Le donne non hanno ancora vinto

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Le donne non hanno ancora vinto

Di Emma Evangelista – Direttore Microfinanza

Molto spesso nel binomio donne ed economia si legge una grave disparità: la prima grande deficienza in questo connubio riguarda sicuramente il trattamento economico nei differenti ruoli, soprattutto apicali di management. Il secondo vulnus potrebbe essere imputabile alla carenza di educazione soprattutto finanziaria del genere femminile. La terza risiede nella capacità di reazione delle donne stesse a millenni di educazione coercitiva e vessazioni. Nonostante i pregiudizi e gli ostacoli di genere nella realizzazione di sé molte figure femminili sono riuscite ad emergere portando un contributo notevole alla ricerca scientifica, alla tecnica, all’impresa e all’economia in genere. Why women won è il titolo dell’articolo che l’economista di Harvard, Claudia Goldin, pubblicato il 9 ottobre sul sito della prestigiosa università Britannica ed è il sunto della ricerca condotta sulla disparità di trattamento economico tra generi nell’arco di quasi duecento anni di storia americana; ricerca per cui la Goldin è stata insignita del premio Nobel per l’Economia 2023. Nonostante sia un traguardo importante per lo studio e la ricerca comunque i pregiudizi sul genere persistono e sono duri a essere scardinati tanto che lo stesso linguaggio usato dai media sottolinea come sia la prima donna a ricevere il Nobel per questa materia ‘da sola’ e senza un uomo come coautore. Queste semplici ma fondamentali parole sono macigni che pesano ancora sulle differenze di genere nel campo educativo e anche finanziario. Il cosiddetto “tetto di cristallo” non sarà mai incrinato se non si invertiranno i processi educativi. Capacità cognitive, di prospettiva, opportunità possono essere sviluppate indipendentemente dal genere purché esistano delle condizioni ambientali educative e familiari che lo consentano sicuramente, ma non possiamo assolutamente permettere che le differenze di genere possano incidere e possano essere determinate da un bias cognitivo che vede nelle donne capacità inferiori, l’idea che le donne non possano raggiungere posizioni apicali è determinata in larga parte da una società con una visione ristretta. La pratica e l’economia stessa ci insegnano che le donne hanno grandi capacità manageriali, di sviluppo, di contabilità, di impresa e soprattutto sono scienziate formidabili in ogni campo di innovazione. La necessità è quindi quella di ribaltare una visione antropologica fin troppo rigida e connessa ad un tipo di società che oggi non rispecchia più la realtà di una vita familiare legata soprattutto alle attività di cura parentali imputate nel secolo scorso quasi esclusivamente alle donne. L’emancipazione è un processo lento e inesorabile che oggi dovrebbe essere superato anche come concetto in divenire, dovrebbe essere un dato già interiorizzato. Abbiamo iniziato a definire il modello sociale corrente come una struttura liquida non più imputabile ad un genere e allora la domanda che sorge è: quanto è ancora valido e vero che le donne hanno vinto? Queste speculazioni sono tanto più vere quanto calate nella realtà economica di una società sempre più connessa alla ‘rete’ che pretende ancora per le donne un garante per le operazioni finanziarie o un prestanome per le attività di impresa. Se si pensa che il microcredito nasce proprio per favorire l’impresa al femminile, dove le donne risultavano i soggetti più idonei per l’affidabilità nella creazione di business, nella restituzione del prestito, ci troviamo ora di fronte al paradosso di dover creare progettualità mirate per la tutela e lo svantaggio femminile. Dai dati dell’Ente Nazionale per il Microcredito risulta essere uno degli strumenti più utilizzati da una fascia di età maschile tra i 30 e i 50 anni. Ma la volontà delle donne è forte, la loro capacità di generare, le ha rese nei secoli resilienti e le capacità che sanno sviluppare le può portare a emergere anche in condizioni avverse. Lo abbiamo sperimentato anche in occasione del progetto Microcredito di libertà dove dalla violenza, attraverso un percorso personale si può arrivare a rigenerarsi in sé stesse e nel proprio lavoro, con il sostegno dello Stato, con coraggio si ritrova la dignità e la possibilità di creare occupazione, di reintegrarsi in un tessuto socio economico e di toccare davvero quella vittoria di genere tanto agognata. Le donne non hanno ancora vinto, ma sono sulla buona strada ed è compito anche delle istituzioni aiutarle e sostenerle.

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