prendere qualche appunto. Così da ricordare meglio, domani, cosa era veramente il nostro presente. Ad esempio per segnarsi quanta roba inutile c’è sopra i nostri mobili, o quanta spesa settimanale finisce nella spazzatura, o quanta acqua si spreca inutilmente per lavare i piatti o due calzini, o quanta energia elettrica viene consumata anche quando non siamo in casa. E in che modo ogni giorno smaltiamo la nostra spazzatura. Una volta registrato tutto questo è possibile passare allo step successivo. Perché questa strada è così sporca? Perché questo marciapiede è senza piante? O se il verde c’è, perché non viene curato? Quanta energia spreca questo vecchio lampione? Questa illuminazione viene alimentata dalla luce del sole? Perché lo spazio per i pedoni è così stretto? E se lo spazio c’è, perché non si realizza un percorso ciclabile? Perché tutte le mattine dobbiamo respirare i gas di scarico dei veicoli parcheggiati davanti alle nostre case? Presi gli appunti su quello che è l’ambiente esterno, passiamo ad osservare da vicino la presenza e la funzionalità dei servizi nel proprio quartiere. Perché la sostenibilità è anche evitare di prendere l’automobile per raggiungere l’ufficio postale o la scuola, per andare a fare la spesa, o la possibilità di fare una corsetta nel parco, oppure di andare a piedi dal medico o al cinema quando si vuole vedere un film. Inoltre è importante che i servizi funzionino a dovere. Ma anche i non servizi come gli spazi comuni: come sono mantenuti? Ad esempio se la piazzetta o il parco pubblico sono diventati territori controllati dagli spacciatori, o se il servizio di trasporto pubblico e di collegamento con il resto della città non funziona. Ma se il quartiere dovesse risultare ben fornito e vivibile, lo è altrettanto la città di cui la mia zona è solo una piccola o grande parte? Una volta raccolti tutti gli appunti, assegnate un colore a ognuno dei vostri quattro ambienti testati. Usate il colore verde se la sostenibilità e la vivibilità dell’ambiente preso in considerazione vi sembrano buone; usate il colore giallo se ci sono alcuni aggiustamenti non troppo impegnativi da fare e il rosso se la vivibilità risulta gravemente compromessa (criminalità, sporcizia, smog, trasporto pubblico inefficiente, troppi servizi chiusi o inesistenti ecc.). Ora immaginate che questo lavoro, ma naturalmente molto più in grande, sia stato fatto considerando 17 obiettivi e 169 target. Quella piccola ricerca sulla sostenibilità di casa vostra il Ministero dell’Ambiente l’ha fatta per l’Italia intera. E il nostro Paese tra dieci anni, insieme ad altri 192 Paesi che hanno sottoscritto l’Agenda 2030, è tenuto a raggiungere gli obiettivi fissati per la sostenibilità ambientale, economica e sociale dell’intero pianeta. Fino a poco tempo fa il colore era rosso per sette obiettivi (istruzione di qualità, lavoro dignitoso, riduzione delle disuguaglianze, consumo responsabile, lotta contro il cambiamento climatico, pace e giustizia, partnership per gli obiettivi) e giallo per gli altri dieci (sconfiggere la povertà, sconfiggere la fame, salute e benessere, parità di genere, acqua pulita, energia pulita, imprese e innovazione, città e comunità sostenibili, difesa della vita sott’acqua e della vita sulla terra). Per l’Italia, nessuno degli obiettivi fissati dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 ha il colore verde. È molto probabile che anche dalla vostra prova non esca un risultato “green”. Uno o due saranno i risultati di colore rosso, probabilmente la maggioranza dei vostri appunti vi porterà a scegliere il colore giallo. E questo vuol dire che le cose si possono ancora aggiustare. Cominciando proprio da sé stessi, da casa propria. Ma se volessimo davvero fare in modo che la sostenibilità diventi il nostro modus vivendi, quante persone hanno la possibilità di avere un impianto fotovoltaico?

Quante famiglie possono permettersi gli elettrodomestici a scarso consumo di energia? In quanti possono permettersi di cambiare gli scarichi dei bagni per avere l’allaccio alla rete duale e la possibilità di differenziare la quantità di acqua scaricata a seconda delle necessità? In quanti possono sostenere le spese di coibentazione, o quelle per l’acquisto di infissi capaci di non disperdere calore, o la spesa per un impianto di depurazione dell’acqua potabile a osmosi inversa? E la caldaia è da cambiare? Facciamo seriamente la raccolta differenziata? Spostiamo adesso il discorso dalla propria abitazione al proprio quartiere. E alla propria città. Se solo si volesse usare un mezzo di trasporto non inquinante, quanto costerebbe alla propria amministrazione comunale uno scuolabus ad alimentazione elettrica o ibrida? E quanto un sistema di illuminazione auto alimentato dalla luce del giorno? E quanto un impianto di riscaldamento che abbia un’emissione molto bassa di anidride carbonica? E quanto rendere funzionante il depuratore? La sostenibilità ambientale prevede investimenti enormi. A partire da casa propria. Gestione degli investimenti, scelta delle priorità e dei progetti, distribuzione e controllo dei fondi: chi meglio delle banche può mettere in pratica queste azioni? L’Asvis, l’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, ha realizzato uno studio che analizza i provvedimenti legati alla Green New Deal italiana coltivando grosse speranze sia per quanto riguarda i decreti attuativi che per il ruolo che rivestiranno le banche come erogatrici dei finanziamenti statali ed europei.

Messi fortemente in discussione dalle associazioni di consumatori per i gravi comportamenti nei confronti dei clienti, e spesso denunciati per reati legati all’anatocismo, alla truffa e finanche all’usura, diversi gruppi bancari negli ultimi anni hanno deciso di dare una svolta alle loro politiche, mostrando una certa sensibilità verso le tematiche ambientali e l’etica sociale, occupando uno spazio che prima era di dominio della Banca Popolare Etica e del sistema del credito cooperativo. Fino a non molti anni fa, infatti, era più semplice ottenere dalla banca il finanziamento per acquistare un’auto inquinante che un impianto di energia rinnovabile. Molto è già cambiato. Da segnalare come esempio virtuoso la Banca Intesa Sanpaolo, che negli ultimi anni ha conquistato un posto invidiabile nella classifica delle aziende più sostenibili del mondo. Nel 2019 la rivista canadese “Corporate Knights” ha pubblicato la lista annuale Global 100, classifica delle cento aziende più sostenibili a livello globale. Selezionate da un pool di 5.994 società quotate in Borsa – ciascuna valutata su un set di 17 indicatori ambientali, sociali e di governance – le cento aziende offrono uno sguardo significativo su come stiano cambiando, in termini di sostenibilità, i principali settori economici. Per quanto riguarda la finanza sono presenti nella lista 14 banche, e le aziende provengono da 22 Paesi nel mondo, ma per l’Italia c’è solo una voce: quella di Intesa Sanpaolo. L’unico gruppo italiano tra le 100 società quotate come le più sostenibili al mondo. Intesa Sanpaolo è anche l’unica banca italiana presente nei Dow Jones Sustainability Indices (World ed Europe) e nella “Climate A List” del Carbon disclosure project (Cdp). Lo scorso 11 giugno l’istituto di credito è stato duramente contestato dall’associazione Extinction Rebellion con un flash mob che si è svolto davanti al grattacielo della sede principale di Torino: l’associazione ha chiesto al colosso finanziario di interrompere i finanziamenti alle aziende inquinanti, in particolare a quelle che usano ancora il carbone. L’azienda ha risposto di aver approvato una policy che sostiene le aziende nel loro percorso di riduzione dell’uso del carbone, con investimenti che incoraggiano la transizione verso l’uso di energie rinnovabili. Tra i colossi finanziari italiani a distinguersi negli ultimi anni è stato anche il gruppo Unicredit, che ha approvato delle linee di Condotta e una Governance indirizzate alla creazione di valore sostenibile anche attraverso il capitale umano e ambientale. A finanziare la sostenibilità concorre anche l’Ente Nazionale per il Microcredito, che attraverso i fondi “Yes I start up” e “SelfiEmployement” ha concesso agevolazioni per 45 milioni di euro, dando vita a migliaia di nuove imprese, il 62% delle quali di tipo individuale.

L’Ente Nazionale per il Microcredito attualmente può finanziare progetti di start up e di economia sociale fino a un massimo di 50 mila euro. La trasformazione dell’ente pubblico non economico in una vera e propria Banca del Microcredito darebbe all’Ente la forza di erogare i suoi servizi anche on line. Altri istituti stanno privilegiando la nascita di imprese ecosostenibili, come ad esempio le Banche di credito cooperativo che sostengono aziende agricole e piccole realtà commerciali. Ma non basta. Alla sfida della sostenibilità economica è chiamato a partecipare tutto il sistema del credito. Il primo passo è quello di allargare la propria policy alle istanze della sostenibilità economica. E sburocratizzare i processi che portano all’utilizzo dei finanziamenti destinati alle aziende che vogliono trasformare i loro cicli produttivi con l’uso di fonti rinnovabili e gas. Il tutto, naturalmente, senza tralasciare i bisogni di famiglie e piccoli comuni. Le loro scelte di sostenibilità dipendono anche da una nuova cultura finanziaria.

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