di Tiziana Lang
In the first months of this year, the european commission launched a series of preparatory actions and activities that will impact micro and small enterprises and the funds allocated to them in the next multiannual financial framework (2028-2035). The “omnibus package” is a set of regulatory simplification proposals aimed at fostering the creation of a business environment that supports business growth, innovation, and the creation of quality jobs. The consultations on the new european pillar of social rights action plan, expected by the end of 2025, should also include guidance and measures on the quality of self-employment and entrepreneurial work. The national plans of the social climate fund, which includes among its beneficiaries “vulnerable micro-enterprises”, i.e., those enterprises particularly affected by the energy crisis and the adaptation of their activities to the requirements of the european green deal.
Parole chiave: microimprese, sostenibilità, semplificazione, Pacchetto omnibus, piano d’azione, pilastro sociale, Fondo sociale per il clima, povertà energetica, povertà dei trasporti
Sommario
- Le piccole imprese al centro delle politiche dell’UE
1.1 Un Green Deal competitivo con il contributo delle imprese
1.2 La semplificazione del Pacchetto omnibus e i vantaggi per le piccole imprese
- Il pilastro sociale e le piccole imprese
2.1 Il percorso verso il nuovo piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali
- Il Fondo sociale per il clima e il supporto alle microimprese
3.1 Il Fondo e il contrasto alla povertà energetica e dei trasporti
3.2 I piani sociali nazionali per il clima
Conclusioni
- Le piccole imprese al centro delle politiche dell’UE
Nei primi mesi di quest’anno, la Commissione europea ha avviato una serie di azioni e attività propedeutiche che, con diverse traiettorie, interesseranno le micro e piccole imprese e i fondi loro destinati nel prossimo quadro finanziario pluriennale 2028-2035.
A febbraio 2025 la Commissione europea, rispondendo alle sollecitazioni contenute nei rapporti Letta1 e Draghi2 per una maggiore competitività nonché capacità di investimento diffusa nell’Unione, ha adottato il cosiddetto “Pacchetto Omnibus”3, una serie di proposte di semplificazione normativa che intendono favorire la creazione di un contesto imprenditoriale che sostenga la crescita di impresa, l’innovazione e la creazione di posti di lavoro di qualità. Tra i programmi che beneficeranno delle risorse liberate grazie a questa opera di “semplificazione” rientra lo strumento InvestEU. A maggio 2025, poi, la Commissione ha avviato le consultazioni iniziali sul nuovo piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali, atteso per fine 2025, che dovrebbe includere, tra le altre, indicazioni e misure sulla qualità del lavoro autonomo e imprenditoriale, nonché sul rafforzamento dell’economia sociale e sull’adeguatezza delle risorse da destinare alla crescita delle piccole e medie imprese con finalità sociale nel bilancio pluriennale 2028-2034. Infine, ma non ultimo, a giugno partono i negoziati tra Commissione e Stati membri sui piani nazionali di attuazione del Fondo sociale per il clima che, come noto, annovera tra i beneficiari prioritari le “microimprese vulnerabili”, ossia quelle che hanno sofferto e soffrono maggiormente a causa della crisi energetica e dell’adeguamento delle loro attività ai requisiti del Green Deal europeo.
1.1 Un Green Deal competitivo con il contributo delle imprese
Il Pacchetto Omnibus della Commissione europea (febbraio 2025) interviene su un quadro normativo fissato, da ultimo, a giugno 2024 per rivederne alcuni aspetti con l’obiettivo dichiarato di semplificazione e riduzione degli oneri burocratici per le imprese previsti dalla direttiva sulla rendicontazione sulla sostenibilità (CSRD)4 e dalla Tassonomia UE sulla sostenibilità5, nonché quelli in materia di obblighi di due diligence sulla sostenibilità (CS3D)6. Non si tratta di una inversione totale di rotta sulla sostenibilità, né potrebbe esserlo considerato che gli obiettivi del Green Deal rimangono immutati; tuttavia, è possibile vedere in questo atto della Commissione una risposta alle pressioni esercitate da diversi settori industriali e imprese, in particolare le piccole e medie imprese, e di alcuni stati membri ,volte a ridurre il carico normativo imposto alle imprese in materia di sostenibilità7, senza interferire con l’attuazione del Green Deal e senza compromettere la crescita economica dell’UE. Inoltre, hanno sicuramente influito sulla scelta della Commissione di rivedere le citate direttive e regolamenti sia l’insediamento della nuova Commissione europea, tra luglio e novembre 2024, sia le evidenze e priorità individuate nei rapporti Letta e Draghi che ritroviamo nel programma di secondo mandato della presidente von der Leyen8.
È soprattutto il rapporto Draghi a evidenziare come l’eccesso di normazione e burocrazia può ostacolare la nascita e il consolidamento delle piccole e medie imprese nell’UE. Nel disegnare un percorso di rilancio della produttività e della crescita nell’UE, Draghi evidenzia il ruolo fondamentale che le piccole e medie imprese svolgono nel garantire la competitività dell’Europa, rappresentando il 99% del totale delle imprese nell’UE. Esse sono fondamentali per gli ecosistemi industriali locali, regionali e nazionali e si sono dimostrate un’importante fonte di innovazione dei territori, capaci di creare nuova occupazione. Nel testo, si richiamano altresì i freni posti alla creazione e crescita delle piccole e medie imprese dalla legislazione dell’UE e dai pesanti oneri burocratici connessi “SMEs tend to perceive the cost of complying with EU law as greater, also because they are less likely to survive long enough to reap the full benefits of regulation. In 2023, 55% of SMEs flagged regulatory obstacles and administrative burden as their greatest challenge. This was also the second most quoted challenge for start-ups (52%, after access to finance) and the third most frequently cited for mid-caps (36%, after difficulties in finding employees and supply chain disruptions)xvii”. (p.321)
Sono le stesse PMI, unitamente alle imprese start up innovative e alle mid-caps9, a segnalare gli ostacoli normativi e la burocrazia come le sfide più pressanti. Anche l’accesso ai finanziamenti e le difficoltà di reclutamento di personale (labour shortages) rappresentano ostacoli importanti alle dinamiche delle micro e PMI. In relazione al tema oggetto di questo articolo, è opportuno segnalare che anche gli obblighi e i costi di conformità che le imprese devono rispettare per il conseguimento degli obiettivi della doppia transizione verde e digitale, spesso non sono commisurati alla dimensione e alle necessità delle piccole imprese, soprattutto quelle che operano nei settori produttivi più colpiti dalla transizione ecologica (ad es. automotive, farmaceutico, difesa e aeronautico).
Nel rapporto si legge, inoltre, che nonostante le PMI spesso non siano sottoposte alle normative europee, o comunque beneficino di misure di mitigazione, in alcuni ambiti esse sono indirettamente colpite, anche in modo pesante. È il caso della direttiva CSRD che pur applicandosi solo alle grandi imprese e alle PMI quotate (queste ultime beneficiano anche di un periodo di transizione più lungo per il recepimento, che termina il 1° gennaio 2026 e con la possibilità di un ulteriore opt-out di due anni), non prevede alcuna misura di protezione dagli effetti di riduzione della catena di approvvigionamento per le PMI “Due to value chain effects, the sustainability reporting and due diligence framework does not adequately differentiate SMEs from larger companies. Moreover, the CSRD is flagged as an example of the lacking proportionality of the EU acquis vis-à-vis mid-caps, as compliance costs represent up to 12.5% of mid-caps’ investment volumes”. (pag-320)
Sempre nel rapporto si afferma che “The EU’s sustainability reporting and due diligence framework is a major source of regulatory burden, magnified by a lack of guidance to facilitate the application of complex rules and to clarify the interaction between various pieces of legislation”. Dunque, secondo Draghi, l’acquis dell’UE in materia di informativa sulla sostenibilità e dovere di diligenza è una fonte considerevole di oneri normativi, che manca di orientamenti che ne facilitino l’applicazione e chiariscano l’interazione tra i vari atti legislativi che aumentano le informazioni sociali e ambientali che le imprese devono comunicare. Il costo di conformità per le imprese nell’UE è notevole: da 150.000 euro per le imprese non quotate a 1 milione di euro per quelle quotate. Inoltre, in tutta la catena del valore sussistono rischi di eccesso di conformità (sovra-conformità, come la sovra-segnalazione). La stessa carente definizione dell’applicazione del principio del “non arrecare danno significativo” (DNSH) all’interno della tassonomia dell’UE e il suo allineamento alla relativa valutazione per il bilancio dell’Unione possono essere annoverati tra i fattori di sovra-conformità che andrebbero rimossi o semplificati (come pure le metodologie onerose e potenzialmente sovrapposte per la contabilizzazione delle emissioni tra il regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili, l’ETS e l’impronta ambientale dei prodotti; e le tempistiche non armonizzate per gli obblighi di comunicazione diversi ma correlati). La prima azione da intraprendere, la più impellente, è la semplificazione del contesto normativo con la riduzione degli oneri amministrativi per le piccole e medie imprese, spesso gravate da costi di conformità più elevati se rapportati alla dimensione di impresa. Con un intervento di questo tipo sulla rendicontazione di sostenibilità, le PMI beneficerebbero di una riduzione del 50% degli obblighi di comunicazione.
Rimanendo in tema, nel rapporto si accenna anche ai vantaggi che potrebbero derivare da una semplificazione della tassonomia dell’UE per le PMI. La comunicazione ai sensi della tassonomia (pre-modifiche introdotte con il “pacchetto Omnibus” a febbraio 2025), è obbligatoria per le grandi imprese, che nel caso di alte prestazioni, ad esempio, nella contabilizzazione delle emissioni in fase di progettazione ecocompatibile di prodotti sostenibili, della riduzione delle emissioni e dell’impronta ambientale dei prodotti, possono contare sugli investimenti da parte di investitori terzi interessati al percorso dell’impresa nella sostenibilità. Le PMI escluse dall’informativa sulla sostenibilità, pur vedendo alleviati gli oneri amministrativi connessi in ragione della loro complessità, sono automaticamente escluse dai suddetti benefici in termini di investimenti sostenibili (ossia il cosiddetto “premio verde”). Secondo il rapporto Draghi, le PMI non soggette a obblighi se fossero coinvolte vedrebbero migliorare l’accesso alle risorse finanziarie, nella misura in cui i creditori o gli investitori apprezzerebbero la sostenibilità dichiarata con un premio per la finanza verde10. L’estensione alle PMI dovrebbe essere affiancata da strumenti digitali (soluzioni software) per un calcolo efficiente e uniforme dei punteggi di sostenibilità. La semplificazione dell’approccio, secondo il rapporto Draghi, dovrebbe inoltre affrontare il rischio di mancanza di comparabilità nella rendicontazione di sostenibilità tra i settori e al loro interno a causa di elementi di discrezionalità o di giudizio nella rendicontazione (p. 107).
Tra le ulteriori raccomandazioni di Draghi, preme segnalare la facilitazione dell’accesso delle micro, piccole e medie imprese alle garanzie del Fondo europeo per gli investimenti al fine di contribuire alla loro crescita e innovazione, e a un aumento della quantità di capitale disponibile per potere espandersi e competere a livello mondiale. Ci sembra utile richiamare, in proposito, il ruolo attribuito da Draghi allo strumento InvestEU a supporto delle piccole e medie imprese per la formazione delle competenze utili nelle due transizioni, verde e digitale. Le PMI con meno possibilità di sviluppare strutture formative e programmi di formazione interni per rispondere al bisogno urgente di riqualificazione degli addetti, ad es. nella trasformazione della catena di subfornitura del settore automotive dovuta alla transizione verso i motori ecologici, dovrebbero poter contare su adeguate risorse e sulla collaborazione di istituzioni locali e sindacati.
Come rappresentato nella figura 1, tratta dall’indagine Manpower sui talenti del 202311, a livello globale il 77% delle imprese dichiara di non riuscire a trovare addetti con le giuste competenze. In Italia sono il 75%, ma in Germania raggiungono l’86%, con gran parte dei paesi europei considerati in questa indagine (11 su 17) che presenta una percentuale superiore all’80%.
Quanto all’importanza attribuita dalle PMI europee alle diverse tipologie di competenze, la figura 2 conferma come, in un’epoca di grandi trasformazioni, le soft skills e le competenze digitali siano ritenute essenziali dal 70% circa delle piccole imprese, mentre le competenze specifiche di settore e le competenze verdi siano considerate meno importanti o meno urgenti.
In sintesi, la richiesta di semplificazione del pacchetto normativo sulla sostenibilità e dovere di diligenza è stata espressa dalle imprese e nel rapporto Draghi che individua la regolamentazione eccessiva frammentata come un ostacolo significativo per le piccole e medie imprese europee. Le proposte avanzate mirano a creare un ambiente normativo più snello e favorevole, consentendo alle imprese di concentrarsi su innovazione e crescita, piuttosto che sulla gestione di oneri burocratici complessi, e di contribuire efficacemente al rilancio della competitività dell’UE.
1.2 La semplificazione del Pacchetto omnibus e i vantaggi per le piccole imprese
Alla luce di quanto illustrato nel paragrafo precedente, rispetto a quanto evidenziato a inizio 202512 su queste stesse pagine si osserva una decisa inversione di rotta da parte della Commissione europea che il 26 febbraio scorso ha adottato un pacchetto di proposte per semplificare le norme europee, stimolare la competitività e liberare capacità di investimento aggiuntiva. La Commissione mira a creare un contesto imprenditoriale più favorevole per le imprese europee, affinché possano crescere, innovare e creare posti di lavoro di qualità. Coniugando gli obiettivi in materia di competitività e clima, la Commissione intende creare condizioni che consentano alle imprese europee di prosperare, attrarre investimenti, conseguire obiettivi unitari condivisi compresi quelli del Green Deal europeo, liberando il tal modo il potenziale economico dell’Unione europea. Lo sforzo di semplificazione, secondo quanto dichiarato dalla Commissione, comporterà una riduzione del 25% degli oneri amministrativi e di almeno il 35% degli oneri per le PMI entro il 2029.
Il primo “pacchetto omnibus” riunisce le proposte relative ad ambiti legislativi interconnessi relativi all’informativa sulla finanza sostenibile, al dovere di diligenza ai fini della sostenibilità, alla tassonomia dell’UE, al meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere nonché ai programmi di investimento europei connessi. Il pacchetto, e il successivo recepimento delle modifiche a livello nazionale, dovrebbe ridurre la complessità dei requisiti dell’Unione per tutte le imprese, in particolare per le piccole e medie imprese e per le piccole imprese a media capitalizzazione (mid-caps), e mettere al centro del quadro normativo le imprese di grandi dimensioni che hanno un impatto maggiore sul clima e sull’ambiente, consentendo in ogni caso a tutte le imprese di accedere a finanziamenti sostenibili per la transizione pulita.
Tra i principali benefici per le micro e PMI derivanti dalla semplificazione della rendicontazione sulla sostenibilità (CSRD e Tassonomia UE): i. l’esenzione di circa l’80% delle imprese, incluse molte PMI, dagli obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità. Le grandi imprese con oltre 1.000 dipendenti e 450 milioni di euro di fatturato sono le principali destinatarie degli obblighi di rendicontazione. Le piccole e medie imprese possono adottare uno standard semplificato di rendicontazione (VSME, Voluntary Sustainability Reporting Standard for SMEs)13 con un numero ridotto di indicatori (da 82 a 15) e una frequenza della rendicontazione biennale invece che annuale per dare evidenza agli obiettivi conseguiti in materia di ESG; ii. la richiamata riduzione del 35% degli gli oneri amministrativi per le PMI, con un risparmio stimato di 6,3 miliardi di euro a tutto il 2029; iii. l’esenzione dagli obblighi del Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) per le piccole e medie imprese che importano meno di 50 tonnellate di prodotti soggetti al CBAM (coprendo oltre il 99% delle emissioni di riferimento); iv. la riduzione degli obblighi di due diligence per le PMI grazie ai nuovi limiti sulle informazioni richieste e sulla frequenza delle valutazioni periodiche; v. la semplificazione degli strumenti finanziari a sostegno delle PMI, grazie alle modifiche introdotte che rendono possibile combinare il sostegno di diversi strumenti finanziari dell’UE.
In particolare, quest’ultimo aspetto ci interessa per l’intento della Commissione di semplificare e ottimizzare il ricorso a diversi programmi di investimento dell’UE. Tra questi InvestEU, il FEIS e altri strumenti finanziari preesistenti (anche a valere sulle risorse della politica di coesione). InvestEU, il principale strumento di condivisione del rischio dell’UE creato a inizio dell’attuale quadro finanziario pluriennale (2021) come braccio del NGEU a sostegno degli investimenti nella crescita (per una rapida uscita dalla crisi economica derivata dalla pandemia di Covid-19), svolge un ruolo fondamentale nell’affrontare gli ostacoli finanziari e nel guidare gli investimenti necessari per la competitività, la ricerca e l’innovazione, la decarbonizzazione, la sostenibilità ambientale e le competenze. Attualmente quasi il 45% delle operazioni del programma sostiene obiettivi climatici.
Tra le modifiche proposte dalla Commissione europea, troviamo in primo luogo l’aumento della capacità di investimento dell’UE utilizzando i rendimenti degli investimenti passati, quindi l’ottimizzazione dell’uso dei fondi ancora disponibili nell’ambito degli strumenti preesistenti: il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), lo strumento di debito del meccanismo per collegare l’Europa (MCE) e il cosiddetto “strumento di finanziamento del debito InnovFin”, un’iniziativa lanciata dal gruppo BEI a sostegno della ricerca e dell’innovazione. In questo modo, si intende mettere a disposizione delle imprese maggiori finanziamenti. Queste azioni dovrebbero mobilitare complessivamente, nelle intenzioni della Commissione, circa 50 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati supplementari. L’aumento della capacità di InvestEU dovrà essere indirizzato soprattutto al finanziamento di attività massimamente innovative a sostegno delle politiche prioritarie dell’UE, come la bussola per la competitività14 e il patto per l’industria pulita15. Inoltre, dovrebbe aiutare gli Stati membri a contribuire più facilmente al programma per sostenere le proprie imprese e mobilitare investimenti privati nei rispettivi territori/settori produttivi (comparto Stati membri di InvestEU). Infine, dovrebbe semplificare i requisiti amministrativi per i partner esecutivi, gli intermediari finanziari e i destinatari finali, in particolare le PMI. Gli stessi regolamenti dei programmi InvestEU e FEIS, e dei citati strumenti preesistenti, saranno semplificati al fine di ridurre la frequenza e il contenuto di alcune relazioni, ad esempio esentando i destinatari finali come le micro, piccole e medie imprese dal presentarle. Infine, è previsto di ricondurre l’applicazione delle norme al principio di proporzionalità (come nel caso dell’adeguata applicazione della definizione di PMI per determinati prodotti finanziari).Si prevede che tali semplificazioni consentiranno di risparmiare circa 350 milioni di EUR per i partner esecutivi, gli intermediari finanziari e i destinatari finali dei fondi InvestEu.
- Il pilastro sociale e le piccole imprese
Il pilastro europeo dei diritti sociali rappresenta un quadro di principi e diritti fondamentali per promuovere un’Europa più equa e inclusiva. Sebbene il pilastro si concentri principalmente sulle persone, ossia cittadini e lavoratori, le piccole e medie imprese, in quanto espressione dello spirito imprenditoriale e del lavoro autonomo, sono direttamente coinvolte poiché un ambiente sociale stabile e giusto è essenziale per la loro crescita e sostenibilità. Promulgato a Göteborg a novembre 2017, da parte del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, il pilastro europeo dei diritti sociali è servito da bussola nell’affrontare le sfide comuni in materia di occupazione, competenze e società e promuovere la convergenza delle condizioni di vita e di lavoro nell’Unione. I suoi principi prioritari sono promossi nelle politiche dell’Unione europea che mirano all’inclusione sociale, alla parità di opportunità per tutti, alla partecipazione di cittadini e cittadine al mercato del lavoro, all’istruzione e formazione, alla protezione sociale. Il principio prioritario 5, nel capo secondo del pilastro sociale (Condizioni di lavoro eque) promuove, tra l’altro, le forme di lavoro innovative che garantiscano condizioni di lavoro di qualità e incoraggia l’imprenditorialità e il lavoro autonomo. Le piccole imprese e i lavoratori autonomi, particolarmente colpiti dalla pandemia, hanno dovuto affrontare gravi difficoltà per rimanere in attività. Le piccole e medie imprese rappresentano circa il 70% del PIL e dell’occupazione nel settore dei servizi a livello europeo con un potenziale di crescita è stimato in 8 milioni di nuovi posti di lavoro nei prossimi 10 anni. Il loro contributo all’economia europea è fondamentale anche in ragione della loro presenza significativa nel settore dei servizi, specialmente in ambiti come la formazione, l’inclusione sociale e la parità di genere. Un maggiore sostegno alle PMI e all’imprenditorialità, compresa quella femminile, è pertanto fondamentale per aiutare le piccole imprese e i lavoratori autonomi microimprenditori a rilanciare le loro attività e per stimolare le start-up innovative a prosperare nella ripresa competitiva dell’UE.
2.1 Il percorso verso il nuovo piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali
Il modello sociale europeo rappresenta un pilastro della società e un vantaggio competitivo dell’UE. Come ribadito nella dichiarazione di Porto del 202116 dai leader dell’UE, l’attuazione del pilastro a livello europeo e degli Stati membri rappresenta un impegno e, al contempo, una responsabilità politica condivisi, nel rispetto delle competenze rispettivamente attribuite e dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. Il pilastro sociale è implementato dal piano d’azione presentato nel 2021 a Porto17 che definisce una serie di azioni da intraprendere e obiettivi da conseguire entro il 2030 sia a livello UE sia nei singoli Stati membri. Tra i target segnaliamo: almeno il 78% della popolazione tra i 20 e i 64 anni occupata; almeno il 60% di adulti che partecipa ogni anno ad attività di formazione; l’uscita di almeno 15 milioni di persone dal rischio di povertà o esclusione sociale, tra cui almeno 5 milioni di bambini18.
Il pilastro europeo dei diritti sociali e il relativo piano d’azione del 2021 hanno rafforzato l’economia sociale dell’Europa. Hanno fornito una base stabile durante la pandemia da Covid-19 e le crisi energetiche e dell’aumento del costo della vita intensificate dall’attacco russo contro l’Ucraina. Il forte impegno dei leader dell’UE al vertice sociale di Porto, a rafforzare l’attuazione del pilastro e a conseguire i target principali dell’UE per il 2030, ha posto al centro dell’agenda politica dell’UE il rafforzamento della dimensione occupazionale, delle competenze e sociale.
Il parere del comitato per l’occupazione e del comitato per la protezione sociale19 sulle future priorità politiche dell’Unione sul Pilastro europeo dei diritti sociali, approvato nella seduta del consiglio dei ministri del lavoro e delle politiche sociali (EPSCO) dell’11 marzo 2024, ribadisce l’importanza di continuare a considerare i progressi nell’attuazione del pilastro sociale una priorità fondamentale dell’UE e degli Stati membri, poiché si tratta di principi fondamentali (“pietre angolari”) per orientarsi nelle tendenze economiche e sociali a livello globale, e per definire le possibili politiche atte a promuovere la convergenza sociale verso l’alto nell’Unione nonché a sostenere i progressi verso i target nazionali ed europei fissati dal piano d’azione per il 2030. Nello specifico, i due comitati suggeriscono di includere tra le priorità future del pilastro sociale: i. la transizione digitale nella sua complessità, tenuto conto che l’attuazione dei principi sanciti dal pilastro concerne non solo i diritti dei lavoratori nel futuro digitale e dell’intelligenza artificiale, ma anche le pari opportunità di riqualificazione e miglioramento del livello delle proprie competenze, le condizioni di lavoro eque e un’adeguata protezione e inclusione sociale; ii. la transizione verde poiché il pilastro dovrebbe diventare una bussola per promuovere una transizione equa, garantendo che nessuno sia lasciato indietro nel percorso verso la sostenibilità ambientale; iii. i cambiamenti demografici, in quanto il pilastro rappresenta il quadro riepilogativo dei diritti della persona comprese le politiche dell’UE e degli Stati membri finalizzate all’invecchiamento attivo e in buona salute e le risposte alle diverse esigenze di una forza lavoro in evoluzione e di una popolazione sempre più anziana, garantendo allo stesso tempo l’equità e la solidarietà intergenerazionali.
Con riferimento specifico alle azioni del pilastro di interesse per le piccole imprese, l’opinione di EMCO e SPC richiama la raccomandazione del Consiglio sullo sviluppo delle condizioni quadro dell’economia sociale20 che mira a sostenere le persone più lontane dal mercato del lavoro nella ricerca di opportunità di impiego nelle imprese dell’economia sociale, un settore che oltre a creare nuova occupazione affronta le principali sfide per la società anche attraverso le sperimentazioni dell’innovazione sociale. Poiché l’occupazione retribuita nell’economia sociale varia da meno dell’1% al 10% della forza lavoro totale negli Stati membri, è necessario attivare il potenziale economico non sfruttato di questo bacino occupazionale in tutta l’UE.
Gli orientamenti politici per la Commissione europea nel periodo 2024-2029 annunciano un “nuovo slancio nei settori in cui sono necessari maggiori avanzamenti”21 in particolare in ambito sociale e la necessità di inquadrare queste attività “in un nuovo piano d’azione per l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali”. La Commissione è consapevole del cambiamento intervenuto nel panorama politico dell’UE rispetto al primo piano d’azione del 2021, caratterizzato da un contesto geopolitico in rapida evoluzione, nonché dalle principali priorità politiche in termini di competitività, transizioni digitale e verde e preparazione delle persone. Quasi tutte le iniziative del piano d’azione del 2021, pur essendo state implementate come previsto, sono spesso ancora in corso di attuazione e non ne esistono valutazioni ex post per formulare un giudizio complessivo sull’efficienza ed efficacia del piano d’azione stesso. In termini di progressi compiuti nel conseguimento dei tre obiettivi principali dell’UE entro il 2030, da dati recenti della Commissione, sembrerebbe essere vicini al conseguimento dell’obiettivo in materia di occupazione (75,3% nel 2023, rispetto all’obiettivo del 78% fissato per il 2030) seppur con grandi differenze tra le diverse aree geografiche dell’Unione. Sono invece necessari ancora importanti sforzi per quanto riguarda le competenze (nel 2022 – ultimo dato disponibile – la percentuale di adulti che partecipa ad attività formative ogni anno è del 39,5% quando l’obiettivo al 2030 è del 60%). Parimenti, anche per gli obiettivi di riduzione della povertà sono necessari ulteriori sforzi da parte dei tutti i paesi membri (la riduzione ad oggi è di -1,6 milioni di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale, mentre l’obiettivo al 2030 è di -15 milioni). Anche per quanto riguarda i sotto-obiettivi, la Commissione evidenzia come si registrino progressi disomogenei tra paesi in relazione soprattutto a: divario occupazionale di genere, offerta di servizi di educazione e cura della prima infanzia, diminuzione del tasso di giovani che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo (NEET), competenze digitali di base degli adulti, abbandono scolastico precoce e povertà infantile.
La analisi/valutazione del piano d’azione, attualmente in corso, contribuirà alla preparazione del nuovo piano d’azione del pilastro sociale che la Commissione intende lanciare entro la fine di quest’anno, come previsto dal programma di lavoro per il 2025 della commissione medesima. La valutazione del piano del 2021 e la fase preparatoria del nuovo piano d’azione per l’attuazione del pilastro sociale saranno sottoposte a un processo congiunto di consultazione pubblica.
Poiché la realizzazione del pilastro europeo dei diritti sociali è una responsabilità condivisa delle istituzioni dell’UE, delle autorità nazionali, regionali e locali, delle parti sociali e della società civile, la Commissione intende consultare tutte le parti interessate e a maggio 2025 ha avviato i colloqui con le parti sociali sui possibili contenuti del prossimo piano d’azione del pilastro sociale.
Nelle intenzioni della Commissione il nuovo piano d’azione si baserà sia sui risultati del piano d’azione precedente (al fine di affrontare le sfide emergenti e colmare le lacune evidenziate) sia sulle risultanze delle consultazioni bilaterali e pubbliche condotte dalla Commissione. Il nuovo piano dovrebbe, inoltre, fornire una tabella di marcia chiara per l’attuale mandato di rafforzare l’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali. Detta tabella di marcia a livello dell’UE contribuirebbe a rafforzare il coordinamento e a promuovere un approccio più coeso alle politiche per l’occupazione e sociali, facendo si che tutti gli Stati membri compiano progressi verso i target prioritari fissati per il 2030 in materia di occupazione, competenze e riduzione della povertà.
Al di là dell’approfondimento sulle politiche di successo e sull’attuazione delle iniziative faro annunciate negli orientamenti politici della Presidente von der Leyen, il nuovo piano d’azione sul pilastro sociale dovrebbe riflettere anche su una serie di politiche e iniziative ambiziose che mirano a proteggere i diritti sociali e del lavoro dei cittadini e dei lavoratori che si trovano ad affrontare sfide nuove ed emergenti a breve e medio termine, tra l’altro l’esame dell’impatto della digitalizzazione sul lavoro e sulla salute mentale, con l’obiettivo di promuovere la competitività, la sicurezza e la resilienza economica.
In relazione alle piccole e medie imprese e ai lavoratori autonomi microimprenditori, i loro interessi sono rappresentati dalle associazioni di categoria e dalle organizzazioni sindacali sovranazionali (SME United, BusinessEurope, CESE, ETUC, ecc.). Le richieste di queste organizzazioni si focalizzano innanzitutto sui Patti per le competenze22 che riuniscono imprese, enti di formazione e camere di commercio per offrire opportunità di formazione ai lavoratori, con l’obiettivo di formare 25 milioni di persone entro il 2030 (compresi i lavoratori delle micro e PMI). Ma anche sul supporto all’imprenditorialità femminile e alle imprese di servizi dell’economia sociale, per valorizzare il ruolo cruciale delle donne nell’economia – soprattutto nella crisi demografica. Infine, la richiesta è di un maggiore sostegno alle start-up innovative con programmi per stimolare la nascita e la crescita di nuove imprese, favorendo l’innovazione e la competitività.
- Il Fondo sociale per il clima e il supporto alle microimprese
Appare utile presentare qui il Fondo sociale per il clima, per lo stretto legame con il pilastro europeo dei diritti sociali, e per la sua azione che mira a proteggere non solo i nuclei familiari e le persone più vulnerabili alla crisi energetica, ma anche le microimprese e le PMI. Il Fondo sociale per il clima nasce nel quadro delle politiche e programmi per conseguire la neutralità climatica entro il 2050, con l’obiettivo precipuo di accompagnare la transizione ecologica garantendo equità sociale. Il fondo affronta l’impatto sociale ed economico della transizione climatica sui gruppi vulnerabili, comprese le micro e piccole e medie imprese più fortemente colpite dalla transizione verde contrastando la povertà energetica e la povertà dei trasporti.
3.1 Il Fondo e il contrasto alla povertà energetica e dei trasporti
Il regolamento istitutivo del Fondo sociale per il clima23 stabilisce che il Fondo mette a disposizione degli Stati membri risorse per il periodo da gennaio 2026 a dicembre 2032 per affrontare le sfide sociali e distributive e contribuire a finanziare investimenti nell’efficienza energetica, in nuovi sistemi di riscaldamento e raffrescamento e in una mobilità più pulita. L’obiettivo generale del Fondo sono le sfide legate alla povertà energetica per le famiglie vulnerabili e le microimprese e il sostegno agli utenti dei trasporti più vulnerabili. Per beneficiare dei finanziamenti disponibili, gli Stati membri devono presentare i rispettivi Piani sociali per il clima alla Commissione, indicativamente entro il 30 giugno 2025.
Il Fondo fornisce sostegno finanziario (sovvenzioni) agli Stati membri per l’attuazione dei Piani. Creato in via eccezionale e temporanea attraverso la vendita all’asta delle quote nell’ambito del sistema di scambio delle quote di emissione, il Fondo mette a disposizione un importo massimo di 65 miliardi di euro per il periodo 2026-2032, che unito al cofinanziamento obbligatorio da parte degli Stati membri mobiliterà almeno 86,7 miliardi di euro. L’obiettivo generale del Fondo sociale per il clima è contribuire a una transizione socialmente equa verso la neutralità climatica affrontando gli impatti sociali dell’inclusione delle emissioni di gas a effetto serra prodotte dall’edilizia e dal trasporto su strada. A tal fine, il Fondo mira ad attenuare l’impatto negativo della transizione climatica sui gruppi vulnerabili. L’obiettivo specifico è di sostenere le famiglie vulnerabili, le microimprese vulnerabili e gli utenti vulnerabili dei trasporti, attraverso un sostegno diretto temporaneo al reddito nonché misure e investimenti a lungo termine per aumentare l’efficienza energetica degli edifici, la decarbonizzazione del riscaldamento e del raffrescamento degli edifici (anche integrando negli edifici la produzione e lo stoccaggio di energia rinnovabile). Infine, ma non ultimo, garantire un migliore accesso alla mobilità e ai trasporti a zero e a basse emissioni.
Il Fondo sociale per il clima è attuato dalla Commissione in regime di gestione diretta conformemente al regolamento finanziario. La task force per la ripresa e la resilienza che è incardinata nel Segretariato generale della Commissione e la direzione generale per l’azione per il clima operano in stretta collaborazione per orientare la progettazione e l’attuazione del Fondo. In Italia, l’autorità responsabile per la predisposizione del Piano sociale per il clima è il Ministero per l’ambiente, responsabile anche del Piano nazionale per l’Energia e il Clima.
Ai sensi del regolamento istitutivo del Fondo, per “povertà energetica” s’intende la situazione delle famiglie che non riescono ad accedere ai servizi energetici essenziali a un tenore di vita dignitoso e alla salute, come un’erogazione adeguata di calore, il raffrescamento, quando le temperature aumentano, e il riscaldamento, l’illuminazione e l’energia per alimentare gli apparecchi. Nel 2021, 34 milioni di europei (6,9% della popolazione) non potevano permettersi di riscaldare sufficientemente la propria casa.
Per “povertà dei trasporti”, si intende la povertà causata da uno o più fattori concomitanti: basso reddito, spese elevate per il carburante, mancanza di trasporti pubblici o privati accessibili o a prezzi abbordabili. La povertà dei trasporti può comportare una riduzione dell’accesso ad attività e servizi socioeconomici essenziali quali l’occupazione, l’istruzione o l’assistenza sanitaria, in particolare per le persone e le famiglie vulnerabili che risiedono/operano in zone svantaggiate.
Con l’espressione “microimprese vulnerabili” ci si riferisce alle piccole imprese che sono particolarmente esposte agli impatti economici derivanti dall’inclusione delle emissioni di gas serra prodotte dagli edifici e dal trasporto su strada nel sistema di scambio di quote di emissioni (ETS). Secondo il regolamento del Fondo, una microimpresa vulnerabile è una piccola impresa che risente significativamente dell’impatto sui prezzi derivante dall’inclusione delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema ETS; come pure che non dispone dei mezzi finanziari necessari per intraprendere azioni di ristrutturazione degli edifici che occupa, per acquistare veicoli a zero o basse emissioni o per passare a modalità di trasporto alternative sostenibili, inclusi i trasporti pubblici.
A marzo 2025 la Commissione ha pubblicato una Comunicazione recante le linee guida e orientamenti per la predisposizione dei Piani sociali per il clima da parte degli Stati membri. Inoltre, è stata pubblicata una raccolta di buone pratiche per misure efficaci sotto il profilo dei costi e investimenti per la mitigazione dei cambiamenti climatici (efficientamento energetico, trasporti sostenibili, ecc.).
Il sostegno del Fondo sociale per il clima al settore dell’edilizia deve puntare a migliorare l’efficienza energetica, con l’obiettivo di ottenere, per ogni famiglia, una riduzione del consumo energetico (decarbonizzazione del riscaldamento e raffrescamento) visibile in termini di risparmio economico e contrastare efficacemente la povertà energetica. Il Fondo dovrebbe sostenere le politiche degli Stati membri per mitigare l’impatto sociale del sistema di scambio di quote di emissioni per gli edifici e il trasporto su strada sulle famiglie vulnerabili, sulle microimprese vulnerabili e sugli utenti vulnerabili dei trasporti. Possibili soluzioni temporanee possono essere l’introduzione di tariffe sociali, il sostegno al reddito (questo tipo di sostegno non è permanente, in quanto non affronta le cause profonde della povertà energetica e della povertà dei trasporti).
Tra le misure strutturali mirate al superamento della povertà energetica rientrano la ristrutturazione edilizia (miglioramento efficienza energetica), l’accesso e l’integrazione da fonti rinnovabili (anche mediante campagne di comunicazione mirate a far conoscere l’opportunità ai nuclei e microimprese vulnerabili), il sostegno finanziario/incentivi fiscali ai locatari e alle persone che vivono in alloggi sociali (ad es. la detraibilità dei costi di ristrutturazione dal canone di locazione).
Infine, tra le misure finanziabili per il contrasto alla povertà dei trasporti, rientra l’offerta di una migliore mobilità e di trasporti a zero o basse emissioni alle famiglie vulnerabili, alle microimprese vulnerabili e agli utenti vulnerabili.
3.2 I piani sociali nazionali per il clima
Entro il mese di giugno 2025 gli Stati membri sono invitati a presentare alla Commissione europea il Piano sociale per il clima, che deve essere frutto di una concertazione tra l’amministrazione centrale responsabile del Piano e le autorità locali e regionali, le parti economiche e sociali e le pertinenti organizzazioni della società civile. Il Piano è elaborato in stretta cooperazione con la Commissione e predisposto conformemente al modello fornito da quest’ultima. I piani dovrebbero perseguire due obiettivi: i. fornire alle famiglie vulnerabili, alle microimprese vulnerabili e agli utenti vulnerabili dei trasporti le risorse necessarie per finanziare e realizzare investimenti nell’efficienza energetica, nella decarbonizzazione del riscaldamento e del raffrescamento, nei veicoli e nella mobilità a zero e a basse emissioni, anche attraverso buoni, sovvenzioni o prestiti a tasso zero; ii. attenuare l’impatto dell’aumento del costo dei combustibili fossili sulle persone e imprese più vulnerabili, per prevenire la povertà energetica (compreso il sostegno all’accesso ad alloggi efficienti sotto il profilo energetico a prezzi abbordabili, compresi gli alloggi sociali) e la povertà dei trasporti (sostegno ai veicoli a emissioni zero, economicamente abbordabili) nel periodo di transizione fino all’attuazione di tali investimenti.
Il Piano sociale per il clima per una transizione giusta verso la neutralità climatica ha come destinatari delle misure e degli investimenti le famiglie in condizioni di povertà energetica o di vulnerabilità, le microimprese vulnerabili e gli utenti vulnerabili dei trasporti. Le misure di sostegno per promuovere la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dovrebbero aiutare gli Stati membri a far fronte all’impatto sociale derivante dallo scambio di quote di emissioni nei settori dell’edilizia e del trasporto su strada. Le sovvenzioni destinate alle imprese e alle organizzazioni senza scopo di lucro potrebbero essere riconosciute, ad esempio, per l’acquisto o il noleggio di nuovi veicoli commerciali a emissioni zero. Le misure dovrebbero rivolgersi specificamente ai gruppi vulnerabili, ad esempio fissando una soglia di reddito familiare che limiti le sovvenzioni alle famiglie a basso reddito e si concentri sui veicoli più economici, ossia i veicoli elettrici piccoli e usati. Un’altra possibilità per raggiungere le famiglie a basso reddito che non possono permettersi un veicolo proprio sono i sistemi di leasing o car sharing sovvenzionati. Il bonus verde e il regime di leasing di veicoli elettrici mostrano come programmi su misura possano rivolgersi a gruppi che altrimenti non sarebbero in grado di permettersi veicoli elettrici. I regimi di sovvenzione con aliquote più elevate per le piccole imprese e le microimprese creano opportunità per tali imprese vulnerabili.
Il sostegno diretto al reddito deve mirare a far uscire efficacemente i destinatari dalla povertà energetica e dalla povertà dei trasporti e deve accompagnarsi a misure o investimenti con effetti duraturi sulle famiglie vulnerabili e sugli utenti vulnerabili dei trasporti che lo ricevono. I destinatari delle misure (famiglie vulnerabili, microimprese vulnerabili e utenti vulnerabili) devono essere adeguatamente sensibilizzati e informati con attività educative e consulenziali (accessibili ed economiche) anche attraverso audit energetici degli edifici, nonché consultazioni energetiche su misura o servizi di gestione della mobilità su misura.
Le donne, in particolare le madri sole, che rappresentano l’85% dei nuclei monoparentali (2023), sono colpite in modo sproporzionato dalla povertà energetica e dalla povertà dei trasporti, ma anche le donne con disabilità e le donne anziane che vivono da sole. È opportuno che gli obiettivi di parità di genere e pari opportunità per tutti (compresi i diritti all’accessibilità delle persone con disabilità), siano sostenuti nell’attuazione dei piani.
Le comunità energetiche dei cittadini e le comunità di energia rinnovabile sono ammissibili al Fondo sociale per il clima. Il Piano sociale per il clima il piano dovrebbe essere allineato con le riforme e gli impegni inclusi nei Piani nazionali integrati aggiornati per l’energia e il clima degli Stati membri, nonché con la direttiva sull’efficienza energetica, il piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali, i programmi della politica di coesione, i piani territoriali per una transizione giusta, i piani per la ripresa e la resilienza, il fondo per la modernizzazione e le strategie di ristrutturazione edilizia a lungo termine degli Stati membri.
CONCLUSIONI
L’Unione europea sta implementando politiche e programmi che mirano a rilanciare il ruolo delle piccole e medie imprese, comprese le microimprese e il lavoro autonomo imprenditoriale, per l’innovazione competitiva dell’economia europea e la creazione di posti di lavoro di qualità. Le misure qui presentate, dalla semplificazione normativa e regolamentare, alla disponibilità attuale e futura di risorse per le garanzie sugli investimenti, per lo start up e il consolidamento di impresa, per l’uscita dalla povertà energetica e dei trasporti, dovranno essere rese note e accessibili a chi guida queste realtà produttive, indipendentemente dalla dimensione di impresa e dal settore economico. È fondamentale che queste imprese siano messe nella condizione di utilizzare tutte le risorse loro destinate per accrescere la propria competitività in un contesto geopolitico complesso, in particolare i fondi per la riqualificazione delle risorse umane e per la formazione manageriale, per lo scale-up di impresa, per la transizione ecologica e la valutazione della sostenibilità ambientale delle proprie attività.
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IL CONTESTO La comunicazione dell’11 dicembre 2019 intitolata «Il Green Deal europeo» - nuova strategia di crescita l’Unione in una società sostenibile, equa e prospera presenta il quadro di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che al più tardi entro il 2050 non dovrà generare emissioni nette di gas a effetto serra. Il Green Deal europeo mira, tra l’altro, a proteggere la salute e il benessere dei cittadini dai rischi di natura ambientale e dalle relative conseguenze. Tale transizione deve essere socialmente equa e inclusiva e non deve lasciare indietro nessuno.
Il Regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio, sancisce nella legislazione europea l’obiettivo della neutralità climatica dell’economia al più tardi entro il 2050 e l’obiettivo di conseguire successivamente emissioni negative. Tale regolamento stabilisce, inoltre, un obiettivo vincolante dell’UE di riduzione interna delle emissioni nette di gas a effetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. Ai sensi del regolamento tutti i settori economici devono contribuire a conseguire tale obiettivo.
Il Considerandum 5 del Regolamento del Fondo sociale clima recita “Il piano d’azione sul pilastro europeo dei diritti sociali, […] del 2021, sottolinea la necessità di rafforzare i diritti sociali e la dimensione sociale europea in tutte le politiche dell’Unione. Il principio 20 del pilastro europeo dei diritti sociali afferma che «ogni persona ha il diritto di accedere a servizi essenziali di qualità, compresi l’acqua, i servizi igienico-sanitari, l’energia, i trasporti, i servizi finanziari e le comunicazioni digitali. Per le persone in stato di bisogno è disponibile un sostegno per l’accesso a tali servizi»”.
Gli investimenti nell’economia per la riduzione del consumo di combustibili fossili a effetto serra necessitano di risorse finanziarie ingenti. Prima che tali investimenti siano realizzati, si può verificare un aumento dei costi sia del riscaldamento, del raffrescamento e della cottura degli alimenti, sia del trasporto su strada a carico rispettivamente delle famiglie e degli utenti dei trasporti (i fornitori dei combustibili soggetti agli obblighi previsti dal sistema di scambio di quote di emissioni per edifici e trasporto su strada trasferiranno i costi del carbonio sui consumatori).
Nel Considerandum 10, si evidenzia che la transizione climatica avrà un impatto economico e sociale difficile da valutare ex ante. Gli investimenti a favore delle misure di efficienza energetica, dei sistemi di riscaldamento basati sulle energie rinnovabili, come le pompe di calore elettriche, il teleriscaldamento e il teleraffrescamento, e della partecipazione a comunità di energia rinnovabile sono un metodo efficace per ridurre le emissioni e la dipendenza dalle importazioni, aumentando allo stesso tempo la resilienza dell’Unione. Sono necessari finanziamenti ad hoc per sostenere le famiglie vulnerabili, le microimprese vulnerabili e gli utenti vulnerabili dei trasporti.
Il Considerandum 11 sottolinea che l’aumento del prezzo dei combustibili fossili può colpire in modo sproporzionato le famiglie vulnerabili, le microimprese vulnerabili e gli utenti vulnerabili dei trasporti che spendono una parte maggiore del loro reddito in energia e trasporti soprattutto quelle che vivono e operano in territori (isole, regioni e territori ultraperiferici, zone rurali o remote, periferie meno accessibili, zone montuose o in ritardo di sviluppo) che non hanno accesso a soluzioni alternative di mobilità e trasporto a prezzi abbordabili e che non hanno la capacità finanziaria di investire nella transizione verde (riduzione del consumo di combustibili fossili). Nel contesto della povertà dei trasporti è opportuno tenere conto di tali specificità geografiche nella messa a punto di misure e investimenti a sostegno delle famiglie vulnerabili, delle microimprese vulnerabili e degli utenti vulnerabili dei trasporti, laddove applicabile e pertinente.
Bibliografia essenziale
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Regolamento (UE) 2023/955 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 che istituisce un Fondo sociale per il clima e che modifica il regolamento (UE) 2021/1060.
NOTE
1 Letta, E., Much more than a market. Speed, security, solidarity, Bruxelles, April 2024.
2 Draghi, M., The future of European competitiveness, Bruxelles, September 2024.
3 Per maggiori informazioni consultare il seguente link https://commission.europa.eu/news/commission-proposes-cut-red-tape-and-simplify-business-environment-2025-02-26_it
4 Direttiva (UE) 2022/2464 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 dicembre 2022 che modifica il regolamento (UE) n. 537/2014, la direttiva 2004/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e la direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la rendicontazione societaria di sostenibilità.
5 Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2020 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088.
6 Direttiva (UE) 2024/1760 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 giugno 2024 relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 e il regolamento (UE) 2023/2859.
7 Cfr. SME United, Omnibus 1 on sustainability reporting, 2025 https://www.smeunited.eu/publications/omnibus-1-on-sustainability-reporting-2
8 Si veda qui nota n.24. Per consultare le linee guida politiche https://commission.europa.eu/about/commission-2024-2029_en
9 Mid Cap, abbreviazione di middle-size capitalization, è il termine che indica le società quotate in un mercato azionario caratterizzate da media capitalizzazione.
10 La tassonomia dell’UE è uno strumento per migliorare la trasparenza delle attività delle imprese rispetto alle norme e agli obiettivi ambientali. La tassonomia europea si basa su un sistema di classificazione che traduce gli obiettivi climatici e ambientali dell’UE in criteri per specifiche attività economiche a fini di investimento privato. Essa mira a favorire gli investimenti nelle attività economiche più necessarie per la transizione verde, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo.
11 ManpowerGroup, Global talent shortage, 2023,
12 T.Lang, La sfida della sostenibilità per le PMI, in Microfinanza, anno XIII, n. 55/2025.
13 Il Pacchetto Omnibus propone il VSME come standard volontario per le PMI non soggette a obbligo di rendicontazione della CSRD. Lo standard offre una guida semplificata per la redazione dei bilanci di sostenibilità da parte delle PMI, rendendo più facile la comunicazione delle loro performance ESG. Oltre a facilitare la rendicontazione sulla sostenibilità, promuove la trasparenza e la competitività nel contesto della transizione verso un’economia più sostenibile.
14 COM (2025) 30 final, del 29 gennaio 2025, Bussola per la competitività dell’UE.
15 COM (2025) 85 final, del 26 febbraio 2025, The Clean Industrial Deal: a joint roadmap for competitiveness and decarbonisation.
16 Per consultare la Dichiarazione di Porto cliccare qui https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2021/05/08/the-porto-declaration/
17 Per maggiori informazioni sullo stato di attuazione del piano d’azione del 2021 si veda al seguente link: https://op.europa.eu/webpub/empl/european-pillar-of-social-rights/it/#chapter5
18 Il piano d’azione è stato pubblicato il 4 marzo 2021 dalla Commissione. Ha inoltre fornito obiettivi complementari a livello UE per ridurre il divario occupazionale di genere, aumentare l’offerta di servizi di istruzione e cura della prima infanzia, ridurre il numero di giovani NEET, aumentare la percentuale di adulti con competenze digitali di base e ridurre l’abbandono scolastico.
19 EMCO (Employment Committee) è il comitato consultivo del Consiglio europeo in materia di occupazione e formazione, mentre SPC (Social Protection Committee) è il comitato consultivo del Consiglio sulla protezione sociale.
20 Raccomandazione del Consiglio del 27 novembre 2023 sullo sviluppo delle condizioni quadro dell’economia sociale (C/2023/1344).
21 Von der Leyen, U., “Europe’s choice. Political guidelines for the next European Commission 2024−2029”, Strasburgo, 18 luglio 2024.
22 Sui patti per le competenze si veda qui https://pact-for-skills.ec.europa.eu/index_en
23 Regolamento (UE) 2023/955 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 che istituisce un Fondo sociale per il clima, pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’UE il 16 maggio 2023, entrato in vigore il 5 giugno 2023.