INTERVENTI E OPINIONI - SPECIALE EUROPA

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di Tiziana Lang

In the first months of this year, the european commission launched a series of preparatory actions and activities that will impact micro and small enterprises and the funds allocated to them in the next multiannual financial framework (2028-2035). The “omnibus package” is a set of regulatory simplification proposals aimed at fostering the creation of a business environment that supports business growth, innovation, and the creation of quality jobs. The consultations on the new european pillar of social rights action plan, expected by the end of 2025, should also include guidance and measures on the quality of self-employment and entrepreneurial work. The national plans of the social climate fund, which includes among its beneficiaries “vulnerable micro-enterprises”, i.e., those enterprises particularly affected by the energy crisis and the adaptation of their activities to the requirements of the european green deal.

Parole chiave: microimprese, sostenibilità, semplificazione, Pacchetto omnibus, piano d’azione, pilastro sociale, Fondo sociale per il clima, povertà energetica, povertà dei trasporti

Sommario

  1. Le piccole imprese al centro delle politiche dell’UE

1.1 Un Green Deal competitivo con il contributo delle imprese

1.2 La semplificazione del Pacchetto omnibus e i vantaggi per le piccole imprese

  1. Il pilastro sociale e le piccole imprese

2.1 Il percorso verso il nuovo piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali

  1. Il Fondo sociale per il clima e il supporto alle microimprese

3.1 Il Fondo e il contrasto alla povertà energetica e dei trasporti

3.2 I piani sociali nazionali per il clima

Conclusioni

  1. Le piccole imprese al centro delle politiche dell’UE

Nei primi mesi di quest’anno, la Commissione europea ha avviato una serie di azioni e attività propedeutiche che, con diverse traiettorie, interesseranno le micro e piccole imprese e i fondi loro destinati nel prossimo quadro finanziario pluriennale 2028-2035.

A febbraio 2025 la Commissione europea, rispondendo alle sollecitazioni contenute nei rapporti Letta1 e Draghi2 per una maggiore competitività nonché capacità di investimento diffusa nell’Unione, ha adottato il cosiddetto “Pacchetto Omnibus”3, una serie di proposte di semplificazione normativa che intendono favorire la creazione di un contesto imprenditoriale che sostenga la crescita di impresa, l’innovazione e la creazione di posti di lavoro di qualità. Tra i programmi che beneficeranno delle risorse liberate grazie a questa opera di “semplificazione” rientra lo strumento InvestEU. A maggio 2025, poi, la Commissione ha avviato le consultazioni iniziali sul nuovo piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali, atteso per fine 2025, che dovrebbe includere, tra le altre, indicazioni e misure sulla qualità del lavoro autonomo e imprenditoriale, nonché sul rafforzamento dell’economia sociale e sull’adeguatezza delle risorse da destinare alla crescita delle piccole e medie imprese con finalità sociale nel bilancio pluriennale 2028-2034. Infine, ma non ultimo, a giugno partono i negoziati tra Commissione e Stati membri sui piani nazionali di attuazione del Fondo sociale per il clima che, come noto, annovera tra i beneficiari prioritari le “microimprese vulnerabili”, ossia quelle che hanno sofferto e soffrono maggiormente a causa della crisi energetica e dell’adeguamento delle loro attività ai requisiti del Green Deal europeo.

1.1 Un Green Deal competitivo con il contributo delle imprese

Il Pacchetto Omnibus della Commissione europea (febbraio 2025) interviene su un quadro normativo fissato, da ultimo, a giugno 2024 per rivederne alcuni aspetti con l’obiettivo dichiarato di semplificazione e riduzione degli oneri burocratici per le imprese previsti dalla direttiva sulla rendicontazione sulla sostenibilità (CSRD)4 e dalla Tassonomia UE sulla sostenibilità5, nonché quelli in materia di obblighi di due diligence sulla sostenibilità (CS3D)6. Non si tratta di una inversione totale di rotta sulla sostenibilità, né potrebbe esserlo considerato che gli obiettivi del Green Deal rimangono immutati; tuttavia, è possibile vedere in questo atto della Commissione una risposta alle pressioni esercitate da diversi settori industriali e imprese, in particolare le piccole e medie imprese, e di alcuni stati membri ,volte a ridurre il carico normativo imposto alle imprese in materia di sostenibilità7, senza interferire con l’attuazione del Green Deal e senza compromettere la crescita economica dell’UE. Inoltre, hanno sicuramente influito sulla scelta della Commissione di rivedere le citate direttive e regolamenti sia l’insediamento della nuova Commissione europea, tra luglio e novembre 2024, sia le evidenze e priorità individuate nei rapporti Letta e Draghi che ritroviamo nel programma di secondo mandato della presidente von der Leyen8.

È soprattutto il rapporto Draghi a evidenziare come l’eccesso di normazione e burocrazia può ostacolare la nascita e il consolidamento delle piccole e medie imprese nell’UE. Nel disegnare un percorso di rilancio della produttività e della crescita nell’UE, Draghi evidenzia il ruolo fondamentale che le piccole e medie imprese svolgono nel garantire la competitività dell’Europa, rappresentando il 99% del totale delle imprese nell’UE. Esse sono fondamentali per gli ecosistemi industriali locali, regionali e nazionali e si sono dimostrate un’importante fonte di innovazione dei territori, capaci di creare nuova occupazione. Nel testo, si richiamano altresì i freni posti alla creazione e crescita delle piccole e medie imprese dalla legislazione dell’UE e dai pesanti oneri burocratici connessi “SMEs tend to perceive the cost of complying with EU law as greater, also because they are less likely to survive long enough to reap the full benefits of regulation. In 2023, 55% of SMEs flagged regulatory obstacles and administrative burden as their greatest challenge. This was also the second most quoted challenge for start-ups (52%, after access to finance) and the third most frequently cited for mid-caps (36%, after difficulties in finding employees and supply chain disruptions)xvii”. (p.321)

Sono le stesse PMI, unitamente alle imprese start up innovative e alle mid-caps9, a segnalare gli ostacoli normativi e la burocrazia come le sfide più pressanti. Anche l’accesso ai finanziamenti e le difficoltà di reclutamento di personale (labour shortages) rappresentano ostacoli importanti alle dinamiche delle micro e PMI. In relazione al tema oggetto di questo articolo, è opportuno segnalare che anche gli obblighi e i costi di conformità che le imprese devono rispettare per il conseguimento degli obiettivi della doppia transizione verde e digitale, spesso non sono commisurati alla dimensione e alle necessità delle piccole imprese, soprattutto quelle che operano nei settori produttivi più colpiti dalla transizione ecologica (ad es. automotive, farmaceutico, difesa e aeronautico).

Nel rapporto si legge, inoltre, che nonostante le PMI spesso non siano sottoposte alle normative europee, o comunque beneficino di misure di mitigazione, in alcuni ambiti esse sono indirettamente colpite, anche in modo pesante. È il caso della direttiva CSRD che pur applicandosi solo alle grandi imprese e alle PMI quotate (queste ultime beneficiano anche di un periodo di transizione più lungo per il recepimento, che termina il 1° gennaio 2026 e con la possibilità di un ulteriore opt-out di due anni), non prevede alcuna misura di protezione dagli effetti di riduzione della catena di approvvigionamento per le PMI “Due to value chain effects, the sustainability reporting and due diligence framework does not adequately differentiate SMEs from larger companies. Moreover, the CSRD is flagged as an example of the lacking proportionality of the EU acquis vis-à-vis mid-caps, as compliance costs represent up to 12.5% of mid-caps’ investment volumes”. (pag-320)

Sempre nel rapporto si afferma che “The EU’s sustainability reporting and due diligence framework is a major source of regulatory burden, magnified by a lack of guidance to facilitate the application of complex rules and to clarify the interaction between various pieces of legislation”. Dunque, secondo Draghi, l’acquis dell’UE in materia di informativa sulla sostenibilità e dovere di diligenza è una fonte considerevole di oneri normativi, che manca di orientamenti che ne facilitino l’applicazione e chiariscano l’interazione tra i vari atti legislativi che aumentano le informazioni sociali e ambientali che le imprese devono comunicare. Il costo di conformità per le imprese nell’UE è notevole: da 150.000 euro per le imprese non quotate a 1 milione di euro per quelle quotate. Inoltre, in tutta la catena del valore sussistono rischi di eccesso di conformità (sovra-conformità, come la sovra-segnalazione). La stessa carente definizione dell’applicazione del principio del “non arrecare danno significativo” (DNSH) all’interno della tassonomia dell’UE e il suo allineamento alla relativa valutazione per il bilancio dell’Unione possono essere annoverati tra i fattori di sovra-conformità che andrebbero rimossi o semplificati (come pure le metodologie onerose e potenzialmente sovrapposte per la contabilizzazione delle emissioni tra il regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili, l’ETS e l’impronta ambientale dei prodotti; e le tempistiche non armonizzate per gli obblighi di comunicazione diversi ma correlati). La prima azione da intraprendere, la più impellente, è la semplificazione del contesto normativo con la riduzione degli oneri amministrativi per le piccole e medie imprese, spesso gravate da costi di conformità più elevati se rapportati alla dimensione di impresa. Con un intervento di questo tipo sulla rendicontazione di sostenibilità, le PMI beneficerebbero di una riduzione del 50% degli obblighi di comunicazione.

Rimanendo in tema, nel rapporto si accenna anche ai vantaggi che potrebbero derivare da una semplificazione della tassonomia dell’UE per le PMI. La comunicazione ai sensi della tassonomia (pre-modifiche introdotte con il “pacchetto Omnibus” a febbraio 2025), è obbligatoria per le grandi imprese, che nel caso di alte prestazioni, ad esempio, nella contabilizzazione delle emissioni in fase di progettazione ecocompatibile di prodotti sostenibili, della riduzione delle emissioni e dell’impronta ambientale dei prodotti, possono contare sugli investimenti da parte di investitori terzi interessati al percorso dell’impresa nella sostenibilità. Le PMI escluse dall’informativa sulla sostenibilità, pur vedendo alleviati gli oneri amministrativi connessi in ragione della loro complessità, sono automaticamente escluse dai suddetti benefici in termini di investimenti sostenibili (ossia il cosiddetto “premio verde”). Secondo il rapporto Draghi, le PMI non soggette a obblighi se fossero coinvolte vedrebbero migliorare l’accesso alle risorse finanziarie, nella misura in cui i creditori o gli investitori apprezzerebbero la sostenibilità dichiarata con un premio per la finanza verde10. L’estensione alle PMI dovrebbe essere affiancata da strumenti digitali (soluzioni software) per un calcolo efficiente e uniforme dei punteggi di sostenibilità. La semplificazione dell’approccio, secondo il rapporto Draghi, dovrebbe inoltre affrontare il rischio di mancanza di comparabilità nella rendicontazione di sostenibilità tra i settori e al loro interno a causa di elementi di discrezionalità o di giudizio nella rendicontazione (p. 107).

Tra le ulteriori raccomandazioni di Draghi, preme segnalare la facilitazione dell’accesso delle micro, piccole e medie imprese alle garanzie del Fondo europeo per gli investimenti al fine di contribuire alla loro crescita e innovazione, e a un aumento della quantità di capitale disponibile per potere espandersi e competere a livello mondiale. Ci sembra utile richiamare, in proposito, il ruolo attribuito da Draghi allo strumento InvestEU a supporto delle piccole e medie imprese per la formazione delle competenze utili nelle due transizioni, verde e digitale. Le PMI con meno possibilità di sviluppare strutture formative e programmi di formazione interni per rispondere al bisogno urgente di riqualificazione degli addetti, ad es. nella trasformazione della catena di subfornitura del settore automotive dovuta alla transizione verso i motori ecologici, dovrebbero poter contare su adeguate risorse e sulla collaborazione di istituzioni locali e sindacati.

Come rappresentato nella figura 1, tratta dall’indagine Manpower sui talenti del 202311, a livello globale il 77% delle imprese dichiara di non riuscire a trovare addetti con le giuste competenze. In Italia sono il 75%, ma in Germania raggiungono l’86%, con gran parte dei paesi europei considerati in questa indagine (11 su 17) che presenta una percentuale superiore all’80%.

Quanto all’importanza attribuita dalle PMI europee alle diverse tipologie di competenze, la figura 2 conferma come, in un’epoca di grandi trasformazioni, le soft skills e le competenze digitali siano ritenute essenziali dal 70% circa delle piccole imprese, mentre le competenze specifiche di settore e le competenze verdi siano considerate meno importanti o meno urgenti.

In sintesi, la richiesta di semplificazione del pacchetto normativo sulla sostenibilità e dovere di diligenza è stata espressa dalle imprese e nel rapporto Draghi che individua la regolamentazione eccessiva frammentata come un ostacolo significativo per le piccole e medie imprese europee. Le proposte avanzate mirano a creare un ambiente normativo più snello e favorevole, consentendo alle imprese di concentrarsi su innovazione e crescita, piuttosto che sulla gestione di oneri burocratici complessi, e di contribuire efficacemente al rilancio della competitività dell’UE.

1.2 La semplificazione del Pacchetto omnibus e i vantaggi per le piccole imprese

Alla luce di quanto illustrato nel paragrafo precedente, rispetto a quanto evidenziato a inizio 202512 su queste stesse pagine si osserva una decisa inversione di rotta da parte della Commissione europea che il 26 febbraio scorso ha adottato un pacchetto di proposte per semplificare le norme europee, stimolare la competitività e liberare capacità di investimento aggiuntiva. La Commissione mira a creare un contesto imprenditoriale più favorevole per le imprese europee, affinché possano crescere, innovare e creare posti di lavoro di qualità. Coniugando gli obiettivi in materia di competitività e clima, la Commissione intende creare condizioni che consentano alle imprese europee di prosperare, attrarre investimenti, conseguire obiettivi unitari condivisi compresi quelli del Green Deal europeo, liberando il tal modo il potenziale economico dell’Unione europea. Lo sforzo di semplificazione, secondo quanto dichiarato dalla Commissione, comporterà una riduzione del 25% degli oneri amministrativi e di almeno il 35% degli oneri per le PMI entro il 2029.

Il primo “pacchetto omnibus” riunisce le proposte relative ad ambiti legislativi interconnessi relativi all’informativa sulla finanza sostenibile, al dovere di diligenza ai fini della sostenibilità, alla tassonomia dell’UE, al meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere nonché ai programmi di investimento europei connessi. Il pacchetto, e il successivo recepimento delle modifiche a livello nazionale, dovrebbe ridurre la complessità dei requisiti dell’Unione per tutte le imprese, in particolare per le piccole e medie imprese e per le piccole imprese a media capitalizzazione (mid-caps), e mettere al centro del quadro normativo le imprese di grandi dimensioni che hanno un impatto maggiore sul clima e sull’ambiente, consentendo in ogni caso a tutte le imprese di accedere a finanziamenti sostenibili per la transizione pulita.

Tra i principali benefici per le micro e PMI derivanti dalla semplificazione della rendicontazione sulla sostenibilità (CSRD e Tassonomia UE): i. l’esenzione di circa l’80% delle imprese, incluse molte PMI, dagli obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità. Le grandi imprese con oltre 1.000 dipendenti e 450 milioni di euro di fatturato sono le principali destinatarie degli obblighi di rendicontazione. Le piccole e medie imprese possono adottare uno standard semplificato di rendicontazione (VSME, Voluntary Sustainability Reporting Standard for SMEs)13 con un numero ridotto di indicatori (da 82 a 15) e una frequenza della rendicontazione biennale invece che annuale per dare evidenza agli obiettivi conseguiti in materia di ESG; ii. la richiamata riduzione del 35% degli gli oneri amministrativi per le PMI, con un risparmio stimato di 6,3 miliardi di euro a tutto il 2029; iii. l’esenzione dagli obblighi del Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) per le piccole e medie imprese che importano meno di 50 tonnellate di prodotti soggetti al CBAM (coprendo oltre il 99% delle emissioni di riferimento); iv. la riduzione degli obblighi di due diligence per le PMI grazie ai nuovi limiti sulle informazioni richieste e sulla frequenza delle valutazioni periodiche; v. la semplificazione degli strumenti finanziari a sostegno delle PMI, grazie alle modifiche introdotte che rendono possibile combinare il sostegno di diversi strumenti finanziari dell’UE.

In particolare, quest’ultimo aspetto ci interessa per l’intento della Commissione di semplificare e ottimizzare il ricorso a diversi programmi di investimento dell’UE. Tra questi InvestEU, il FEIS e altri strumenti finanziari preesistenti (anche a valere sulle risorse della politica di coesione). InvestEU, il principale strumento di condivisione del rischio dell’UE creato a inizio dell’attuale quadro finanziario pluriennale (2021) come braccio del NGEU a sostegno degli investimenti nella crescita (per una rapida uscita dalla crisi economica derivata dalla pandemia di Covid-19), svolge un ruolo fondamentale nell’affrontare gli ostacoli finanziari e nel guidare gli investimenti necessari per la competitività, la ricerca e l’innovazione, la decarbonizzazione, la sostenibilità ambientale e le competenze. Attualmente quasi il 45% delle operazioni del programma sostiene obiettivi climatici.

Tra le modifiche proposte dalla Commissione europea, troviamo in primo luogo l’aumento della capacità di investimento dell’UE utilizzando i rendimenti degli investimenti passati, quindi l’ottimizzazione dell’uso dei fondi ancora disponibili nell’ambito degli strumenti preesistenti: il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), lo strumento di debito del meccanismo per collegare l’Europa (MCE) e il cosiddetto “strumento di finanziamento del debito InnovFin”, un’iniziativa lanciata dal gruppo BEI a sostegno della ricerca e dell’innovazione. In questo modo, si intende mettere a disposizione delle imprese maggiori finanziamenti. Queste azioni dovrebbero mobilitare complessivamente, nelle intenzioni della Commissione, circa 50 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati supplementari. L’aumento della capacità di InvestEU dovrà essere indirizzato soprattutto al finanziamento di attività massimamente innovative a sostegno delle politiche prioritarie dell’UE, come la bussola per la competitività14 e il patto per l’industria pulita15. Inoltre, dovrebbe aiutare gli Stati membri a contribuire più facilmente al programma per sostenere le proprie imprese e mobilitare investimenti privati nei rispettivi territori/settori produttivi (comparto Stati membri di InvestEU). Infine, dovrebbe semplificare i requisiti amministrativi per i partner esecutivi, gli intermediari finanziari e i destinatari finali, in particolare le PMI. Gli stessi regolamenti dei programmi InvestEU e FEIS, e dei citati strumenti preesistenti, saranno semplificati al fine di ridurre la frequenza e il contenuto di alcune relazioni, ad esempio esentando i destinatari finali come le micro, piccole e medie imprese dal presentarle. Infine, è previsto di ricondurre l’applicazione delle norme al principio di proporzionalità (come nel caso dell’adeguata applicazione della definizione di PMI per determinati prodotti finanziari).Si prevede che tali semplificazioni consentiranno di risparmiare circa 350 milioni di EUR per i partner esecutivi, gli intermediari finanziari e i destinatari finali dei fondi InvestEu.

  1. Il pilastro sociale e le piccole imprese

Il pilastro europeo dei diritti sociali rappresenta un quadro di principi e diritti fondamentali per promuovere un’Europa più equa e inclusiva. Sebbene il pilastro si concentri principalmente sulle persone, ossia cittadini e lavoratori, le piccole e medie imprese, in quanto espressione dello spirito imprenditoriale e del lavoro autonomo, sono direttamente coinvolte poiché un ambiente sociale stabile e giusto è essenziale per la loro crescita e sostenibilità. Promulgato a Göteborg a novembre 2017, da parte del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, il pilastro europeo dei diritti sociali è servito da bussola nell’affrontare le sfide comuni in materia di occupazione, competenze e società e promuovere la convergenza delle condizioni di vita e di lavoro nell’Unione. I suoi principi prioritari sono promossi nelle politiche dell’Unione europea che mirano all’inclusione sociale, alla parità di opportunità per tutti, alla partecipazione di cittadini e cittadine al mercato del lavoro, all’istruzione e formazione, alla protezione sociale. Il principio prioritario 5, nel capo secondo del pilastro sociale (Condizioni di lavoro eque) promuove, tra l’altro, le forme di lavoro innovative che garantiscano condizioni di lavoro di qualità e incoraggia l’imprenditorialità e il lavoro autonomo. Le piccole imprese e i lavoratori autonomi, particolarmente colpiti dalla pandemia, hanno dovuto affrontare gravi difficoltà per rimanere in attività. Le piccole e medie imprese rappresentano circa il 70% del PIL e dell’occupazione nel settore dei servizi a livello europeo con un potenziale di crescita è stimato in 8 milioni di nuovi posti di lavoro nei prossimi 10 anni. Il loro contributo all’economia europea è fondamentale anche in ragione della loro presenza significativa nel settore dei servizi, specialmente in ambiti come la formazione, l’inclusione sociale e la parità di genere. Un maggiore sostegno alle PMI e all’imprenditorialità, compresa quella femminile, è pertanto fondamentale per aiutare le piccole imprese e i lavoratori autonomi microimprenditori a rilanciare le loro attività e per stimolare le start-up innovative a prosperare nella ripresa competitiva dell’UE.

2.1 Il percorso verso il nuovo piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali

Il modello sociale europeo rappresenta un pilastro della società e un vantaggio competitivo dell’UE. Come ribadito nella dichiarazione di Porto del 202116 dai leader dell’UE, l’attuazione del pilastro a livello europeo e degli Stati membri rappresenta un impegno e, al contempo, una responsabilità politica condivisi, nel rispetto delle competenze rispettivamente attribuite e dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. Il pilastro sociale è implementato dal piano d’azione presentato nel 2021 a Porto17 che definisce una serie di azioni da intraprendere e obiettivi da conseguire entro il 2030 sia a livello UE sia nei singoli Stati membri. Tra i target segnaliamo: almeno il 78% della popolazione tra i 20 e i 64 anni occupata; almeno il 60% di adulti che partecipa ogni anno ad attività di formazione; l’uscita di almeno 15 milioni di persone dal rischio di povertà o esclusione sociale, tra cui almeno 5 milioni di bambini18.

Il pilastro europeo dei diritti sociali e il relativo piano d’azione del 2021 hanno rafforzato l’economia sociale dell’Europa. Hanno fornito una base stabile durante la pandemia da Covid-19 e le crisi energetiche e dell’aumento del costo della vita intensificate dall’attacco russo contro l’Ucraina. Il forte impegno dei leader dell’UE al vertice sociale di Porto, a rafforzare l’attuazione del pilastro e a conseguire i target principali dell’UE per il 2030, ha posto al centro dell’agenda politica dell’UE il rafforzamento della dimensione occupazionale, delle competenze e sociale.

Il parere del comitato per l’occupazione e del comitato per la protezione sociale19 sulle future priorità politiche dell’Unione sul Pilastro europeo dei diritti sociali, approvato nella seduta del consiglio dei ministri del lavoro e delle politiche sociali (EPSCO) dell’11 marzo 2024, ribadisce l’importanza di continuare a considerare i progressi nell’attuazione del pilastro sociale una priorità fondamentale dell’UE e degli Stati membri, poiché si tratta di principi fondamentali (“pietre angolari”) per orientarsi nelle tendenze economiche e sociali a livello globale, e per definire le possibili politiche atte a promuovere la convergenza sociale verso l’alto nell’Unione nonché a sostenere i progressi verso i target nazionali ed europei fissati dal piano d’azione per il 2030. Nello specifico, i due comitati suggeriscono di includere tra le priorità future del pilastro sociale: i. la transizione digitale nella sua complessità, tenuto conto che l’attuazione dei principi sanciti dal pilastro concerne non solo i diritti dei lavoratori nel futuro digitale e dell’intelligenza artificiale, ma anche le pari opportunità di riqualificazione e miglioramento del livello delle proprie competenze, le condizioni di lavoro eque e un’adeguata protezione e inclusione sociale; ii. la transizione verde poiché il pilastro dovrebbe diventare una bussola per promuovere una transizione equa, garantendo che nessuno sia lasciato indietro nel percorso verso la sostenibilità ambientale; iii. i cambiamenti demografici, in quanto il pilastro rappresenta il quadro riepilogativo dei diritti della persona comprese le politiche dell’UE e degli Stati membri finalizzate all’invecchiamento attivo e in buona salute e le risposte alle diverse esigenze di una forza lavoro in evoluzione e di una popolazione sempre più anziana, garantendo allo stesso tempo l’equità e la solidarietà intergenerazionali.

Con riferimento specifico alle azioni del pilastro di interesse per le piccole imprese, l’opinione di EMCO e SPC richiama la raccomandazione del Consiglio sullo sviluppo delle condizioni quadro dell’economia sociale20 che mira a sostenere le persone più lontane dal mercato del lavoro nella ricerca di opportunità di impiego nelle imprese dell’economia sociale, un settore che oltre a creare nuova occupazione affronta le principali sfide per la società anche attraverso le sperimentazioni dell’innovazione sociale. Poiché l’occupazione retribuita nell’economia sociale varia da meno dell’1% al 10% della forza lavoro totale negli Stati membri, è necessario attivare il potenziale economico non sfruttato di questo bacino occupazionale in tutta l’UE.

Gli orientamenti politici per la Commissione europea nel periodo 2024-2029 annunciano un “nuovo slancio nei settori in cui sono necessari maggiori avanzamenti”21 in particolare in ambito sociale e la necessità di inquadrare queste attività “in un nuovo piano d’azione per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali”. La Commissione è consapevole del cambiamento intervenuto nel panorama politico dell’UE rispetto al primo piano d’azione del 2021, caratterizzato da un contesto geopolitico in rapida evoluzione, nonché dalle principali priorità politiche in termini di competitività, transizioni digitale e verde e preparazione delle persone. Quasi tutte le iniziative del piano d’azione del 2021, pur essendo state implementate come previsto, sono spesso ancora in corso di attuazione e non ne esistono valutazioni ex post per formulare un giudizio complessivo sull’efficienza ed efficacia del piano d’azione stesso. In termini di progressi compiuti nel conseguimento dei tre obiettivi principali dell’UE entro il 2030, da dati recenti della Commissione, sembrerebbe essere vicini al conseguimento dell’obiettivo in materia di occupazione (75,3% nel 2023, rispetto all’obiettivo del 78% fissato per il 2030) seppur con grandi differenze tra le diverse aree geografiche dell’Unione. Sono invece necessari ancora importanti sforzi per quanto riguarda le competenze (nel 2022 – ultimo dato disponibile – la percentuale di adulti che partecipa ad attività formative ogni anno è del 39,5% quando l’obiettivo al 2030 è del 60%). Parimenti, anche per gli obiettivi di riduzione della povertà sono necessari ulteriori sforzi da parte dei tutti i paesi membri (la riduzione ad oggi è di -1,6 milioni di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale, mentre l’obiettivo al 2030 è di -15 milioni). Anche per quanto riguarda i sotto-obiettivi, la Commissione evidenzia come si registrino progressi disomogenei tra paesi in relazione soprattutto a: divario occupazionale di genere, offerta di servizi di educazione e cura della prima infanzia, diminuzione del tasso di giovani che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo (NEET), competenze digitali di base degli adulti, abbandono scolastico precoce e povertà infantile.

La analisi/valutazione del piano d’azione, attualmente in corso, contribuirà alla preparazione del nuovo piano d’azione del pilastro sociale che la Commissione intende lanciare entro la fine di quest’anno, come previsto dal programma di lavoro per il 2025 della commissione medesima. La valutazione del piano del 2021 e la fase preparatoria del nuovo piano d’azione per l’attuazione del pilastro sociale saranno sottoposte a un processo congiunto di consultazione pubblica.

Poiché la realizzazione del pilastro europeo dei diritti sociali è una responsabilità condivisa delle istituzioni dell’UE, delle autorità nazionali, regionali e locali, delle parti sociali e della società civile, la Commissione intende consultare tutte le parti interessate e a maggio 2025 ha avviato i colloqui con le parti sociali sui possibili contenuti del prossimo piano d’azione del pilastro sociale.

Nelle intenzioni della Commissione il nuovo piano d’azione si baserà sia sui risultati del piano d’azione precedente (al fine di affrontare le sfide emergenti e colmare le lacune evidenziate) sia sulle risultanze delle consultazioni bilaterali e pubbliche condotte dalla Commissione. Il nuovo piano dovrebbe, inoltre, fornire una tabella di marcia chiara per l’attuale mandato di rafforzare l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali. Detta tabella di marcia a livello dell’UE contribuirebbe a rafforzare il coordinamento e a promuovere un approccio più coeso alle politiche per l’occupazione e sociali, facendo si che tutti gli Stati membri compiano progressi verso i target prioritari fissati per il 2030 in materia di occupazione, competenze e riduzione della povertà.

Al di là dell’approfondimento sulle politiche di successo e sull’attuazione delle iniziative faro annunciate negli orientamenti politici della Presidente von der Leyen, il nuovo piano d’azione sul pilastro sociale dovrebbe riflettere anche su una serie di politiche e iniziative ambiziose che mirano a proteggere i diritti sociali e del lavoro dei cittadini e dei lavoratori che si trovano ad affrontare sfide nuove ed emergenti a breve e medio termine, tra l’altro l’esame dell’impatto della digitalizzazione sul lavoro e sulla salute mentale, con l’obiettivo di promuovere la competitività, la sicurezza e la resilienza economica.

In relazione alle piccole e medie imprese e ai lavoratori autonomi microimprenditori, i loro interessi sono rappresentati dalle associazioni di categoria e dalle organizzazioni sindacali sovranazionali (SME United, BusinessEurope, CESE, ETUC, ecc.). Le richieste di queste organizzazioni si focalizzano innanzitutto sui Patti per le competenze22 che riuniscono imprese, enti di formazione e camere di commercio per offrire opportunità di formazione ai lavoratori, con l’obiettivo di formare 25 milioni di persone entro il 2030 (compresi i lavoratori delle micro e PMI). Ma anche sul supporto all’imprenditorialità femminile e alle imprese di servizi dell’economia sociale, per valorizzare il ruolo cruciale delle donne nell’economia – soprattutto nella crisi demografica. Infine, la richiesta è di un maggiore sostegno alle start-up innovative con programmi per stimolare la nascita e la crescita di nuove imprese, favorendo l’innovazione e la competitività.

  1. Il Fondo sociale per il clima e il supporto alle microimprese

Appare utile presentare qui il Fondo sociale per il clima, per lo stretto legame con il pilastro europeo dei diritti sociali, e per la sua azione che mira a proteggere non solo i nuclei familiari e le persone più vulnerabili alla crisi energetica, ma anche le microimprese e le PMI. Il Fondo sociale per il clima nasce nel quadro delle politiche e programmi per conseguire la neutralità climatica entro il 2050, con l’obiettivo precipuo di accompagnare la transizione ecologica garantendo equità sociale. Il fondo affronta l’impatto sociale ed economico della transizione climatica sui gruppi vulnerabili, comprese le micro e piccole e medie imprese più fortemente colpite dalla transizione verde contrastando la povertà energetica e la povertà dei trasporti.

3.1 Il Fondo e il contrasto alla povertà energetica e dei trasporti

Il regolamento istitutivo del Fondo sociale per il clima23 stabilisce che il Fondo mette a disposizione degli Stati membri risorse per il periodo da gennaio 2026 a dicembre 2032 per affrontare le sfide sociali e distributive e contribuire a finanziare investimenti nell’efficienza energetica, in nuovi sistemi di riscaldamento e raffrescamento e in una mobilità più pulita. L’obiettivo generale del Fondo sono le sfide legate alla povertà energetica per le famiglie vulnerabili e le microimprese e il sostegno agli utenti dei trasporti più vulnerabili. Per beneficiare dei finanziamenti disponibili, gli Stati membri devono presentare i rispettivi Piani sociali per il clima alla Commissione, indicativamente entro il 30 giugno 2025.

Il Fondo fornisce sostegno finanziario (sovvenzioni) agli Stati membri per l’attuazione dei Piani. Creato in via eccezionale e temporanea attraverso la vendita all’asta delle quote nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissione, il Fondo mette a disposizione un importo massimo di 65 miliardi di euro per il periodo 2026-2032, che unito al cofinanziamento obbligatorio da parte degli Stati membri mobiliterà almeno 86,7 miliardi di euro. L’obiettivo generale del Fondo sociale per il clima è contribuire a una transizione socialmente equa verso la neutralità climatica affrontando gli impatti sociali dell’inclusione delle emissioni di gas a effetto serra prodotte dall’edilizia e dal trasporto su strada. A tal fine, il Fondo mira ad attenuare l’impatto negativo della transizione climatica sui gruppi vulnerabili. L’obiettivo specifico è di sostenere le famiglie vulnerabili, le microimprese vulnerabili e gli utenti vulnerabili dei trasporti, attraverso un sostegno diretto temporaneo al reddito nonché misure e investimenti a lungo termine per aumentare l’efficienza energetica degli edifici, la decarbonizzazione del riscaldamento e del raffrescamento degli edifici (anche integrando negli edifici la produzione e lo stoccaggio di energia rinnovabile). Infine, ma non ultimo, garantire un migliore accesso alla mobilità e ai trasporti a zero e a basse emissioni.

Il Fondo sociale per il clima è attuato dalla Commissione in regime di gestione diretta conformemente al regolamento finanziario. La task force per la ripresa e la resilienza che è incardinata nel Segretariato generale della Commissione e la direzione generale per l’azione per il clima operano in stretta collaborazione per orientare la progettazione e l’attuazione del Fondo. In Italia, l’autorità responsabile per la predisposizione del Piano sociale per il clima è il Ministero per l’ambiente, responsabile anche del Piano nazionale per l’Energia e il Clima.

Ai sensi del regolamento istitutivo del Fondo, per “povertà energetica” s’intende la situazione delle famiglie che non riescono ad accedere ai servizi energetici essenziali a un tenore di vita dignitoso e alla salute, come un’erogazione adeguata di calore, il raffrescamento, quando le temperature aumentano, e il riscaldamento, l’illuminazione e l’energia per alimentare gli apparecchi. Nel 2021, 34 milioni di europei (6,9% della popolazione) non potevano permettersi di riscaldare sufficientemente la propria casa.

Per “povertà dei trasporti”, si intende la povertà causata da uno o più fattori concomitanti: basso reddito, spese elevate per il carburante, mancanza di trasporti pubblici o privati accessibili o a prezzi abbordabili. La povertà dei trasporti può comportare una riduzione dell’accesso ad attività e servizi socioeconomici essenziali quali l’occupazione, l’istruzione o l’assistenza sanitaria, in particolare per le persone e le famiglie vulnerabili che risiedono/operano in zone svantaggiate.

Con l’espressione “microimprese vulnerabili” ci si riferisce alle piccole imprese che sono particolarmente esposte agli impatti economici derivanti dall’inclusione delle emissioni di gas serra prodotte dagli edifici e dal trasporto su strada nel sistema di scambio di quote di emissioni (ETS). Secondo il regolamento del Fondo, una microimpresa vulnerabile è una piccola impresa che risente significativamente dell’impatto sui prezzi derivante dall’inclusione delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema ETS; come pure che non dispone dei mezzi finanziari necessari per intraprendere azioni di ristrutturazione degli edifici che occupa, per acquistare veicoli a zero o basse emissioni o per passare a modalità di trasporto alternative sostenibili, inclusi i trasporti pubblici.

A marzo 2025 la Commissione ha pubblicato una Comunicazione recante le linee guida e orientamenti per la predisposizione dei Piani sociali per il clima da parte degli Stati membri. Inoltre, è stata pubblicata una raccolta di buone pratiche per misure efficaci sotto il profilo dei costi e investimenti per la mitigazione dei cambiamenti climatici (efficientamento energetico, trasporti sostenibili, ecc.).

Il sostegno del Fondo sociale per il clima al settore dell’edilizia deve puntare a migliorare l’efficienza energetica, con l’obiettivo di ottenere, per ogni famiglia, una riduzione del consumo energetico (decarbonizzazione del riscaldamento e raffrescamento) visibile in termini di risparmio economico e contrastare efficacemente la povertà energetica. Il Fondo dovrebbe sostenere le politiche degli Stati membri per mitigare l’impatto sociale del sistema di scambio di quote di emissioni per gli edifici e il trasporto su strada sulle famiglie vulnerabili, sulle microimprese vulnerabili e sugli utenti vulnerabili dei trasporti. Possibili soluzioni temporanee possono essere l’introduzione di tariffe sociali, il sostegno al reddito (questo tipo di sostegno non è permanente, in quanto non affronta le cause profonde della povertà energetica e della povertà dei trasporti).

Tra le misure strutturali mirate al superamento della povertà energetica rientrano la ristrutturazione edilizia (miglioramento efficienza energetica), l’accesso e l’integrazione da fonti rinnovabili (anche mediante campagne di comunicazione mirate a far conoscere l’opportunità ai nuclei e microimprese vulnerabili), il sostegno finanziario/incentivi fiscali ai locatari e alle persone che vivono in alloggi sociali (ad es. la detraibilità dei costi di ristrutturazione dal canone di locazione).

Infine, tra le misure finanziabili per il contrasto alla povertà dei trasporti, rientra l’offerta di una migliore mobilità e di trasporti a zero o basse emissioni alle famiglie vulnerabili, alle microimprese vulnerabili e agli utenti vulnerabili.
3.2 I piani sociali nazionali per il clima

Entro il mese di giugno 2025 gli Stati membri sono invitati a presentare alla Commissione europea il Piano sociale per il clima, che deve essere frutto di una concertazione tra l’amministrazione centrale responsabile del Piano e le autorità locali e regionali, le parti economiche e sociali e le pertinenti organizzazioni della società civile. Il Piano è elaborato in stretta cooperazione con la Commissione e predisposto conformemente al modello fornito da quest’ultima. I piani dovrebbero perseguire due obiettivi: i. fornire alle famiglie vulnerabili, alle microimprese vulnerabili e agli utenti vulnerabili dei trasporti le risorse necessarie per finanziare e realizzare investimenti nell’efficienza energetica, nella decarbonizzazione del riscaldamento e del raffrescamento, nei veicoli e nella mobilità a zero e a basse emissioni, anche attraverso buoni, sovvenzioni o prestiti a tasso zero; ii. attenuare l’impatto dell’aumento del costo dei combustibili fossili sulle persone e imprese più vulnerabili, per prevenire la povertà energetica (compreso il sostegno all’accesso ad alloggi efficienti sotto il profilo energetico a prezzi abbordabili, compresi gli alloggi sociali) e la povertà dei trasporti (sostegno ai veicoli a emissioni zero, economicamente abbordabili) nel periodo di transizione fino all’attuazione di tali investimenti.

Il Piano sociale per il clima per una transizione giusta verso la neutralità climatica ha come destinatari delle misure e degli investimenti le famiglie in condizioni di povertà energetica o di vulnerabilità, le microimprese vulnerabili e gli utenti vulnerabili dei trasporti. Le misure di sostegno per promuovere la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dovrebbero aiutare gli Stati membri a far fronte all’impatto sociale derivante dallo scambio di quote di emissioni nei settori dell’edilizia e del trasporto su strada. Le sovvenzioni destinate alle imprese e alle organizzazioni senza scopo di lucro potrebbero essere riconosciute, ad esempio, per l’acquisto o il noleggio di nuovi veicoli commerciali a emissioni zero. Le misure dovrebbero rivolgersi specificamente ai gruppi vulnerabili, ad esempio fissando una soglia di reddito familiare che limiti le sovvenzioni alle famiglie a basso reddito e si concentri sui veicoli più economici, ossia i veicoli elettrici piccoli e usati. Un’altra possibilità per raggiungere le famiglie a basso reddito che non possono permettersi un veicolo proprio sono i sistemi di leasing o car sharing sovvenzionati. Il bonus verde e il regime di leasing di veicoli elettrici mostrano come programmi su misura possano rivolgersi a gruppi che altrimenti non sarebbero in grado di permettersi veicoli elettrici. I regimi di sovvenzione con aliquote più elevate per le piccole imprese e le microimprese creano opportunità per tali imprese vulnerabili.

Il sostegno diretto al reddito deve mirare a far uscire efficacemente i destinatari dalla povertà energetica e dalla povertà dei trasporti e deve accompagnarsi a misure o investimenti con effetti duraturi sulle famiglie vulnerabili e sugli utenti vulnerabili dei trasporti che lo ricevono. I destinatari delle misure (famiglie vulnerabili, microimprese vulnerabili e utenti vulnerabili) devono essere adeguatamente sensibilizzati e informati con attività educative e consulenziali (accessibili ed economiche) anche attraverso audit energetici degli edifici, nonché consultazioni energetiche su misura o servizi di gestione della mobilità su misura.

Le donne, in particolare le madri sole, che rappresentano l’85% dei nuclei monoparentali (2023), sono colpite in modo sproporzionato dalla povertà energetica e dalla povertà dei trasporti, ma anche le donne con disabilità e le donne anziane che vivono da sole. È opportuno che gli obiettivi di parità di genere e pari opportunità per tutti (compresi i diritti all’accessibilità delle persone con disabilità), siano sostenuti nell’attuazione dei piani.

Le comunità energetiche dei cittadini e le comunità di energia rinnovabile sono ammissibili al Fondo sociale per il clima. Il Piano sociale per il clima il piano dovrebbe essere allineato con le riforme e gli impegni inclusi nei Piani nazionali integrati aggiornati per l’energia e il clima degli Stati membri, nonché con la direttiva sull’efficienza energetica, il piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali, i programmi della politica di coesione, i piani territoriali per una transizione giusta, i piani per la ripresa e la resilienza, il fondo per la modernizzazione e le strategie di ristrutturazione edilizia a lungo termine degli Stati membri.

CONCLUSIONI

L’Unione europea sta implementando politiche e programmi che mirano a rilanciare il ruolo delle piccole e medie imprese, comprese le microimprese e il lavoro autonomo imprenditoriale, per l’innovazione competitiva dell’economia europea e la creazione di posti di lavoro di qualità. Le misure qui presentate, dalla semplificazione normativa e regolamentare, alla disponibilità attuale e futura di risorse per le garanzie sugli investimenti, per lo start up e il consolidamento di impresa, per l’uscita dalla povertà energetica e dei trasporti, dovranno essere rese note e accessibili a chi guida queste realtà produttive, indipendentemente dalla dimensione di impresa e dal settore economico. È fondamentale che queste imprese siano messe nella condizione di utilizzare tutte le risorse loro destinate per accrescere la propria competitività in un contesto geopolitico complesso, in particolare i fondi per la riqualificazione delle risorse umane e per la formazione manageriale, per lo scale-up di impresa, per la transizione ecologica e la valutazione della sostenibilità ambientale delle proprie attività.

BOX

IL CONTESTO La comunicazione dell’11 dicembre 2019 intitolata «Il Green Deal europeo» - nuova strategia di crescita l’Unione in una società sostenibile, equa e prospera presenta il quadro di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che al più tardi entro il 2050 non dovrà generare emissioni nette di gas a effetto serra. Il Green Deal europeo mira, tra l’altro, a proteggere la salute e il benessere dei cittadini dai rischi di natura ambientale e dalle relative conseguenze. Tale transizione deve essere socialmente equa e inclusiva e non deve lasciare indietro nessuno.

Il Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio, sancisce nella legislazione europea l’obiettivo della neutralità climatica dell’economia al più tardi entro il 2050 e l’obiettivo di conseguire successivamente emissioni negative. Tale regolamento stabilisce, inoltre, un obiettivo vincolante dell’UE di riduzione interna delle emissioni nette di gas a effetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. Ai sensi del regolamento tutti i settori economici devono contribuire a conseguire tale obiettivo.

Il Considerandum 5 del Regolamento del Fondo sociale clima recita “Il piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali, […] del 2021, sottolinea la necessità di rafforzare i diritti sociali e la dimensione sociale europea in tutte le politiche dell’Unione. Il principio 20 del pilastro europeo dei diritti sociali afferma che «ogni persona ha il diritto di accedere a servizi essenziali di qualità, compresi l’acqua, i servizi igienico-sanitari, l’energia, i trasporti, i servizi finanziari e le comunicazioni digitali. Per le persone in stato di bisogno è disponibile un sostegno per l’accesso a tali servizi»”.

Gli investimenti nell’economia per la riduzione del consumo di combustibili fossili a effetto serra necessitano di risorse finanziarie ingenti. Prima che tali investimenti siano realizzati, si può verificare un aumento dei costi sia del riscaldamento, del raffrescamento e della cottura degli alimenti, sia del trasporto su strada a carico rispettivamente delle famiglie e degli utenti dei trasporti (i fornitori dei combustibili soggetti agli obblighi previsti dal sistema di scambio di quote di emissioni per edifici e trasporto su strada trasferiranno i costi del carbonio sui consumatori).

Nel Considerandum 10, si evidenzia che la transizione climatica avrà un impatto economico e sociale difficile da valutare ex ante. Gli investimenti a favore delle misure di efficienza energetica, dei sistemi di riscaldamento basati sulle energie rinnovabili, come le pompe di calore elettriche, il teleriscaldamento e il teleraffrescamento, e della partecipazione a comunità di energia rinnovabile sono un metodo efficace per ridurre le emissioni e la dipendenza dalle importazioni, aumentando allo stesso tempo la resilienza dell’Unione. Sono necessari finanziamenti ad hoc per sostenere le famiglie vulnerabili, le microimprese vulnerabili e gli utenti vulnerabili dei trasporti.

Il Considerandum 11 sottolinea che l’aumento del prezzo dei combustibili fossili può colpire in modo sproporzionato le famiglie vulnerabili, le microimprese vulnerabili e gli utenti vulnerabili dei trasporti che spendono una parte maggiore del loro reddito in energia e trasporti soprattutto quelle che vivono e operano in territori (isole, regioni e territori ultraperiferici, zone rurali o remote, periferie meno accessibili, zone montuose o in ritardo di sviluppo) che non hanno accesso a soluzioni alternative di mobilità e trasporto a prezzi abbordabili e che non hanno la capacità finanziaria di investire nella transizione verde (riduzione del consumo di combustibili fossili). Nel contesto della povertà dei trasporti è opportuno tenere conto di tali specificità geografiche nella messa a punto di misure e investimenti a sostegno delle famiglie vulnerabili, delle microimprese vulnerabili e degli utenti vulnerabili dei trasporti, laddove applicabile e pertinente.

Bibliografia essenziale

C(2015) 881 def, Orientamenti sui piani sociali per il clima del 5 marzo 2025 Bruxelles, 5.3.2025

European Commission, Support for the implementation of the Social climate fund.

Note
on good practices for cost-effective measures and investments, Bruxelles, 2024.

COM (2019) 640 final, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul Green Deal europeo, dell’11 dicembre 2019.

COM (2018) 97 final, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile, dell’8 marzo 2018.

COM (2025) 30 final, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al comitato delle regioni, Bussola per la competitività dell’UE, del 29 gennaio 2025.

COM (2025) 79 final, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al comitato delle regioni, Piano d’azione per un’energia a prezzi accessibili. Sbloccare l’autentico valore dell’Unione dell’energia per garantire energia pulita, efficiente e a prezzi accessibili a tutti gli europei, del 26 febbraio 2025.

Commission Staff working document, SWD (2025) 80 final, del 26 febbraio 2025.

COM (2025) 80 final, Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council amending directives (EU) 2022/2464 and (EU) 2024/1760 as regards the dates from which Member States are to apply certain corporate sustainability reporting and due diligence requirements, del 26 febbraio 2025.

COM (2025) 81 final, Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council amending Directives 2006/43/EC, 2013/34/EU, (EU) 2022/2464 and (EU) 2024/1760 as regards certain corporate sustainability reporting and due diligence requirements, del 26 febbraio 2025.

COM (2025) 85 final, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al comitato delle regioni, The Clean Industrial Deal: a joint roadmap for competitiveness and decarbonisation, del 26 febbraio 2025.

Draghi, M., The future of European competitiveness, Bruxelles, September 2024.

Forum Finanza Sostenibile, Italian SMEs and ecological transition. ESG profiles and sustainable finance, 2022.

Lang, T., La sfida della sostenibilità per le PMI, in Microfinanza, anno XIII, n. 55/2025.

Letta, E., Much more than a market. Speed, security, solidarity, Bruxelles, April 2024.

ManpowerGroup, Global Talent Shortage, 2023

Regolamento (UE) 2023/955 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 che istituisce un Fondo sociale per il clima e che modifica il regolamento (UE) 2021/1060.

NOTE

1 Letta, E., Much more than a market. Speed, security, solidarity, Bruxelles, April 2024.

2 Draghi, M., The future of European competitiveness, Bruxelles, September 2024.

3 Per maggiori informazioni consultare il seguente link https://commission.europa.eu/news/commission-proposes-cut-red-tape-and-simplify-business-environment-2025-02-26_it

4 Direttiva (UE) 2022/2464 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2022 che modifica il regolamento (UE) n. 537/2014, la direttiva 2004/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità.

5 Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2020 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088.

6 Direttiva (UE) 2024/1760 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 giugno 2024 relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e il regolamento (UE) 2023/2859.

7 Cfr. SME United, Omnibus 1 on sustainability reporting, 2025 https://www.smeunited.eu/publications/omnibus-1-on-sustainability-reporting-2

8 Si veda qui nota n.24. Per consultare le linee guida politiche https://commission.europa.eu/about/commission-2024-2029_en

9 Mid Cap, abbreviazione di middle-size capitalization, è il termine che indica le società quotate in un mercato azionario caratterizzate da media capitalizzazione.

10 La tassonomia dell’UE è uno strumento per migliorare la trasparenza delle attività delle imprese rispetto alle norme e agli obiettivi ambientali. La tassonomia europea si basa su un sistema di classificazione che traduce gli obiettivi climatici e ambientali dell’UE in criteri per specifiche attività economiche a fini di investimento privato. Essa mira a favorire gli investimenti nelle attività economiche più necessarie per la transizione verde, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo.

11 ManpowerGroup, Global talent shortage, 2023,

12 T.Lang, La sfida della sostenibilità per le PMI, in Microfinanza, anno XIII, n. 55/2025.

13 Il Pacchetto Omnibus propone il VSME come standard volontario per le PMI non soggette a obbligo di rendicontazione della CSRD. Lo standard offre una guida semplificata per la redazione dei bilanci di sostenibilità da parte delle PMI, rendendo più facile la comunicazione delle loro performance ESG. Oltre a facilitare la rendicontazione sulla sostenibilità, promuove la trasparenza e la competitività nel contesto della transizione verso un’economia più sostenibile.

14 COM (2025) 30 final, del 29 gennaio 2025, Bussola per la competitività dell’UE.

15 COM (2025) 85 final, del 26 febbraio 2025, The Clean Industrial Deal: a joint roadmap for competitiveness and decarbonisation.

16 Per consultare la Dichiarazione di Porto cliccare qui https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2021/05/08/the-porto-declaration/

17 Per maggiori informazioni sullo stato di attuazione del piano d’azione del 2021 si veda al seguente link: https://op.europa.eu/webpub/empl/european-pillar-of-social-rights/it/#chapter5

18 Il piano d’azione è stato pubblicato il 4 marzo 2021 dalla Commissione. Ha inoltre fornito obiettivi complementari a livello UE per ridurre il divario occupazionale di genere, aumentare l’offerta di servizi di istruzione e cura della prima infanzia, ridurre il numero di giovani NEET, aumentare la percentuale di adulti con competenze digitali di base e ridurre l’abbandono scolastico.

19 EMCO (Employment Committee) è il comitato consultivo del Consiglio europeo in materia di occupazione e formazione, mentre SPC (Social Protection Committee) è il comitato consultivo del Consiglio sulla protezione sociale.

20 Raccomandazione del Consiglio del 27 novembre 2023 sullo sviluppo delle condizioni quadro dell’economia sociale (C/2023/1344).

21 Von der Leyen, U., “Europe’s choice. Political guidelines for the next European Commission 2024−2029”, Strasburgo, 18 luglio 2024.

22 Sui patti per le competenze si veda qui https://pact-for-skills.ec.europa.eu/index_en

23 Regolamento (UE) 2023/955 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 che istituisce un Fondo sociale per il clima, pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE il 16 maggio 2023, entrato in vigore il 5 giugno 2023.

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di Elisa Iacomelli

La Commissione europea ha avviato un’indagine per raccogliere i contributi dai fornitori di microfinanza in tutta Europa per la prevista revisione del Codice Europeo di buona condotta per l’erogazione del microcredito. Il sondaggio è rivolto a tutti gli istituti finanziari attivi nel settore della microfinanza, indipendentemente dal fatto che aderiscano o meno al Codice. L’obiettivo è comprendere l’efficacia del Codice, la sua rilevanza nel mercato attuale e le eventuali sfide pratiche che le organizzazioni affrontano nell’applicarlo. La partecipazione al progetto di revisione da parte dei soggetti delle varie nazioni UE che hanno aderito all’indagine ha promosso una conoscenza condivisa delle best practices relative al Codice. Un esperimento che favorisce l’integrazione e la reale applicabilità di uno strumento di inclusione e sostegno basato su una filosofia deontologica che garantisca al consumatore ed ente erogatore nell’ambito dei processi microfinanziari. Nel dettaglio, secondo le stime della Commissione, il processo di revisione, basato sull’analisi delle risposte pervenute, avverrà entro la fine del 2026 o l’inizio del 20271, quando ci sarà la pubblicazione del nuovo Codice Europeo di buona condotta.


Cos’è il Codice europeo di buona condotta per l’erogazione del microcredito

Il Codice Europeo di buona condotta per l’erogazione del microcredito2 è uno strumento di autoregolamentazione volontario pensato per promuovere pratiche etiche e trasparenti nel settore della microfinanza in Europa, che negli ultimi anni ha registrato una crescita significativa ma anche una grande eterogeneità di attori, modelli di business, quadri legali e contesti operativi.

Il Codice, che funge da marchio di qualità, è stato sviluppato per affrontare la diversità del settore e migliorare l’accesso ai finanziamenti per le microimprese, che spesso affrontano difficoltà nell’accedere al credito tradizionale. Esso è particolarmente rivolto agli istituti di microfinanza non bancari che offrono prestiti fino a 50.000 euro a microimprenditori e lavoratori autonomi, sebbene anche gli istituti bancari possano approvarlo.

L’adesione al Codice è una condizione necessaria per accedere a finanziamenti europei nell’ambito degli strumenti finanziari EaSI e InvestEU.

La versione aggiornata del Codice, in vigore dal 1° gennaio 2021, è stata perfezionata per rispondere alle mutevoli esigenze del mercato e delle istituzioni operative nel settore, ed è il risultato di una consultazione con una serie di parti interessate, tra cui le reti europee di microfinanza, istituzioni bancarie, esperti e la Commissione Europea.

Il Codice è suddiviso in cinque sezioni principali: relazioni con i clienti e gli investitori, governance, gestione del rischio, standard di rendicontazione e sistemi informativi gestionali, che stabiliscono pratiche comuni per garantire la qualità e la trasparenza dei servizi offerti dalle istituzioni di microfinanza.

L’obiettivo è migliorare la governance interna, la gestione del rischio e l’efficienza operativa delle IMF, favorendo una maggiore fiducia tra i clienti, gli investitori e i regolatori.

Il processo di certificazione per l’adesione al Codice si articola in cinque fasi: registrazione presso la Banca Europea per gli Investimenti (BEI), autovalutazione dell’istituto di microfinanza, implementazione delle clausole del Codice, valutazione da parte di un ente esterno e decisione finale sul rilascio della certificazione.

Le IMF che rispettano almeno l’80% delle clausole e tutte le clausole prioritarie ottengono un certificato di conformità valido per quattro anni, con un obbligo di rendicontazione a metà periodo. In caso di non conformità, l’istituto può richiedere assistenza tecnica per migliorare la propria adesione al Codice e ottenere successivamente la certificazione.

L’adozione del Codice offre numerosi benefici: per le istituzioni di microfinanza, rappresenta uno strumento per migliorare la gestione interna e la credibilità; per i clienti, assicura che le IMF operino in modo etico e trasparente; per gli investitori, garantisce standard di rendicontazione chiari e trasparenti; e per i regolatori e decisori politici, promuove un approccio armonizzato e solidale nel settore della microfinanza.

Le microimprese, che rappresentano oltre il 90% delle imprese europee, sono una parte fondamentale dell’economia, ma la loro crescita è ostacolata dalla difficoltà di accesso ai finanziamenti.

La microfinanza, che comprende prestiti, garanzie e strumenti finanziari di supporto, può essere una risposta a questo problema, contribuendo allo sviluppo di un ambiente economico più inclusivo e sostenibile.

Obiettivi della revisione del Codice

La revisione del Codice Europeo di buona condotta per l’erogazione del microcredito ha come obiettivo primario l’adattamento alle nuove sfide e opportunità che il settore della microfinanza sta affrontando, tenendo conto delle diverse realtà nazionali e delle esigenze emergenti.

Negli ultimi anni, la microfinanza ha visto un’espansione significativa, ma anche un’ulteriore diversificazione dei modelli e delle pratiche, con un numero crescente di attori non bancari che operano fianco a fianco con le tradizionali banche e con l’emergere di nuove forme di microcredito come il finanziamento peer-to-peer3.

Come sottolineato dalla Banca Mondiale4, la microfinanza è un settore dinamico che deve continuamente adattarsi a un contesto economico, legale e sociale in rapida evoluzione. Pertanto, la revisione del Codice risponde alla necessità di aggiornare e armonizzare le pratiche per assicurare che tutte le istituzioni di microfinanza operino in modo etico, trasparente e responsabile.

Un primo obiettivo della revisione è rafforzare la qualità e l’efficacia dei servizi di microcredito offerti, garantendo che le istituzioni siano in grado di supportare in modo adeguato i microimprenditori e i lavoratori autonomi, soprattutto in un contesto di rischio elevato e instabilità economica.

Un rapporto della Banca Europea per gli Investimenti5 sottolinea che la qualità del microcredito deve essere accompagnata da un adeguato supporto non finanziario, come la formazione e il mentoring, al fine di migliorare i tassi di successo e la sostenibilità delle imprese finanziate.

La revisione punta a migliorare l’efficacia delle pratiche di valutazione del credito e a ridurre il rischio di indebitamento eccessivo, che può compromettere la salute finanziaria dei beneficiari.

La Fondazione Grameen6 e altre organizzazioni globali che operano nel settore evidenziano come la qualità dei servizi offerti dalle istituzioni di microfinanza sia fondamentale per evitare le trappole dell’indebitamento e favorire una crescita sostenibile delle piccole imprese.

Il secondo obiettivo riguarda il rafforzamento della trasparenza e della responsabilità delle istituzioni finanziarie, in particolare per quanto concerne la gestione dei fondi e la comunicazione con i beneficiari dei prestiti. La trasparenza è uno dei pilastri fondamentali per la creazione di fiducia nel settore della microfinanza. Secondo Microfinance Transparency7, un’adeguata trasparenza nelle politiche di prestito e nei costi associati al microcredito aiuta a prevenire le pratiche di usura e rende il settore più affidabile agli occhi degli investitori e dei regolatori. L’inclusione di pratiche di rendicontazione standardizzate e facilmente accessibili è essenziale per aumentare la fiducia delle persone e delle istituzioni, creando un mercato più equo e accessibile.

La Commissione Europea, infatti, ha riconosciuto che uno dei limiti principali delle istituzioni di microfinanza è l’assenza di un sistema di rendicontazione uniforme che consenta ai clienti di comprendere facilmente i costi associati al microcredito.

Un altro obiettivo chiave è quello di promuovere l’inclusione finanziaria e l’accesso al credito per i gruppi vulnerabili, come le donne, i giovani e le persone provenienti da comunità emarginate.

La microfinanza è, infatti, un potente strumento di inclusione sociale ed economica, come dimostrato da numerosi studi tra cui uno della Banca Mondiale, che evidenzia come il microcredito possa ridurre le disuguaglianze economiche e sociali, migliorando l’accesso a opportunità di lavoro e di crescita.

Tuttavia, non tutte le comunità vulnerabili godono delle stesse opportunità, in quanto molte istituzioni di microfinanza non sono ancora riuscite a raggiungere efficacemente tali gruppi.

La revisione del Codice intende colmare queste lacune, incoraggiando politiche di prestito più inclusive, che possano raggiungere le categorie più svantaggiate, contribuendo a ridurre il gap di accesso al credito e ad aumentare le opportunità economiche per tutti.

Infine, la revisione del Codice ha l’obiettivo di adattare le normative alle evoluzioni del mercato e alle migliori pratiche internazionali.

Come evidenziato dal Global Partnership for Financial Inclusion8, le migliori pratiche internazionali stanno evolvendo, con un crescente focus sulla sostenibilità ambientale e sulla responsabilità sociale.

La Commissione Europea intende allinearsi a queste nuove tendenze globali, integrando nel Codice requisiti di finanza verde e promuovendo la responsabilità sociale delle istituzioni di microfinanza.

La crescente attenzione a tematiche come il cambiamento climatico e la sostenibilità ha portato molte organizzazioni internazionali a sviluppare nuove linee guida per il finanziamento di iniziative verdi, che possono essere incluse nel Codice per promuovere un impatto positivo e duraturo delle attività finanziate.

Il sondaggio

Il sondaggio lanciato dalla Commissione europea dunque è uno strumento fondamentale per raccogliere feedback diretti dalle istituzioni finanziarie che operano nel settore della microfinanza.

Attraverso questo sondaggio, la Commissione intende:

  • Valutare l’efficacia del Codice nella pratica quotidiana delle istituzioni finanziarie.
  • Identificare le sfide e le difficoltà incontrate nell’implementazione delle sue disposizioni.
  • Raccogliere suggerimenti per migliorare e aggiornare le linee guida del Codice.

I risultati del sondaggio saranno utilizzati per informare il processo di revisione e garantire che il Codice aggiornato risponda alle reali esigenze del settore.

La Commissione Europea ha in programma di rivedere il Codice e, per supportare questo processo, questa indagine mira a raccogliere feedback sull’efficacia del Codice, sulla sua pertinenza e sulle sfide che le istituzioni potrebbero incontrare nella sua applicazione.

Il sondaggio è rivolto a tutte le organizzazioni attive nel settore della microfinanza, indipendentemente dal fatto che aderiscono o meno al Codice. Include una serie di domande volte a esplorare le esperienze istituzionali, la percezione dell’utilità del Codice e le idee per futuri miglioramenti.

Poiché i sondaggi dell’UE sono pubblici per impostazione predefinita, verrà utilizzato un link di accesso univoco per accedervi.

Le risposte fornite nel sondaggio sono anonime e non saranno rese pubbliche.

Inoltre saranno accessibili ai servizi della Commissione europea (EMPL.G3) e ai membri del Gruppo direttivo del codice per supportarli durante il processo di revisione.

Conclusioni

La Commissione Europea prevede di adottare il Codice aggiornato entro la fine del 2026 o l’inizio del 2027.

Il processo di revisione includerà ulteriori consultazioni con gli stakeholder, sessioni di feedback e test delle modifiche proposte.

Le istituzioni finanziarie che hanno aderito al Codice saranno coinvolte in tutte le fasi del processo per garantire una transizione fluida e l’adozione efficace delle nuove disposizioni.

Con le nuove tecnologie, la rapida creazione di strumenti basati sull’intelligenza artificiale e la crescente domanda di microfinanza registrata dalla Commissione Ue, nonché l’aumento dei finanziamenti per le politiche attive del lavoro e le politiche sociali con l’implementazione dei fondi FSE+, la necessità di un indirizzo deontologico per chi si occupa di attività microfinanziaria diventa imprescindibile.

Il Codice è un punto di riferimento da cui partire e al quale naturalmente, a seconda delle esigenze e delle sensibilità delle varie attività finanziarie che popolano il range degli stakeholder europei che hanno parteicipato al sondaggio, possono crescere le tutele a vantaggio di uno strumento che rispetta e immagina l’integrità della persona e le sue necessità come centro del processo economico.

NOTE

  1. #https://employment-social-affairs.ec.europa.eu/news/survey-revision-european-code-good-conduct-microcredit-provision-2025-05-27_en

#2. https://employment-social-affairs.ec.europa.eu/policies-and-activities/funding/microfinance-and-social-enterprise-finance/european-code-good-conduct-microcredit-provision_en

#3. https://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/p2plending-224.htm

  1. https://www.worldbank.org/en/topic/financialinclusion/overview
  2. “Microfinance in Europe: Expanding access to redit” Banca Europea per gli investimenti (2020)
  3. https://grameenfoundation.org/

#7. https://www.mftransparency.org/about-our-organization/

#8. https://www.gpfi.org/

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Le microimprese rappresentano oggi il cuore pulsante dell’economia europea: con meno di 10 addetti e un fatturato annuo inferiore ai 2 milioni di euro, costituiscono oltre il 95% del totale delle imprese e contribuiscono in maniera decisiva alla creazione di posti di lavoro. Recenti statistiche indicano che le microimprese generano circa il 30% dell’occupazione nell’Unione Europea, con un impatto significativo su giovani, donne e categorie svantaggiate. Tuttavia, l’accesso al credito rimane una sfida significativa, specialmente nelle regioni periferiche e nelle economie in transizione, dove le microimprese guidate da donne e giovani mostrano tassi di sopravvivenza inferiori rispetto alla media. Questo evidenzia la necessità di strumenti di supporto più mirati e inclusivi.

Nel panorama delle politiche europee, il Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+) si configura come uno degli strumenti cardine per accompagnare le microimprese nella fase di rilancio. Con un budget complessivo che supera 1,5 miliardi di euro in Italia, grazie al cofinanziamento nazionale, il FSE+ sostiene l’occupazione, l’inclusione sociale, la formazione e, soprattutto, l’accesso al credito per le imprese di piccola scala, spesso escluse dai tradizionali circuiti bancari. Di recente, la commissaria Roxana Mînzatu ha annunciato un aumento del 15% dei fondi destinati al microcredito nel quadro del FSE+ per il periodo 2025-2027, con un focus su progetti green e sociali.

La Commissaria Europea Roxana Mînzatu ha sottolineato più volte il valore strategico del microcredito come leva per lo sviluppo economico e l’inclusione finanziaria. Lo strumento si rivolge a coloro che, pur avendo un’idea imprenditoriale solida, non dispongono delle garanzie richieste per accedere al credito ordinario. Tassi agevolati, procedure semplificate e assistenza personalizzata fanno del microcredito una risposta concreta a un bisogno reale.

Un’idea nata da un prestito da 27 dollari

Il concetto moderno di microcredito affonda le sue radici nel lavoro del professor Muhammad Yunus, economista bengalese e Premio Nobel per la Pace nel 2006. Negli anni Settanta, Yunus si rese conto che con prestiti di pochi dollari era possibile migliorare radicalmente la vita di piccoli artigiani e commercianti nei villaggi rurali del Bangladesh. Con un prestito iniziale di 27 dollari suddiviso tra 42 donne, dimostrò che anche le persone escluse dai circuiti bancari tradizionali potevano essere affidabili e generare sviluppo. Da quell’intuizione nacque la Grameen Bank, pioniera del microcredito moderno, che ha ispirato numerose esperienze a livello globale, inclusa l’Unione Europea.

Una risposta europea alle nuove fragilità

L’iniziativa InvestEU e la componente EaSI del FSE+ sono dedicate proprio a questo: rafforzare gli strumenti finanziari a supporto delle microimprese e dell’imprenditoria sociale. Attraverso il fondo di garanzia EaSI, l’UE ha già sostenuto numerosi fornitori di microfinanza, raggiungendo imprenditori che altrimenti non avrebbero avuto accesso a risorse essenziali per la crescita. Le opportunità offerte si moltiplicano con il sostegno all’innovazione sociale, che promuove modelli imprenditoriali sostenibili e a forte impatto locale.

In Italia, il lavoro dell’Ente Nazionale per il Microcredito (ENM) rappresenta un presidio istituzionale di fondamentale importanza. Per il triennio 2025-2027, l’ENM prevede un plafond di 250 milioni di euro per interventi di microfinanza, con una particolare attenzione alle iniziative non coperte dalla garanzia ordinaria del Fondo PMI. L’ente ha recentemente lanciato un nuovo fondo tematico per progetti di inclusione digitale, con un plafond di 50 milioni di euro per il 2025, ampliando per le microimprese.

Iniziative di formazione per microimprenditori

Per garantire un utilizzo efficace delle risorse, è fondamentale fornire adeguata formazione agli imprenditori. Il FSE+ finanzia vari programmi di formazione per microimprese, concentrandosi su competenze imprenditoriali, gestione finanziaria e innovazione digitale. Ad esempio, il progetto “SkillUp” mira a formare oltre 10.000 microimprenditori in Italia entro il 2025, offrendo corsi online e workshop pratici. Inoltre, molte associazioni locali e incubatori d’impresa collaborano con l’ENM per fornire supporto formativo personalizzato, aiutando gli imprenditori a sviluppare piani aziendali solidi e strategie di marketing efficaci.

Verso una semplificazione normativa a misura di microimpresa

Nonostante i progressi registrati, permangono ostacoli normativi che limitano la diffusione capillare del microcredito in Europa. Una maggiore semplificazione legislativa potrebbe rendere questo strumento ancora più accessibile e incisivo. In primo luogo, è necessario armonizzare la definizione di microcredito a livello europeo, per evitare disallineamenti tra le normative nazionali e favorire una base giuridica comune. Un rapporto del 2024 di European Microfinance Network (EMN) propone un quadro normativo comune per ridurre le disparità tra i Paesi membri.

In secondo luogo, sarebbe auspicabile alleggerire gli oneri amministrativi per gli intermediari finanziari autorizzati ad erogare microcredito, facilitando così la loro operatività anche nei contesti territoriali meno strutturati e a bassa densità economica. In questa direzione si muove anche la sperimentazione di sportelli unici digitali, attualmente in corso in Paesi come Spagna e Portogallo, che integrano l’accesso al credito con servizi di consulenza e accompagnamento imprenditoriale. Secondo un caso studio del 2024 della World Bank, questi strumenti hanno aumentato del 25% l’accesso effettivo al microcredito da parte delle microimprese, dimostrando l’efficacia delle soluzioni digitali a supporto dell’inclusione finanziaria.

Dalle radici etiche alla spinta per il futuro

Oggi, a quasi cinquant’anni dall’esperienza pionieristica della Grameen Bank, il microcredito ha compiuto un’evoluzione significativa. È diventato non solo uno strumento finanziario, ma un vero e proprio modello culturale ed economico, che mette al centro la persona, la fiducia e la sostenibilità. In Europa, e in particolare in Italia, questa filosofia si sta affermando anche grazie al sostegno dell’FSE+, trasformando ogni piccolo prestito in una leva di cambiamento, inclusione e crescita sociale.

Il microcredito sta inoltre evolvendo verso modelli sempre più orientati alla sostenibilità ambientale. Come evidenziato da un articolo del 2023 pubblicato sul Journal of Sustainable Finance & Investment, i prestiti green stanno diventando una componente chiave del nuovo microcredito europeo, favorendo non solo l’accesso al capitale, ma anche la transizione ecologica delle microimprese, con effetti positivi sul territorio e sulle comunità locali.

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Abbiamo intervistato Roxana Mînzatu, vicepresidente esecutiva nella Commissione europea. Classe 1980, rumena, a settembre del 2024 il governo del suo paese l’ha indicata come commissaria europea e la presidente, Ursula von der Leyen, le ha assegnato una delle cinque vicepresidenze, con l’importante delega alle persone, alle competenze e alla preparazione (è la prima volta che una vicepresidenza è esplicitamente dedicata ai temi sociali).

Tra le competenze attribuite alla vicepresidente Mînzatu nella Mission letter indirizzatale dalla presidente von der Leyen, è centrale l’obiettivo del rafforzamento del capitale umano dell’Unione europea al fine di preparare cittadini e cittadine ai cambiamenti e ai rischi derivanti dai grandi cambiamenti globali (demografico, climatico, digitale). Per conseguire tale risultato la vicepresidente è chiamata a orientare le politiche che attuano il Pilastro europeo dei diritti sociali al superamento delle sfide poste dalle carenze di competenze e di manodopera nell’UE, concentrandosi in particolare sull’istruzione e sulla formazione per tutti e l’inclusione dei gruppi sottorappresentati nel mercato del lavoro alfine di garantire che l’economia sociale di mercato operi a sostegno della trasformazione di industrie e società in un mercato unico più forte, solidale, competitivo, in grado di offrire posti di lavoro di qualità e maggiore uguaglianza. Il mandato affidatole prevede che un sempre maggior numero di persone esca dalla condizione di povertà, non ultimo, per conseguire il target fissato al 2030 di riduzione di almeno 15 milioni di persone a rischio di povertà nell’UE (Piano d’azione del pilastro sociale, 2021). In relazione a quest’ultima, Mînzatu dovrà guidare i lavori sulla prima strategia dell’UE contro la povertà e contribuire al piano europeo per gli alloggi a prezzi accessibili. In tema di lavoro, la vicepresidente dovrà occuparsi dell’impatto della digitalizzazione sul mercato del lavoro, della preparazione della tabella di marcia per l’occupazione di qualità (Quality Jobs Roadmap) ai fini di una transizione giusta da pubblicare entro il 2025, della migliore mobilità dei lavoratori - anche attraverso un’iniziativa sulla portabilità delle competenze e il loro riconoscimento tra paesi e l’introduzione di una laurea europea – nonché della creazione di un bacino di talenti (EU Talent Pool) per attrarre competenze dai paesi terzi in risposta alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro europeo.

Nei primi cento giorni di attività della nuova Commissione, oltre ad aver avviato il dialogo con i giovani sulle materie di propria competenza (come richiesto dalla Presidente Ursula von der Leyen a tutti i componenti del nuovo esecutivo), Roxana Mînzatu ha presentato alcune importanti iniziative. Tra le altre, preme segnalare la “Union of Skills” lanciata nel corso del Social Forum 2025 a inizio marzo, che mira a superare le carenze di competenze e di manodopera nell’UE per affrontare adeguatamente le transizioni digitale e verde. L’iniziativa, che si compone di più azioni, affronta i limiti attuali dei sistemi di istruzione e formazione dei giovani e degli adulti, proponendo misure e attività per il mantenimento e riconoscimento delle competenze possedute, la riqualificazione e il miglioramento delle competenze delle persone sul lavoro e di quelle che sono alla ricerca di un’occupazione. Dell’iniziativa fanno parte un piano d’azione sulle competenze di base e un piano strategico in materia di istruzione STEM, che affrontano due delle più evidenti carenze di competenze nell’UE. Nel piano d’azione sulle basic skills rientrano le competenze in materia di lettura, matematica, scienze, digitale e cittadinanza, non solo per gli studenti inseriti nei percorsi di istruzione, ma anche per gli adulti. Come ribadito nella comunicazione della Commissione del 5 marzo 2025, le competenze matematiche sono alla base del pensiero logico e astratto e sono fondamentali per la vita di tutti i giorni, soprattutto, in un mondo sempre più tecnologizzato. Tra le abilità matematiche, rientra anche l’alfabetizzazione finanziaria che consente alle persone di prendere decisioni informate sulla base dei dati e le aiuta a sviluppare un approccio misurato all’assunzione di rischi (in particolare, i rischi finanziari). Partendo da queste considerazioni, il piano d’azione propone lo sviluppo di una strategia per l’alfabetizzazione finanziaria per studenti e adulti, affinché tutti siano in grado di prendere decisioni economiche e finanziarie ben informate lungo tutto l’arco della vita e di migliorare le loro prospettive lavorative e personali.

Entro il terzo trimestre del 2025, in collaborazione con la commissaria Albuquerque, responsabile per i servizi finanziari e l’Unione dei risparmi e degli investimenti, sarà proposta una strategia dell’UE in materia di alfabetizzazione finanziaria col fine di responsabilizzare, sensibilizzare e aumentare la partecipazione consapevole e informata di cittadini e cittadine sia al risparmio sia agli investimenti. Come indicato anche nei rapporti Draghi e Letta, infatti, è necessario aumentare il coinvolgimento delle persone al mercato degli investimenti; tuttavia, ciò sarà possibile solo se miglioreranno le conoscenze finanziarie tra i potenziali investitori al dettaglio e se l’Unione europea farà in modo che il mercato unico offra maggiori e migliori opportunità di investimento più rispondenti alle necessità effettive dei singoli individui (dal sostegno agli studi, all’avvio di una attività lavorativa in proprio, dalla creazione di una famiglia alla programmazione e capitalizzazione del risparmio pensionistico).

Da ultimo, ma non ultimo, il rilevante portafoglio della vicepresidente Mînzatu comprende tutte le priorità strategiche strettamente legate al Fondo sociale europeo Plus (FSE+): condizioni di lavoro sostenibili, riqualificazione delle competenze, adattabilità al mercato del lavoro, inclusione sociale delle persone più vulnerabili, comprese le persone con disabilità, e lotta alla povertà.

La profonda conoscenza ed esperienza nella programmazione e gestione dei fondi europei della Vicepresidente esecutiva, sono il miglior viatico per il prossimo negoziato sulla politica di coesione, che prenderà il via a giugno 2025 con la presentazione della bozza di regolamenti da parte della Commissione europea. I nuovi fondi potranno contribuire all’attuazione delle priorità del pilastro sociale compresa l’inclusione sociale e lavorativa di chi è più distante dal mercato del lavoro. Uno degli strumenti che si sono dimostrati più efficaci ai fini dell’integrazione socio-lavorativa è il microcredito. Nell’intervista che segue abbiamo chiesto alla Vicepresidente Mînzatu quali prospettive intravede per la microfinanza e il microcredito nelle politiche attuali e future dell’Unione europea e quale ruolo possano tali strumenti svolgere nell’attuazione dei principi del Pilastro sociale, anche con riferimento all’educazione finanziaria. Ne esce un quadro complessivamente positivo, dove la funzione sociale del microcredito è più volte sottolineata, l’intenzione di proseguire il supporto al settore è confermata per il prossimo quadro finanziario pluriennale, il monitoraggio e la valutazione delle iniziative e dei programmi sono indicati come attività imprescindibili per la verifica dell’efficacia ed efficienza di queste politiche e strumenti e i loro effetti sulla convergenza sociale nell’Unione europea.

What role do you think should be given to microfinance and microcredit in the implementation of the key principles of the European Pillar of Social Rights, in particular to facilitate access to employment, social inclusion and the autonomy of vulnerable people?

The microfinance sector plays a key role in implementing two of the headline targets of the European Pillar of Social Rights, to have at least 78% of the population aged 20 to 64 in employment and to reduce of at least 15 million in the number of people at risk of poverty or social exclusion by 2030. By helping financially excluded and vulnerable people to start their own business, microfinance creates jobs and helps people get an income to support themselves and their families. The sector also plays a key role in helping women overcome the barriers they still face in starting their own business.

This is why the EU has been supporting the microfinance sector for almost 15 years. Working closely with the sector, we provided EUR 12.3 bn of financing for micro- and social entrepreneurs and helpedcreate 800,000 jobs in micro- and social enterprises. We are now supporting microfinance under the InvestEU programme, which allocates EUR 2.8 billion to promote social investment and skills until 2027.

As highlighted in the Social Economy Action Plan, lack of access to finance is one of the main obstacles for social entrepreneurship to thrive. The finance gap for these enterprises is estimated at EUR 12.9 billion (2020). Given the importance attributed to the INVEST-EU Programme in overcoming the aforementioned finance gap, can you tell us whether and how the effectiveness of the Programme is being monitored by DG EMPL with respect to the real increase of the availability of resources for social inclusion enterprises and to the quality of the jobs to the most vulnerable persons (women, young Neet, LTU, people with disabilities, people with a migrant background)?

InvestEU has been successfully supporting social enterprises, even beyond our expectations. The interim evaluation of the InvestEU programme showed that for every €1 from the EU budget, the programme has the potential to mobilise up to €15 of investment. Thanks to our cooperation with the European Investment Fund, 1,602 social enterprises have already received loans for Euro 273 million, creating or supporting about 100,000 jobs.

InvestEU is not only about financing. It also provides advisory support, through the Advisory Hub and the Social Inclusive Finance Technical Assistance (SIFTA). Advisory services are key to strengthen the social finance market and build the capacity of the financial intermediaries working with social enterprises.

Supporting social enterprises and the social economy more broadly is and will remain a priority for the European Commission. We have started the work on the mid-term review of the Social Economy Action Plan. This will be an opportunity to reflect on the progress we have made so far and to identify new ways to strengthen the social economy.

In the “Letta Report” it is stated that the European population has little financial literacy and that the EU should foster its development in view of a stronger Single Market. Letta’s proposals also include integrating financial education into school curricula. Given the prominence of skills and education in your Mission as Executive Vice-President of the European Commission, how would you respond to this call?

Professor Letta was unfortunately quite right in being worried about the low degree of financial literacy among European citizens, and his call for action is certainly justified.

Financial literacy is crucial because it empowers individuals to make informed decisions about their money. It helps them avoid debt traps, understanding interest rates and loan terms. It is essential to know how to manage daily expenses, how to build savings, invest wisely and plan for their retirement. And it is of course especially important for business owners.

Financial literacy is one of the main topics of the Business Development Services that all microfinance institutions provide to beneficiaries. We will launch soon an innovative scheme combining InvestEU products with grants under the European Social Fund Plus to provide more business development services and trainings to the most vulnerable beneficiaries of microfinance.

You cannot have financial literacy without basic skills like maths and literacy, and there too we see huge problems across Europe. Our upcoming Action Plan on Basic Skills will tackle this head-on, making literacy, numeracy, and digital skills a priority across the EU.

And for adults, financial literacy can be integrated into training for workers in any sector, particularly for the self-employed and the managers of small companies. Increasing the share of adults that engage in training is one of the priorities of our upcoming Union of Skills.

The “Employment and social development in Europe review 2024” states that EUR 2.5 billion of the European Social Fund Plus 2021-2027 was allocated by the Member States to active labour policies for self-employment and business start-up. Does the Commission intend to maintain this approach in the 2028-2034 Cohesion Policy programming period? What space, if any, will be given to microfinance and microcredit also with a view to contributing to the implementation of the objectives of the Recommendation on the development of framework conditions for the social economy?

In the 2021-2027 programming period, the European Social Fund+ (ESF+) is indeed expected to invest about EUR 2.5 billion to finance various measures to support self-employment and business start-ups in Member States and their regions, including measures supporting access to microfinance and microcredit.

We will soon begin a reflection on the next programming period. The European Commission is set to present proposals for the 2028-2034 Multiannual Financial Framework (MFF) by 30 June 2025.

Given the current socio-economic landscape and the EU’s priorities on competitiveness, cohesion policy funds, including the ESF+, are likely to continue supporting self-employment and business creation. This includes a strong emphasis on social enterprises as a means of fostering the socio-economic integration of vulnerable groups.

I am confident that the ESF+ will maintain its support for microfinance and microcredit to help achieve its broader economic and social objectives.

Roxana Mînzatu, dopo la laurea in scienze politiche e quella in integrazione europea, ha lavorato nel ministero dedicato proprio all’integrazione europea e, in seguito, è stata manager e consulente per diversi progetti finanziati dall’UE (2004-2006).

L’impegno in politica, nel partito socialdemocratico, si è sviluppato dal livello locale fino a quello nazionale e, infine, europeo. Nel 2015 è stata segretario di Stato presso il ministero dei Fondi europei e ha guidato l’Agenzia nazionale per gli appalti pubblici. Eletta alla Camera dei deputati nel 2016, è stata segretaria della commissione industria e servizi e componente della commissione affari europei. Ministra per i fondi europei nel governo Dăncilă (2019), in seguito ha ricoperto l’incarico di segretario di Stato nel ministero per gli investimenti e i progetti europei (2021-22) e segretario di Stato con compiti di coordinamento del dipartimento per la valutazione integrata e il monitoraggio dei programmi finanziati con fondi pubblici ed europei nel Segretariato Generale del Governo (2022-2024). Eletta al Parlamento europeo a maggio 2024, nel gruppo dei socialisti e dei democratici, ha fatto parte della commissione sviluppo regionale.

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Abstract

The European Code of Good Conduct for Microcredit Provision establishes ethical and operational guidelines to ensure transparency, risk management, and responsible governance in the microfinance sector. This article critically analyzes the core principles of the Code, assessing its role in promoting financial inclusion and mitigating the risks of over-indebtedness and unethical lending practices. By comparing the Code with existing regulatory frameworks, we highlight its impact on microfinance institutions, investors, and clients.

In Italy, the National Agency for Microcredit, alongside other pioneers, has contributed to its dissemination. By implementing a customized adaptation of the Code, an additional tool is provided for microfinance operators. For this reason, auxiliary non-financial service providers offering assistance and monitoring, accredited by the Agency, adhere to a code of conduct inspired by the European framework.

Il Codice Europeo di Buona Condotta per l’Erogazione del Microcredito stabilisce linee guida etiche e operative per garantire trasparenza, gestione del rischio e governance responsabile nel settore della microfinanza. Questo articolo analizza criticamente i principi fondamentali del Codice, valutando il suo ruolo nella promozione dell’inclusione finanziaria e nella mitigazione dei rischi di sovraindebitamento e di pratiche di prestito non etiche. Confrontando il Codice con i quadri normativi esistenti, evidenziamo il suo impatto sulle istituzioni di microfinanza, sugli investitori e sui clienti. In Italia l’Ente Nazionale per il Microcredito ha contribuito insieme ad altri apripista alla sua diffusione. Implementando una dotazione personalizzata del codice, si tende a fornire un ulteriore strumento per gli operatori di Microfinanza, per questo gli operatori di servizi ausiliari non finanziari di assistenza e monitoraggio convenzionati con l’Ente sottoscrivono un codice di condotta ispirato a quello europeo.

  1. Introduzione

Il microcredito rappresenta uno degli strumenti più efficaci per favorire l’inclusione finanziaria e sostenere la crescita delle microimprese, in particolare per coloro che non hanno accesso ai canali tradizionali di finanziamento. Negli ultimi decenni, la sua diffusione ha permesso a milioni di persone di avviare attività economiche, contribuendo alla riduzione della povertà e all’integrazione nel mercato del lavoro di soggetti spesso esclusi dal sistema bancario. Tuttavia, la mancanza di regolamentazione uniforme e la diversità delle pratiche adottate dagli operatori del settore, hanno reso necessario un quadro normativo che garantisca standard di qualità omogenei, proteggendo sia gli investitori, sia i clienti.

Il Codice Europeo di Buona Condotta per l’Erogazione di Microcrediti1 nasce per rispondere a questa esigenza, fornendo un insieme di linee guida etiche e operative destinate alle istituzioni microfinanziarie che operano nell’Unione Europea. Elaborato dalla Commissione Europea, in collaborazione con esperti del settore e organizzazioni internazionali, il Codice si pone come uno strumento di autoregolamentazione che mira a promuovere trasparenza, responsabilità e sostenibilità nel microcredito. La sua adozione non è obbligatoria, ma costituisce un requisito2 per accedere a determinati fondi e programmi di supporto europei, rendendolo di fatto un riferimento essenziale per gli operatori del settore.

L’obiettivo principale del Codice è quello di conciliare la sostenibilità finanziaria delle istituzioni microfinanziarie con la tutela dei clienti, garantendo che il microcredito rimanga uno strumento di sviluppo economico e non diventi una fonte di sfruttamento per le fasce più vulnerabili della popolazione. Tra i principi cardine del Codice vi sono la trasparenza nelle condizioni contrattuali, la corretta gestione del rischio, la protezione dei consumatori e la promozione di pratiche di prestito etiche.

  1. Il microcredito: origine e fondamenti etici

Il microcredito nasce come strumento di sviluppo economico e di inclusione sociale, pensato per offrire opportunità a chi, per ragioni economiche o sociali, non ha accesso al credito tradizionale. Il concetto moderno viene fatto risalire all’esperienza della Grameen Bank, fondata in Bangladesh negli anni ’70 dall’economista Muhammad Yunus. L’idea alla base era semplice ma rivoluzionaria: concedere piccoli prestiti senza garanzie a persone escluse dal sistema bancario per permettere loro di avviare o espandere piccole attività imprenditoriali. Questo modello ha dimostrato che anche i più poveri, se messi nelle condizioni di farlo, possono essere affidabili dal punto di vista creditizio e contribuire attivamente allo sviluppo economico delle proprie comunità.

Da allora, il microcredito si è evoluto e ha trovato applicazione in diversi contesti, adattandosi alle esigenze dei mercati locali. In Europa, il suo ruolo è cresciuto in risposta a sfide economiche come la disoccupazione, la precarietà lavorativa e la difficoltà di accesso al credito per le piccole imprese. Il microcredito è stato promosso sia da istituzioni pubbliche, sia da enti privati, con il supporto di programmi europei specifici finalizzati a stimolare l’imprenditoria e l’innovazione sociale. L’assenza di un quadro normativo uniforme, tuttavia, ha portato a un’eterogeneità di approcci, con differenze significative nei modelli di erogazione, nei tassi di interesse applicati e nei criteri di valutazione dei richiedenti.

Alla base del microcredito vi sono principi etici che ne distinguono la natura rispetto al credito tradizionale3. La sua finalità principale non è la massimizzazione del profitto, ma la creazione di valore sociale, attraverso il sostegno a chi altrimenti, rimarrebbe escluso dal mercato finanziario. Il microcredito si fonda sul concetto di equità, garantendo a tutti, indipendentemente dal loro status economico, la possibilità di accedere a strumenti finanziari adeguati. Un altro principio fondamentale è la trasparenza: i beneficiari devono essere pienamente consapevoli delle condizioni del prestito, senza il rischio di costi nascosti o pratiche ingannevoli.

L’etica del microcredito si riflette anche nella gestione del rischio. A differenza del credito tradizionale, che si basa prevalentemente su garanzie patrimoniali, il microcredito punta sulla fiducia reciproca e sulla valutazione della capacità di rimborso dell’individuo, tenendo conto del contesto economico e sociale in cui opera. Il rischio viene mitigato attraverso strategie come la formazione finanziaria, l’accompagnamento degli imprenditori e il supporto nella gestione delle attività. Questo approccio responsabilizza il beneficiario, riducendo il tasso di insolvenza e creando una relazione più sostenibile tra creditore e debitore.

Il Codice Europeo di Buona Condotta per l’Erogazione di Microcrediti si allinea a questi principi, imponendo criteri rigorosi per garantire che le istituzioni microfinanziarie operino nel rispetto della trasparenza e dell’etica finanziaria. Le linee guida previste dal Codice stabiliscono, ad esempio, che i tassi di interesse debbano essere giustificati in base ai costi operativi e che le istituzioni adottino misure concrete per evitare il sovraindebitamento dei clienti. Il codice promuove, inoltre, la protezione dei consumatori attraverso procedure chiare per la gestione dei reclami e la tutela della privacy.

Nel panorama attuale il microcredito continua a essere un elemento chiave per sostenere le economie locali e promuovere l’inclusione finanziaria, ma la sua efficacia dipende dalla capacità di mantenere un equilibrio tra sostenibilità economica e rispetto dei principi etici. Il Codice si inserisce in questo contesto come uno strumento fondamentale per garantire che il microcredito rimanga fedele alla sua missione originaria, offrendo opportunità concrete senza compromettere la sicurezza e il benessere dei beneficiari.

  1. Il Codice Europeo di Buona Condotta: Struttura e Principi Fondamentali

Il Codice è strutturato in cinque sezioni principali4:

  • Rapporti con clienti e investitori per garantire comunicazione trasparente, trattamento equo e prevenzione del sovraindebitamento dei beneficiari
  • Governance che stabilisce responsabilità attraverso pianificazione strategica e supervisione indipendente delle istituzioni, avvalendosi dei ruoli ricoperti all’interno del consiglio di amministrazione.
  • Gestione del rischio, implementando politiche di rischio del credito per ridurre le insolvenze e minimizzare i rischi operativi.
  • Norme di rendicontazione per assicurare una comunicazione chiara e affidabile, con clienti e investitori, migliorando la trasparenza finanziaria e sociale.
  • Sistemi informativi che certifichino una gestione sicura ed efficiente dei dati.

Ogni sezione include linee guida vincolanti progettate per elevare gli standard del settore e rafforzare la fiducia degli investitori.

Una governance solida ed efficace è essenziale per la credibilità delle istituzioni di microfinanza e garantire la loro natura sostenibile. Il Codice enfatizza il ruolo di consigli di amministrazione indipendenti, leadership etica e controlli interni solidi per adottare strategie a lungo termine. Inoltre, impone valutazioni periodiche dei rischi per prevenire la cattiva gestione finanziaria e frodi. L’inclusione di audit esterni migliora ulteriormente la responsabilità e l’affidabilità della capacità di rimborso dei clienti.

  1. Trasparenza Finanziaria e Protezione dei Consumatori

Una delle principali preoccupazioni etiche nel microcredito è il rischio di prestiti predatori5. Le istituzioni microfinanziarie devono fornire informazioni chiare sui costi dei prestiti, sui termini contrattuali e sui diritti dei clienti. Inoltre, il Codice promuove meccanismi di gestione dei reclami e misure per evitare l’indebitamento eccessivo dei clienti. La protezione dei consumatori include anche la sicurezza dei dati personali e finanziari, garantendo il rispetto delle normative sulla privacy.

Il Codice contrasta questa tendenza imponendo:

  • termini di prestito chiari le istituzioni devono fornire informazioni dettagliate sui tassi di interesse, piani di rimborso e penalità.
  • prevenzione del sovraindebitamento i clienti devono essere sottoposti a valutazioni finanziarie approfondite, prima dell’approvazione del prestito.
  • meccanismi di reclamo i clienti hanno il diritto di contestare trattamenti ingiusti attraverso procedure strutturate di reclamo.

Queste misure proteggono i mutuatari e garantiscono l’integrità istituzionale.

Per gli investitori il Codice funge da standard di qualità e affidabilità, riducendo i rischi d’investimento e aumentando la fiducia nelle istituzioni di microfinanza. Per i clienti, assicura pratiche di prestito etiche e educazione finanziaria, promuovendo abitudini di indebitamento responsabili e accesso a prodotti trasparenti e equi. La standardizzazione delle pratiche di microcredito nell’UE favorisce anche l’armonizzazione normativa e la fiducia dei consumatori, costituendo, inoltre, un fattore che può influenzare le decisioni di finanziamento da parte delle istituzioni europee.

L’adozione del Codice Europeo di Buona Condotta per l’Erogazione di Microcrediti ha un impatto significativo tanto sugli investitori, quanto sui clienti, rafforzando la fiducia reciproca tra chi finanzia il settore e chi ne beneficia. Il microcredito, nato come strumento per promuovere l’inclusione finanziaria, deve, infatti, bilanciare la sostenibilità economica con la protezione dei consumatori, evitando rischi di speculazione o pratiche scorrette. In questo contesto, il Codice si pone come riferimento per garantire una gestione trasparente ed etica delle risorse, con effetti concreti sia per chi investe nelle istituzioni di microfinanza, sia per chi accede ai loro servizi.

Dal punto di vista degli investitori, il Codice rappresenta un marchio di qualità che certifica l’adozione di pratiche di microfinanza responsabili. La presenza di linee guida precise in materia di governance, gestione del rischio e rendicontazione finanziaria consente di ridurre l’incertezza tipica del settore, offrendo garanzie sulla solidità degli enti che operano nel microcredito. Questo aspetto è particolarmente rilevante per i fondi di investimento etici, le banche di sviluppo e le organizzazioni internazionali che necessitano di criteri chiari per selezionare le istituzioni da finanziare. La trasparenza richiesta dal Codice impone alle istituzioni microfinanziarie di fornire dati dettagliati sui prestiti erogati, sui tassi di interesse applicati e sulle misure adottate per limitare il rischio di insolvenza, offrendo agli investitori uno strumento oggettivo per valutare l’affidabilità delle loro operazioni.

Per i clienti il Codice introduce garanzie fondamentali che migliorano la loro tutela e la qualità del servizio ricevuto. La chiarezza nella comunicazione delle condizioni di prestito è uno dei principi cardine, con l’obbligo per gli enti microfinanziari di fornire informazioni comprensibili sui costi del credito e sui termini contrattuali. Questo riduce il rischio di pratiche predatorie, evitando che i clienti si trovino in situazioni di sovraindebitamento per via di costi nascosti o condizioni poco trasparenti. Inoltre, il Codice rafforza la protezione dei dati personali, imponendo alle istituzioni misure di sicurezza per prevenire l’uso improprio delle informazioni finanziarie dei clienti.

Un altro aspetto chiave riguarda il diritto di reclamo6. Il Codice stabilisce l’obbligo per le istituzioni di dotarsi di meccanismi strutturati per la gestione delle contestazioni, garantendo ai clienti la possibilità di segnalare eventuali irregolarità e di ottenere risposte rapide. Questo contribuisce a creare un sistema più equo, in cui i beneficiari dei prestiti non sono lasciati soli di fronte a difficoltà finanziarie o a problematiche contrattuali.

L’adozione del Codice ha effetti positivi anche sulla percezione del microcredito come strumento di sviluppo economico. Gli enti che rispettano le linee guida stabilite dalla Commissione Europea godono di maggiore credibilità, potendo accedere più facilmente a finanziamenti e attirando nuovi clienti. Questo rafforzamento dell’affidabilità complessiva del settore incentiva una diffusione più ampia del microcredito, ampliando le opportunità di accesso ai capitali per piccole imprese e imprenditori sociali.

L’Italia è stata uno dei primi stati a dotarsi di un codice attraverso l’Ente Nazionale per il Microcredito. In particolare la via italiana mette al centro la figura del tutor, sulla quale la regolamentazione cerca di strutturarsi per chi fornisce i servizi ausiliari.

Nonostante i numerosi vantaggi, l’applicazione del Codice pone anche alcune sfide. Per gli investitori, la necessità di verificare la conformità delle istituzioni microfinanziarie agli standard richiesti, comporta costi aggiuntivi e un impegno costante nella due diligence. Per i clienti il rispetto di criteri più stringenti nella valutazione della sostenibilità dei prestiti potrebbe limitare l’accesso al credito per alcune fasce di popolazione considerate a rischio, con la conseguenza di una riduzione della flessibilità del settore. Tuttavia, nel lungo periodo, il rispetto di standard elevati rappresenta un fattore di crescita sostenibile, contribuendo a consolidare un ecosistema finanziario più responsabile e inclusivo.

L’adozione del Codice Europeo di Buona Condotta per l’Erogazione di Microcrediti si configura dunque come un passo fondamentale per rafforzare il settore, aumentando la fiducia degli investitori e garantendo maggiore protezione ai clienti. La sua applicazione su larga scala consente di promuovere un modello di microfinanza etico e trasparente, in cui l’accesso al credito non sia solo un’opportunità economica, ma anche un motore di sviluppo equo e sostenibile.

  1. Il codice deontologico
    dei tutor ENM

Nel panorama della microfinanza, il microcredito rappresenta una risorsa fondamentale per promuovere l’inclusione sociale e l’autonomia economica di individui e piccole imprese. Tuttavia, affinché questo strumento possa essere utilizzato in modo efficace e responsabile, è essenziale che gli operatori del settore seguano linee guida etiche e normative. In questo contesto il Codice Europeo di buona condotta pubblicato dalla Commissione Europea per l’erogazione del microcredito, e il successivo Codice Deontologico e regolamento disciplinare per gli operatori in servizi non finanziari ausiliari di assistenza e monitoraggio emanato in Italia dall’Ente Nazionale per il Microcredito, si rivelano strumenti fondamentali che mirano a stabilire elevati standard etici in materia di microcredito attraverso un insieme unificato di linee guida di buone pratiche, che consentiranno alle istituzioni di microfinanza di affrontare al meglio le sfide legate all’accesso ai finanziamenti a lungo termine, nonché di incoraggiarle a migliorare i propri processi e le proprie operazioni interne.

Conclusioni

Il Codice Europeo di Buona Condotta per l’Erogazione di Microcrediti rappresenta un passo fondamentale verso una maggiore regolamentazione e standardizzazione del settore, garantendo che il microcredito continui a essere uno strumento di inclusione finanziaria e sviluppo economico senza degenerare in pratiche speculative o scorrette. La sua implementazione fornisce alle istituzioni di microfinanza un quadro di riferimento chiaro e rigoroso, contribuendo a rafforzare la fiducia degli investitori e la loro protezione. Gli enti che non applicano il codice etico non possono considerarsi realtà totalmente funzionali allo svolgimento della missione microfinanziaria. La pratica di creare occupazione sostenendo politiche attive del lavoro necessiterà sempre dell’ausilio di uno strumento etico.

L’importanza del codice risiede nella capacità di bilanciare esigenze spesso contrastanti: da un lato, la necessità per gli enti microfinanziari di operare in modo economicamente sostenibile, dall’altro la garanzia che i prestiti vengano concessi secondo criteri di equità e responsabilità, senza esporre i beneficiari a rischi eccessivi. Attraverso principi come la trasparenza finanziaria, la gestione prudente del rischio e la tutela del consumatore, il Codice si configura come uno strumento di autoregolamentazione in grado di elevare gli standard di tutto il settore, riducendo, così, le disuguaglianze di accesso al credito.

Per gli investitori l’adozione del Codice rappresenta un elemento distintivo di affidabilità e solidità, facilitando il finanziamento di istituzioni che operano nel rispetto di standard etici e di una gestione responsabile. Per i clienti il Codice garantisce maggiore chiarezza nelle condizioni di prestito e meccanismi di tutela che prevengano abusi e situazioni di sovraindebitamento. Il suo impatto si estende, quindi, oltre il semplice quadro normativo, influenzando positivamente la percezione del microcredito come strumento di sviluppo sociale sostenibile.

Nonostante i benefici evidenti, la piena implementazione del Codice richiede un impegno costante da parte delle istituzioni di microfinanza, delle autorità di regolamentazione e degli stessi investitori. L’armonizzazione delle pratiche a livello europeo rappresenta una sfida complessa, ma necessaria per garantire che il microcredito possa rispondere alle esigenze di una società in continua evoluzione.

In un contesto globale, caratterizzato da crescenti incertezze economiche e da una domanda sempre più alta di strumenti finanziari inclusivi, il Codice si afferma come una guida essenziale per costruire un ecosistema microfinanziario più equo, trasparente e resiliente. La sua adozione su larga scala potrà contribuire a rafforzare la credibilità del settore e a promuovere un modello di sviluppo in cui il credito non sia solo un’opportunità economica, ma un diritto accessibile a tutti.

In questo quadro la rappresentazione italiana -fornita dal Codice Deontologico e dal Regolamento Disciplinare per gli operatori in servizi non finanziari ausiliari di assistenza e monitoraggio per il microcredito- rappresenta un passo avanti significativo nella regolamentazione del settore in Italia. Integrando i principi del Codice Europeo di Buona Condotta con le specificità del contesto italiano, questo strumento non solo promuove un trattamento equo e trasparente, ma rappresenta anche un apparato potente per la diffusione delle buone pratiche in materia di servizi ausiliari non finanziari di assistenza e monitoraggio per il microcredito.

Note

1 Commissione Europea, Codice Europeo di Buona Condotta per l’Erogazione di Microcrediti: https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1482&langId=it

2 Fondo Europeo per gli Investimenti, Guida all’implementazione del Codice Europeo di Buona Condotta per l’Erogazione di Microcrediti: https://www.eif.org/news_centre/publications/EIF_Implementation_Guidelines_for_the_European_Code_of_Good_Conduct_for_Microcredit_Provision.pdf

3 Muhammad Yunus, Banker to the Poor: Micro-Lending and the Battle Against World Poverty, PublicAffairs, 1999.

4 Commissione Europea, Codice Europeo di Buona Condotta per l’Erogazione di Microcrediti: https://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=1482&langId=it

5 European Microfinance Network, Study on Interest Rate Restrictions in the EU, 2010: https://www.european-microfinance.org/sites/default/files/document/file/EMN-Study-on-Interest-Rate-Restrictions.pdf

6 Parlamento Europeo e Consiglio dell’Unione Europea, Direttiva 2014/17/UE sul credito ai consumatori relativo a beni immobili residenziali, 2014

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