Numero 23

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La relazione DESI, che rileva i progressi compiuti dagli Stati membri in termini di digitalizzazione, è strutturata
in cinque capitoli:

1 Connettività Reti fisse a banda larga, reti mobili a banda larga e relativi prezzi
2 Capitale umano Uso di Internet, competenze digitali di base e avanzate
3 Uso dei servizi Internet Uso di contenuti, canali di comunicazione e transazioni online da parte dei cittadini
4 Integrazione delle tecnologie digitali Digitalizzazione delle imprese e e-commerce
5 Servizi pubblici digitali eGovernment e sanità digitale

Il DESI per gli anni passati è stato ricalcolato per tutti i Paesi in esame, al fine di rispecchiare lievi modifiche nella
scelta degli indicatori e correzioni agli indicatori sottostanti. Di conseguenza, è possibile che i punteggi e le
posizioni in classifica dei vari Paesi presentino alcune variazioni
rispetto alla pubblicazione precedente.

Per ulteriori informazioni si prega di consultare la nota metodologica DESI1.
L'Italia si posiziona al 25° posto fra i 28 Stati membri dell'UE.
Nel corso dell'ultimo anno ha fatto registrare nel complesso un miglioramento, pur se la sua posizione nella classifica DESI è rimasta invariata. L'integrazione
delle tecnologie digitali e i servizi pubblici digitali rappresentano i principali catalizzatori del progresso digitale a livello nazionale.

Un altro segnale positivo è offerto dalle prestazioni in termini di copertura
delle reti NGA, che appaiono in fase di recupero (dal 23ºposto del 2016 al 13º del 2017).

Come negli anni precedenti, la sfida principale è rappresentata dalla carenza di competenze digitali: benché il Governo italiano abbia adottato alcuni provvedimenti al riguardo, si tratta di
misure che appaiono ancora insufficienti. Le conseguenze risultano penalizzanti per la performance degli indicatori DESI sotto tutti e cinque gli aspetti considerati: diffusione della banda larga mobile, numero di utenti Internet, utilizzo di servizi online, attività di vendita online da parte delle PMI e numero di utenti eGovernment.
Le prestazioni dell'Italia si collocano all'interno del gruppo di paesi dai risultati inferiori alla media2.
A livello nazionale, l'Italia ha adottato la Strategia per la crescita digitale 2014-20203 e la Strategia per la Banda Ultralarga4 nel marzo 2015.

1 connettività

Con un punteggio complessivo in termini di connettività pari a 52,8, l'Italia si piazza al 26º posto fra gli Stati membri dell'UE, retrocedendo di un posto rispetto al 2017.

Benché la percentuale di copertura fissa sia rimasta invariata attestandosi a quota 99%, un valore
leggermente superiore alla media UE (97%), l'Italia ha visto un ulteriore significativo incremento della copertura della banda larga veloce (NGA), che è passata dal 72 all'87%, superando dunque la media UE (80%).

Per quanto riguarda invece la banda larga ultraveloce (100 Mbps e oltre) l'Italia
appare ancora in ritardo (con una percentuale pari ad appena il 22% in confronto a una media UE del 58%) piazzandosi al 27º posto, in prossimità del fondo classifica. Per quanto riguarda le percentuali di utilizzo, con 86 abbonamenti ogni 100 persone la banda larga mobile si piazza leggermente al di
sotto della media UE (90), mentre la banda larga fissa ha registrato un lieve incremento: tuttavia sotto questo
aspetto l'Italia è ancora in ritardo e si piazza al 28º posto fra i paesi UE. Inoltre, mentre le reti NGA
rappresentano una relativa novità in gran parte del paese e la percentuale degli abbonamenti alla banda larga
veloce ha evidenziato lo scorso anno un netto incremento, passando dal 7% del 2016 al 12% del 2017, quella di
utilizzo di Internet veloce rimane ridotta in termini assoluti e relativi e l'Italia si riconferma al 26º posto nell'UE.
Il 2017 ha segnato l'inizio della fase di attuazione della Strategia nazionale per la banda ultra-larga5. I primi due
appalti sono stati assegnati a Open Fiber (il primo contratto è stato sottoscritto nel giugno 2017 e il secondo nel
novembre 2017)6 e l'apertura dei primi cantieri risale a dicembre 2017. I preparativi per il terzo e ultimo appalto,
riguardante Sardegna, Puglia e Calabria, si sono svolti alla fine del 2017: in particolare, il mese di ottobre 2017 ha
visto il lancio di una nuova consultazione pubblica in merito al piano di investimenti per la diffusione della banda
ultra-larga in aree bianche delle tre Regioni in questione, al fine di individuare le aree ancora bisognose di interventi pubblici. Il terzo appalto è previsto per i primi mesi del 2018. Il 7 agosto 2017, il CIPE (Comitato interministeriale
per la programmazione economica) ha completato la distribuzione delle risorse per il Piano per la
banda ultra-larga, devolvendo un importo aggiuntivo di € 1,3 miliardi al Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC).
L'importo complessivo delle risorse distribuite ammonta a € 3,6 miliardi, che verranno utilizzati per l'attuazione
della seconda fase del Piano per la banda ultra-larga, in cui sono previsti interventi infrastrutturali nelle aree grigie
e la distribuzione di buoni-acquisto per stimolare la domanda.
Grazie a un crescente livello di concorrenza a livello infrastrutturale e a una combinazione di investimenti a
carattere sia privato che pubblico, l'Italia sta registrando un significativo miglioramento sul fronte dell'installazione
di reti di accesso in fibra ottica di nuova generazione (NGA), in conformità agli obiettivi previsti dall'Agenda
Digitale della Commissione Europea. Si tratta inoltre di un fattore che ha sicuramente avuto ripercussioni
positive sulla domanda, che sta evidenziando una crescita parallela, anche se a un ritmo più lento. Per quanto
riguarda il vectoring multioperatore (MOV), un comitato tecnico di operatori promosso dall'AGCOM ha
formulato, nel giugno 2015, una serie di orientamenti in merito alle caratteristiche tecniche dei sistemi MOV cui
Telecom Italia e gli operatori interessati all'uso di sistemi di trasmissione vectoring devono conformarsi, come
stabilito da una misura regolamentare del 20157. Nonostante lo svolgimento di vari trial basati sul dato del 2015,
non si è ancora provveduto al lancio di un modello di business MOV.
D'altro canto, l'Autorità nazionale garante della concorrenza ha espresso il sospetto che vari fattori, fra cui il
ricorso a tattiche dilatorie da parte dell'operatore storico, abbiano inciso negativamente sul processo di attuazione
della Strategia nazionale per la banda ultra-larga.
Relativamente all'attuazione della direttiva sulla riduzione dei costi della banda larga, l'Italia è stata il primo Stato
membro a recepire integralmente la legislazione, ma nel 2017 lo sportello unico telematico (SINFI) non risultava
ancora pienamente operativo8. Si prevede che le persistenti problematiche dovute a ritardi nel rilascio di
autorizzazioni/permessi locali verranno risolte mediante la negoziazione di accordi comunitari preliminari.
L'Italia si colloca tra i pionieri della tecnologia mobile 5G, grazie alle iniziative di test intraprese in varie città sia
dal Governo sia, a livello privato, dagli operatori. In particolare, il piano governativo “5G in 5 città” ha visto, nel
settembre 2017, l'assegnazione di 100 MHz nella porzione di spettro 3,6-3,8 GHz9.

2 capitale umano

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L’evoluzione delle tecnologie digitali pone le imprese di fronte a un atteso cambio di paradigma che permette alle aziende di realizzare una maggiore interconnessione
e cooperazione tra le proprie risorse e i clienti: sistemi complessi, singole macchine, persone, prodotti e informazioni, sia interni alla piccola e media impresa, sia distribuiti lungo la catena del valore.


I risultati principali di questa discontinuità tecnologica sono costituiti da una maggiore efficienza dei processi produttivi e da una maggiore competitività del sistema.
Gli impianti, il capitale umano, i materiali in input e i prodotti finiti possono essere dotati di sensori che li connettono e ne rilevano costantemente posizione, stato e attività, aumentandone controllo e remotizzazione;
i dati raccolti vengono analizzati per migliorare la capacità produttiva, l’efficienza, la sicurezza e la continuità operativa.
Gli operatori sono facilitati nelle loro mansioni grazie a robot collaborativi e a nuove interfacce uomo-macchina
che ne potenziano sia la capacità esecutiva sia quella decisionale. Infine, tutta l’azienda viene connessa al resto del sistema logistico-produttivo e ai clienti tramite piattaforme cloud e i dati, relativi all’utilizzo dei prodotti,
sono sfruttati per facilitare l’assistenza post-vendita, lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, oltre che per abilitare nuovi modelli di business.
La discontinuità cui è chiamato il mondo delle imprese non è solo rappresentata dalla digitalizzazione delle varie anime dell’azienda, ma anche dal crescente contenuto di servizio a valore aggiunto all’interno del prodotto, che sarà reso possibile dalle nuove tecnologie. L’elemento attivatore degli investimenti in tecnologie digitali applicate ai processi produttivi risiede primariamente nella necessità di customizzare i prodotti, accorciare la supply chain rendendola più efficiente e ottimizzare la risposta al mercato, migliorando il time to market.

Inoltre, l’introduzione di queste tecnologie all’interno dei processi può avere come ricaduta unaumento della produttività.

La dimensione delle imprese italiane, prevalentemente PMI, e la scarsa presenza di filiere strutturate in grado di favorire una diffusione sistemica delle tecnologie richiedono l’attivazione di policies che sostengano una contaminazione orizzontale e diffusa, attraverso la condivisione di conoscenze e la disseminazione pervasiva di skills e competenze 4.0.
Ma chi fa investimento 4.0 riscontra realmente un aumento dell’efficienza dei sistemi ed un vantaggio competitivo nell’adozione di nuove tecnologie?
Più un’azienda investe in digitale, più costruisce il proprio futuro economicamente stabile e produttivo.
Nell’era della Digital Transformation, le scelte da fare si restringono, è necessario cambiare accelerando, per riuscire a mantenere parte del proprio vantaggio competitivo. In particolare per le PMI la Digital Transformation è l’atto concreto che serve a sviluppare business, creare posti di lavoro, puntare all’internazionalizzazione. La Digital Transformation, infatti, impatta su modelli di business, organizzazione e produzione, che non equivale cioè ad un cambiamento tecnologico ma di una trasformazione dell’azienda nel suo insieme.
Quando però si parla di lavoro le imprese dimostrano di relegare la Digital Transformation alla sola parte marketing, cercando principalmente queste figure sul mercato e non puntando invece sui Digital Officer, i professionisti in grado di sostenere in maniera decisa l’innovazione a tutti i livelli, anche e soprattutto in termini di internazionalizzazione.

MAURO NICASTRI : DIGITAL REVOLUTION E TRASFORMAZIONE DEL SISTEMA PAESE


Mauro Rosario Nicastri, Presidente Associazione Italian Digital Revolution e Dirigente Responsabile Area Controllo di gestione e programmazione dell’Agenzia per l’Italia Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’Italian Digital Revolution è un’associazione di promozione sociale costituita da avvocati, dirigenti e funzionari pubblici, docenti universitari, medici, professionisti, etc., accomunati dalla consapevolezza delle opportunità che il digitale può aprire nella vita quotidiana di ognuno di noi. L’Associazione nasce
con lo scopo stimolare e veicolare le riflessioni di esperti e rappresentanti di diversi settori per provare a fare un ritratto dell’Italia digitale: quella che c’è già e quella che potrebbe essere. Quella che opera in settori d’avanguardia e quella che si applica a punti di forza tradizionali dell’Italia, come l’artigianato o il turismo. L’economia digitale italiana è già circa pari al 2 per
cento del prodotto interno lordo, con un contributo netto all’occupazione di oltre trecentomila posti di lavoro. In futuro potrebbe fare ancora di più. Bisogna, però, iniziare ad affrontare la rivoluzione digitale con determinazione e visione. Le esperienze da cui partire non mancano: la sfida della Italian Digital Revolution dei prossimi mesi ed anni sarà quindi quella di fare, come sistema Paese, un salto di qualità e quantità.

1. Digitalizzazione dell’impresa e del lavoro. Quanto può essere produttivo oggi per un’impresa un investimento in tale settore?

In Italia l’Information Technology è un settore strategico che contribuisce in modo rilevante al Pil con il 3,7% del valore aggiunto. È caratterizzato da una elevata produttività e dal fatto di occupare in prevalenza giovani in buona parte laureati. Le imprese, piccole o grandi che siano, sono di fronte ad una trasformazione digitale improrogabile che decreterà la sopravvivenza e il successo oppure la loro scomparsa. Per questo motivo la necessità di adeguare il proprio modello di business non è più un’opzione ma un imperativo. Di conseguenza tali investimenti sono strategici e destinati a fare la differenza nel futuro.

2. Per rendere più efficace la transizione digitale delle PMI, che strumenti hanno a disposizione le imprese?
Quanto investe l’Italia in digitalizzazione e formazione digitale delle aziende?

Per implementare una efficace strategia di cambiamento le imprese ed i loro manager devono lavorare prima di tutto per sviluppare una nuova mentalità che gli permetta di avere una visione più ampia e proiettare il business nel futuro. La nascita di una cultura digitale e la sua diffusione a tutti i livelli dell’azienda, sono la chiave del successo ancora prima degli strumenti tecnologici abilitanti e degli strumenti finanziari. In sintesi l’imprenditore deve coordinare sinergicamente tre strumenti: la cultura, le tecnologie abilitanti e gli strumenti finanziari. L’Italia sta lavorando in tal senso, ad esempio le istituzioni stanno sviluppando delle politiche che vanno ad agevolare la diffusione della trasformazione digitale. Da un lato l’Agenzia per l’Italia Digitale che sta emanando una serie di Linee Guida sulle competenze digitali in tal senso e dall’altro il piano industria 4.0.

3. In termini economici a quanto ammontano i costi che devono affrontare le piccole e medie imprese per raggiungere un sufficiente grado di digitalizzazione?

L’investimento che le PMI italiane si trovano a fronteggiare per abbracciare il digitale è sicuramente collegato a numerosi
fattori (tipo di business, obiettivi aziendali, target dei consumatori, etc) ma, mai come oggi, possono contare su infrastrutture tecnologiche già sviluppate dalle grandi aziende dell’hi Tech (come ad esempio Cloud, IoT, Industria 4.0, Big Data, Mobile, etc) per implementare nuovi modelli di business che senza tali
tecnologie non sarebbero stati economicamente sostenibili. In pratica le grandi aziende, grazie ai loro consistenti investimenti in ricerca, hanno fornito “la base” di tecnologie rivoluzionarie che oggi tante PMI possono sviluppare con successo.

4. Nel quadro europeo del digitale l’Italia occupa la terzultima posizione rispetto agli altri Paesi. Può fornirci una sua riflessione a riguardo?

L’Italia soffre sicuramente di un considerevole ritardo in questo settore dovuto probabilmente al lungo periodo di crisi, all’instabilità politica e all’incertezza che ci penalizzano nell’attrazione di investitori privati.
Al tempo stesso dobbiamo dire che in alcuni ambiti sono stati fatti passi avanti. Siamo il Paese europeo con il miglior tasso di crescita nella copertura a 30 Mbps dal 2014 (+115%), abbiamo un buon Piano Industria 4.0 e ciò che cresce maggiormente è il
numero degli occupati, anche grazie ai tanti giovani che investono nella creazione di startup innovative.

5. Le micro imprese dovrebbero essere avvantaggiate dalle nuove tecnologie soprattutto per la commercializzazione di prodotti in rete ma le questioni relative alla nuova normativa Gdpr e alla sicurezza dei sistemi rendono il sistema farraginoso creando più problemi che vantaggi. Quale, a suo avviso, una soluzione al problema della conoscenza degli strumenti?

Le grandi aziende dell’hi tech, come abbiamo detto, hanno sicuramente creato le condizioni infrastrutturali per lo sviluppo di tante startup e microaziende, ma
hanno anche sollevato il problema della sicurezza e della protezione dei dati dei consumatori. Il rispetto di tali normative rappresenta quindi una sfida in più per le piccole aziende, ma è anche una tutela necessaria verso il consumatore che alla lunga farà la differenza tra operatori più o meno etici e rappresenterà un vantaggio competitivo per chi saprà dotarsi di competenze professionali in grado di assolvere a tali normative.

6. Quali sono gli strumenti digitali più produttivi per una PMI in termini di accesso a nuovi mercati, crescita dell’attività ed aumento del fatturato?

Già oggi, ma sempre di più in futuro, le aziende per avere successo devono sviluppare modelli di business che mettano al centro la “customer experience “. Gli
elementi che supporteranno questo cambiamento come la trasparenza, la velocità, la scalabilità, la semplicità ma soprattutto l’approccio Data Driven faranno
la differenza. La capacità di raccogliere i dati (Big Data) e saperne cogliere e sfruttare le informazioni (Data Analysis) favorirà la creazione di prodotti e servizi di successo e di conseguenza la crescita delle imprese.

7. Il 45% delle imprese nell’ultimo triennio ha investito in sicurezza informatica ed il 28% in applicazioni web e mobili. Alla luce della nuova regolamentazione europea, quanto può essere importante per un’impresa aumentare gli investimenti nell’economia digitale, sicurezza e nuovi canali di commercio elettronico?

Allargando l’orizzonte e andando a prendere in considerazioneil valore che il digitale porta alla vita realein termini di aumento nei consumi e di investimentida parte dei player digitali su altri canali, arriviamoad un valore complessivo di 80 miliardi di euro, con
oltre 600mila persone occupate nel settore stesso o inaltri servizi direttamente connessi. Tutti i segmentitornano a investire nell’It: Industria (+3,7%), Assicurazioni(+4,9%) e Banche (+3,6%), TLC (+3,4%),Trasporti e Logistica (+4,8%), Utility (+4,9%); positivoanche il dato relativo al segmento Commercio/Distribuzione/
Servizi, che riemerge da un lungo periodofortemente negativo, anche se registra “solo” un+2,6%; forte la crescita dell’eCommerce B2C che registra
un +17%; non incoraggianti invece i dati dellaPA, con una crescita contenuta (+2,3%) della PAcentrale e della Sanità (+1,9%). Da un’analisi più didettaglio emerge che le iniziative di punta della trasformazionedigitale per l’evoluzione del businessaziendale sono: Internet of ings (+22%), progettidi Customer Journey (+13,6%), Big Data (+16,2%)e Cyber Security (+6,1%).

8. Quali sono le prossime sfide dell’Agenzia per l’Italia per il Digitale?

È ancora troppo presto per dirlo. Nell’ultimo triennio
l’AgID ha concentrato i suoi sforzi su iniziative che non hanno prodotto risultati concreti. Il Digital Economy and Society Index (DESI), l’indicatore che misura lo stato di attuazione dell’Agenda Digitale in Europa, registra forti ritardi da recuperare su diversi indicatori mentre gli altri Paesi europei che hanno fatto balzi in avanti nella loro trasformazione
digitale sono anche quelli che crescono maggiormente da un punto di vista economico, sociale, industriale e nella lotta alla corruzione. Per avanzare su questi fronti l’Italia deve investire in competenze digitali e digitalizzazione della PA e delle imprese. A settembre è stato nominato il nuovo Direttore Generale di Agid, Teresa Alvaro, e da pochi giorni il nuovo Commissario del Governo per l’attuazione dell’Agenda Digitale, Luca Attias.

Sono entrambi dirigenti pubblici che conoscono molto bene l’organizzazione interna della PA, elemento molto importante per far diventare la macchina pubblica un driver di crescita.
Sono sicuro che gli obiettivi sfidanti che attendono AgID saranno affrontati con tutte le energie, competenze, esperienze disponibili e con rinnovata passione.

9. Infine una domanda sulla educazione digitale, vero fulcro del sistema economico del nuovo millennio:
come è possibile creare un sistema di educazione permanente alla digitalizzazione che permetta di riconvertire le vecchie imprese e quindi assistere gli imprenditori
che hanno superato i cosiddetti “anta” e allo stesso tempo creare scuole ed università che formino i giovani? La vostra scommessa parte da una associazione
su base volontaria ma esiste uno strumento pubblico? L’Ente Nazionale per il Microcredito supporta i propri beneficiari con strumenti di assistenza e accompagnamento che presuppongono personale formato. Si potrebbe immaginare un tutor per la digitalizzazione?

AIDR è nata con l’obiettivo di diffondere i contenuti presenti nel programma dell’Agenda Digitale Europea e dell’Agenda Digitale Italiana e qualsiasi altra iniziativa utile a diffondere la cultura digitale nel nostro Paese. In soli due anni e mezzo di attività, attraverso incontri pubblici, il sito internet e i social network, abbiamo raggiunto oltre 3 milioni di visitatori. Il nostro costante coinvolgimento, ascolto e dialogo della società civile sul territorio e sul web ha, di fatto, evidenziato come i cittadini sono sempre più consapevoli della necessità di essere supportati e accompagnati verso la trasformazione digitale. Queste sono alcune delle ragioni che ci stanno spingendo, attraverso le competenze e le esperienze professionali di alcuni soci, ad istituire un osservatorio per il mondo delle startup, ponendoci l’obiettivo di sensibilizzare e creare cultura sugli impatti e sulle opportunità offerte dalla nascita di nuove imprese a tutti i livelli e per tutti gli attori dell’ecosistema startup italiano. Abbiamo un caso in cui un nostro associato è anche autore di un libro dedicato al mondo delle startup innovative volto proprio a guidare chi vuole avviare un nuovo business e trovare finanziamenti con i diversi operatori del capitale di rischio. L’intento ultimo è quello di accelerare tali dinamiche positive, grazie alla costituzione di un punto di riferimento permanente in questo processo multidimensionale.

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