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Prof.ssa Luisa Brunori - Massimiliano Tommasi

Associazione WinWin

Non è cosa comune riflettere sulle conseguenze psicologiche: intrapsichiche e relazionali del modello economico nel quale viviamo. Uno spunto importante ci deriva dal significato etimologico di “economia”: “oikos nomos” ovvero “la regola della casa”; “la regola della convivenza”.

Si tratta di regole spesso implicite che tendono a costruire il sistema relazionale nel quale viviamo. Una riflessione su questi aspetti può essere organizzata attorno al pensiero espresso nella “Teoria dei Giochi” di Jhon Nash dove le formule da lui descritte implicano aspetti relazionali sociali che tendono a diventare sia intrapsichici sia elementi portanti delle relazioni umane.

Jhon Nash ci parla di un conflitto sociale di base che esiste perché siamo in più di uno sulla terra e ciò è evidente e fuori discussione. Diverse invece sono le forme in cui questo conflitto può venire risolto e Jhon Nash ci offre quattro possibilità: “io vinco e tu perdi” (win-lose); “tu vinci e io perdo” (lose-win); “perdiamo tutti” (lose-lose); “vinciamo tutti” (win-win).

Il modello neoliberista nel quale viviamo ora è basato sulla risoluzione win-lose/lose-win; un sistema relazionale in cui uno vince e l’altro, il perdente, viene messo nella marginalità sociale che spesso si trasforma in devianza.

Si tratta di una situazione in cui la relazione è basata sulla rappresentazione mentale dell’altro visto come potenziale nemico da sconfiggere poiché, in questo automatismo relazionale, l’alternativa è che sia io lo sconfitto. È comprensibile come questo dinamismo generi una rappresentazione mentale dei rapporti sociali caratterizzata da sentimenti di persecutorietà: l’altro è mio nemico; è colui che devo sconfiggere per la mia sopravvivenza.

Data questa premessa pensiamo che sia estremamente importante creare negli individui la consapevolezza di questi dinamismi intrapsichici e sociali che, se non ben collocati nella riflessione sull’alternanza tra individuo e sociale, rischiano di dare forza all’idea paranoica dell’Homo Homini Lupus di Thomas Hobbes che tutt’ora accompagna inconsapevolmente il nostro modello di vita sociale e intrapsichico.

Se win-lose/lose-win corrisponde al modello neoliberista nel quale stiamo vivendo e diffuso ormai in tutto il globo, il modello win-win è alla base di forme economiche particolari che sono state sviluppate e che hanno preso consistenza e autorevolezza ormai da più di trent’anni di sperimentazione. Stiamo parlando del Microcredito che attualmente sviluppa con successo forme imprenditoriali impensabili nel modello neoliberista e che hanno tolto dalla povertà milioni di persone in tutto il mondo.

Abbiamo preso in considerazione il fenomeno del Microcredito nella sua realizzazione in Bangladesh, negli Stati Uniti d’America, e in Italia. I numeri assoluti di coloro che hanno fruito di un microcredito sono molto rilevanti e stanno attorno ai 9 milioni di persone in Bangladesh; più di 690mila in USA e più di 26mila in Italia. Numeri che possiamo collocare nell’ambito di valori percentuali rispetto alla popolazione totale che vanno approssimativamente dal 5,7% per il Bangladesh, allo 0,21% per gli Stati Uniti e allo 0,04% per l’Italia. Comunque sia, il dato più importante e significativo in questa osservazione è il tasso di restituzione che supera il 99% nei tre casi esposti aggirandosi così attorno alla totalità. Non ci risulta che esista un dato simile per quanto riguarda altre forme di prestito. Potremmo quindi considerare il microcredito uno strumento ad alto potenziale relazionale proprio in virtù della sua struttura che si basa su gruppi di sostegno reciproco sia nella parte iniziale sia lungo tutto il processo che accompagna ciascuno verso una restituzione che, come possiamo vedere, è davvero sorprendente.

A questi dati relativi alla forma tradizionale del Microcredito aggiungiamo una esperienza molto particolare e a nostro parere straordinaria che si è realizzata a Carpi di Modena là dove il Microcredito è stato applicato agli utenti del Centro di Salute Mentale in una collaborazione con il Comune di Carpi.

È stata utilizzata la metodologia del gruppo di lavoro in cui sono stati presi in considerazione anche quegli aspetti psicologici che Amartya Sen chiamerebbe “capabilities” e che, in questo caso, abbiamo potuto riconoscere in autostima e intraprendenza.

I risultati hanno portato alcune persone a uscire dalla propria condizione di inadeguatezza e ad essere dimessi dal Servizio di Salute Mentale avendo trovato il modo di applicare le proprie risorse a progetti lavorativi funzionali al proprio sostentamento economico e psichico.

Ci pare evidente come la soluzione del conflitto sociale sopracitato si concretizzi in questo caso come modello win-win. Infatti ci guadagna il soggetto che esce dallo stato di bisogno così come la struttura sanitaria che non dovrà più investire denaro per il soggetto in questione.

Queste considerazioni ci hanno portato a riflettere sulla necessità di diffondere il più possibile la comprensione di questi dinamismi allo stesso tempo psichici, sociali ed economici che, nel modo sopra descritto, mostrano che una soluzione virtuosa è possibile.

Abbiamo pensato all’importanza di quell’età, l’adolescenza, in cui i ragazzi cominciano ad assumere un’autonomia che li porterà a diventare cittadini del mondo e, attivi promotori di una “regola della casa” di cui tradizionalmente manca consapevolezza. È stato così molto interessante proporre agli studenti delle scuole medie superiori nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro, una riflessione e una esercitazione su come immaginare di realizzare una convivenza basata su una visione win-win. Sono stati fatti corsi di circa 30 ore in cui il lavoro veniva orientato, a partire dalla proiezione di sé nel futuro verso la creazione di imprese capaci di superare alcuni problemi presenti attualmente attraverso formule imprenditoriali di tipo win-win: Microcredito e Social Business.

La metodologia applicata è stata quella dell’utilizzo di gruppi di lavoro attraverso i quali individuare problemi di convivenza diffusi e di elaborare progetti di soluzione win-win a tali problemi evitando la logica del profitto ma cercando di perseguire la logica del vantaggio comune.

LA NEET GENERATION

L’intenzione generale di questo progetto, oltre a sollecitare la consapevolezza sulle conseguenze psicologiche del modello economico, è stata quella di sollecitare i ragazzi delle scuole superiori ad acquisire forme di responsabilità attraverso la riflessione e la progettazione di un loro futuro.

È noto il fenomeno della NEET generation (Non Education, Employement and Training) in quanto espressione di una forma di passività-rassegnazione-dipendenza in cui spesso si collocano i ragazzi di questa età adolescenziale che viceversa dovrebbe essere il momento della proiezione del sogno verso il futuro. Per questo aspetto è stato molto utile sollecitare i ragazzi a scambiare i loro sogni e le loro speranze cercando di sottolineare l’importanza della collaborazione sociale così come si realizza nelle forme economiche win-win.

È molto rilevante l’importanza dell’investimento libidico nella realizzazione del lavoro che a questo punto può essere vissuto come un premio per l’attività svolta e l’impegno profuso.

Gli studenti sono apparsi molto interessati e allo stesso tempo stupiti nel comprendere taluni passaggi soprattutto attorno all’intreccio competizione/collaborazione. Alcuni genitori, a cui gli studenti avevano raccontato di questa esperienza, sono venuti a complimentarsi con noi e a esporre la loro disponibilità a diffonderla e sostenerla. Anche alcune scuole hanno commentato positivamente e in forma ufficiale l’esperienza fatta proprio in considerazione dell’entusiasmo che gli studenti hanno mostrato in questo lavoro. Tale soddisfazione veniva espressa attraverso una sorta di sollievo per poter essere amici anziché nemici: in perenne conflitto rivalitario con i compagni. In questo modo il loro desiderio di apprendere si mostrava collocato al di fuori di una forma conflittuale tra l’essere rivolto all’oggetto desiderato ovvero al doversi guardare le spalle da forme rivalitarie.

MICROCREDITO E SOCIAL BUSINESS

Si tratta di forme che, riprendendo la teoria dei giochi di Jhon Nash, fanno riferimento alla soluzione win-win del conflitto sociale di base. Ciò significa che ciascuna persona che mette i piedi su questa terra ha diritto come tutti ad avere una possibilità di vita dignitosa e questo è compito di sé stesso e degli altri. Se nel modello win-lose/lose-win “io” è l’elemento di riferimento principale, in questo modello “noi” è il soggetto plurale di riferimento nel senso che ciascuno pensa certamente a se stesso ma contemporaneamente anche agli altri in una relazione di scambio virtuoso e di reciprocità. Potremmo dire addirittura che questo passaggio tra l’”io” e il “noi” è un passaggio di civiltà là dove ciascuno è collaborativo con l’altro per una soluzione della vita che sia favorevole per tutti. Non è necessario il sacrificio di alcuno per il benessere degli altri; possiamo cercare il modo di trovare reciprocamente una soluzione per una vita degna. A sostegno di questo pensiero mettiamo gli studi dell’Istituto di Neurofisiologia dell’Università di Parma in cui il professor Giacomo Rizzolatti e il suo staff hanno individuato, nel cervello umano, la presenza dei “neuroni specchio” che stanno alla base del bisogno di empatia riconosciuto dai suoi eccellenti studi che finalmente contrastano l’idea filosofica dell’Homo Homini Lupus di Thomas Hobbes e quella onnipresente questione se l’uomo sia buono o cattivo di natura che vorremmo definire qui come l’affannosa ricerca se sia nato prima l’uovo o la gallina.

Per social business si intende una impresa che viene creata per risolvere un problema sociale e per generare lavoro. Il profitto non è la motivazione per questo tipo di attività essendo che l’impresa dovrà non fare perdite e il guadagno dovrà essere reinvestito per la creazione di un nuovo social business dedicato alla soluzione di un altro problema sociale. Tutto ciò all’interno di una sequenza che non prevede né perdite né dividendi da distribuire.

LA PANDEMIA

È quasi impossibile riflettere sulla convivenza senza considerare questo periodo così particolare in cui stiamo vivendo dove la salute di tutti noi può funzionare solo e soltanto se siamo in grado di organizzare una convivenza win-win. Ancorché io possa salvare me stesso, se non sono salvi anche tutti gli altri rimane il rischio che io possa essere contagiato da chi non è stato già salvato. La pandemia ha mostrato la totale necessità di individuare nella nostra convivenza delle forme economiche di questo genere basate sul modello relazionale win-win e, verso questo obiettivo ci orientiamo noi, voi, loro in una collaborazione e in un sostegno reciproco.

La risonanza umana di questa situazione così fuori dal comune è stata un elemento di conoscenza di sé stessi attraverso il rispecchiamento con gli altri e ci ha incoraggiati verso una ricerca di soluzione comune anche perché, come abbiamo già detto, un solo infettato rimasto avrebbe potuto fare ripartire la pandemia.

Esempio lampante di come la convivenza debba essere propedeutica al benessere di tutti e non solamente di alcuni individui, è il continuo sviluppo di varianti del virus Covid-19 dovuto alla mancanza di una volontà politica (a favore di un ritorno economico) nel cercare di vaccinare la popolazione dei Paesi del cosiddetto terzo mondo che, in questo modo, funge da incubatore globale.

Infatti, in Africa laddove non è stato possibile diffondere le vaccinazioni in maniera appropriata a causa della mancanza di risorse economiche che potessero fare fronte alle richieste dei produttori di vaccini si è realizzata una diffusione ingente di casi provocati dalle diverse mutazioni del ceppo originale (originario?) che hanno avuto il modo di espandersi e questo è avvenuto d’accordo con un modello economico win-lose/lose-win in cui la competizione tra le case farmaceutiche non è stata in grado di accogliere la saggia proposta che Yunus aveva fatto di considerare i vaccini un bene comune e quindi a disposizione di tutti uscendo dalla logica della rivalità e del profitto alla ricerca di un orientamento volto alla collaborazione necessaria.

CONCLUSIONI

Siamo stati invitati alla Global Assembly di Glasgow dove abbiamo centrato il nostro intervento sulla questione del sistema relazionale capace di considerare ciascuno di noi come individuo e, allo stesso tempo parte di un aggregato sociale che, interagendo tra loro in forma virtuosa moltiplicando, attraverso lo scambio, le risorse e le conoscenze in un intreccio dialogico tra individuo sociale e viceversa tra sociale e individuo. La situazione era tale per cui abbiamo concluso la discussione con il seguente pensiero:

Ma che bello sarebbe un mondo così accogliente, rasserenante, così pieno di cose belle da scambiarci l’un l’altro e da creare insieme!

Ma perché non ci proviamo?

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